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SUL "CUORE", DALLA GENESI
La Genesi, detta in ebraico "Bereshit", che secondo i biblisti è la parte più tardiva dell'edizione pervenutaci della Torah, è un libro essenziale per quanto attiene la ricerca dei significati autentici dei termini biblici, perché esprime il pensiero meditato degli autori ispirati sui concetti base che poi si sviluppano nel prosieguo delle Sacre Scritture che tutte nella Torah e nei suoi racconti trovano origine.
Verifichiamo quali sono le prime volte che in tale libro e, quindi, nella Bibbia, vi si parla di cuore nei suoi tre termini di cui abbiamo prima detto, cioè di
"leb" o "lev", di
"lebab" o "levav" e di "qereb"
.
Beh, la prima volta che il termine
"leb" o "lev" si trova nella Bibbia è in Genesi 6,5-6 ove, in modo estremamente chiaro, ci viene detto quanto pensa Dio del cuore dell'uomo, infatti: "Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre. E il Signore si pentì di aver fatto l'uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo."
Subito dopo, ai versetti 8 e 9 la Bibbia ci dice: "Noè trovò grazia agli occhi del Signore... era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio", di fatto, era una eccezione, infatti, solo lui fu salvato dal diluvio, e grazie a lui la sua famiglia, otto in tutto figura della pienezza dell'umanità che sarà salvata alla fine.
Noè, quindi, è figura di chi doveva venire a salvare tutta l'umanità dalla morte, ma poi anche lui morì come del resto muoiono tutti gli uomini; "Noè visse, dopo il diluvio, trecentocinquanta anni. L'intera vita di Noè fu di novecentocinquanta anni, poi morì." (Genesi 9,28)
Dio, pur preso atto che "...ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall'adolescenza" (Genesi 8,21) con Noè, scelto come nuovo progenitore, unilateralmente istituì una prima alleanza, anticipo della futura alleanza eterna con i suoi discendenti.
Il racconto del "diluvio", in effetti, è un "midrash", ma è profezia di un tempo in cui ci sarà un diluvio di grazia in virtù di un uomo, unto dallo Spirito di Dio, il Messia, che Dio invierà onde tutta l'umanità sia salvata dalla morte.
Come Noè salvò la sua famiglia grazie all'arca che aveva costruito, il Messia non solo salverà dalla morte fisica, ma da quella eterna, e prova sarà la risurrezione di quel primo uomo in anticipo della risurrezione finale per tutti.
La prima volta che invece è usato il termine
"lebab" o "levav" è in Genesi 20,5-6 nell'episodio di Abramo a Gerar.
Là si stabilì tra Kades e Sur nel Negheb e soggiornò da straniero a Gerar ove regnava Abimelec che cercò di unirsi con Sara la moglie di Abramo; i due, peraltro, avevano celato d'essere sposati.
Il racconto riferisce che il Signore impedì che Abimelec riuscisse nel suo intento e apparve in sogno al re che si difese in questo modo: "Non è stato forse lui (Abramo) a dirmi: È mia sorella? E anche lei ha detto: È mio fratello. Con cuore
retto e mani innocenti mi sono comportato in questo modo. Gli rispose Dio nel sogno: So bene che hai agito così con cuore
retto e ti ho anche impedito di peccare contro di me: perciò non ho permesso che tu la toccassi."
Per quanto riguarda poi il termine "qereb"
si trova per la prima volta in Genesi 18,12 nel racconto dell'annuncio della nascita d'Isacco.
In tale occasione, Sara da dentro la tenda aveva sentito il colloquio dell'angelo con Abramo e si trova il commento che: "Sara rise dentro di sé
e disse: Avvizzita come sono, dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!" ossia Sara rise "dentro di sé
"
vale a dire rise in "in cuor suo".
Sara rise perché non credeva alle parole che aveva sentito, pensando che fossero semplicemente una cortese benedizione dell'ospite e non un messaggio divino.
Sara pensava che un simile miracoloso ringiovanimento sarebbe stato un prodigio grandioso quanto la risurrezione dei morti, che solo Dio stesso può realizzare (Radk Sforno).