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"TROVAI L'AMORE DELL'ANIMA MIA"
di Alessandro Conti Puorger

PENSIERI SULL'AMORE
In molti purtroppo converranno che la parola italiana "amore" è certamente abusata e assieme ad "amare" sono due termini veramente inflazionati.
Il concetto sotteso con tali parole da chi le usa spesso è tirato per la giacchetta tanto che comprende un'estesa gamma di valori capaci d'evocare pensieri controversi, perché vanno dal sentimento egoista e di possesso al massimo dell'altruismo, quando si da tutto se stessi, compreso la vita, per gli altri.
In italiano con la stessa parola "amore" sono identificati vari tipi di rapporti, fisici e sentimentali, in cui spesso s'insinua anche l'interesse.
Tanto per elencarne alcuni si parla di amore:
  • tra i coniugi;
  • tra il-la compagno-compagna, per l'amante, per il-la fidanzato-fidanzata, l'amore omosessuale,
  • per i figli, per gli amici, per il prossimo,
  • per la giustizia, il benessere,
  • per gli spettacoli come teatro, cinema e altro, per luoghi cari, per la Patria,
  • certi cibi, ecc....
  • per Dio.
Con questi vocaboli "amore" e "amare", infatti, possono essere definiti svariati e variegati concetti e sentimenti come affetto, attaccamenti vari, stati d'animo impulsivi, erotici, di passione e sentimentali, infine, espressioni razionali e ragionate e poi moti d'animo di contenuto religioso verso Dio, mistici e d'altro tipo ancora come la compassione e il desiderare il bene per altre persone.

Ai tempi dell'antica Grecia non era così ed erano individuati quattro rami principali che spuntano del tronco dell'albero indistinto che in italiano definiamo amore.
Si riconosceva:
  • "storge", amore parentale - familiare con rapporti basati sull'affetto caratterizzati da fiducia e sicurezza;
  • "philia", amicizia tenerezza e affetto per la persona amata;
  • "eros", impulso erotico e romantico che implica anche lussuria e desiderio di possesso;
  • "agape", amore spirituale che comporta un sacrificio di sé che può raggiungere lo "svuotamento" o "kenosis" fino al livello incondizionato di autodistruzione.
Il greco poi è lingua flessiva ove i vocaboli sono declinati secondo i casi, il numero e il genere, perciò possono meglio sottolineare e moltiplicare le sfumature di significati del sentimento.
Riferendosi, infatti, all'amore più alto, quello "fraterno", in italiano si dice dare amore, trattare con amore, gesto d'amore, inno all'amore, ma la parola è sempre "amore", in greco invece amore come "agàpe" è coniugato e, infatti, si dice: dare amore è "agàpenu", trattare con amore e gesto d'amore è "agàpes".

La derivazione etimologica della parola amore, apparsa nella lingua italiana che è nata nel XII secolo, è certamente dal termine latino "amor", dal verbo "amare", strettamente connesso al termine infantile legato al desiderio del neonato di nutrirsi e che si esprime col suo semplice modo vocale "amma" - "mamma", strettamente legato al pensiero della mammella o poppa.

Per "amare" si pensa anche a un derivato, la radicale sanscrito Kam per "desiderare" da cui la parola Kama "desiderio, passione, attrazione" (si pensi ad esempio al Kama Sutra).

Altra interpretazione etimologica della parola amore, fa risalire il termine al verbo greco "mao" che porta al desiderio, attrazione istintiva mentre il verbo "diligere" sanciva un desiderio risultato di un moto mentale o spirituale.

Ulteriore pensiero al riguardo è quello che fa derivare "l'amor" latino dal proto italico "ama" e all'antico avestico e dal protoindoeuropeo "h'mh'", col significato di "prendere, tenere", evolvendo in "prendere la mano di", quindi legarsi in amicizia, da qui il latino "amicus","amica" e "amasius" per amante dal sanscrito "amanti","amisi", col medesimo significato.
È poi da ricordare il pensiero antico dell'amore come ricerca del completamento di sé che si riscontra in Platone nel "Simposio" o "Convivio" nel mito narrato in quel Dialogo dal IV personaggio, Aristofane.

