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L'AMORE SCONFIGGE LA MORTE
Nel Cantico dei Cantici 8,6.7 si trova: "Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l'amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore! Le grandi acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio."
È così profilata una lotta tra l'amore e la morte in cui vince l'amore, infatti, "le grandi acque".
Qui la C.E.I. traduce con "fiamma del Signore" quanto nel testo ebraico è scritto come "shalehoeboetiah"
.
Questa parola si può dividere in tre parti
+
+
"sha-lehoeboet-Iah", ove
sta per pronome relativo "che", "lehoeboet"
è fiamma e le lettere dicono "guizzante
esce
da dentro
un segno
"
e, infine, il biletterale
ossia Iah, modo contratto con cui almeno 40 volte nella Tenak (2 in Esodo 15,2; 17,16, in Isaia 3 volte 12,2; 26,4; 38,11 e 35 nei Salmi) è indicato il Nome IHWH.
Come il sole tramonta nel grande mare, la grandi acque, ma risorge il giorno dopo, l'amore essendo come un fuoco intenso, "shalehoeboet-Iah", una fiamma del Signore, una scintilla di IHWH non può che risorgere e vincere la morte.
Essendo quel "Iah" l'unico riferimento fuori dell'allegoria che segnalerebbe un riferimento concreto al Signore di quel Cantico, che pare a molti solo quale un carme romantico erotico, quei commentatori ebrei che obiettavano al suo inserimento nella Tenak consideravano quel "iah" una forma intensiva per significare la grandezza e intensità della fiamma eppure la tesi di libro sacro prevalse ed è nella Tenak e nella Bibbia cristiana.
Questi pensieri dal Cantico ci portano a un altro momento, quello della prima teofania, quando IHWH fu incontrato da Mosè (Esodo 3) in un roveto che pareva ardere, ma che non si consumava.
Siamo al capitolo 3 del libro dell'Esodo e il testo dice "L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia? Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: Mosè, Mosè! Rispose: Eccomi!" (Esodo 3,2-4)
Per prima cosa è da evidenziare che chi Mosè vide fu
il "mal'ak IHWH", "l'angelo del Signore" ed è da intendere che questi poi nel prosieguo darà le Tavole dell'alleanza come si evince dalla esposizione di Stefano prima del suo martirio negli Atti degli Apostoli quando dice in 7,53 a quelli che l'accusavano: "voi che avete ricevuto la legge per mano degli angeli e non l'avete osservata".
Si comprende che il termine "'Elohim"
,
in effetti, era considerato come "assemblea degli angeli" come del resto quel termine che pare un plurale è tradotto dalla C.E.I. nel salmo 97,7: "A Lui si prostrano tutti gli dei" ove "dei" è "'Elohim"
e la lettera agli Ebrei 1,6 citando quello stesso versetto considera quegli "dei" angeli, infatti, ancora la stessa C.E.I. riporta: "Lo adorino tutti gli angeli di Dio".
In effetti, chi dette le 10 Parole o Decalogo dal testo ebraico di Esodo 20,1 sembra proprio essere "'Elohim", che però specifica al versetto 20,2 essere IHWH, quindi, era proprio l'angelo del Signore, il capo dell'assemblea angelica:
- Esodo 20,1 - "Dio ('Elohim) allora pronunciò tutte queste parole:
- Esodo 20,2 - Io sono il Signore (IHWH), tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù."
(Vedi: "Dieci parole, distintivo di chi ha Dio per alleato")
Questo "angelo del Signore" apparve per la prima volta ad Agar in Genesi 16,7-11, ad Abramo al sacrificio d'Isacco in Genesi 22,11-18, poi a Balaam in Numeri 22,22-35, agli Israeliti in Giudici 2,1-4, a Gedeone in Giudici 6,11-23, ai genitori di Sansone in Giudici 13,3-21, a Davide in 2Samuele 24,16s e 1Cronache 21,12-18,30, ad Elia in 1Re 19,5-7 e 2Re 1,3.15 ed è menzionato in Giudici 5,23 in 2Re 19,35, Isaia 37,36, Salmo 34,7; 35,5s e in Zaccaria 1,11-13;3,1-6 e 12,8.
È questi comunque un angelo, quindi un messaggero proprio dello stesso IHWH nel senso che rappresenta tutto e solo Lui e la sua "Shekinah", in una modalità resa captabile dall'uomo prima del modo ultimo della sua venuta, quello dell'incarnazione nel Cristo.
Un secondo punto importante da segnalare è che l'angelo del Signore apparve "in una fiamma di fuoco", "belabbat 'esh"
.
Per "fiamma" c'è qui il termine "labbat"
,
usato in questo modo solo in questo versetto in luogo del più comune "laheb" o "lehabah" già considerato nel Cantico dei Cantici.
Qui, in Esodo, quel modo di dire fiamma mette in stretto collegamento la fiamma "labbat"
al "leb"
ossia all'intimo stesso, al cuore del fuoco e nel caso specifico pare dire del Signore "del cuore
segno
".
Il roveto non bruciava, perché quelle fiamme non erano fiamme fisiche, ma erano la manifestazione del fuoco spirituale che veniva dal Signore, il suo eterno amore.
L'angelo del Signore parlò dall'interno di quel fuoco, quindi, dalle fiamme che non muoiono, cioè era avvolto dalle fiamme ardenti dell'amore che promana.
Proposi in "Lo sposo della coppia nel matrimonio, roveto ardente" e "Il primo matrimonio col Signore", l'accostamento del matrimonio al roveto ardente, quello in cui Mosè incontrò il Signore, un fuoco che non si consuma.
