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VANGELI E PROTOVANGELI...

 
"TROVAI L'AMORE DELL'ANIMA MIA"

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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IL COMANDAMENTO DELL'AMORE
La Torah o legge di Mosè secondo la tradizione ebraica contiene 613 precetti, come del resto asserisce Rabbi Simlai citato nel Talmud in Makkot 23b.
Tali 613 precetti cui è tenuto l'Israelita, detti "mitzvot", di cui 248 positivi o del compiere (numero che è ritenuto voglia significare quello del complesso delle ossa umane) e 365 negativi o del non compiere, quanti sono i giorni dell'anno nel senso che il praticante è chiamato a osservarle proprio, appunto, tutti i giorni della propria vita.
Questo numero di 613 viene sostenuto da quella stessa tradizione corrispondere al valore "gimatrico" della parola Torah

= ( = 5) + ( = 200) + ( = 6) + ( = 400) = 611

a cui sono da aggiungere i 2 pilastri dell'amore a Dio e al prossimo.

Il secondo di tali pilastri, in effetti, si trova nel libro del Levitico al 19,18 che cito riportando anche il versetto precedente: "Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai d'un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore." (Levitico 19,17-18)

Dal contesto combinato di quei due versetti quel comandamento dell'amore pare proprio riferirsi a un prossimo limitato ai connazionali e da estendere ai forestieri inglobati, visto che poi lo stesso capitolo del Levitico ai versetti 33 e 35 prescrive: "Quando un forestiero dimorerà presso di voi nel vostro paese, non gli farete torto. Il forestiero dimorante fra di voi lo tratterete come colui che è nato fra di voi; tu l'amerai come tu stesso perché anche voi siete stati forestieri nel paese d'Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio."

Nel libro di Giobbe 31,13-15 di fatto si trova un commento a tale comando: "Se ho negato i diritti del mio schiavo e della schiava in lite con me, che cosa farei, quando Dio si alzasse per giudicare, e che cosa risponderei, quando aprisse l'inquisitoria? Chi ha fatto me nel ventre materno, non ha fatto anche lui? Non fu lo stesso a formarci nel grembo?"

Considerato ciò non pare allora quel comandamento del Levitico avere l'afflato universale che poi gli fu dato.

Nel Vangelo di Luca 10,26-37 nella parabola detta del buon Samaritano Gesù chiarisce chi è il prossimo e nel "discorso della montagna" con autorità dice qualcosa che non era stata ancora mai detto, vale a dire come l'amore al prossimo sia da applicare anche al nemico, infatti: "Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste." (Matteo 5, 43-48)

I Rabbi Hillel e Akiva ai tempi del Talmud poi indicarono che questo dell'amore al prossimo è il comandamento fondamentale della Torah come del resto è detto più volte nei Vangeli.
C'è una discussione in Sifra ?edoshim tra Rabbi Akiva e Simon Ben Azzai che citava Genesi 5,1 dell'uomo fatto a somiglianza di Dio da cui discende che per prossimo è da considerare ogni figlio di Adamo.

In Genesi Rabbah dice al riguardo un certo Tan?uma: "Se tu disprezzi un uomo, tu disprezzi Dio che ha fatto l'uomo a Sua immagine".
Il cuore del cristianesimo è appunto il comando dell'Amore.

Gesù ebbe a dire durante l'ultima cena: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri". (Giovanni 13,34)

Il comandamento di Cristo è nuovo non solo per il suo contenuto, ma perché per soddisfarlo Lui stesso ha dato con la sua morte in croce ha dato la dimensione del "come io vi ho amato" con il senso e la capacità grazie all'invio dello Spirito Santo.
Proprio per i doni che comporta questo Spirito è possibile amarsi come fratelli, perché Lui, il Figlio di Dio, ha portato questo seme nuovo dell'amore scomparso dalla faccia della terra con il peccato.
Gesù ci ha amato e ha vissuto l'amore amandoci cosi come siamo, fino a perdonarci e a morire per noi, nonostante i nostri peccati contro di Lui e con questo suo sacrificio ci ha redenti e resi figli dello stesso Padre, quindi, fratelli che si debbono e si possono amare e la causa che provoca un tale sentire non è la bellezza, la simpatia, la giovinezza, ma l'amore che ci ha donato Cristo.

"Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri". (Giovanni 13,35) e lo ripete ancora poi quando dice "Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri" (Giovanni 15,17)

Gli Atti degli Apostoli 4,32 precisa che i cristiani della prima ora avevano "un cuore solo e un'anima sola", unità e amore, che sempre è richiesto per potersi dire cristiani.
Di fatto questo è il solo modo di essere cristiani e che porta il frutto nell'evangelizzazione ed è vera carità che "aiuta" Dio a convertire i cuori pagani.
Tertulliano (150-230), apologeta cristiano nell'Apologeticon ricorda lo stupore dei pagani al vedere i rapporti di fratellanza tra cristiani quando dicevano "Guarda come si amano".

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