Il racconto mitico sostiene che all'origine del mondo gli esseri umani erano di tre generi, maschile, femminile e androgino vale a dire "uomo-donna" come gli umani attuali, ma accostati tra loro di spalle, avevano quattro mani, quattro gambe, due volti una sola testa bifronte, quattro orecchie, due organi genitali ecc....
Zeus fu indotto a tagliare a metà questi esseri per la loro "tracotanza", ybris "eccesso", "superbia", "orgoglio" o "prevaricazione" che provocò la "némesis", in greco "vendetta degli dei" per indebolirli ed evitare che attentassero al potere divino.
Ecco che dividendo gli esseri doppi di tre sessi si avrebbe avuto:
  • dall'androgino, un uomo e una donna;
  • dal maschile o dal femminile, due omosessuali ossia dello stesso sesso.

Leonardo - raffigurazione dell'androgino

Zeus, però, per evitare che gli uomini si estinguessero, mandò nel mondo Eros, il dio dell'amore fisico, del desiderio e della passione in modo che le due parti divise si ricongiungessero frontalmente e potessero ricostruire in qualche modo l'unità perduta, il che porta piacere e alla riproduzione.
Secondo quel mito la natura umana, allora, sarebbe di per sé incompleta e ha bisogno dell'altro per completarsi; insomma: "Ognuno di noi, in conclusione, è una contromarca d'uomo, in quanto che è tagliato come le sogliole, è due di uno; e però cerca sempre la proprie contromarca..."
Ciascuno, secondo quel mito, come in un puzzle dovrebbe trovare l'unico pezzo che si combina bene con lui per avere il perfetto completamento perché amore è completamento di sé ed è il sentimento che avvertiamo quando percepiamo nell'altra persona grande somiglianza con la metà che s'ipotizza perduta, insomma è da trovare "l'anima gemella".
L'amore, quale fusione tra due individui, è motivo centrale del romanticismo, la forza unificante del filosofo Hegel (1770-1831) che ebbe a dire:
  • L'amore può aver luogo solo nel porsi dinanzi ad un nostro eguale, dinanzi allo specchio e all'eco della nostra essenza.
  • L'amato non ci è opposto, è uno con la nostra essenza: in lui vediamo solo noi stessi, e tuttavia non è noi: miracolo che non siamo in grado di capire.
  • Negli amanti non vi è materia, essi sono un tutto vivente.
IPOTESI RABBINICA DELL'ADAM "ANDROGINO"
La storia che conosciamo, peraltro molto poca, visto che è già nebulosa a partire da 6.000 anni fa, ci ha palesato che la donna in questo arco di tempo ha avuto in genere il ruolo di prendersi cura dei figli e della casa e per il resto era sottoposta all'autorità dell'uomo con scarsi diritti che si sono incrementati solo nel XX secolo.
Questo pare non accadesse nell'antico Egitto ove godeva di parità di diritti e di libertà di azione; perché?
Questa situazione è fatta connettere con i miti delle divinità egiziane primigenie.

Il principio creatore della cosmogonia, Atum, afferma che "io sono lui e lei", ossia una figura ermafrodita e questi avrebbe generato coppie di dei e di dee, che rappresentavano i due principi maschile e femminile necessari per mantenere l'equilibrio e l'armonia del cosmo ed avrebbe creato per masturbazione o con lo sputo.
Pensarono, allora, che pure in terra ci doveva essere una coppia che facesse da tramite tra il mondo terreno e quello celeste e questa coppia era quella del faraone e della sposa reale e ne seguì che la società egiziana s'adeguò a considerare la donna dotata degli stessi diritti dei maschi.
Nell'antico ebraismo ai tempi dell'uscita d'Israele dall'Egitto si trova, infatti, la sorella di Mosè, Miriam, profetessa e poi al tempo dei Giudici, Deborah, che dimostrano che c'erano donne importanti, e che solo gradualmente la donna ebbe solo compiti di sposa e madre.
Dal seme di Atum nascono Shu il dio dell'aria e Neftu la dea dell'umidità che generano Gheb dio della terra e Nut la dea del cielo che intendevano restare uniti e impedivano alla vita di germogliare, onde Shu li divide e da essi nascono due femmine Iside e Nefti e due maschi Osiride e Seth.


