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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
IL CUORE DELL'UOMO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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UN ANIMALE RAGIONEVOLE »
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IL SIGNORE PESA I CUORI
Nella traduzione in italiano della Bibbia della C.E.I. del 1975 i termini "cuor, cuore, cuori" si trovano per 954 volte, di cui 815 volte nell'Antico Testamento e soltanto 139 nel Nuovo di cui 55 nei Vangeli.
Tale sproporzione dimostra che nella terminologia ebraica che si deduce dai libri dell'Antico Testamento con "cuore" era indicata una realtà variegata e complessa, mentre in greco o in latino quelle realtà furono evidentemente tradotte con termini diversi.
La parola cuore viene dal latino "cor","cordis", derivata forse dal sanscrito "hrd","hrdaya" o da una radice indoeuropea "skar" o "skard", col significato di balzare, onde il dorico "kradía" che equivale al greco "kardía".
Il principale vocabolo che in greco, appunto, è più usato per cuore è "kardia", ma sono anche usati altri termini come "dianoia","splanknon" e "psuche'".

Le Sacre Scritture ebraiche comprese nei 24 libri detti della Tenak, infatti, sono state accolte integralmente dalla Bibbia cristiana, ma nella versione in greco dei 70 e in latino della Vulgata e successive.
Nelle Sacre Scritture Ebraiche o Tenak il vocabolo per cuore "lev" o "leb" ricorre 598 volte e nella forma "levav" o "lebab" 252 volte; in aramaico in Daniele si rinviene 1 sola volta come "lev" e 7 volte come "levàv" onde quanto si traduce "cuore" lo si incontra complessivamente 858 volte.
Di queste 26 volte si parla del "cuore" di Dio.
Si tratta comunque di concetto usato quasi esclusivamente per l'uomo e soltanto 5 volte si presenta con riferimento all'animale, ma quattro volte in paragone col cuore umano, precisamente in:

  • 2Samuele 17,10 - "Allora il più valoroso, anche se avesse un cuore di leone, si avvilirà, perché tutto Israele sa che tuo padre è un prode e che i suoi uomini sono valorosi."
  • Osea 7,11 - "Èfraim è come un'ingenua colomba, priva d'intelligenza" e per "privo di intelligenza" scrive "'ein leb" , ossia "senza cuore", per dire senza cervello.
  • Daniele 4,13 - parlando di Nabucodonosor: "Si muti il suo cuore e invece di un cuore umano gli sia dato un cuore di bestia..."
  • Daniele 5,21 - ancora su Nabucodonosor: "Fu cacciato dal consorzio umano e il suo cuore divenne simile a quello delle bestie..."
Ora, per le Scritture il cuore, raramente è il muscolo cardiaco, ossia l'organo fisico motore della circolazione del sangue, ma è la sede degli affetti e dei sentimenti, sia di tutto ciò che è caratteristico dell'uomo, intelletto, volontà, di tutte le facoltà mentali - ragione, intuizione, consapevolezza, ricordo, sapere, riflessione, giudizio, orientamento - e spirituali.
Il cuore, insomma, riguarda tutto l'uomo interiore in contrapposizione alla carne, la parte esteriore e tangibile dell'uomo.
In ebraico cuore e "leb" o "lev" e "lebab" o "levav" .

Avendo l'opinione che le parole ebraiche, per la proprietà d'icona delle singole lettere, si possono anche leggere come un rebus formato da tante immagini quante sono le lettere della stessa parola, la prima domanda che mi viene spontanea è: quale è l'immagine che richiamano le due lettere ?
Si è osservato che la caratteristica del cuore è che quando si è emozionati si fa sentire dentro di noi e lo sentiamo battere più forte e più veloce.
Orbene, egli, il cuore "guizza dentro " e se "guizza dentro casa " o "guizza nell'intimo ".

C'è poi un sinonimo di cuore, "qereb" , termine che per gli animali è sinonimo d'interiora, spesso è tradotto come "in mezzo", "fra", "parte verso l'interno del corpo umano", quindi, come cuore, sede del pensiero e di emozioni.

Tenendo conto di ciò, il testo in italiano versetto 1 del Salmo 82 che recita: "Dio presiede l'assemblea divina, giudica in mezzo agli dei", ove per quel "in mezzo" è in ebraico è usato , si potrebbe invece tradurre "Dio presiede l'assemblea divina, giudica il cuore degli esseri divini".

Tale Salmo è molto importante ed è stato richiamato da Gesù nel Vangelo di Giovanni per il versetto "Io ho detto voi siete dei" (Salmo 82,6) confermando che gli uomini potenzialmente fanno parte di "'Elohim" ossia degli esseri divini.
Di tale breve Salmo in Appendice riporto la decriptazione secondo i criteri di "Parlano le lettere".

