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L'ACQUA DI MIRIAM
di Alessandro Conti Puorger

COME IN CIELO COSÌ IN TERRA
Nell'articolo "Le Miriam della Bibbia e nella tradizione" I Parte" e "II Parte", ho avuto modo di mettere in evidenza Miriam, sorella di Mosè, vissuta in Egitto, nel XIII secolo a.C. ai tempi di Ramsete II, donna di valore per come esce tratteggiata dalla Torah nella Tenak o Bibbia ebraica e dalle tradizioni ebraiche che vi attingono cosicché ho potuto tessere dei collegamenti con la Maria di Nazaret dei Vangeli.

Nella Torah il nome dell'ebrea Miriam , definita profetessa, è menzionato 12 volte:
  • 2 in Esodo 15 ai versetti 20 e 21;
  • 9 nel libro dei Numeri 12 ai versetti 1, 4, 5, 10 (due volte) e in 15 (due volte), in Numeri 20,1 e in Numeri 26,59;
  • 1 in Deuteronomio 24,9.
In effetti, secondo i "midrashim", Miriam fu proprio madre spirituale di Mosè, di cui IHWH si è servito come liberatore dalla schiavitù d'Egitto non solo d'Israele, infatti, quelli erano: "seicentomila uomini capaci di camminare, senza contare i bambini", ma anche "una grande massa di gente promiscua partì con loro." (Esodo 12,37s)

Mosè, che Dio utilizzò a tale scopo è, appunto, definito "servo del Signore" (Deuteronomio 34,5).

Non si saprà mai però quanti degli Israeliti non hanno risposto alla chiamata a libertà da parte di Dio, in special modo tra quelli che non risiedevano vicino a Ramses, punto di convegno per la partenza.
È da ritenere, infatti, che alcuni fu rimanere schiavi in Egitto sia per non perdere le posizioni acquisite, sia per paura della precarietà, il che è certamente da meditare.
Alla figura di Miriam, madre spirituale del salvatore Mosè, XIII secoli dopo con il cristianesimo si aggiunge un'altra Miriam, la Maria di Nazaret dei Vangeli, madre del Salvatore, di Gesù, il Redentore dell'umanità tutta intera.
Non nascondo che in occasione di quella mia ricerca su Miriam trovai difficoltà a comprendere l'episodio narrato dal capitolo 12 del libro dei Numeri sulle mormorazioni di lei e del fratello Aronne nei confronti del leader Mosè, onde Miriam da parte del Signore fu colpita da lebbra ed è poi ricordata in Deuteronomio 24,9 ove si parla anche di misure di protezione nei riguardi di quella malattia.
D'altronde la liberazione di quel popolo avviene grazie a Dio che si serve non solo di Mosè, ma di tutti e tre quei fratelli, segno di presenza attiva della SS. Trinità.

Al roveto ardente accadde, infatti, che "Mosè disse al Signore: Perdona, Signore, io non sono un buon parlatore; non lo sono stato né ieri, né ieri l'altro e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua. Il Signore... si accese contro Mosè e gli disse: Non vi è forse tuo fratello Aronne, il levita? Io so che lui sa parlare bene... Tu gli parlerai e porrai le parole sulla sua bocca e io sarò con la tua e la sua bocca e vi insegnerò quello che dovrete fare. Parlerà lui al popolo per te: egli sarà la tua bocca e tu farai per lui le veci di Dio. Terrai in mano questo bastone: con esso tu compirai i segni." (Esodo 4,10-17)

Mosè dopo che tornò in Egitto dall'esilio in Madian, per i successivi 40 anni, fece le veci di Dio Padre e da comunicazione tra Dio e il popolo.
Aronne, invece, dette corpo alla parola di Dio con la propria voce ripetendo quanto intendeva dire Mosè secondo gli ordini di IHWH, come il Figlio è il Verbo del Padre.
E Maria?
Maria è la sorella-madre, colei che secondo i "midrashim" fece in modo che Mosè nascesse, quando invece il padre aveva deciso di non avere più figli visto l'ordine del faraone di uccidere tutti i neonati maschi.
Ella, poi, come riporta il racconto di Esodo 2, fu strumento di Dio per salvare Mosè dalle acque quando fece in modo che il fanciullino, nella cesta bitumata, non fosse trascinato lontano dalla corrente del Nilo, fino a che fu visto dalla principessa egizia.
Non solo, poi procurò chi lo allattasse, addirittura la stessa mamma che, presentò e fu scelta dalla principessa e, ancora, assieme ai genitori lo inserì in modo ordinato nell'ebraismo, onde quel bimbetto, crescendo, poté avere sia le massime conoscenze del tempo, come un faraone, sia la fede nel Dio Unico di Israele.
Fu, infine, consigliera verace ed ebbe la nascosta essenziale funzione di coadiuvare il fratello presentandolo al meglio soprattutto alle donne d'Israele e in occasione dei fatti di Numeri 12, come vedremo, fu profetessa con la faccia dura come la pietra assieme ad Aronne preferì dire al fratello la verità che le scottava piuttosto che mormorare nel proprio intimo.
In definitiva, si può concludere che Miriam fu predisposta da Dio per curare e far crescere il salvatore del popolo ebraico dalla schiavitù d'Egitto nonostante gli ordini severi del Faraone.
Nel Libro dei Giubilei, al capitolo 47, si trovano alcuni significativi dettagli sull'amore di Miriam per il fratellino:

Giubilei 47,2 - "E il re d'Egitto, il Faraone, ordinò, contro di loro, di gettare nel fiume tutti i loro figli maschi. E stettero a gettarli per sette mesi,

Giubilei 47,3 - fino al giorno in cui tu nascesti, tua madre di tenne nascosto per tre mesi e si parlò di lei.

Giubilei 47,4 - Ed ella fece per te una cesta, la cosparse di pece e bitume e la pose nell'erba, presso le rive del fiume e ti ci pose dentro per sette giorni. Tua madre veniva di notte e ti faceva poppare e, di giorno, tua sorella Maria ti difendeva dagli uccelli (del Nilo).

Giubilei 47,5 - E in quei giorni Tarmut, la figlia del Faraone, uscì per lavarsi nel fiume, ti udì piangere e disse alle sue ebree di portarti ed esse ti portarono da lei.

Giubilei 47,6 - E ti cacciarono fuori dal cesto ed ella ebbe pietà di te.

Giubilei 47,7 - tua sorella le disse: Vado a chiamarti una ebrea che allevi e dia da poppare a questo fanciullo?

Giubilei 47,8 - Ed ella disse: Va! E (tua sorella) andò e chiamò tua madre Yokebed; essa le dette la sua mercede ed ella ti allevò.

Giubilei 47,9 - In seguito, essendo tu cresciuto, ti portarono a casa del Faraone, divenisti suo figlio e Aram, tuo padre, ti insegnò a scrivere e, compiuti tre settenni, ti introdusse nella corte reale.

Giubilei 47,10 - E stesti colà tre settenni fin quando ne uscisti e vedesti un egiziano percuotere un tuo amico che apparteneva ai figli di Israele, lo uccidesti e nascondesti nella sabbia."

(Il libro dei Giubilei è un apocrifo dell'Antico Testamento, ma canonico per la sola Chiesa Copta, detto anche "Piccola Genesi", perché in 50 capitoli tratta dai momenti della creazione fino agli eventi del libro dell'Esodo relativi all'uscita dall'Egitto, suddividendo i tempi in giubilei, periodi di 7x7+1 anni, scritto in ebraico attorno all'anno 100 a.C., ma pervenuto solo in edizione etiopica, noto agli Esseni di Qumran in quanto è citato nel Documento di Damasco.)

Miriam è così segno dell'amore divino, quindi del "Ruach Qadosh" cioè dello Spirito Santo ("Ruach", infatti, in ebraico e parola di genere femminile).

Questo è lo Spirito, il vento di Dio ("ruach" è anche vento) che ispira i profeti, onde Maria, appunto, è profetessa e morirà in un luogo ritenuto santo che, come vedremo era "Qadosh" vale a dire Kades (Numeri 20,1).

Le lettere di "Ruach Qadosh" riferite a Miriam ci dicono proprio che "il corpo portò nella tomba a Kadesh ."
Poiché "come in cielo così in terra" (Matteo 6,10) quella mormorazione dei due fratelli contro Mosè, perciò, mi pareva in contrasto con questi pensieri sulla comunione perfetta nell'ambito del mistero trinitario.
Proseguo però con ordine.

IL NOME MIRIAM
Inizio con l'approfondire i significati insiti nel nome della sorella di Mosè che possono evidenziarsi scrutando in vari modi il nome di Maria che in ebraico, appunto, è Miriam .
Quelle lettere possono evocare vari pensieri.
In quel nome si possono leggere le seguenti coppie di lettere:
  • , MR, in ebraico è amaro, amarezza, infatti, "mar" è l'amara, la mirra, da cui Mara "acque amare-amarezza, acque salmastre" e forse il tutto prende tale senso pensando al sapore delle lacrime o del sudore "acqua dalla testa " o "acqua dal corpo ";
Il plurale di amaro, amari, è proprio (Vedi: Esodo 15,23).
  • , RI, "ri", cioè "irrigazione, innaffiamento", onde è colei che di acqua irriga i viventi ;
  • "iam", mare "forti Acque ".
Faccio poi notare che se dal nome Miriam si estrae la lettera "resh" restano le lettere che portano a far individuare la parola ebraica "maim", ossia acqua.
Questo pensiero ecco che n'evoca subito un altro: "lo spirito di Dio aleggiava sulle acque" (Genesi 1,1)




Quella lettera "resh" , allora, a seguito di quel pensiero si può interpretare come l'iniziale della parola "ruach" = spirito.

A ciò fa eco lo sviluppo nei Vangeli secondo cui lo Spirito Santo scende nelle acque e prende corpo nel seno della vergine Maria per far nascere il Figlio.
In definitiva, strettamente legato al nome di Miriam, quindi, di Maria, è l'idea di acqua e di sorgente, pensiero che se si seguono le vicende che la riguardano si vede che è ben chiaro in chi ha scritto i testi.
Basta ricordare che a Kades, quando morì e fu sepolta Miriam, accadde che mancava acqua, infatti, il libro dei Numeri 20,1s, subito, puntualmente evidenzia: "...Kades. Qui morì e fu sepolta Maria. Mancava l'acqua per la comunità..."

Tale aspetto è, infatti, considerato anche dai racconti del libro dell'Esodo, perché, appena si fa presente il nome di Maria escono fonti d'acqua.
Ciò oltre che nell'Antico Testamento, si verifica anche per i santuari cristiani dedicati alle apparizioni della vergine Maria, la omonima della Miriam sorella di Mosè.
In campo cristiano poi Maria è l'icona della Chiesa, sorgente del battesimo da cui i corpi, uscendo dalle acque, benedette nel nome della SS. Trinità, divengono figli di Maria, quindi, fratelli di Gesù Cristo, cioè figli di Dio.

Dalla lettura attenta del libro dell'Esodo e degli altri libri della Torah la cui origine la tradizione pone ad opera dell'ebreo - egizio Mosè, con una redazione ispirata e voluta da Dio stesso in una rivelazione risalente a XXXIV secoli orsono, emergono effettivamente vari spunti collegabili alla cultura egizia fissata dai noti geroglifici.
Spesso ho accostato a quei sacri scritti la cultura geroglifica egizia e, al riguardo, nell'ambito della mia ricerca cito i seguenti articoli, tutti in questo mio Sito:
Nella seconda parte di tale ultimo articolo mi sono soffermato sul nome di Miriam che certamente affonda il significato del nome in quella cultura.
In egiziano M è anche "vedere", mentre la bi - consonante MR a seconda del determinativo è:
  • un "canale" o un "lago artificiale" , ed ecco l'acqua;
  • una "piramide" , ed ecco che ricorda la schiavitù e l'amarezza relativa;
  • un "malato, sofferente, pena" e Miriam come vedremo si ammalerà di lebbra.
Da questo ultimo termine di pena, a pena d'amore il passo è breve, infatti, la triconsonante MRI', in egiziano antico indica, "amore" o anche "palo di scandaglio", se si sostituisce il determinativo di un uomo con quello di un ramo d'albero.



Si può concludere che in egiziano il nome MRI'M di Miriam è augurale: MRI'M = MRI'+M, ossia MRI' "amore" + M "guarda, vedi", cioè "Si vede (il risultato del) l'amore", "in vista l'amore", "è il risultato dell'amore".