Hapi nel Tempio di Kôm Ombo

Anche il dio "Hapi", incarnazione della fecondità dell'inondazione del Nilo, è raffigurato sempre con ventre opulento, con la barba e mammelle pendule in segno di fertilità, e per questi aspetti spesso era visto come una divinità androgina.
Che la divinità fosse creatrice dell'umanità era, quindi, assodato, ma era attribuito agli dei un esasperato antropomorfismo, pensandoli muniti di sesso come le creature umane.
Certamente l'idea di un Grande Androgino creatore era considerata "pagana" dall'antico ebraismo, perché retaggio dei contestati miti cosmogonici degli dei egizi contrari al monoteismo d'Israele.
Per tale motivo di piena avversione allo "empireo" egizio la "immagine e somiglianza" dichiarata in Genesi 1 da Dio nei riguardi dell'uomo non è relativa al sesso, ma all'insieme dei ruoli di paternità e maternità che ha il Dio Unico e Vero nei riguardi dell'umanità di cui nel parallelo con gli umani è padre e madre. Si pensi con quale tenacia s'oppongono i sacri testi delle antiche Scritture ebraiche all'idea di adorare coppie divine, Osiride e Iside, Baal e le dee madri come Astarte e-o Asera.
Il Dio Unico e Vero, secondo la Torah, crea una creatura che gli sia conforme con cui possa relazionarsi.
Dio non è diviso in maschio e femmina, bensì sono in Lui la pienezza delle attitudini di padre e di madre.
È la coppia, uomo donna, invero, che porta l'immagine e la somiglianza di Dio!
Il singolo perciò per essere a immagine e somiglianza di Dio deve relazionarsi in un continuo rapporto costruttivo e direi creativo con la diversità dell'altro, l'uomo con la donna e viceversa, rapporto che potenzialmente possa portare a collaborare col Creatore e far nascere "figli" di Dio e collaborare educandoli.
La tradizione biblica pare proprio indicare la via dell'amore procreativo; del resto l'uomo è una sintesi perfetta di corpo e spirito.
A ciò fa da corollario il pensiero che la somiglianza e immagine di Dio con l'uomo riguarda, come del resto sostiene Sant'Agostino, volontà, intelligenza e memoria.

L'idea pagana di un dio androgino, rinnovata dal racconto di Platone, era però entrata nell'immaginario collettivo solleticando le menti e un riflesso di quell'idea dal mito greco di un pre "'Adam" androgino, diviso da Dio in un maschio e una femmina, si ritrova nel pensiero di alcuni rabbini commentatori dei racconti della creazione di cui in Genesi 1 e 2.
In ciò certamente vi fu l'influsso della cultura greca che per tre secoli a partire da Alessandro Magno ebbe influenza crescente in Palestina.
Quei racconti che si trovano nel libro della Genesi certamente sono antichi pur se la stesura finale del libro fu in Giudea nel VI-V secolo a.C., quindi, comunque precedenti all'epoca di Platone (427-347 a.C.).
I rabbini che fecero tali accostamenti sono però molto successivi, perché dei tempi del Talmud messo per iscritto a partire dal III secolo d.C..

Penso che proprio la lettura del mito greco influenzò la loro idea di cercare tracce di tale mito nella descrizione della creazione dell'uomo.
Nel frattempo Ovidio (48 a.C. - 18 d.C.), nelle sue "Metamorfosi" che contengono i miti di trasformazioni dal Caos alla divinizzazione dei Cesari, nel Libro IV narra della nascita di un altro personaggio connesso a quella concezione platonica dell'androgino primigenio, nato dalla fusione della ninfa Salmace e il bellissimo figlio di Ermes e Afrodite divenuto un Ermafrodito.