Quell'idea di Dio che giudica gli "dei" pare un chiaro riferimento al pensiero egizio del giudizio di Osiride, ma in chiave monoteistica.
Per contro c'è l'evidente riferimento alla paternità di Dio.
Implicito, quindi, nel pensiero giudaico cristiano, d'altronde, c'è l'idea dell'influenza del proprio operare nelle sorti finali dell'uomo, come sinteticamente chiarisce il profeta Daniele quando scrive: "Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre." (Daniele 12,2s)

Altre due chiare conferme di questo tema, ma molto più esplicite sul pesare i cuori, si trovano nel libro dei Proverbi:
  • Proverbi 21,1-2 - "Il cuore del re è un corso d'acqua in mano al Signore: lo dirige dovunque egli vuole. Agli occhi dell'uomo ogni sua via sembra diritta, ma chi scruta i cuori è il Signore" e l'edizione C.E.I. del 1975 quel "ma chi scruta i cuori è il Signore" traduce "chi pesa i cuori è il Signore".
  • Proverbi 24,12s - "Se tu dicessi: Io non lo sapevo, credi che non l'intenda colui che pesa i cuori? Colui che veglia sulla tua vita lo sa; egli renderà a ciascuno secondo le sue opere. Colui che veglia sulla tua vita lo sa; egli renderà a ciascuno secondo le sue opere."
Del resto anche il profeta Geremia esprime analogo concetto: "Più fallace di ogni altra cosa è il cuore e difficilmente guaribile; chi lo può conoscere? Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori, per rendere a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni." (Geremia 17,9s)

A questo punto pare possibile cercare di fare un parallelo tra le parti costitutive dell'uomo secondo il "midrash" della creazione di Genesi 2,7 e quelle dell'uomo egizio secondo quanto descritto nel precedente paragrafo.

Per l'Adamo biblico, oltre al corpo ricavato dalla polvere della terra e alla sua ombra sono essenziali:
  • l'anima vitale "noefoesh";
  • il soffio di Dio nelle sue narici "nishmat" dello spirito di Dio "ruach".
Lo spirito di Dio nel parallelo con le anime dell'uomo egizio è l'"Ah" rappresentato dall'ibis, che se ne va dal corpo appena l'uomo muore, ma secondo la Bibbia cristiana si deduce che ciò accade non solo quando muore fisicamente, ma anche col peccato grave e il suo simbolo del pari è un uccello, la colomba.
Nell'uomo Dio riversò la sua caratteristica, quella che definisco rettitudine.

Usando quella proprietà delle lettere ebraiche, che accennavo, come mini geroglifici, cioè d'icone che portano anche graficamente predicati delle parole leggibili come rebus di più lettere, la lettera ebraica che caratterizza la rettitudine è la "Kaf" , numerale 20, la cui forma ricorda le due mani aperte, lettera che in egiziano era una tazza, e così pare anche se girata, insomma, una coppa, liscia fuori ed internamente, è un vaso, la cavità di una mano, la cavità di un trono e ci parla di pulizia, di lindore, di rettitudine, è la Sua essenza è l'essere retto.


(Vedi: "Parlano le lettere")

Questa attitudine divina della rettitudine, come un ospite delicato, fugge a causa del peccato; dice, infatti, il libro del profeta Isaia: "Ma le vostre iniquità hanno scavato un abisso fra voi e il vostro; i vostri peccati gli hanno fatto nascondere il suo volto così che non vi ascolta." (Isaia 59,2)
"Meditano iniquità, attuano le loro trame: un baratro è l'uomo e il suo cuore un abisso" (Salmo 64,7), mentre lo stesso Salmo più avanti, al versetto 11, dice "...i retti di cuore ne trarranno gloria." Dio
Retto è "isher" e la rettitudine "è la luce del corpo " quella che brilla anche nelle tenebre e fa si che i retti saranno come stelle, altro pensiero egizio, come, abbiamo visto.

Si trova in:
  • Daniele 12,3 - "...coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre";
  • Giobbe 18,5 - "certamente la luce del malvagio si spegnerà e più non brillerà la fiamma del suo focolare";
  • Siracide 32,16 - "Quanti temono il Signore troveranno la giustizia, le loro virtù brilleranno come luci".
La "nishmat" che tende a Dio in un certo senso è come il "Ka" e il "noefoesh", che oscilla tra l'animalità e la vita eterna, può essere assimilato al "Ba".
La sede di tutto ciò pare essere "nel mezzo" "qereb" del corpo dell'uomo, il "leb" o "lev" o "lebab" o "levav", quello che gli egizi, abbiamo visto, definiscono l'"Ib".

L'uomo fu creato libero e il suo cuore fa da contenitore dei suoi sentimenti che possono essere secondo Dio o no.
Il racconto della creazione nel libro della Genesi al capitolo 3, quello detto della "caduta", precisa però che quel processo creativo trovò una sosta.
Proprio per creare l'uomo libero occorreva che la nuova creatura potesse scegliere.
Dio però è uno solo - è l'unico Essere - o accettarlo o non esistere!
Perché fosse libero Dio dovette presentargli la possibilità di una scelta, "il non essere", ossia il Suo opposto, quello che Lui ha scelto di non essere.