Originariamente, quindi, il nome di Maria era strettamente correlato all'idea di amore... e si rafforza l'idea che a Maria sia associabile l'idea dello Spirito d'Amore, cioè lo Spirito Santo.

I Vangeli associano lo Spirito Santo con Maria da cui viene il Messia atteso dalle profezie "Il Signore tuo Dio susciterà in mezzo a te un profeta per mezzo dello Spirito Santo che mi sarà pari... un profeta susciterò fra i tuoi fratelli, per mezzo dello Spirito Santo" (Targum Jonathan)

San Girolamo e Origene vedono lo Spirito Santo come madre e ricordano che nel Vangelo apocrifo degli Ebrei Gesù dice: "Mia madre lo Spirito Santo mi prese per i capelli e mi condusse sull'alta montagna del Tabor", infatti, il termine ebraico per spirito, "ruach" è di genere femminile e si deve pensare che analogamente accadde quando dopo il battesimo al Giordano fu portato dal "ruach" al monte delle Tentazioni ove "...Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo." (Matteo 4,1).

TORNIAMO ALLE ACQUE DI MARA
Nel libro dell'Esodo al capitolo 15, subito dopo il miracolo dell'apertura del mare, Mosè e gli Israeliti, ma almeno a mio parere, solo col corpo armato dei primogeniti che Dio si era preservato poco prima della partenza (Esodo 13,1), secondo quanto ho messo in evidenza con "La risurrezione dei primogeniti" cantano il celebre inno di vittoria "Precipitò nel mare...". (Vedi: "Ritorno ai laghi amari")

Prima della fine del canto, versetto 20, s'inserisce Maria, la profetessa, sorella di Mosè, con le donne che l'accompagnano in coro con i timpani.
Perché tale aggiunta?

La Bibbia di Gerusalemme, alla nota del versetto Esodo 15,19 considera i versetti narrativi che interrompono il canto per l'inserimento di Maria con le donne quale aggiunta redazionale.
Il fatto può però anche essere interpretato nel senso che le donne dai loro ricoveri in altro sito dove si erano nascoste assieme al grosso del popolo, fossero andate incontro ai loro uomini, figli, mariti e padri, i primogeniti che dopo il miracolo dell'apertura del mare si dirigevano alla località prestabilita per l'incontro e avessero così incontrato Mosè con i reduci "vittoriosi".
L'evento pasquale dell'apertura del mare, onde i primogeniti nonostante tutto erano ancora vivi quando erano stati dati per morti, è da ritenere che sarà poi annunciato più e più volte da Maria e dalle donne con i tamburelli e cantando l'inno di vittoria, al popolo che era rimasto più indietro, accampato "ai laghi amari", in quanto, evidentemente erano andate loro incontro, ed esplosero anche loro con quello stesso canto d'avvenuta vittoria che cantava Mosè, dopo che con i figli, mariti e padri che erano nel gruppo degli armati erano tornati a casa.
Il popolo, infatti, si era diretto verso sud, per la strada del deserto, verso il "Mare dei Giunchi" che è da identificabile con i Laghi Amari.



Mappa dei Laghi Amari

I due Laghi Amari, il piccolo e il grande in arabo al-Buhayra al-Murra al-Kubra, oggi si trovano lungo il canale di Suez e sono laghi salati siti tra l'Africa e il Sinai.
Il fatto che sono le donne col canto ad annunciare al popolo il ritorno dei "risorti" è un evento profetico e proprio in tale occasione, infatti, a Miriam la Scrittura da l'attributo di profetessa.
Questo evento, verificatosi nel momento fondante del popolo ebraico in cui ci fu un'evidente vittoria sulla morte, quindi, di risurrezione, è, infatti, ripreso nei Vangeli e, il collegamento proprio a quella prima Pasqua col primo annuncio della risurrezione fatto alle donne, spiega alla radice il motivo scritturale dell'annuncio appunto delle donne agli apostoli.
Nel caso specifico il primogenito, il Risorto è Gesù e l'embrione del nuovo Israele in attesa nell'amarezza erano i suoi apostoli impauriti dall'evento della croce assieme a Maria sua madre e una Maria, in quel caso Maria di Magdala, prima di tutti gli altri vede il Risorto.
I due gruppi, quello armato dei primogeniti offerti in sacrificio per salvare il popolo su cui si avventò l'ira del Faraone credendo d'inseguire tutta la massa dei fuggitivi, e quello del popolo stesso con donne, vecchi, bambini, animali e masserizie è, infatti, da ritenere che si ricongiungessero dopo il canto e, ciò, dicevo, avvenne ai laghi amari.

All'incontrarsi dei due gruppi "Allora Maria, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un tamburello: dietro a lei uscirono le donne con i tamburelli e con danze. Maria intonò per loro il ritornello: Cantate al Signore, perché ha mirabilmente trionfato: cavallo e cavaliere ha gettato nel mare!" (Esodo 15,20s)



Miriam suona il tamburello

È da notare che questa, infatti, è la prima volta che è citato esplicitamente il nome di Maria, e in tale occasione è definita sorella di Aronne e profetessa.
Perché solo sorella di Aronne?
Se si segue il ragionamento dei due gruppi, Maria in questo evento era col gruppo del popolo, degli anziani e delle donne, guidati evidentemente da Aronne, che appunto viene espressamente citato, ed è profetessa perché canta anche lei il cantico di "precipitò nel mare", "Chi è come te operatori di prodigi?" profetico della salvezza totale finale da parte del Messia.
Nel Seder di Pesach alcune volte sulla mensa viene posta anche una coppa con acqua in ricordo di Miriam e alcuni all'"havdalah" usano cantare sia "Eliyahu ha n'avi", ma anche a "Miriam ha n'eviah" vale a dire, non solo Elia è profeta, ma anche Maria è profetessa e continuano con "Mariam, la profetessa, la forza e il canto sono nelle sue mani. Miriam danzerà con noi per rafforzare il canto del mondo. Miriam danzerà con noi per guarire il mondo. Ben presto, nel nostro tempo, lei ci porterà alle acque di redenzione".

Nella tradizione ebraica il tamburo e i tamburelli "tof" e "tuffim" che prendono Maria e le donne sono il simbolo della fede nell'imminente redenzione e le lettere di tamburo "indicano il Verbo - la Parola ."
Le danze "mecholot" erano in cerchio simbolo di perfetta comunione di spirito, dove ciascuno ha il proprio posto unico in una danza di unità.
Viene osservato nella Parashat Beshallach che "mecholah", cerchio di danza, ballo, "machalah", malattia, "mechilah" perdono, da "cheulah" compassione, hanno tutte le stesse lettere consonanti di base e, allora, pare proprio che la malattia sia da collegarsi a incapacità di perdonare e di danzare, cioè come una somatizzazione del reprimere la buona inclinazione.

Questo è il racconto al 15° Capitolo (22-24) del libro dell'Esodo dopo il Cantico del Mare: "Mosè fece levare l`accampamento di Israele dal Mare Rosso ed essi avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni nel deserto e non trovarono acqua. Arrivarono a Mara, ma non potevano bere le acque di Mara, perché erano amare. Per questo erano state chiamate Mara. Allora il popolo mormorò contro Mosè: Che berremo?"

Appena dopo aver nominato Miriam ecco che appare un versetto pieno di acque amare a Mara, la prima volta detta e la seconda chiamata , quella che gli arabi chiamano ancor oggi al-Murra.
Dopo il passaggio del mare gli Israeliti attraversarono in direzione nord sud il deserto di Sur e si portarono lungo la pista delle miniere egiziane di rame e turchese a sud dei laghi amari, lungo la coste occidentale della penisola del Sinai, ove evidentemente era stato fissato il punto di raccolta dei due gruppi.
Arrivarono a Mara, ricongiuntisi, riappare il popolo che, appunto, sembra non aver visto il miracolo dell'apertura del mare, infatti, è senza fede tanto che "il popolo mormorò contro Mosè: Che berremo?" (Esodo15,24), ma non potevano bere le acque amare.
In quei versetti, come si è visto, c'è una grande tensione sulle lettere MR.
Nel versetto Esodo 15,23, infatti, la bi-consonante MR è ripetuta quattro volte per formare MRT, poi due volte per MRH intramezzate da MRI'M che formano le parole Mara, amaro e anche Maria.
La prima volta che è nominata la località è Marata , stavano arrivando, perciò erano ai confini di Mara , inoltre se si spezza la parola Miriam o amari In + si ha "mare " e "amaro ", proprio i laghi amari.
Ora, Maria, la madre di Gesù ha lo stesso nome della sorella di Mosè e i vangeli apocrifi le fanno bere le acque amare, secondo un antico uso di giudizio ebraico di cui in Numeri 5,11-31, a riprova che non ci fosse stato adulterio.
Il racconto di Mara sembra diventare astruso, infatti, esce l'idea di mettere un legno nell'acqua amara.
Che sta a indicare?
In quel racconto di Mara si legge subito dopo, infatti, che per rimediare a quell'acqua imbevibile Mosè "...invocò il Signore, il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell'acqua e l'acqua divenne dolce..." (Esodo 15,25)

Beh! la spiegazione potrebbe essere semplice se si pensa con quale cibo Dio poi nutrì quel popolo, con la manna MN, ossia con una vitale M energia N , uscita dal cielo, e allora perché non dissetare anche con acqua che viene dal cielo.
Era, infatti, un numero incredibile di persone in un deserto, 600.000 uomini senza contare le donne e i bambini, più gli aggregatisi che dovevano essere abbeverati e nutriti per 40 anni.
La situazione di mancanza d'acqua che si riflette nel racconto è superata con un legno o albero ossia nel testo ebraico "e's" che secondo lo "Zohar Libro dello Splendore " testo profetico per l'ebraismo, il libro più importante della tradizione cabalistica per cui "Tutte le parole di Dio sono parole di saggezza in segreti occulti sublimi" e "Il visibile non è altro che il riflesso dell'invisibile..." era un pezzo di legno dell'Albero della Vita.

In effetti, le due lettere "e's" di albero o legno si possono leggere "vedo scendere " o "agire per scendere ", il primo, in senso allegorico, onde il Signore fa scendere qualcosa ed è quell'acqua, stando a quei racconti, che in modo miracoloso Dio fa trovare per 40 anni nei deserti percorsi da quella massa enorme di persone o, il secondo, in senso pratico sta a suggerire l'atto di perforare.
A mio parere possiamo attingere all'idea dello stesso geroglifico, che abbiamo prima visto per "amore" MRI, ma con il determinativo di legno, quando in tal modo indica un "palo di scandaglio".


L'idea del legno è in pratica l'applicazione di quel geroglifico che si può rappresentare con un segno unico che sostituisce i due dell'aratro e della bocca che si trovano anche nel segno di "piramide" e tale segno è un sostegno a croce con sopra un orciolo con acqua.


Questo segno evoca l'orcio di energia che si trova nel geroglifico della dea Nut il cui geroglifico è come un tavolino che rappresenta la volta celeste su cui c'è un orcio e un pane.
L'orcio è il NU ed è pieno evidentemente dell'energia N .

Di ciò ho parlato in "Spirito creato in 7 tappe - Genesi codice egizio-ebraico" in occasione del 2° giorno della creazione.

NUT

L'orcio sta per NU formato da N + due Iod=U; quindi l'orcio si può immaginare pieno di energia N e di vita Iod che poi in ebraico sono le lettere che indicano il vino "iain" , onde su quella mensa celeste si trova pane e vino .
("Melchisedek, personaggio enigmatico, e il Messia - I Parte" e "II Parte")

Quel gesto del legno è invocazione di un intervento celeste onde Dio fornì appunto per "amore" MRI (in egizio) l'energia dal cielo ossia l'acqua "maim" di lassù quella che sta appunto nella parola ebraica di cielo "shemaim", quella che divise dall'acqua di sotto nel secondo giorno della creazione frapponendo il firmamento, quel tavolino, che altri non è che la dea Nut egizia piegata staccata dalla terra di sotto: "Dio disse: Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque. Dio fece il firmamento e separò le acque, che sono sotto il firmamento, dalle acque, che son sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno." (Genesi 1,6-8)

In senso pratico, come sostiene lo stesso geroglifico del bastone che regge l'orciolo di energia, con una perforazione di pochi metri di profondità, si poteva trovare l'acqua bevibile di una falda sotterranea e per far ciò era da infiggere nel terreno un palo appuntito con due braccia a croce facendolo ruotare con più uomini da ogni braccio gravandolo con un peso, forse battendovi anche sopra. Quella che esce in questo modo è immaginabile come un'acqua amara, perché dura a ottenersi, uscita solo con fatica e il sudore per l'energia impiegata, con pianti e "le pene" come per la costruzione di una piramide, umori tutti del corpo che sono appunto amari; ciò è ricordato nel rituale della Pasqua ebraica con le famose erbe amare appunto dette "maror" che riguardano il ricordo della schiavitù e dei lavori forzati.