Ora, nella Torah l'immagine di un'entità divina maschile - femminile non esiste, ma è presente nella letteratura midrashica - "Genesi Rabbah" 8,1 e 17,6, "Levitico Rabbah" 14.1, "Midrash Salmi" 139, "bEruvim" 18a.

Nell'interpretazione della Genesi data dal "Midrash Rabba" 8,1 l'androgino è l'essere originariamente creato e nello "Zohar", Libro dello splendore, testo cabalistico ossia della tradizione ebraica, dice che "ogni anima e ogni spirito, prima di penetrare in questo mondo, sono composti da un maschio ed una femmina uniti in un solo essere".

La questione rabbinica nasce nel seguente modo.
Si legge in Genesi 1,27: "E Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò."

Passiamo a vedere come questo versetto è scritto in ebraico.

"E Dio creò l'uomo ...

Tutto il problema sta nel come tradurre quelle tre lettere ebraiche, "'alef", "dalet", "mèm" ossia "'adam" .

Questo termine ha sia un significato generico, sia specifico, sia collettivo, universale, ma anche particolare, può essere un nome proprio o un titolo e non v'è genere femminile, né plurale.
Cominciamo con il dire che là "'adam" non è un nome, perché non è detto "Dio lo chiamò Adamo" e mai viene detto, ma ciò è assunto nell'immaginario collettivo.
Quelle tre lettere "'adam", allora, significano uomo, essere umano, umanità.
Il nome poi è divenuto anche sinonimo di uomo come maschio e ha assunto l'aspetto di nome proprio, Adamo.

Certo che se si traducesse "Dio creò l'essere umano o l'umanità" non si cadrebbe in pensieri strani, ma se lo ritiene come solo l'uomo che induce il pensiero a un'unità ecco che poi nascerà la necessità di dividerlo per fare la coppia.
Dio creò, l'umanità, l'essere umano, vale a dire creò la prima coppia di esseri umani e quel "'adam" di fatto è il nome di tale prima coppia; infatti, poi dice: "maschio ("zakar" ) e femmina ("neqebah" ) li creò" e per quel "li" in ebraico è usato il plurale "'otam".

In questo primo racconto della creazione, subito dopo Dio disse alla coppia, "Siate fecondi e moltiplicatevi..." (Genesi 1,28) e non pare proprio vi fosse alcun impedimento al rapporto e non si parla della divisione che, secondo alcuni talmudisti, sarebbe stata necessaria secondo alcuni talmudisti.
I dottori dell'epoca talmudica (dopo il II secolo) e del Medio-Evo, infatti, insegnavano che il primo uomo era stato creato maschio e femmina insieme, vale a dire contemporaneamente, quindi sarebbe stato un androgino, con due volti rivolti su lati opposti come se in Genesi 1,27 fosse scritto invece di "li", "lo", ossia "maschio e femmina lo creò".

Per questo discorso quei rabbini si servono del racconto in Genesi 2,21-22 quando Dio pare dividere un'unità, "Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo." e interpretano che l'anima fu infusa da Dio in Adamo prima della separazione di Eva dal suo costato e tale situazione ha provocato l'idea della necessità della ricerca dell'anima gemella.