Non a caso, infatti, Mosè incontra Dio dopo la sua unione con Zippora. Due fuochi "'ech"
e
sono il roveto ardente che non si consuma, perché c'è "Iah"
ossia IHWH al centro, quindi quelle fiamme non sono quelle del roveto, ma quelle che promanano Lui.
Del pari è l'unione uomo
e donna
.
Se c'è Lui l'unione non si consuma, infatti,
+
= uomo e donna =
+
+
= matrimonio alla presenza del Signore = il Signore fra due fiamme = roveto ardente.
Il Talmud al riguardo sottolinea: "Se l'uomo e la donna sono meritevoli (di tale nome) la Shekinah (presenza divina) è tra loro." (Talmud Sotà 17 a)
In un matrimonio voluto, preparato e portato avanti dal Signore vi sono tre persone, perché come abbiamo già considerato, oltre alla coppia c'è il Signore, altrimenti restano due fuochi che non durano, due unità distinte che si bruciano l'uno con l'altro.
La coppia ha bisogno di un'alleanza, un patto continuo, perché l'essere simili a Dio possa attuarsi, infatti, abbiamo visto, la Scrittura parla di un "aiuto che gli corrisponda".
Un pensiero al limite sulle parole amore e amare è quello di considerare "amore" composto da A-more, cioè da una lettera A, usata come "alfa", privativo greco, atto a negare la parola che segue, e questa è more molto simile "mors" in latino, ossia morte.
Amare, amore, quindi, in questo modo A-mors risulta opposto a morte e a morire, quasi un togliere dalla morte.
Questa definizione è nell'opera "LIfe against Death" di Norman Brown, il filosofo che piaceva agli hippies.
Pur se tale approccio non è soddisfacente dal punto di vista dei latinisti è talmente espressivo e reale che lo fa considerare accettabile.
A questo punto, dopo tutto quanto sinora detto i due fuochi sono due fiamme d'amore, due "'ahavah"
= 2x13 = 26 come 26 è IHWH.
Credo che si possa concludere che IHWH è amore completo, un amore riamato, un amore corrisposto, soddisfatto in sé, perché in se stesso c'è amore in sovrabbondanza che lo porta ad aprirsi alla creazione al produrre nuove anime per dar loro la gioia della vita.
Dio ha creato con amore e per l'amore.
Risponde, infatti, il semplice, ma profondo Catechismo di Pio X alla domanda: "Per qual fine Dio ci ha creato? Dio ci ha creato per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell'altra in paradiso".
Ancora un'osservazione su quei versetti della teofania a Mosè.
Nei 3 versetti di Esodo 3,2-4 si trova ripetuta 5 volte, di cui 3 nel versetto 2, la parola che nel testo ebraico è
"sanoeh" ed è tradotta come "roveto".
Quelle tre lettere suggeriscono che "tutt'intorno
energia
usciva
"
e, considerato che
è "lamento", quel cespuglio reca anche causa "tutt'intorno
di lamento
",
perché ci si punge a causa delle spine.
La presenza di Dio "in mezzo di un roveto" per i rabbini è conferma della vicinanza nella sofferenza di Dio al suo Popolo.
Alcuni commentatori ebrei hanno osservato che pur se non fosse stato precisato che il cespuglio era un roveto lo si sarebbe potuto dedurre, perché in quei luoghi desertici crescono cespugli che sono solo roveti, eppure, volutamente, è stato ripetutamente precisato il tipo e per 5 volte come abbiamo notato.
Rashì, commenta: La Torà specifica la natura del cespuglio con uno scopo ben preciso, ossia d'insegnarci qualcosa che è implicito nelle caratteristiche del roveto. Dio, infatti, accompagna il popolo ebraico anche nei periodi più spinosi dell'esilio ed è partecipe delle pene dei suoi figli, come è scritto nel Salmo 91,15b: "nell'angoscia io sarò con lui".
Per angoscia in quel salmo è usata la parola "tzarah"
che significa anche pericolo e afflizione oltre che angoscia.
La manifestazione di Dio all'interno del roveto ardente rassicura il fedele che: Non c'è luogo al mondo in cui la Shekinah non si trovi, poiché parlò con Mosè persino dal roveto ardente. (Bemidbàr Rabbà 12,4)
Il roveto, si presenta perciò come pianta dolorosa.
Nel parallelo cristiano Dio si rivela nella Croce in cui lo stesso vero Dio si manifesta come uomo Gesù che partecipa pienamente al nostro dolore, essendosi fatto carico del nostro peccato.
A conferma del perché Dio scelse il roveto è da ricordare che proprio nel racconto di quella teofania tra le prima parole che disse l'angelo di Dio a Mosè ci fu "Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze." (Esodo 3,7)
Vale la pena di osservare anche che la parola "roveto"
nella Tenak complessivamente è usata solo 6 volte e oltre alle 5 dette in quella teofania, la 6a si trova nelle "Benedizioni di Mosè" in Deuteronomio 33,16 quando Mosè dice a Giuseppe: "Il favore di colui che abitava nel roveto
venga sul capo di Giuseppe, sulla testa del principe tra i suoi fratelli!"
Nel testo ebraico, in effetti, per la parte sottolineata si trovano i seguenti segni "vu"
"leqadeqod"
"nezir"
"'oechaiu "
,
quindi, sul capo di Giuseppe "e sulla cervice del cranio del "nezir"
".
Questo dire profetico "nezir" da ci porta al "nazer"
,
il virgulto di Isaia 11,1 che anticipa il titolo del "Nazareno", il "Nazer" sulla croce eretta sul luogo della cervice
del cranio o Golgota con Gesù ivi crocifisso con sulla testa la corona di spine di un roveto le cui lettere
che per i loro significati grafici sono, appunto, da leggere come elemento che "avvolge
tra lamenti
".