Il popolo arrivato a Mara trovò in superficie l'acqua amara, perché salata, e stavano finendo le provviste e dubitò di Mosè e lo criticò perché non doveva portare tutta quella gente in modo così sprovveduto.
Mosè invece aveva per decenni girovagato per la penisola del Sinai e presumo conoscesse bene i luoghi con riserve d'acqua e i modi per ottenerla.
Forse le fonti d'acqua che Mosè conosceva erano in secca e il popolo non era riuscito a bere a sufficienza, ma appena però Mosè con i primogeniti arriva a ricongiungersi col popolo provvede a cercare con i metodi noti l'acqua più profonda di cui conosceva la potenziale esistenza, come probabilmente aveva visto fare controllando i lavori per il Faraone e com'era stato istruito dalle tecniche locali.
Il testo ci dà ragione con il legno che esce dal geroglifico; infatti, il Signore gli indicò un legno, Mosè lo getto nell'acqua e l'acqua divenne dolce e il testo soggiunge "In quel luogo il Signore impose al popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova." (Esodo 15,25)

Il primo insegnamento che Dio propose al popolo con quei fatti fu "...Se tu darai ascolto alla voce del Signore, tuo Dio, e farai ciò che è retto ai suoi occhi, se tu presterai orecchio ai suoi ordini e osserverai tutte le sue leggi, io non t'infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitto agli Egiziani, perché io sono il Signore, colui che ti guarisce!" (Esodo 15,26)

Diede loro il primo comando "Se tu darai ascolto" ossia "'am shamoa' teshema'", li iniziò all'ascolto, allo "shema'".

Ne discende un principio catechetico essenziale: "L'inizio per salvare () i viventi (è) portarli nel tempo dell'ascolto ."

Poi con quel "io sono il Signore" cominciò a introdurre il popolo al primo dei comandamenti che diede poi completi con le dieci parole: "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei di fronte a me." (Esodo 20,2)

In definitiva, conclude quel versetto, "sono il Signore, colui che ti guarisce!" (Esodo 15,26b), perché "come il medico che indica al paziente i cibi da cui deve astenersi per non ammalarsi, Hashem (il Nome, ossia Dio) indica al popolo il comportamento da adottare per non incorrere in malattie." (Rashi commentatore medievale della Bibbia)

Subito dopo "...arrivarono a Elìm, dove sono dodici sorgenti di acqua e settanta palme. Qui si accamparono presso l'acqua". (Esodo 15,27)

Elim è la sesta delle 42 tappe del peregrinare nel deserto.
Il Talmud, confrontando lo scenario di Mara con quello di Elim, inteso questo secondo quale visione di una promessa che sarà mantenuta col rispetto del primo comandamento che in definitiva è "ascoltare il Signore", sottolinea: "Si noti il contrasto tra l'impossibilità di bere le acque di Mara e la purezza di quella di Elim, tra l'amarezza della prima e la dolcezza dei datteri". (Da'at Mikrà)

Quell'oasi evidentemente non poteva bastare per dissetare e sfamare quei milioni di fuoriusciti, ma ovviamente è da propendere per l'aspetto allegorico educativo del racconto.
Le dodici sorgenti rappresentano le 12 tribù d'Israele e i 12 apostoli e le settanta palme, in ebraico "tamarim" i settanta giusti, sapienti, anziani di Esodo 24,1 che Mosè deve portare lui sul monte col fine poi di far aiutare il popolo "...prenderò dello spirito che è su te e lo metterò su loro" (Numeri 11,16-17.25) e la pienezza della Chiesa, Miriam , inviata da Gesù in missione fino ai confini del mondo con i suoi fedeli che si meritano le palme del martirio.

Ecco che, naturale di sviluppo quanto sinora s'è presentato, è la consegna del pane dal cielo, la manna del successivo capitolo, Esodo 16.

Nell'articolo "Le lettere ebraiche svelano il Cantico del Mare" che consiglio di leggere per aver chiara tutta l'idea che enunciai in "La risurrezione dei primogeniti", ho interrogato il capitolo 15 del libro dell'Esodo nel testo masoretico, cioè della Bibbia canonica ebraica, col metodo dei segni, vale a dire con le regole e i significati delle 22 lettere ebraiche in "Parlano le lettere" e il risultato suffraga l'ipotesi che ho avanzato sui primogeniti.

Tutti i fuoriusciti dall'Egitto furono salvati da quel miracolo, ma chi passò sull'asciutto la dove c'era il mare fu solo Mosè con i primogeniti.
In particolare riporto il versetto Esodo 15,27 che chiude il discorso come si trova scritto nel testo ebraico della Tenak e do la dimostrazione di quella decriptazione pensando a quell'evento.




Esodo 15,27 - sarà dentro l'Unico a portare guai al serpente che vive nella perversità (). Illuminò Mosè () tutti sull'Essere Vivente . nell'agire il Principe al mondo fece vedere d'essere l'inviato puro forte del Vivente , ne portò la luce , di preghiera visse . A finire l'amarezza fu dalla Vita . E fu la grazia portata con la luce che i viventi videro . Dai serpenti - Egiziani uscirono dalle (loro) vite ; furono a rivivere !

Il Maestro Gesù Cristo sostiene che ogni versetto della Tenak, parla di Lui:

"Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me... Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?" (Giovanni 5,39.46)

Allora, se si pone come soggetto il Messia, come Gesù Cristo sostiene prendendo alla lettera l'osservazione ne consegue che questo versetto da come possibile anche questo risultato:

Esodo 15,27 - "E fu in una casa da primogenito portato . Il principe da Madre uscì , portò il sole completo dell'Essere - IHWH dal seno () la luce in un corpo entrò ; alla vista ci fu un angelo puro . Fu dai viventi a portarsi il settimo (dei giorni della creazione); fu un uomo . Maria portò dell'Essere - IHWH la grazia . Portò il Nome dall'alto nel mondo in un vivente per stare tra i viventi ".

I TRE FRATELLI
L'Esodo del popolo d'Israele dall'Egitto fu segnato dalla guida dei tre figli di Amram e Jokebed - Mosè, Aronne e Miriam - e non del solo Mosè, come invece spesso si è propensi a ritenere.
A riprova cito il profeta Michea che considera tutti e tre i fratelli predisposti da Dio per conseguire un unico piano di salvezza: "Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che cosa ti ho stancato? Rispondimi. Forse perché ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, ti ho riscattato dalla condizione servile e ho mandato davanti a te Mosè, Aronne e Maria?" (Michea 6,3s)

Di tutti e tre, infatti, Dio suscitò la fedele collaborazione al fine di pervenire al risultato che smosse il popolo caduto in schiavitù.
Si pensi solo che per i più anziani tra gli ebrei residenti nella terra di Goshen, per i molti anni vissuti in esilio dall'Egitto da Mosè, questi era soltanto un lontano ricordo, che fu risvegliato da Aronne e da Miriam.
I due fratelli di Mosè, ben noti agli Israeliti, furono accettati da testimoni veraci quando attestarono che quel vecchio, venuto da lontano, era proprio il loro fratello e conferirono credibilità e autorità alla sua storia.
Ognuno dei tre ebbe un ruolo particolare:
  • Mosè, rappresentò Dio in mezzo alla nazione, ma non fu il leader prescelto del popolo, ma accolto perché proposto da loro, cioè da Miriam e Aronne.
  • Miriam e Aronne sono i rappresentanti di Israele che agiscono quali liberatori dall'interno che avevano preparato il popolo ad accettare la profezia di Mosè, onde perciò furono profeti loro stessi.
Anche loro, Miriam e Aronne, evidentemente ebbero qualche rivelazione da IHWH indipendente da quella di Mosè onde credettero alla missione del fratello. Al proposito è da ricordare il colloquio al roveto ardente tra Dio e Mosè, quando accadde che: "...la collera del Signore si accese contro Mosè e gli disse: Non vi è forse tuo fratello Aronne, il levita? Io so che lui sa parlare bene. Anzi, sta venendoti incontro. Ti vedrà e gioirà in cuor suo." (Esodo 4,14)

Tale episodio fa comprendere che a sua volta Aronne aveva avuto una rivelazione onde s'era già messo in cammino per incontrare Mosè nel deserto.
Miriam era il capo profeta delle donne di Israele come e Aronne lo era degli uomini; entrambi i fratelli di Mosè avevano potere ed erano ascoltati in Israele.
Maria aveva potere carismatico, infatti, quando intonò il famoso canto del mare si associarono tutte le donne.
La tradizione ebraica in base alle Sacre Scritture sostiene che Dio diede grazie e doni particolari a ciascuno dei tre fratelli finalizzati a raggiungere la Terra Promessa e associa:
  • il pozzo di acqua zampillante con Miriam, di cui al successivo paragrafo;
  • le nuvole di gloria della Shekhinah con Aronne, infatti, quando questi morì, come segnala Numeri 20,22-29, la presenza di Dio, lasciò provvisoriamente il popolo d'Israele che fu come senza più guida divina, onde iniziò a vagare disorientato.
  • Subito, al capitolo successivo, il 21, il libro dei Numeri informa che i nemici ebbero il sopravvento, infatti: "Il re cananeo di Arad ( "un nemico impedisce - sbarra - blocca "), che abitava il Negheb, appena seppe che Israele veniva per la via di Atarim, attaccò battaglia contro Israele e fece alcuni prigionieri." (Numeri 21,1), ma in seguito ascoltò la voce d'Israele, cioè Mosè, e la Shekhinah tornò sul popolo ebraico;
  • la manna con Mosè (Esodo 16) dopo Elim nel deserto di Sin.
Quando la guida di Mosè però verrà a mancare, scompariranno anche la manna, le nubi celesti della Shekhinah e il pozzo.

C'è stretto legame tra i capi della tribù di Giuda e la famiglia di Amram, padre dei tre fratelli, che era discendente di Levi.

La moglie di Aronne era figlia del capo della tribù di Giuda di quel tempo, infatti, "Aronne prese in moglie Elisabetta, figlia di Amminadab, sorella di Nacason, dalla quale ebbe i figli Nadab, Abiu, Eleazaro e Itamar" (Esodo 6,23) e Amminadab era discendente di Giuda come si legge nel libro di Rut che poi vedremo e come risulta da 2Cronache 2,3-10, secondo la linea: Giuda, Perez, Cherzon, Ram, Amminadab, da cui poi Necson, Salmà, Booz marito di Rut che è nella genealogia di Gesù (Matteo 1,5).

Miriam è stata sposata?
Ha mai avuto un figlio dal proprio seno?
La Bibbia non lo dice espressamente, ma per la tradizione ebraica anche Miriam sarebbe convolata a nozze e avrebbe sposato uno della tribù di Giuda, onde si dice che è da annoverare tra gli antenati di David.
Per quella tradizione, l'abile Bezaleel, ispirato da Dio con spirito d'ingegno e d'intelligenza per la costruzione del "Mishkan" o Tabernacolo (Esodo 37,1), della tribù di Giuda, sarebbe stato uno dei discendenti di Miriam, e precisamente un bisnipote.

Dice il testo di Esodo 35,30: "Mosè disse agli Israeliti: Vedete, il Signore ha chiamato per nome Bezaleel, figlio di Uri, figlio di Cur, della tribù di Giuda" e quel Cur, colui che stette al fianco di Mosè durante la battaglia contro Amalek, sarebbe stato un figlio di Miriam.

Ora Caleb era il padre di Cur dalla sua seconda moglie Efrat secondo il testo di 1Cronache 2,19 "Morta Azubà, Caleb prese in moglie Efrat, che gli partorì Cur. Cur generò Urì; Urì generò Besalèl".