Quei versetti si prestano a due letture, quella della costola come lato di uno stesso corpo, per quel "richiuse la carne al suo posto" e alla trasformazione dei due costituenti la coppia.
Il testo ebraico per "formò... una donna" usa "vaiboen", come il costruire una casa, in quanto derivato dal radicale del verbo , ove traspare l'idea di portare alla idoneità dei figli, "ben" , che sono i mattoni di una costruzione sociale solida, la famiglia, di cui alla donna è riconosciuta la funzione di pilastro; "la saggezza delle donne costruisce la propria casa". (Misclé 14,1)

Va invece interpretato che l'anima fu insufflata in ciascuno della coppia con un unico soffio divino.
Quella sorgente è allora da ricercare da parte di ogni coppia e allora in lui trovano immagine e somiglianza.
Se l'uomo non si aliena, si rende conto che nulla lo soddisfa a pieno e, se ha la grazia di non chiudersi nell'ateismo, si rende conto che ha in se stesso come un ago magnetico che tende ad orientarsi verso l'origine, un imprinting per trovare la via di casa, una strada per avvicinarsi a Lui; noi siamo Lui se glielo consentiamo e Lui è l'anima gemella di ciascuno e di tutti.

Il problema, quindi, è non amare solo chi ti ama e che se non si ama è perché non si è trovato il soggetto giusto, ossia l'anima gemella.
Troppo semplice e pagano, come dice con autorità Gesù nel discorso della montagna: "Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste." (Matteo 5,46-48)
Il problema è ben più complesso e nello stesso tempo semplice, per essere beati occorre essere "operatori di pace", questi "saranno chiamati figli di Dio." (Matteo 6,9)

Sapersi relazionare tra coniugi è opera di Dio e fa trapelare il disegno divino che è un disegno d'amore a tre la coppia e Dio stesso.
Dio, infatti, crea i matrimoni e gli uomini e le donne, se i coniugi non ricorrono al Suo aiuto, i due sono solo in grado di distruggere la propria alleanza.

Sul fatto che Dio crea i matrimoni c'è il seguente "midrash": "Una matrona romana una volta chiese al maestro del Talmud rav Yosè ben Chalaftà cosa avesse fatto Dio dopo la fine della creazione del mondo. Il Saggio replicò che Dio era stato molto occupato a combinare matrimoni. La matrona restò sorpresa. Questo è ciò che fa il vostro Dio? Ma come! Posso farlo persino io! Ho molti servitori e serve; potrei accoppiarli in un attimo! Il Saggio le disse: Può pure sembrarti semplice, ma per Dio è un compito complesso come aprire le acque del Mar Rosso! La matrona se ne andò e fece mettere in fila i suoi tanti servi e serve quindi comandò: Tu sposerai questa donna e questa donna sposerà questo uomo, e così via. Il giorno successivo le coppie arrivarono tutte abbattute, alcuni anche feriti, perché questo uomo non era felice con sua moglie e quella donna non era felice con suo marito. La matrona mandò a chiamare rav Yosè e gli disse: Rabbi la tua Torah è vera." (Bereshit Rabbà 68,4)
(Vedi: "Famiglia santa, sorgente dell'uomo nuovo" e "Il primo matrimonio col Signore")

Un'unica carne può sottintendere sia che fonderanno i propri geni per produrre figli, ma anche che saranno un'unica creatura, perché, di fatto, il matrimonio comporta un cambiamento dei singoli che trovando l'anima che gli corrisponde sono in realtà una creatura nuova, la coppia sposata.
Il dormire e lo svegliarsi segnala che i due hanno acquisito la stessa rivelazione.
Il dormire e il sogno sono elementi importanti, perché Dio nella Bibbia spesso si rivela in occasioni del genere.

Tornando a quei versetti Genesi 2,21-22, se per parola "tsela'" al posto della traduzione di "costola" si considera la traduzione "lato" o "fianco", che peraltro è il significato principale di quell'insieme di lettere ebraiche tradotte per costola e se poi si pensa "'adam" come la coppia del primo maschio e della prima femmina si può ritenere che Dio prese un lato i due lati della coppia costituita da un maschio e una femmina e trasformò da semplice femmina in donna, cioè in moglie e il maschio in marito, ossia nobilitò il loro rapporto in un'alleanza piena di collaborazione in cui Lui, Dio è il cemento e l'attore principale su cui si fonda l'unione da Lui voluta.

