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GIUSEPPE, PADRE NELLA FEDE DEL FIGLIO DI DAVIDE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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NATI PER AMORE
Creare un essere a propria "immagine e somiglianza", ossia in qualche modo simile a se stesso, perciò libero in alcuni gradi di operare, implica la volontà del "Creatore", prima o poi, di frequentarlo e questo pensiero è confermato dal racconto della "creazione" in quanto Dio stesso colloquiava con lui nel Gan Eden o Paradiso terrestre, e tale circostanza pare nascondere l'intenzione di portarsi a scendere al suo livello assumendo dimensioni da lui captabili o, viceversa, di elevare gradualmente quella creatura al proprio livello, ossia di affigliolarlo.
Questa decisione come sviluppo pare, allora, già poter implicare l'incarnazione di Dio, vale a dire il porsi alla portata dell'uomo nel suo ambito e, al limite, per la voluta libertà di questa sua particolare creatura, il rendere possibile anche l'eventualità della stessa propria negazione - uccisione nello scenario di realtà di vita frequentata da questo essere particolare, l'uomo, da Lui creato.

Nel Talmud, in Bereshit Rabbà 8, si legge che Rabbi Berechia dice che mentre il Signore stava per creare il primo uomo, previde che da lui sarebbero derivati i giusti e i peccatori e allora il Signore pensò: se io creo l'uomo, ne verranno i peccatori e se non lo creo, come sorgeranno i giusti? Allora il Santo, benedetto Egli sia, allontanò da sé il pensiero dei peccatori e, unitosi all'attributo della clemenza, creò l'uomo.

San Paolo annunciò agli ateniesi del suo tempo Dio, l'Unico e Universale, in questi termini: "Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d'uomo né dalle mani dell'uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa: è lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio perché cerchino Dio, se mai, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui, infatti, viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come hanno detto anche alcuni dei vostri poeti: Perché di lui anche noi siamo stirpe." (Atti 17,23-28)

Dal libro della Genesi il verbo ebraico usato per "creare" è "bara'".
Ora, le lettere ebraiche, oltre che essere consonanti e numerali, come detto, hanno anche intrinseca la proprietà d'icona con specifici significati grafici e grazie a questa proprietà per quel pensiero di San Paolo nel termine bara' si trovano dei collegamenti.
Con riferimento al Creatore quelle lettere di "bara'" dicono appunto che "In lui, infatti, viviamo, ci muoviamo ed esistiamo":

  • "dentro corpi originò ";
  • "dentro la testa li originò ";
  • "dentro si guardò ()",
Vale a dire Dio creò per noi uno spazio in se stesso, infatti, siamo da Lui pensati desiderati e voluti. Attenzione però, "bar" è termine aramaico che significa "figlio" e pur se usato rare volte nella Bibbia con tale significato, perché scritta essenzialmente in ebraico, lo è per 3 volte in Proverbi 31,2 quando dice "E che, figlio mio! E che, figlio delle mie viscere! E che, figlio dei miei voti!" e come tale è tradotto dai LXX nel Salmo 2,12.
(Vedi: nota Bibbia di Gerusalemme)

Ecco che il "bara'" "creare" accende anche il pensiero che "per il figlio l'originò ", per il "Figlio Unigenito ".

San Paolo nella lettera ai Colossesi del resto così si esprime su Cristo, Figlio di Dio: "Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui." (Colossesi 1,15-17)

Del resto "Ber'eshit bara'" si può leggere: "Una casa per il Principe fu a scegliere " e continua col descrivere questa casa: "Dio creò il cielo e la terra".
Il creato è il dono di nozze Dio per il Principe suo Figlio e la di Lui sposa, l'umanità consenziente; infatti, le lettere iniziali fanno intravedere questo pensiero: "del Figlio per la sposa () fu a scegliere di creare, " Dio il cielo e la terra, ossia quella che sarà la casa dove far vivere la fidanzata e futura sposa del Figlio.
Questa sposa diverrà madre di tutti i popoli grazie allo Spirito Santo.
Dio, insomma, non è il creato, quindi, la relazione tra Dio e il mondo è una relazione di creazione espressa in ebraico con quel verbo "barà" .
È però da pensare che prima di questa creazione, come ho evidenziato, c'era l' che si aprì con la per "creare" , infatti, le tre lettere si trovano anche nella prima parola della "Torah" .

In definitiva tutto l'Antico Testamento sin dalle origini ha sigillato in sé il pensiero che Dio, creatore del cielo e della terra, è colui che ama con amore paterno, materno e fraterno, ma anche di amante, in definitiva, con un amore creatore, e con e per tale amore infinito che lo muove ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza, ed è "geloso" di questa sua creatura speciale.
È da attendersi, allora, che l'uomo abbia in sé, in embrione, almeno a livello potenziale, alcune delle prerogative di Dio.
Nel suo vivere l'uomo inizia come creatura e pur se è immesso nella creazione come umile addetto è simile al figlio del proprietario di una grande società che inizia da semplice impiegato, ma può divenirne l'Amministratore Delegato; come tale è da pensare l'esordio di Adamo nel Paradiso Terrestre ove doveva imparare a conoscere Dio che l'aveva creato e non prendere insegnamenti da estranei.

Qualcosa del genere dice San Paolo nella lettera ai Galati, quando asserisce: "Dico ancora: per tutto il tempo che l'erede è fanciullo, non è per nulla differente da uno schiavo, benché sia padrone di tutto, ma dipende da tutori e amministratori fino al termine prestabilito dal padre. Così anche noi, quando eravamo fanciulli, eravamo schiavi degli elementi del mondo. Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l'adozione a figli. E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio." (Galati 4,1-7)

Questa maturità l'uomo la raggiunge grazie allo "Spirito del suo Figlio", ossia del Cristo, che con la sua morte e la sua risurrezione comprovante l'elezione di Dio nei suoi riguardi, regala a ciascuno salvezza e rende cosciente del dono della libertà e fa accettare a chi lo segue il dono di dire "si" alla propria definitiva creazione dandogli la possibilità d'appropriarsi della stessa prerogativa di "creatore" di Dio che ha dimostrato con la creazione.
L'uomo quindi può acconsentire, infatti, a venire invaso dallo Spirito Santo divenendo allora anche lui, da creatura un creatore, acconsentendo in tal modo alla vita di Dio in se stesso e alla trasformazione che, appunto, da semplice creatura lo renderà un Essere Vivente che da vita.

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