Rabbi Shlomo Yitzhaqi, il cui acronimo è Rashi, rabbino francese dell'XI secolo, autorevole commentatore della Torah e del Talmud, sostiene senza alcun dubbio che "Cur era figlio di Miriam" (Rashi)

Lo stesso sostengono le fonti rabbiniche, So?ah 11b e Sanhedrin 69b ove Caleb che avrebbe sposato la profetessa Miriam era detto figlio di Iefunne (esempio in Numeri 13,6), ma quel Iefunne sarebbe un soprannome "colui che si allontanò" (da ) dalla volontà degli altri esploratori che sconsigliarono di entrare nella Terra Promessa. Sostengono altresì che Caleb in 1Cronache 4,5 è detto "Ascùr", perché il suo volto divenne scuro per il digiuno, come pure "padre di Tekoa" perché fissò il cuore in Dio.

Se ne dovrebbe concludere che Efrat, in ebraico "'Oefrat" , ossia "fecondità", e Miriam sarebbero la stessa persona, perché?

Che ne pensano i rabbini?
Si rifanno al racconto di quando il Faraone disse alle levatrici di uccidere tutti i neonati maschi ebrei: "Il re d'Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, delle quali una si chiamava Sifra e l'altra Pua: Quando assistete le donne ebree durante il parto, osservate quando il neonato è ancora tra le due sponde del sedile per il parto: se è un maschio, fatelo morire; se è una femmina, potrà vivere. Ma le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d'Egitto e lasciarono vivere i bambini." (Esodo 1,15-17)

Queste levatrici ebree che lasciavano in vita i bambini ebrei permisero che permanesse la "fecondità" "'oefrat" di quel popolo vessato!
Sifra e Pua, secondo Rashi in Talmud Sotà 11, invero, erano rispettivamente Yokebed, la madre, e Miriam, la sorella di Mosè.
Poiché Miriam, fu uno scudo contro l'aborto, salvava i bambini, convinse il padre a continuare a far figli, prova ne è che nel tentativo di salvarlo seguì le sorti della cesta del fratellino da lei posta nel Nilo, si sostiene che le fu dato il soprannome di Efrat, la feconda, parola che ricorda il "pru u'revu" ossia il "Siate fecondi e moltiplicatevi" di Genesi 1,28.

Secondo il Talmud, Sotà 11b, Dio premiò quelle levatrici con la regalità, in quanto, re Davide, fu un discendente di Efrat, l'altro nome di Miriam, come dice il versetto: "Davide era figlio di un Efratita da Betlemme di Giuda chiamato Iesse." (1Samuele 17,12)

Efrata è l'altro nome di Betlemme, infatti, poco dopo aver partorito Beniamino: "Rachele morì e fu sepolta in via di Efrata, che è Betlemme." (Genesi 35,19)

Cur, per quanto sopra, il supposto figlio di Miriam, nonno di Bezaleel, era un importante capo (Esodo 24,14) della tribù di Giuda (Esodo 31,2).
I suoi diretti antenati erano Giuda, Perez, Chezron e Caleb (Bereshit 46,12) e questi appare nominato nella battaglia contro Amalek.

Si trova, infatti, che "Il popolo d'Israele avrebbe vinto la battaglia contro Amalek per merito di Aharon, di Mosè e della loro sorella Miriam, rappresentata dal figlio". (Gur Arye')

Dice, infatti, quella pagina del libro dell'Esodo: "Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l'altro dall'altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole." (Esodo 17,10-12)

Quel Cur secondo Sanhedrin 7° fu ucciso poi mentre tentava di impedire l'adorazione del vitello d'oro.
In base a tali pensieri, ecco che risulta che ciascuno dei tre fratelli furono premiati:
  • Mosè porta la corona della profezia,
  • Aronne ha corona del sacerdozio,
  • Miriam reca quella della regalità.
IL POZZO DI MIRIAM
Secondo l'Haggadah (forma di narrazione usata nel Talmud), in un "midrash", conosciuto con il nome di "il pozzo di Miriam" si racconta di un pozzo errante che scomparve al morire di Maria a Kadesh, ma che si ripropose in forma diversa con Mosè e Aronne quando, praticamente subito dopo, fecero sprizzare acqua dalla roccia.

La sorella di Mosè, secondo quel racconto, aveva il merito di far in modo che al popolo non mancasse mai l'acqua, per tutto il periodo di permanenza nel deserto.

A Kadesh, morta Miriam , sepolto il suo corpo , infatti, scomparve l'acqua "maim" di mezzo a Israele come riferisce il libro dei Numeri "Ora tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin il primo mese, e il popolo si fermò a Kades. Qui morì e fu sepolta Maria. Mancava l'acqua per la comunità", allora il popolo, avvertitane la mancanza, mormorò e ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aronne e li, a Kadesh, si verificò proprio l'episodio della rupe dalla quale Mosè e Aronne fecero scaturire l'acqua (Numeri 20,1-13), le acque di Meriba, le acque della ribellione, dove "gli israeliti contesero con il Signore" e estrassero con forza l'acqua e lo fecero scavando come per far riuscire un corpo sotterrato.

L'episodio della morte di Miriam è accaduto a Kadesh, e dal suo stesso radicale viene la parola "Kaddish" che ricorda la "Mitzvah" di recitare appunto il "Kaddish" dopo la morte dei genitori per la durata di un anno, in verità per gli XI mesi che seguono la sepoltura.

Il pozzo di Miriam, da cui l'acqua sgorga spontaneamente, è immagine simbolica della spontaneità della fede nei riguardi di Dio e del dono della profezia e della dedizione a Lui che sgorgano spontanee e vive dal cuore dell'uomo e zampillano come acqua fresca di sorgente.
Questo pozzo di Miriam è anche "pozzo dell'esilio" che accompagnò ovunque sia Israele, con la saggezza dei sapienti, alla quale attingere per sopravvivere finché si è in esilio in questa terra, sia il nuovo Israele col pozzo battesimale della Chiesa, icona di Maria, da cui sgorga con l'acqua lo Spirito Santo.
Ciò evidentemente ebbe inizio con Abramo il padre della fede.

Il Talmud, infatti, fa risalire il dono del pozzo di Miriam ad Abramo stesso: "come ricompensa per l'offerta di acqua ai tre viandanti che Abramo ospitava, i figli di Israele ricevettero il pozzo di Miriam".

Dopo l'evento di Meriba, sempre in Numeri 20, muore Aronne nella tappa del monte Or e poi Edom vieta il passaggio agli Israeliti e gli impediranno di bere dai loro pozzi, ma appena (Numeri 21,3) viene invocato il nome del Signore riportarono una vittoria.
Aggirarono il paese di Edom, ma il popolo, mormorò di nuovo e ci fu il noto episodio detto del "serpente di rame", Numeri 21,4-9, richiamato da Gesù nel colloquio con Nicodemo in Giovanni 3.
(Vedi: "Innalzare il Messia" in cui, tra l'altro, riporto la decriptazione di Numeri 20 e Numeri 21)

Dopo il fatto del serpente di bronzo Israele riprese il cammino verso la Transgiordania e il libro dei Numeri a questo punto annota: "Di là andarono a Beèr. Questo è il pozzo di cui il Signore disse a Mosè: Raduna il popolo e io gli darò l'acqua. Allora Israele cantò questo canto: Sgorga, o pozzo: cantatelo! Pozzo scavato da prìncipi, perforato da nobili del popolo, con lo scettro, con i loro bastoni." (Numeri 21,16-18)

"Di là andarono a Beèr. Questo è il pozzo..." nel testo ebraico è: "vemassham B'erah hiva' hab'er 'ashoer 'amar IHWH"



Il radicale è relativo a "incidere" e per traslato si può usare per "dire con decisione" come un imprimere sulla pietra, da cui il "pozzo", come scavato.
Ecco che in quel posto che si chiama "B'erah" "dichiarazione", questa viene esplicitata con un canto sul pozzo "b'er".
La dichiarazione comunque c'è, ma è nascosta nelle lettere!
In quelle, leggendole singolarmente come icone con le regole e significati per il criptato di cui in "Parlano le lettere" c'è la promessa d'incarnazione:

"Si porterà per salvare () i viventi , la dichiarazione () esce da Lui , dentro (il mondo) da primogenito dal corpo di una donna () si vedrà (); vivrà in un corpo il Signore ".

Quel "cantatelo" ha il senso di un "celebratelo" e fa pensare al potere del "celebrare", ossia di fare memoriale per riattualizzare gli eventi, come l'ebraismo ad esempio propone con il "seder" di "Pesach" e l'imperativo "sgorga" corrisponde a un "sorgi" e "risorgi", come appunto memoriale dei tempi di Maria per riportare operativo il pozzo che idealmente l'accompagnava.
I "principi" gli "Sharim" evidentemente sono i patriarchi - Abramo, Isacco e Giacobbe - e i nobili i "Nedibei" - Mosè, Aronne -, perché affiora il ricordo che loro avevano fatto sgorgare l'acqua, perforando la roccia, con la verga del comando, con bastoni di appoggio.

Il "midrash", in Bamidbar Rabbah, racconta che il pozzo di Miriam dopo la conquista della Terra Promessa si fissò in un punto del lago "Kinnereth", vicino a Tiberiade, si che un lebbroso che si bagnò vicino al pozzo guarì miracolosamente.

Tante sono nel folclore e nella tradizione ebraico le idee su tale pozzo e al riguardo, per non dilungarmi, riporto quanto dice il "Dizionario di usi e leggende ebraiche" di Alan Unterman (Laterza 1994): "Un miracoloso pozzo d'acqua che sgorgava da una pietra e che accompagnava gli israeliti nel loro vagare nel deserto dopo l'Esodo. Quando si accampavano, la pietra si arrestava e, quando si rimettevano in viaggio, anch'essa si muoveva. Il pozzo era stato creato da Dio al crepuscolo del primo venerdì sera della Creazione, proprio prima dell'inizio dello Shabbat. Era questo pozzo che i Patriarchi trovarono cercando acqua nella terra d'Israele e fu a questo pozzo che Eliezier, il servo di Abramo, si fermò quando stava cercando una moglie per Isacco, il figlio del suo padrone. Quando gli anziani delle dodici tribù gli si avvicinavano cantando, l'acqua sgorgava dal pozzo. Il suo gusto era di vino, di latte, di miele. Il pozzo prese il nome da Miriam, perché durò per quasi 40 anni nel deserto grazie ai suoi meriti. Quando Miriam morì il pozzo smise di dare acqua in abbondanza. Quando gli israeliti entrarono in Terrasanta il pozzo scomparve e Dio lo nascose nel mare di Galilea, dove lo si può talvolta ancora vedere se si guarda dall'alto. Una volta un lebbroso si stava bagnando nelle vicinanze e guari' dalla lebbra quando toccò inavvertitamente il pozzo. I mistici credevano che l'acqua del pozzo di Miriam aiutasse a purificare il corpo e che coloro che ne bevevano l'acqua diventassero capaci di capire gli insegnamenti della Kabbalah. Isaac Luria iniziò il suo discepolo Chaim Vital agli insegnamenti della Kabbalah dandogli da bere dell'acqua proveniente da un certo punto del mare di Galilea. Nell'età messianica il profeta Elia restituirà al popolo d'Israele il pozzo con le sue acque salutari".

L'acqua di Miriam si fa presente non solo sul cammino di Israele nel deserto, ma anche lungo la loro storia fino ai tempi messianici, infatti, è il pozzo da cui usciranno le acque da sotto la soglia del Tempio di cui parla Ezechiele.
Certamente queste tradizioni erano note nel I secolo d.C. e sono da considerare anche queste quinte dello scenario in cui opera la predicazione di Gesù, sia intorno al lago, sia in occasione dell'incontro al pozzo di Giacobbe con la Samaritana.
Giovanni, infatti, fa ampio uso del simbolismo dell'acqua e del pozzo e, tra l'altro, evidenzia come dal fianco del Crocefisso sia sgorgato non solo sangue, ma anche acqua (Giovanni 19,34) come del resto lo stesso Gesù aveva profetizzato "Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno". (Giovanni 7,37s)

UNA TAPPA DELL'ESODO
Per comprendere l'episodio di cui parlo nel presente paragrafo, è da tenere presente che Miriam, secondo la Scrittura, è la figlia più grande della famiglia di Mosè, quindi, dopo la morte dei genitori, era la vestale delle tradizioni familiari.
Lei aveva certamente preso la cura dei figli più piccoli, quindi, si sentiva in dovere di conservare le tradizioni di famiglia e di comportarsi da sorella maggiore con senso di responsabilità nei confronti dei fratelli più giovani anche negli anni di comunione nella peregrinazione nel deserto quando Mosè, ritrovato, ormai era il leader e aveva superato l'età di 80 anni e Aronne di 83.
Insomma Miriam è la sorella che vigila e custodisce, che fa da mamma fin da bambina, infatti, doveva avere poco più di dieci anni, quando nascosta tra i giunchi della riva del Nilo, si curava di Mosè.