Al risveglio, insomma, i due si videro con occhi nuovi essendo stati trasformati il maschio e la femmina rispettivamente in marito e moglie; infatti, il testo usa i nuovi termini "'aish" e "'isha" e non più di maschio, "zakar" , "il puntuto", e di femmina, "neqebah" , "la forata".

La coppia "'adam", in effetti, era sino ad allora legata dalla possibilità di un rapporto, ma incompleto come quello degli animali, ma guardando a loro "l'uomo (la coppia) non trovò un aiuto che gli fosse simile" (Genesi 2,20) perché connesso ancora alla sola sessualità come si deduce con l'averli prima definiti solo maschio e femmina.
Dio, allora intese forgiare un aiuto per quella coppia "'adam", ecco che colei che era la femmina doveva essere la moglie e il maschio il marito; infatti, il testo di Genesi 2,18 spiega: "E il Signore Dio disse: Non è bene che l'uomo ('adam) sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda." e in quel momento "'adam" era la prima coppia di maschio e femmina.

Quel "che gli corrisponda" è scritto "kenoegeddu" in cui spicca il radicale del verbo NGD tra i cui significati c'è il rapportarsi e anche il rinfacciare, radicale che da luogo al termine "noegoed" per "davanti, in faccia", anche col senso di "contro", e quel radicale è preceduto da una lettera "kaf" per dire "come" e seguito da un "vav" per dire "per lui", la coppia "'adam".

La moglie, in definitiva, sarà come contraltare del marito e gli reca NGH "nogah" splendore e GD "gad" fortuna, insomma un aiuto per fargli luce con un altro punto di vista e per contrastarlo al fine di cercare di evitargli errori, quindi, un aiuto di fronte e opposto a lui.
In quel mandato la moglie fallì quando fu tentata dal serpente.

Dice al riguardo il commentatore della Bibbia Rashi (Rabbi Shlomo Itzchaki 1040-1105): "Se il marito sarà meritevole, la moglie gli sarà d'aiuto, altrimenti gli si opporrà per contrastarlo".
Non divisione, quindi, ma vera e propria unione carnale e spirituale.
Negli sposi, infatti, circola il soffio dello stesso Spirito di Dio e "...i due saranno un'unica carne." (Genesi 2,24b)

L'AMORE NELL'EBRAICO BIBLICO
Il principale radicale in ebraico usato per il verbo "amare" con le sfumature di "voler bene, desiderare, affezionarsi, avere tenerezza" è da cui discende "'ahavah", vale a dire "amore", usato per definire anche "affetto, amicizia e tenerezza".
La prima volta che nella Torah è usato:
  • il verbo "amare" è in Genesi 22,2 quando "'Elohim" dice ad Abramo "Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco..."
  • il termine "amore" è in Genesi 29,20 "Così Giacobbe servì sette anni per Rachele: gli sembrarono pochi giorni, tanto era il suo amore per lei."
Quelle lettere ebraiche ci parlano come immagini di un rebus, infatti, in ebraico la lettera "'alef", la prima dell'alfabeto, l'origine, l'inizio, è anche il numerale 1 per cui sta a significare anche unità e "bet" , la seconda dell'alfabeto, è il numerale 2 onde ne consegue che oltre ad indicare una casa, sta pure a significare dualità.
Queste due lettere e in ebraico definiscono il 'padre", "'ab" , ossia da 1 il 2, inizio della successione dei numeri naturali, quindi, di una genealogia di un serie, di una famiglia, l'origine di una casa .
La lettera "he" ha avuto origine dal segno egizio che è un recinto con una apertura, un riparo di canne, un campo, uno spazio, la campagna, l'esterno, il mondo, quindi, un percorso in cui si entra o si esce.
A questo punto il radicale di amare in ebraico si può vedere come il processo per cui uno si apre al due , e viceversa nell'unità entra - esce una dualità .
Il concetto ebraico di amore implica perciò un moltiplicarsi.
Un risultato del genere quando da luogo a frutti buoni è da vedere come risultato di un atto d'amore, quindi, implicito al moltiplicarsi secondo Dio è l'amare come è da dedurre dal fatto che in Genesi 1,22 il primo atto nei riguardi della prima coppia fu che "Dio li benedisse" e disse loro "Siate fecondi e moltiplicatevi" "peru verebu".