Secondo quel racconto la prima coppia, risulta che, in effetti, scelse il "non essere", onde gli fu preclusa la vita eterna.
Segnale di ciò è sintomatico quel "polvere tu sei e in polvere ritornerai" (Genesi 3,19) che Dio disse ad Adamo.
Ci fu però, nonostante tutto, anche una profezia con la speranza di salvezza, quando Dio disse al serpente: "Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno." (Genesi 3,15)

Chi è questa Donna?
Eva o un'altra da cui verrà la stirpe santa?
Il problema, infatti, è legato a quel "peccato" nel senso che, dopo ci sono state due stirpi una buona e una cattiva o il testo intendeva dire che un bel giorno ci saranno due stirpi, di cui una, la buona, era da venire?

La dottrina cattolica propone che ci fu una sola stirpe, in quanto tutti i nati sono soggetti al peccato d'origine.
Questo "peccato d'origine o originale" invero si estese a tutti gli uomini e rese tutti gli uomini comunque mortali.
La domanda che viene spontanea: per il racconto, essendo Adamo l'unica coppia umana, da lei potevano nascere un figlio buono e uno cattivo?
Il fatto dei primi due figli Caino e Abele, rappresentino il cattivo e il buono, potrebbe far cadere in errore, ma il vero significato del nome in ebraico Abele "Haboel" è "colui che svanisce".
Quanto invero ci annuncia quel racconto è: il buono e il bene sono uccisi dal male e proprio per quel nome "colui che svanisce" prefigura che a causa del male qualsiasi "bene" dell'uomo si perde.
In definitiva Abele è figura di chi doveva venire, e anche questi, parlo di Gesù Cristo, come ben sappiamo, verrà ucciso a causa dei peccati degli uomini.

Del resto poi così inizia il capitolo 5 dello stesso libro della Genesi: "Questo è il libro della discendenza di Adamo. Nel giorno in cui Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e diede loro il nome di uomo nel giorno in cui furono creati. Adamo aveva centotrenta anni quando generò un figlio a sua immagine, secondo la sua somiglianza, e lo chiamò Set." (Genesi 5,1-3)

Il testo pare proprio voler sottolineare che mentre Adamo era a immagine e somiglianza di Dio il figlio Set, ormai, stante il peccato, in effetti era a somiglianza solo di Adamo nella nuova condizione in cui si era messo.
L'esempio dei genitori ha, infatti, grande influenza sui figli e il nascere in un ambiente tarato nel senso morale comporta frutti cattivi o comunque facilmente corrompibili.
Non ci si può attendere una discendenza random di buoni e di cattivi.
Secondo la Bibbia gli uomini successivi alla prima coppia sono nati tutti da quella, quindi, tutti comunque sono nati dai cacciati dal Paradiso, tarati, perché hanno scelto il non essere.

Del resto, al riguardo, non è da dimenticare che se la coppia dei progenitori era nel peccato e che: "Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero, infatti, si riconosce dal suo frutto". (Luca 6,43s)

Si trova poi in un Salmo questo pensiero: "Sono traviati i malvagi fin dal seno materno, sono pervertiti dalla nascita i mentitori". (Salmo 58,4)

È vero che quel Salmo si rivolge ai giudici iniqui, ma il versetto successivo recita: "Sono velenosi come un serpente, come una vipera sorda che si tura le orecchie..." (Salmo 58,5)

Razza di vipere, poi, è epiteto ripetuto nei Vangeli Matteo 3,7; 12,34; 23,33; Luca 3,7 che accomuna la generalità senza distinzione dei non ancora chiamati dal Signore.

Allora, da dopo gli eventi narrati da Genesi 3 fino al momento della venuta di una stirpe speciale, unica di fatto è stata la stirpe, la stirpe del serpente, una stirpe di vipere.
Ciò, appunto, fino alla venuta del Messia, il Salvatore, che nasce senza alcuna comunione col peccato, da madre anch'essa immacolata; questa è la fede della Chiesa Cattolica.

Risulta però che Dio, nel cammino che stava preparando per la salvezza dell'uomo, volta per volta ha scelto alcuni investendoli in modo speciale col suo Santo Spirito giustificandoli, cioè rendendoli giusti, come nel caso di Noè (Genesi 6,9 e 7,1) al fine di preparare la redenzione per tutti.

Nell'Antico Testamento di fronte alla giustizia di Dio nessuno è giusto, quindi il "giusto" va considerato per confronto in relazione al diverso grado delle colpe, cosicché un uomo può essere più giusto, perché meno carico di colpe di un altro.
In quei libri del resto Noè è l'unico che è definito giusto da Dio.
Solo in futuro, nella pienezza dei tempi ci sarebbe stata una nuova stirpe che avrebbe schiacciato la testa al serpente!
E la buona notizia di ciò è quella riportata dai Vangeli.

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