Ciò premesso, il libro dei Numeri, il IV della Torah o Pentateuco, al capitolo 33, elenca in ordine le varie tappe dei 40 anni dei fuoriusciti dall'Egitto ai tempi di Mosè prima di trovare un insediamento stabile; infatti, quel libro è detto in ebraico "bemidebar" , cioè "nel deserto".

Il deserto, per le lettere ebraiche che lo formano, ha in se le tre lettere del radicale relativo al verbo "parlare, dire" e simili, onde indipendentemente da ragionamenti che coinvolgono sentimenti, come solitudine, meditazione, opportunità per entrare in contatto profondo con se stessi attribuiti più o meno romanticamente al deserto, per l'ebraico quelle lettere comunque stanno a dire che qualcuno, l'ispiratore di quelle Sacre Scritture, nella fattispecie Dio, nel deserto "bemidebar" "dentro ai viventi parla " o, considerato che BMH indica una altura, ha anche in se il significato che il Creatore "su un'altura () parla ".

In quei 40 anni di peregrinare, dalla città di Ramses al Giordano davanti a Gerico, complessivamente gli accampamenti che gli Israeliti rizzarono risultano essere stati in numero di 42, estremi del viaggio compresi, di cui alcuni restarono impiantati soltanto per alcuni giorni, mentre altri lo furono per anni.

Gli Israeliti, partirono dall'Egitto, da Ramses nuova città costruita dai faraoni Ramseti sul delta del Nilo orientale o terra di Goshen, e "si accamparono a Succot. Partirono da Succot e si accamparono a Etam, che è sull'estremità del deserto. Partirono da Etam e piegarono verso Pi-Achiròt, che è di fronte a Baal-Sefòn, e si accamparono davanti a Migdol. Partirono da Pi-Achiròt, passarono in mezzo al mare in direzione del deserto, fecero tre giornate di marcia nel deserto di Etam e si accamparono a Mara. Partirono da Mara e giunsero a Elìm; a Elìm c'erano dodici sorgenti di acqua e settanta palme: qui si accamparono. Partirono da Elìm e si accamparono presso il Mar Rosso. Partirono dal Mar Rosso e si accamparono nel deserto di Sin. Partirono dal deserto di Sin e si accamparono a Dofka. Partirono da Dofka e si accamparono ad Alus. Partirono da Alus e si accamparono a Refidìm, dove non c'era acqua da bere per il popolo. Partirono da Refidìm e si accamparono nel deserto del Sinai. Partirono dal deserto del Sinai e si accamparono a Kibrot-Taavà. Partirono da Kibrot-Taavà e si accamparono a Caserot." (Numeri 33,5-17)

Caserot è la tappa su cui mi soffermerò.
Fu la 14° tappa contando Ramses e in questa ci fu la mormorazione di Miriam nei riguardi del fratello.
Dopo di questa tappa ci saranno altri 28 accampamenti fino al Giordano.
Tra questi ulteriori accampamenti, come fatali per i familiari di Mosè, sono da segnalare quelli, uno successivo all'altro, di Kades e di Or, infatti nel:
  • 31°, a Kades, morì Maria "Ora tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin il primo mese, e il popolo si fermò a Kades. Qui morì e fu sepolta Maria. Mancava l'acqua per la comunità..." (Numeri 20,1-2)
  • 32°, a Or, morì Aronne "da Kades e si accamparono al monte Or, all'estremità della terra di Edom. Il sacerdote Aronne salì sul monte Or per ordine del Signore e in quel luogo morì il 40° anno dopo l'uscita degli Israeliti dalla terra d'Egitto, il quinto mese, il primo giorno del mese. Aronne era in età di 123 anni quando morì sul monte Or." (Numeri 33,37-39 e Numeri 20,22-29)
Poi ci furono altri 8 accampamenti e Mosè salì sul monte Nebo e non tornò più; "Mosè aveva 120 anni quando morì; gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno..." (Deuteronomio 34,7)

Ricordo poi che nessuno dei tre fratelli - Maria, Aronne e Mosè - in ordine di nascita, poté entrare nella terra promessa, ma soltanto Mosè la vide da lontano dalla cima del monte Nebo.

Dirà, infatti, il Signore a Mosè "Sali su questo monte degli Abarim, sul monte Nebo, che è nel paese di Moab, di fronte a Gèrico, e mira il paese di Canaan, che io dò in possesso agli Israeliti. Tu morirai sul monte sul quale stai per salire e sarai riunito ai tuoi antenati, come Aronne tuo fratello è morto sul monte Or ed è stato riunito ai suoi antenati, perché siete stati infedeli verso di me in mezzo agli Israeliti alle acque di Mèriba di Kades nel deserto di Sin, perché non avete manifestato la mia santità. Tu vedrai il paese davanti a te, ma là, nel paese che io sto per dare agli Israeliti, tu non entrerai!" (Deuteronomio 32,49-52)

I tre fratelli muoiono in luoghi particolari e nel rispetto dell'ordine per età:
  • Maria a "Kades", quindi, in luogo santo;
  • Aronne sul monte "har" di nome Or "hor" , ossia con le stesse lettere di monte, quindi, in qualche modo si realizza il nome di Aronne "L'Unico dal monte l'invia ";
  • Mosè tra i monti "a'barim" in cui vi sono le lettere degli ebrei, , di passare oltre, andare al di la, e precisamente sul monte Nebo , quindi, Dio "con gli angeli a casa lo porta ".
Aronne aveva tre anni più di Mosè, ma Maria ne aveva di più perché, come ricorda il libro dell'Esodo al capitolo 2, era una fanciulla quando Mosè fu abbandonato nel Nilo e fu proprio lei a proporre alla principessa egizia che l'aveva trovato una nutrice che poi altra non era che la madre.
Nelle immediate precedenti tappe, secondo Numeri 11, s'era verificato che il popolo s'era lamentato a Taberà, il nome vuol dire incendio, e un fuoco distrusse una estremità dell'accampamento, poi a Kibrot Taavà, il nome significa "i sepolcri della concupiscenza" o "tombe dell'Ingordigia", ove ancora il popolo si lamentò ricordando il cibo abbondante di cui disponeva in Egitto.
Ancora una volta i nomi stessi dei luoghi, paiono evocare gli eventi che poi vi si verificano, come se i racconti fossero uno sviluppo che viene proprio da quei nomi, infatti:
  • Taberà è scritto e il radicale sta, come ho accennato, per "ardere e incendiare", ma anche per "separare e allontanare" e il popolo si allontanò dal Signore e s'incendiò l'accampamento.
  • Kibrot Taavà che significa "Tombe dell'Ingordigia" e Mosè intercedette e il Signore concesse le quaglie.
  • Caserot nel testo ebraico è ove il radicale è relativo al "dividere e dividersi", da cui "chatzer" "luogo recintato, cortile e anche castello" e li accadde che secondo il racconto ci fu una divisione tra i fratelli Maria e Aronne, uniti contro Mosè.
Se guardiamo più attentamente quel Caserot le lettere ci dicono "in un luogo chiuso il nemico Porta un segno ".
Un luogo chiuso è certamente il rapporto stretto e riservato tra fratelli; infatti, in ebraico fratello è "'ach" e si scrive , "uno stretto ", quindi, Caserot profetizza come se un nemico fosse sceso a dividere i fratelli.
C'è di più questo nemico porta un segno ed ecco che Maria diviene lebbrosa.
(Vedi: "Vittoria sul drago - Sanati nel Giordano")

La lebbra è malattia motivo d'impurità, ma tale morbo è solo uno dei vari aspetti di malattia della pelle e delle superfici che ricade sotto il termine usato per il fenomeno che l'ebraico biblico definisce "tsara't" .

"Tsara'" poi è chi ne è colpito, impropriamente tradotto lebbroso, in effetti è percosso e piagato, quasi ammaccato.

Con i segni delle lettere posso commentare:
  • scesa nel corpo una azione ;
  • un nemico - un avversario , ha agito ;
  • un nemico in vista ;
  • disceso - scende il male .
Ora a Caserot per il racconto in Numeri 12, secondo la traduzione C.E.I. del 2008 accadde che:

Numeri 12,1 - "Maria e Aronne parlarono contro Mosè, a causa della donna etiope che aveva preso. Infatti aveva sposato una donna etiope.

Numeri 12,2 - Dissero: Il Signore ha forse parlato soltanto per mezzo di Mosè? Non ha parlato anche per mezzo nostro? Il Signore udì.

Numeri 12,3 - Ora Mosè era un uomo assai umile, più di qualunque altro sulla faccia della terra.

Numeri 12,4 - Il Signore disse a un tratto a Mosè, ad Aronne e a Maria: Uscite tutti e tre verso la tenda del convegno. Uscirono tutti e tre.

Numeri 12,5 - Il Signore scese in una colonna di nube, si fermò all'ingresso della tenda e chiamò Aronne e Maria. I due si fecero avanti.

Numeri 12,6 - Il Signore disse: Ascoltate le mie parole! Se ci sarà un vostro profeta, io, il Signore, in visione a lui mi rivelerò, in sogno parlerò con lui.

Numeri 12,7 - Non così per il mio servo Mosè: egli è l'uomo di fiducia in tutta la mia casa.

Numeri 12,8 - Bocca a bocca parlo con lui, in visione e non per enigmi, ed egli contempla l'immagine del Signore. Perché non avete temuto di parlare contro il mio servo, contro Mosè?

Numeri 12,9 - L'ira del Signore si accese contro di loro ed egli se ne andò.

Numeri 12,10 - La nube si ritirò di sopra alla tenda ed ecco: Maria era lebbrosa, bianca come la neve. Aronne si volse verso Maria ed ecco: era lebbrosa.

Numeri 12,11 - Aronne disse a Mosè: Ti prego, mio signore, non addossarci il peccato che abbiamo stoltamente commesso!

Numeri 12,12 - Ella non sia come il bambino nato morto, la cui carne è già mezza consumata quando esce dal seno della madre.

Numeri 12,13 - Mosè gridò al Signore dicendo: Dio, ti prego, guariscila!

Numeri 12,14 - Il Signore disse a Mosè: Se suo padre le avesse sputato in viso, non ne porterebbe lei vergogna per sette giorni? Stia dunque isolata fuori dell'accampamento sette giorni; poi vi sarà riammessa.

Numeri 12,15 - Maria dunque rimase isolata, fuori dell'accampamento, sette giorni; il popolo non riprese il cammino, finché Maria non fu riammessa.

Numeri 12,16 - Poi il popolo partì da Caserot e si accampò nel deserto di Paran."

Pur se Eusebio e Girolamo collocano il deserto di "Paran" nel meridione dell'Arabia, forse perché le lettere "p'er" vogliono dire anche turbante, la maggior parte degli studiosi ormai lo considera prendere il nome dal Wadi Paran, corso d'acqua a carattere torrentizio, che l'attraversa, identificabile con una zona del deserto del Neghev ove si trovava anche il Har Karkom nell'area di Kades, da taluni studiosi considerato il vero monte Sinai della Bibbia.
(Vedi: "Attorno al Santuario vicino all'Oreb, la montagna di Dio" e "La Roccia che scaturisce acqua viva")



Il deserto di Paran visto dal monte Karkom

Tra l'altro il radicale sta a indicare ornare, adornare, onorare da cui anche fogliame, fronda "por'ah" e chioma d'albero "pur'ah".
In questa zona per la presenza di quel Wadi qualche cenno di verde come pure qualche polla d'acqua si trova ed è comprensorio più adatto per ospitare persone numerose in viaggio, piuttosto dei deserti arabici.

Quel Kades inoltre, che nasconde la parola Santo = Qadosh fa intuire che c'era una tradizione come antico santuario, quindi "monte di Dio" (Esodo 3,1) almeno per le popolazioni degli Habiru, popoli nomadi, a cui erano associabili le famiglie dei progenitori degli ebrei e anche da parte di alcuni Madianiti.
Qades-Barnea e En-Mispat (Genesi 14,7) sono nomi che definiscono un pozzo, un paese e un deserto (Salmo 29,8); erano vicini al confine meridionale della Terra Promessa (Numeri 34,4).