Essere fecondi è , vale a dire fare frutto, "peri" , e questo è buono e si mangia, infatti, "nella bocca il corpo entra .
Moltiplicarsi è "un corpo da dentro esce " e anche "corpo con 2 Dentro ".
"Molto e grande" si dice e si scrive "rav" e "rab" è profusione, gran quantità e poi mucchio è "rob".
Da questo viene anche la parola "rabbi" "mio maestro" e la parola "rabbino" sottinteso che sa molto.
I titoli "rabban" e "rabbi" oltre che nei Vangeli sono menzionati per la prima volta nella "Mishnah" attorno al III secolo d.C. e in "rabban" circola il pensiero che ha molti figli ; quindi, anche il rabbinato, ossia l'insegnare sottende un atto d'amore.
L'amore "'ahavah", quindi, è visto come in "una unità entrare, dalla dualità uscire ".
Ecco che un uomo che ama uscirà dalla casa del padre come dice Genesi 2,24 "Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne", con la moglie formano una nuova unità, cioè si amano.
Per la "gimatria", ossia la tecnica ermeneutica rabbinica secondo cui a ogni parola ebraica è associabile il numero somma del valore delle proprie lettere e numeri uguali hanno una qualche proprietà comune, si ha:
  • il valore di 8 per il radicale amare = ( = 2) + ( = 5) + ( = 1) = 8 corrispondente alla pienezza e all'eternità, ossia alla vita eterna, quella dopo il settimo giorno, l'ottavo senza tramonto, la domenica eterna;
  • il valore di 13 per amore = ( = 5) + ( = 2) + ( = 5) + ( = 1) = 13 la metà esatta del numero associabile al Tetragramma Sacro IHWH che è pari a 26, infatti = ( = 5) + ( = 6) + ( = 5) + ( = 10) = 26.
IHWH perciò è amore + amore, quindi un amore corrisposto, pieno.
L'amore "'ahavah" è il cemento relativo a sentimenti relazionali del tipo più diverso.

Tra genitore e figlio.
Tutti i figli sono amati, e certe volte il verbo assume il senso di prediligere come nel racconto del sacrificio di Isacco, "il solo figlio che ami" dice "'Elohim" ad Abramo in Genesi 22,2 che equivale, infatti, al figlio che Abramo predilige.
Isacco prediligeva Esaù e Rebecca prediligeva Giacobbe in Genesi 25,28 e "Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli" in Genesi 37,3.

Tra amici intimi.
Il verbo sancisce anche "amore" puro dell'amicizia vera, l'amare l'altro come se stesso, che supera ogni interesse come quella tra Gionata e Davide di cui è detto in 1Samuele 18,1 e 20,7.

Tra un giovane e una giovane, amore integrale che coinvolge il corpo e l'anima come si trova tante volte nel libro chiamato Cantico dei Cantici 1,3.4.7; 2,4.5.7; 3,1.2.3.4.8.10; 7,6 e 8,4.6.7 che però non è un canto erotico, ma un'allegoria dell'amore che lega Dio e Israele.

Tra Dio e l'uomo e viceversa com'è chiaramente detto nel Deuteronomio:
  • Deuteronomio 6,4s - "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze."
  • Deuteronomio 7,7ss - "Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli - siete infatti il più piccolo di tutti i popoli -, ma perché il Signore vi ama e... mantiene la sua alleanza e benevolenza per mille generazioni, con coloro che l'amano e osservano i suoi comandamenti..." (di tutto il capitolo Deuteronomio 7 nel prosieguo fornirò la decriptazione secondo i criteri di "Parlano le lettere")
  • Deuteronomio 30,15 - "Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; poiché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore tuo Dio ti benedica nel paese che tu stai per entrare a prendere in possesso."
Nel Cantico dei Cantici l'amata trova il suo diletto e dice in 3,4 "...trovai l'amore dell'anima mia" shoemmatsati 'at shoe'ahebah napeshi."