È località ricordata spesso dalla Bibbia, infatti:
  • Chedorlaomer, re di Elam, capo dell'alleanza dei quattro re che invase la Palestina per 14 anni ai tempi di Abram contro l'alleanza di cinque re della Valle di Sittim, a Qades sconfisse Amalec, ma fu sconfitto da Abram (Genesi 14,1-17).
  • Dio apparve ad Agar presso un pozzo vicino a Qades (Genesi 16,7-14).
  • Abramo si stabilì vicino a Qades (Genesi 20,1).
  • Maria morì a Qades (Numeri 20,1) e li, come commenta il versetto Numeri 20,2 "...morì e fu sepolta Maria. Mancava l'acqua per la comunità..." e qui secondo il racconto di Numeri avvenne il miracolo delle acque di Meriba quando sgorgò dalla roccia battuta da Mosè contro il comando del Signore che aveva ordinato solo di parlare alla roccia.
  • Le vittorie di Giosuè s'estesero fino a Qades (Giosuè 10,41) e questa località entrò nel territorio di Giuda (Giosuè15,23).
  • Ezechiele in 48,28 nella sua visione indica Qades al confine meridionale del futuro nuovo Israele.
Il capitolo Numeri 12 inizia spiegando subito il motivo della lite di Miriam e Aronne con Mosè, la moglie di questi, una straniera, definita la moglie "'isshah" etiope "kushita", ossia della terra di "Kush" .
Sotto la denominazione terra di "Kush" rientrava certamente la Nubia in Egitto, ma studiosi come Michaelis Johann Rosenmüller e altri sostengono che il nome Kush era assegnato anche a zone affacciate su entrambi i lati del Mar Rosso in Arabia (Yemen) e in Africa (Nubia).
A riprova sussiste che la tribù degli Himyarit del sud dell'Arabia fu descritta dagli scrittori siriani come formata Kushiti ed etiopi.
Questa donna Kushita che pare definita come etiope, certamente era la madianita Zippora, considerato che il paese di Madian era parte del paese di "Kusch" , evidentemente più esteso dell'attuale Etiopia.

Il paese di Madian, appunto, era situato nel deserto a est del mar Rosso davanti all'Etiopia e i Madianiti spaziavano tra le due sponde.
Tra l'altro c'è un versetto in Abacuc 3,7 "Ho visto i padiglioni di Cusàn in preda a spavento, sono agitate le tende di Madian" da cui si arguisce che Cusàn era una tribù madianita e i due nomi Madian e Cusàn sono citati parallelamente in quello stesso versetto, in quanto, evidentemente sinonimi.

Il nome Cusan si trova anche per un personaggio ambiguo ed enigmatico di cui parla il libro dei Giudici e di cui dirò nell'ultimo paragrafo.
Tra l'altro quelle lettere di "Kush" si possono separare in + e ricordando che è il radicale di bruciare, ardere e che è la lettera qualificante il fuoco "'esh" e l'iniziale di "Shoemoesh" vale a dire di sole, si può leggere che quel luogo detto "Kush" c'è come un "fuoco che brucia ()" o "il sole vi arde ()"; d'altronde Madian ed Etiopia sono alla stessa latitudine ed hanno stesse pesanti condizioni climatiche.

Era accaduto, infatti, che i fratelli di Mosè, Maria e Aronne, seppero della esistenza di Zippora, con i figli Gerson e Elisier il padre di lei, il suocero Ietro quando l'incontrarono, secondo prima di Refidim, subito dopo lo scontro con gli Amaleciti, infatti: "Ietro, sacerdote di Madian, suocero di Mosè, venne a sapere quanto Dio aveva operato per Mosè e per Israele, suo popolo, cioè come il Signore aveva fatto uscire Israele dall'Egitto. Allora Ietro prese con sé Zippora, moglie di Mosè, che prima egli aveva rimandata, con i due figli di lei, uno dei quali si chiamava Ghersom, perché egli aveva detto: Sono un emigrato in terra straniera, e l'altro si chiamava Elièzer, perché: Il Dio di mio padre è venuto in mio aiuto e mi ha liberato dalla spada del faraone. Ietro dunque, suocero di Mosè, con i figli e la moglie di lui, venne da Mosè nel deserto, dove era accampato, presso la montagna di Dio."(Esodo18,1-5)

Il motivo del litigio era serio.
I fratelli avevano valutato che quel legame di Mosè con quella donna che non poteva inserire i figli nella corretta tradizione ebraica poteva essere una pietra d'inciampo per la missione e di scandalo almeno per la gran parte degli Israeliti al seguito ligi agli usi pervenuti loro dai patriarchi.
Tutti i patriarchi, peraltro, avevano sposato donne tra i parenti lasciati a Carran da cui provenivano Abramo e Sara; infatti, Rebecca, moglie di Isacco, e Lia e Rachele, mogli di Giacobbe, erano della famiglia lasciata in Anatolia.
La mamma di Mosè, Jokebed era figlia di Levi (Esodo 6,20) e Aronne aveva sposato Elisabetta (Esodo 6,23), figlia di Amminadab della tribù di Giuda e sorella di Nakhshon (Numeri 2,3), quindi tutte Israelite pure.

Nel libro di Rut, infatti, si trova "Questa è la discendenza di Perez: Perez generò Chezron; Chezron generò Ram; Ram generò Amminadab; Amminadab generò Nacson; Nacson generò Salmon; Salmon generò Booz; Booz generò Obed; Obed generò Iesse e Iesse generò Davide." (Rut 4,18-22) e Perez nacque da Giuda e Tamar come si legge in Genesi 38,29s.

Mosè, invece, aveva sposato una straniera.
L'antenato Abramo, che aveva avuto un figlio dall'egiziana Agar, serva della moglie, aveva dovuto non concedergli la primogenitura che era passata a Isacco, e ora secondo le regole della Torah che lo stesso Mosè, secondo la tradizione doveva scrivere, non avrebbe dovuto prendere moglie straniera.

Dice, infatti, il libro del Deuteronomio: "Quando il Signore, tuo Dio, ti avrà introdotto nella terra in cui stai per entrare per prenderne possesso e avrà scacciato davanti a te molte nazioni: gli Ittiti, i Gergesei, gli Amorrei, i Cananei, i Perizziti, gli Evei e i Gebusei, sette nazioni più grandi e più potenti di te, quando il Signore, tuo Dio, le avrà messe in tuo potere e tu le avrai sconfitte, tu le voterai allo sterminio. Con esse non stringerai alcuna alleanza e nei loro confronti non avrai pietà. Non costituirai legami di parentela con loro, non darai le tue figlie ai loro figli e non prenderai le loro figlie per i tuoi figli, perché allontanerebbero la tua discendenza dal seguire me, per farli servire a dèi stranieri, e l'ira del Signore si accenderebbe contro di voi e ben presto vi distruggerebbe." (Deuteronomio 7,1-4)

Rashi commenta, possiamo distinguere due casi, se "tua figlia" sposa "il figlio loro", lui condurrà i tuoi nipoti fuori dalla strada della Torah, allora i loro figli saranno considerati ancora ebrei, ma inevitabilmente si allontaneranno dal cammino dell'ebraismo e se tuo figlio sposa la loro figlia non ebrea, i loro figli non sono più considerati figli tuoi, ma figli suoi: ossia, non sono più ebrei, e così vedremo è da considerare che di siano comportati almeno alcuni discendenti di Zippora.

Unica attenuante era che il matrimonio di Mosè in Madian era avvenuto prima dell'esistenza della legge, ma tra gli Israeliti, da quanto pare c'era già questa usanza rispettata da tutti i patriarchi; è da ricordare, infatti, che "Isacco chiamò Giacobbe, lo benedisse e gli diede questo comando: Tu non devi prender moglie tra le figlie di Canaan." (Genesi 28,1)

Entrando nel merito del racconto del litigio è da considerare che l'ira di Dio contro i fratelli di Mosè non fu, invero, a suscitarsi per la sostanza della questione, cioè per il matrimonio con una straniera, tant'è che come vedremo ben poca rilevanza ebbero nella storia successiva i discendenti del leader, e Dio è padrone della storia, ma proprio perché s'erano permessi di contestare il rappresentante di Dio stesso cui Dio dava fiducia e per la dis-comunione che avrebbe avuto ricadute sul popolo che guardava e prendeva esempio dalla classe dirigente.

In definitiva Dio aveva dato piena fiducia a Mosè per la missione di cui l'aveva incaricato pur se aveva sposato quella straniera, e lo conferma quando dice loro "è l'uomo di fiducia in tutta la mia casa" (Numeri 12,7), quindi, come si permettevano i due fratelli di contestarlo.

In definitiva stavano contestando Dio stesso, infatti, poi, nel racconto il Signore sostiene che con Mosè parla "bocca a bocca" (Numeri 12,8).

D'altronde dirà Gesù: "Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi; se se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi." (Marco 3,24s).

Male, quindi, facevano i congiunti di Mosè a essere in lite tra di loro. Se si guarda il testo ebraico del versetto Numeri 12,1 "Maria e Aronne parlarono contro Mosè..." , ci si rende conto che in verità è solo Miriam che parla per tutti e due, infatti, per il verbo è usata la forma singolare, onde se ne deve dedurre che Aronne si nascondeva dietro a Miriam.

Questo fatto spiega il perché, poi, solo Miriam risultò punita, divenendo "lebbrosa come neve" mentre Aronne ne rimase indenne.

C'è anche la tesi che, essendo Aronne sacerdote, per esercitare il suo compito non poteva diventare lebbroso, onde la sua vera punizione sarebbe stata di guardare Maria e condannarla lui stesso come lebbrosa facendola uscire dall'accampamento come da regola.

Quel versetto poi non dice parlarono a Mosè, ma contro Mosè, il che fa intuire che non fu un colloquio faccia a faccia tra fratelli, ma una lite che ebbe altri testimoni e ciò penso sia il motivo della reazione del Signore, in quanto infrangeva l'unità del cerchio di comando davanti al popolo, già soggetto a tanti dubbi e propri tentennamenti.

A questo punto Aronne si rivolse al fratello, intendendo attraverso di lui parlare col Signore, visto che ne era la bocca, e riconobbe e confessò il proprio peccato: "Aronne disse a Mosè: Ti prego, mio signore, non addossarci il peccato che abbiamo stoltamente commesso!" (Numeri 12,11) e chiese al fratello d'intercedere verso Dio affinché la guarisse.

Il confrontarsi tra fratelli non è peccato, ma lo è il mettere in cattiva luce con gli altri un fratello e Aronne con quel dire confessa il suo peccato.
Mosè provvide immediatamente all'intercessione e qui, ecco, una risposta strana del Signore Dio: "Se suo padre le avesse sputato in viso, non ne porterebbe lei vergogna per sette giorni?" (Numeri 12,14)

In ebraico queste parole sono:



La lebbra nell'immaginario biblico è sempre collegabile a un avviso da parte di Dio, infatti, dice il Talmud: "Un lebbroso o sospettato di lebbra perciò ha un avviso revocabile o no e la comunità ne deve tener conto, fa dei riti e sa bene che 'Quanto è vero che voi vivete, non è il morto che contamina e non è l'acqua con la cenere della vacca rossa che purifica, ma Colui che parlò e il mondo fu" (Midrash Rabbah, Chukkat)

È da ricordare che la lebbra "tsara't" può pensarsi, dando voce alle lettere che formano quella parola ebraica, anche come "scende sul corpo un'azione da segno ".

Ecco che qui il biancore a chiazza della lebbra dal testo biblico viene paragonato in modo immaginifico a schizzi di saliva della divinità scesa, appunto, sul corpo di Miriam.

In quel versetto c'è, infatti, "iaroq iaraq" che ho messo in evidenza, che corrisponde a "sputare uno sputo".
Sempre con riferimento alle lettere è da pensare che "è dalla testa (in questo caso del padre) versato " indi "è sul corpo (della figlia) a rovesciarsi ".

Nel caso specifico c'è una chiara connessione tra una punizione, sia pure momentanea da parte di Dio, con un ammonimento paterno, quindi una questione che resta in famiglia, il che rafforza l'idea che in tali termini il Signore voleva fosse contenuta la questione.
Maria rimase dunque isolata, fuori dell'accampamento, per sette giorni.
Il popolo però non riprese il cammino finché Maria non fu riammessa nell'accampamento il che fa trapelare che per lei, da parte della sua gente rispetto e ammirazione rimasero integri.

Al riguardo, osservano i rabbini, che Miriam ha meritato di essere "aspettata" quale ricompensa per avere aspettato sulle rive del Nilo, finché la vita di Mosè non fosse in salvo, infatti "Miriam attese un'ora... e Dio fece attendere a causa di lei, nel deserto, l'arca e la Shekinah (la Presenza divina), i sacerdoti, i leviti e tutto Israele, con la nube della gloria per sette giorni".

L'episodio di Miriam colpita dalla lebbra momentanea ricorda ciò che capitò a Mosè in occasione della rivelazione al roveto ardente, quando il Signore gli disse: "Introduci la mano nel seno! Egli si mise in seno la mano e poi la ritirò: ecco, la sua mano era diventata lebbrosa, bianca come la neve. Egli disse: Rimetti la mano nel seno! Rimise in seno la mano e la tirò fuori: ecco, era tornata come il resto della sua carne. Dunque se non ti credono e non danno retta alla voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo! Se non crederanno neppure a questi due segni e non daranno ascolto alla tua voce, prenderai acqua del Nilo e la verserai sulla terra asciutta: l'acqua che avrai preso dal Nilo diventerà sangue sulla terra asciutta." (Esodo 4,6-9)

Il primo segno di cui questi versetti parlano è quello del bastone divenuto un serpente, onde il segno della lebbra su Maria, per analogia, porta a concludere che era proprio a sottolineare che era stato messo in dubbio il primo segno, cioè che attraverso Mosè effettivamente parlasse il Potente.

Un bastone, in egiziano MeDU, sta per "parola" e diventando serpente questo indica un Potente, cioè il primo segno che Dio diede a Mosè da presentare al Faraone era inteso a far capire che il latore parlava per un Potente e il secondo, quello della mano momentaneamente lebbrosa, era come una credenziale per dire che il latore era mandato dal cielo.

Nella famiglia di Mosè, però, in quella occasione trovò applicazione il classico "Nemo propheta in patria" ossia "nessuno è profeta nella propria patria" che sottolinea la difficoltà d'emergere nell'ambiente familiare, ricordato in tutti i Vangeli:
  • Matteo 13,57 - "E si scandalizzavano per causa sua. Ma Gesù disse loro: Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua."
  • Marco 6,4 - "Ma Gesù disse loro: Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua."
  • Luca 4,24 - "Poi aggiunse: Nessun profeta è bene accetto in patria."
  • Giovanni 4,44 - "Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria."
NUMERI 12 - DECRIPTAZIONE
Il fatto del nome di Maria, ripetuto più volte nel testo di questo capitolo 12 dei Numeri e l'idea della lebbra, sempre considerata indotta come avviso dalla divinità, tenuto poi presente, come verificato innumerevoli volte, che nelle pagine della Torah c'è sempre un testo nascosto relativo al Messia, mi ha indotto a pensare di decriptarlo.

A questo poi si aggiunge il pensiero che le lettere ebraiche "sera'" di lebbra, prese con riferimento all'incarnazione del Signore, guidano il pensiero a considerare che la divinità "scende in un corpo in azione " e attua così la buona notizia e gli eventi dei Vangeli.
Lo spirito Santo di Dio, infatti, scende nelle acque della vergine Maria e si fa uomo con un corpo di sangue e di carne.
Inoltre quando il testo del versetto 12,1 dice per due volte, anche se non serviva, della donna Kushita ritengo che sia un avviso per cercare bene nel testo e per "donna Kuscita" scrive : "in una donna del mondo la rettitudine avrebbe posto ."

Tra l'altro, "Maria era lebbrosa, bianca come la neve" dice Numeri 12,10 e "Madonna della Neve" è uno degli appellativi con cui la Chiesa Cattolica venera la vergine Maria, madre di Dio in ricordo della tradizione per il miracolo della neve che sarebbe avvenuto a Roma il 5 agosto del 352 onde, in memoria, sarebbe stata eretta la prima basilica di Santa Maria Maggiore.

Di Maria, infatti, si canta: "Bella tu sei qual sole, bianca più della luna e le stelle più belle non son belle al par di te".

Il testo ebraico dei versetti Numeri 15,15-16 relativi alla sosta del popolo nell'accampamento, in attesa che Miriam fosse guarita dalla lebbra, ben si presta, come si può verificare, a profetizzare la venuta a Betlemme di Maria di Nazaret col suo sposo, San Giuseppe, per il censimento, quando non trovò posto in albergo e dette alla luce Gesù in una stalla fuori della città.
Il testo dell'ultima traduzione della C.E.I. dei 16 versetti di Numeri 12 sono riportati nel precedente paragrafo.
Presento la dimostrazione della decriptazione del primo versetto col relativo testo ebraico indicando come si perviene a un testo nascosto; poi presento la decriptazione, tutta di seguito, dell'intero capitolo.

Numeri 12,1 - Maria e Aronne parlarono contro Mosè, a causa della donna etiope che aveva preso. Infatti, aveva sposato una donna etiope.




Numeri 12,1 - Portò l'indicazione : la Parola da Maria avrebbe portato l'Unico a partorire (). Un angelo in casa da vivente luminoso entrò . Dall'alto della nube portò l'indicazione a entrare in una donna . Nel mondo la rettitudine avrebbe posto in una donna (). Nel corpo il Potente l'avrebbe versata di nascosto . La rettitudine fu l'Unico ad accenderle . Entrò con la rettitudine il fuoco che sarà a finire il serpente rovesciandolo nella tomba .

Quindi, di seguito, si trova il tutto in pulito.

Numeri 12,1 - Portò l'indicazione: la Parola da Maria avrebbe portata l'Unico a partorire. Un angelo in casa da vivente luminoso entrò. Dall'alto della nube portò l'indicazione a entrare in una donna. Nel mondo la rettitudine avrebbe posto in una donna. Nel corpo il Potente l'avrebbe versata di nascosto. La rettitudine fu l'Unico ad accenderle. Entrò con la rettitudine il fuoco che sarà a finire il serpente rovesciandolo nella tomba.

Numeri 12,2 - Portato fu da primogenito a viverle nel corpo e lo partorì. Versò il primogenito in una retta famiglia/casa ove viveva. Una luce entrò con la Parola del Signore nel mondo. Il "no" in cammino in un vivente dentro per l'angelo (ribelle) portò. La Parola che recò fu ad accenderla in seno il Signore.

Numeri 12,3 - Ed al mondo per gli uomini salvare da misero si portò a vivere. Di un uomo nella sposa entrò l'Unigenito per aiutare i viventi. L'Unigenito per bruciare il cattivo serpente di persona fu al mondo. In un uomo entrò.

Numeri 12,4 - E fu a iniziare per il ribelle una calamità improvvisa che Dio in un vivente per bruciare la perversità da maledizione delle origini entrasse in un corpo. Per rifiutare il serpente da Maria scese l'Unigenito per portare il fuoco al serpente per bruciarne l'oppressione. La Madre di Dio lo splendore ai viventi portò. L'eternità recherà. Sarà giù dell'origine a riportare nel terzo l'integrità.
(Coè nell'ottavo giorno, il terzo dalla creazione dell'uomo creato nel sesto)

Numeri 12,5 - E scese il Signore ad abitare tra il popolo per portare la conoscenza. L'angelo (ribelle) inviò il Verbo in croce. Dalla tomba riuscì nello splendore e fu a versarsi alla vista. In quel primo rientrò nel corpo l'energia e rivisse. Col corpo fu ai viventi a riportarsi. Fu giù l'Unico a portargli della risurrezione l'energia onde fu a rientrargli la vita.

Numeri 12,6 - E sarà quel primo ai viventi dal corpo la risurrezione in seno a recare. L'energia dell'Unico a insinuarsi nei corpi sarà. Dell'Unico la vita ci risarà. Dal mondo saranno a uscire angeli. Dentro ci risarà l'originaria rettitudine che vi viveva. Col Signore a casa si vedranno entrare. A Dio saranno portati. Verranno condotti alla conoscenza sognata. E le centinaia la Parola a casa condurrà.

Numeri 12,7 - Il rifiuto con la rettitudine dell'angelo (ribelle) a servire è. Salva chi nel mondo abita. Tutti gli abitanti saranno alla fine con gli angeli. Dall'Unico a vivere con gli angeli dal mondo li porterà Lui.

Numeri 12,8 - Col Verbo entreranno in Dio. Nel Verbo dal mondo sulla nube ad abitare le moltitudini condurrà e i viventi lo vedranno. Li porterà dal Potente Padre a vivere. Sarà per mano tutti a condurre integri. Invierà tutti il Signore a stargli in casa. Sarà nel cuore a portare i viventi. Li aiuterà a portarli in alto. Nell'Unigenito saranno nel corpo a venire a vivere rinati. Dentro le moltitudini nel Servo saranno ad abitare. I viventi risorti vi entreranno.

Numeri 12,9 - Portati saranno nell'assemblea a vedere il volto del Signore. Vivi li porterà a stare dal Potente tra i retti.

Numeri 12,10 - Ma nel mondo si vedrà l'angelo (ribelle) inviato in un buco. Sul verme agirà il "no" uscito dal Potente. Per la perversità tra lamenti l'essere ribelle nell'acqua bollente scenderà. Il male finirà, la rettitudine brucerà il serpente. I popoli pagani saranno dal Verbo inviati all'Unico. Li rigenererà con l'energia della divinità. L'essere ribelle sarà dai viventi portato ad uscire. Entreranno tra gli angeli dalle angustie del tempo.

Numeri 12,11 - I portati saranno l'Unico da vivi a vedere col corpo bello perché risorti. Entreranno a casa a stare col Signore. Sarà da Dio l'energia a venire da luce per tutti. Nell'Altissimo abiteranno, chiusi nel cuore. Verranno felici ad abitare con Dio, tra gli angeli portati e saranno beati nell'assemblea stretti dall'amore; l'incontreranno.

Numeri 12,12 - Da Dio l'energia venne nel mondo. Fu per la rettitudine un vivente crocefisso per primo a risorgere. (Poi) le moltitudini su verranno portate a vivere per misericordia. Quel primo i viventi condurrà e saranno in quel primo tutti a chiudersi. Su saranno a casa dentro al risorto corpo portati.

Numeri 12,13 - A portarsi sarà giù in azione, verserà ai viventi la risurrezione, rientrerà la divinità che era uscita, si porterà a rientrare la potenza che all'origine viveva nei corpi. Dal maledetto angelo (gli uomini) l'Unico guarirà; invierà l'originario vigore.

Numeri 12,14 - E sarà l'origine dell'essere ribelli, da cui fu la perversità nel mondo da maledizione nei viventi, bruciato da Lui. Da dentro sarà a uscire; sarà dai corpi vomitato. Dai corpi si rovescerà da dentro il soffio dell'angelo per la forza entrata; uscirà per il rifiuto. Alla fine tutti i salvati che abitano nel tempo saranno a rivivere, saranno dai morti i racchiusi - isolati a risorgere; nel settimo (dei giorni) saranno vivi. Nelle midolla si riporterà a scendere la potenza della vita per grazia di Lui. Le strettezze del corpo finiranno. L'Unico la pienezza soffierà.

Numeri 12,15 - Si portava dai confini in giro in pellegrinaggio Maria, fuori di un accampamento. Alla luce dentro al tempo nei giorni dei viventi portò fuori alla vista vivo a guizzare il primogenito. Gli angeli intorno per vedere l'Eterno uscirono. Iniziò a riempire il Verbo di vita un corpo, fu un vivente.

Numeri 12,16 - Si portò l'Unigenito in una grotta. Gli angeli intorno alla vista si portarono fuori, li videro i viventi, della Madre del luogo chiuso portarono l'indicazione, li portarono (dove) si accampavano. E dentro viveva la Parola glorificata dagli angeli.

LA BIBBIA DA RAGIONE A MIRIAM
Dopo la contestazione in Numeri 12 di Miriam a Mosè per il suo matrimonio con una donna straniera, definita Kushita, in effetti, poi nella Bibbia risulta assordante il silenzio nei riguardi della famiglia di Mosè.
Paiono perdersi, infatti, le tracce di Zippora e rare sono le notizie sui figli, Gherson e Elizier, e loro discendenti, mentre per quelli ci s'attenderebbe onori e incarichi.

Per volere divino Mosè esce dalla scena e mai si è trovata la sua tomba: "Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo... di fronte a Gèrico. Il Signore gli mostrò tutto il paese... Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nel paese di Moab, secondo l'ordine del Signore. Fu sepolto nella valle, nel paese di Moab, di fronte a Bet-Peor; nessuno fino ad oggi ha saputo dove sia la sua tomba. Mosè aveva centoventi anni quando morì; gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno." (Deuteronomio 34,1-7)

La Torah chiude in quel modo senza notizie sulla discendenza di Mosè ed è così comprensibile che in tale occasione nulla è detto dei suoi figli che, visti i resoconti in Genesi dei funerali dei patriarchi, ove è messo sempre in evidenza che furono sepolti dai figli, in condizioni normali avrebbero dovuto avere un importante ruolo al momento della sepoltura del padre, e di che padre!
Ci si attenderebbe però di trovare cenno di loro nel libro detto di Giosuè, visto che parla della spartizione delle terre conquistate, in quanto sarebbe da attendersi che anche loro ne avrebbero dovuto aver parte, invece nulla!
Qualche cenno si trova nel libro dei Giudici sui parenti di Ietro, il suocero, ma ancora pare esservi silenzio sui figli di Mosè:
  • Giudici 1,16 - parla dei fratelli di Zippora, "I figli del suocero di Mosè, il Kenita, salirono dalla città delle Palme con i figli di Giuda nel deserto di Giuda, a mezzogiorno di Arad; andarono dunque e si stabilirono in mezzo al popolo" e i Keniti evidentemente erano una tribù nomade di Madian, paese di Ietro;
  • Giudici 4,11 - "Cheber, il Kenita, si era separato dai Keniti, discendenti di Obab, suocero di Mosè, e aveva piantato le tende alla Quercia di Saannàim, che è presso Kedes", in effetti, questo Obeb, considerato quanto riferisce Numeri 10,29 è il fratello di Zippora, ossia figlio di Ietro, suocero di Mosè.
Il testo di Giudici 18,27-31, fornisce una prima traccia quando in particolare riferisce sui Daniti: "Quelli dunque, presi con sé gli oggetti che Mica aveva fatti e il sacerdote che aveva al suo servizio, giunsero a Lais, a un popolo che se ne stava tranquillo e sicuro; lo passarono a fil di spada e diedero la città alle fiamme. Nessuno le prestò aiuto, perché era lontana da Sidòne e i suoi abitanti non avevano relazioni con altra gente. Essa era nella valle che si estende verso Bet-Recob. Poi i Daniti ricostruirono la città e l'abitarono. La chiamarono Dan dal nome di Dan loro padre, che era nato da Israele; ma prima la città si chiamava Lais. E i Daniti eressero per loro uso la statua scolpita Gionata, figlio di Ghersom, figlio di Mosè, e i suoi figli furono sacerdoti della tribù dei Daniti finché gli abitanti del paese furono deportati. Essi misero in onore per proprio uso la statua scolpita, che Mica aveva fatta, finché la casa di Dio rimase a Silo."
(""La tribù perduta di Dan" e "L'ebraismo antico coperto dal giudaismo" anche sui santuari di Silo e di Dan)

La precedente traduzione C.E.I, quella del 1975, non diceva "Ghersom, figlio di Mosè", ma riportava "Ghersom, figlio di Manasse".

Guardando il testo ebraico, infatti, ci si rende conto che nel passato si voleva nascondere quel figlio di Mosè tant'è che nel nome di questi c'è aggiunta una () un poco sollevata per far capire al lettore che era un inserimento nel testo masoretico risultante non da tutti i testi antichi confrontati, onde si intendeva celare una scomoda verità e si leggeva Ghersom, figlio di Manasse ().
Si voleva, per carità di patria, velare il fatto che un figlio di Mosè costruiva statue d'idoli, insomma era un idolatra.
Quel richiamo a Silo fa accendere l'ipotesi che quel santuario restasse sotto il controllo dei discendenti di Mosè.
Silo si trovava tra le montagne di Efraim, quasi al centro dei territori conquistati da Giosuè e vi fu eretto un santuario a JHWH dove si conservava l'arca dell'alleanza (1Samuele 4,3).

Se i discendenti di Mosè dovevano avere un potere su un luogo quel santuario calza alla perfezione.
Risulta poi che la risiedeva il gran sacerdote Eli.

Si legge in 1Samuele 2,27: "Un giorno venne un uomo di Dio da Eli e gli disse: Così dice il Signore: Non mi sono forse rivelato alla casa di tuo padre, mentre erano in Egitto, in casa del faraone? L'ho scelto da tutte le tribù d'Israele come mio sacerdote, perché salga all'altare, bruci l'incenso e porti l'efod davanti a me. Alla casa di tuo padre ho anche assegnato tutti i sacrifici consumati dal fuoco, offerti dagli Israeliti."

Molti arrivano alla conclusione che l'antenato di Eli sia lo stesso Mosè, l'unico interlocutore diretto con Dio che officiò il rito dell'alleanza (Esodo 24), consacrò il tabernacolo, a offrire i primi sacrifici e unse Aronne (Esodo 29) e i suoi figli insomma era il sommo sacerdote e Aronne un suo delegato.

V'è poi nei libri che riguardano i tempi prima dei Re l'informazione che i figli di Eli si comportavano male e furono soppiantati per volere divino dal profeta e sacerdote Samuele.
Sorge il sospetto che siano stati apportati piccoli tagli per far sparire un'imbarazzante verità.
Ci si rende conto che negli elenchi e nelle varie genealogie, mancando riferimenti ai figli di Mosè in pratica la discendenza mosaica della famiglia sacerdotale era stata "scambiata" con una discendenza aronnide.
Se si verificano i passi di Re, Cronache, Esdra e Neemia si trova trovai che sacerdoti e leviti sono sempre nominati assieme, ma distinti a sottolineare il fatto che si tratta di due diverse famiglie, ma da un certo punto si specifica che i sacerdoti erano tali perché discendenti da Aronne, mentre i leviti discendevano da altre famiglie non specificate.
Solo più tardi nel 1Cronache (opera tardiva di autori ignoti, la cui redazione fu tra 330-250 a.C.) si legge che nel tempo di Davide:
  • 1Cronache 23,14s - "Riguardo a Mosè, uomo di Dio, i suoi figli furono contati nella tribù di Levi. Figli di Mosè: Gherson ed Eliezèr. Figli di Gerson: Sebuèl, il primo. I figli di Eliezèr furono Recabia, il primo. Eliezèr non ebbe altri figli, mentre i figli di Recabia furono moltissimi."
  • 1Cronache 26,25-28 - "Subaèl figlio di Gherson, figlio di Mosè, era sovrintendente dei tesori. Tra i suoi fratelli, nella linea di Eliezer: suo figlio Recabia, di cui fu figlio Isaia, di cui fu figlio Ioram, di cui fu figlio Zikri, di cui fu figlio Selomìt. Questo Selomìt con i fratelli era addetto ai tesori delle cose consacrate, che il re Davide, i capi dei casati, i capi di migliaia e di centinaia e i capi dell'esercito avevano consacrate, prendendole dal bottino di guerra e da altre prede, per la manutenzione del tempio. Inoltre c'erano tutte le cose consacrate dal veggente Samuele, da Saul figlio di Kis, da Abner figlio di Ner, e da Ioab figlio di Zeruià; tutti questi oggetti consacrati dipendevano da Selomìt e dai suoi fratelli."
Pare come se prima di questi tempi, forse anche prima di Esdra e Neemia, dai re di Giuda e dai sacerdoti, i soli che avevano accesso alle Sacre Scritture del Tempio di Gerusalemme, fossero state apportate le opportune omissioni nella Torah e negli altri scritti per far perdere le tracce dei discendenti di Mosè.
Un motivo potrebbero proprio essere i comportamenti scorretti di alcuni di questi come il caso citato della statua costruita dal nipote di Mosè e adorata dai Daniti, il caso dei figli di Eli e il caso di Cusan.
Circa questi, ancora nel libro dei Giudici, al capitolo 3,8-11 si legge: "L'ira del Signore si accese contro Israele e li mise nelle mani di Cusan-Risataim, re del Paese dei due fiumi; gli Israeliti furono servi di Cusan-Risataim per otto anni. Poi gli Israeliti gridarono al Signore, e il Signore suscitò loro un liberatore, Otniel, figlio di Kenaz, fratello minore di Caleb, ed egli li liberò. Lo spirito del Signore fu su di lui ed egli fu giudice d'Israele; uscì a combattere e il Signore gli diede nelle mani Cusan-Risataim, re di Aram; la sua mano fu potente contro Cusan-Risataim. Il paese rimase in pace per quarant'anni, poi Otniel, figlio di Kenaz, morì." ("Il primo giudice")

Il libro dei Giudici inizia dopo la morte di Giosuè.
Nessun capo viene a sostituire le su funzioni che erano state piene e ogni singola tribù cominciò a fare di testa propria senza una strategia unitaria.
Al primo capitolo, probabilmente con aggiunte postume alla prima redazione, propone la tribù di Giuda, da cui verranno i re Davide e Salomone nonché poi i re del regno del Sud, come la prima delle tribù che dopo Giosuè riprese le guerre di conquista.
Ci si attenderebbe prima o poi l'inizio di una guerra contro qualcuno dei popoli di Canaan, invece il prosieguo del libro dei Giudici ci presenta come primo giudice, Otniel, che libera gli Israeliti da un oppressore che ad una prima impressione pare venire da lontano.
Il testo segnala uno sviamento grave degli Israeliti, come se fossero senza freni e guida e non avesse più nessuna influenza l'Arca dell'Alleanza e il santuario di Silo, anzi era in atto una generale apostasia.

Ecco che appare il primo di quelli che poi sono detti "giudici": "Gli Israeliti fecero ciò che è male agli occhi del Signore; dimenticarono il Signore, loro Dio, e servirono i Baal e le Asere. L'ira del Signore si accese contro Israele e li consegnò nelle mani di Cusan-Risatàim, re di Aram Naharàim; gli Israeliti furono servi di Cusan-Risatàim per otto anni. Poi gli Israeliti gridarono al Signore e il Signore fece sorgere per loro un salvatore, Otnièl, figlio di Kenaz, fratello minore di Caleb, e li salvò. Lo spirito del Signore fu su di lui ed egli fu giudice d'Israele. Uscì a combattere e il Signore gli consegnò nelle mani Cusan-Risatàim, re di Aram; la sua mano fu potente contro Cusan-Risatàim. La terra rimase tranquilla per quarant'anni, poi Otnièl, figlio di Kenaz, morì." (Giudici 3,7-11)

È definito come Cusan Risataim , re di Aram Naharaim.
Sembrerebbe un re della Mesopotamia, ma è antistorico, poi quel ricorda il termine Kushita dato alla moglie di Mosè e sorge il sospetto che con una piccola alterazione invece di scrivere, re di Edom , cambiando una "dalet" in "rash" l'abbiano mutato in Aram aggiungendo la notazione sviante dei due fiumi, Naharaim.

Si può, allora, pensare che l'oppressore non fu un re straniero invasore, bensì proprio un capo che subentrò a Giosuè nella guida del popolo ebraico, ma questi era anche un medianità col soprannome di Cusan Risataim, forse proprio il figlio di Mosè, Gherson, medianità cresciuto in Cusan, detto Risataim cioè dalla doppia malizia vale a dire "il terribile", forse proprio un co-titolare del tempio di Silo.

Potrebbe poi esserci un altro motivo per velare la storia dei figli di Mosè e di Silo, il fatto che dopo Salomone, con la divisione dei regni in quelli del Nord Israele con Geroboamo e del Sud, Giuda e Beniamino con Roboamo, non si volesse ricordare che la prima sede del santuario era stata la a Silo, a quei tempi ricadente nel regno del Nord in quanto ciò poteva dare ombra al Tempio di Gerusalemme.

In definitiva anche per tutti questi eventi postumi alla morte di Miriam è da concludere che fu profetessa anche quando, con la faccia dura come la pietra, preferì contrastare il fratello con quella che riteneva la verità che le scottava piuttosto che mormorare nel proprio intimo prendendo poi su di se le conseguenze.
Ciò che era grave, in pratica non era che Mosè aveva sposato una straniera, che è possibile se essa si converte, si pensi a Rut con Booz, e educa i figli alla Torah, ma il fatto che almeno il primo figlio ormai grandicello, Gherson, era stato educato fuori dall'ebraismo; infatti, era vissuto in terra pagana a casa di Ietro sacerdote di un idolo.

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