Sembrerebbe qui che l'amata ha trovato l'anima gemella, il che parrebbe in sintonia con il pensiero pagano espresso dal mito dell'androgino primigenio.
È però da considerare che il Cantico dei Cantici di Salomone che ha la veste di un libro di poesia che canta un amore erotico e pagano fu inserito nella Bibbia dagli ebrei, perché quella storia d'amore fu considerata in effetti, come ho accennato, un'allegoria che descrive in termini concreti il patto d'amore di Dio con Israele che è un patto, un'alleanza, nella carne, con l'anima e nello spirito, onde "l'amore dell'anima mia" da cui viene proprio l'anima stessa, ossia il Signore Dio, l'Unico, il Creatore.
Ciò che è impossibile all'animale, che ha solo l'istinto, il sentimento dell'amore vero viene direttamente dal Creatore che è colui che ha amato per primo e ha disegnato l'uomo perché potenzialmente gli fosse immagine e somiglianza.

Altro sinonimo ebraico di amore è "choesoed" .
Oltre che con amore questo termine è tradotto con favore, grazia, misericordia, carità e benignità, gentilezza amorevole, come un obbligo di patto d'amore che va al di là del solo rispettare e seguire leggi o contratti, ma alcune volte lo stesso termine è usato anche per vituperio e vergogna in Levitico 20,17.

Il nome "choesoed" designa la IV sefirot dell'albero delle 10 "sefirot" o emanazioni di cui tratta il "Sefer Yetzirah" la cui prima forma scritta è fatta risalire a dopo il II secolo d.C..
Queste "sefirot", sono strumenti della luce senza limiti infinita del Creatore con cui si rivela e continuamente rinnova e fa permanere il creato.

Di queste 10 ampolle d'energia divina che costituiscono l'albero sefirotico o il corpo dell'Adam Kadmon (Vedi: "Tensione dell'ebraismo ad una Bibbia segreta") sembra proprio che parli o così può interpretarsi il versetto 1Cronache 29,11 quando dice: "Tua, Signore, è la grandezza ("Ghedullah"), la potenza ("Ghevurah"), la bellezza ("Tiferet"), la vittoria ("Nezakh") e la maestà ("Hod"), perché tutto ("Kol"), nei cieli e sulla terra, è tuo. Signore, tuo è il regno ("Mamlachah"); tu sei colui che ti innalzi come testa ("Ro'sh") su ogni cosa."

1°, 2° e 3° la testa "Ro'sh" con le 3 sefirot, "Keter" ,"Chokmah" e "Binah".
4° "Ghedullah" e per alcuni "Choesoed".
5° "Ghevurah" e per alcuni "Din".
6° "Tiferet" e per alcuni "Rachamim".
7°,8° e 9° "Nezakh Hod Kol" per alcuni "Yessod".
10° "Mamlachah" altro nome di "Malkhut" e per alcuni "Shekinah".

Il valore gimatrico di questa parola è 72, numero biblico importante.

= ( = 4) + ( = 60) + ( = 8) = 72.

Sono, infatti, da ricordare:
  • le 72 lingue confuse con l'episodio della Torre di Babele.
  • i 72 d'Israele entrati in Egitto "Tutte le persone nate da Giacobbe erano settanta, Giuseppe si trovava già in Egitto." (Esodo 1,5) cui sono da aggiungere Efraim e Manasse figli di Giuseppe.
  • i 72 saggi chiamati ad Alessandria d'Egitto da Tolomeo per tradurre in greco la Bibbia detta poi dei LXX (Lettera di Aristea).
  • i 72 discepoli inviati in missione da Gesù (Luca10,1). Il Tetragramma Sacro , che vale 26, può collegarsi anche al numero 72; infatti, se si fa crescere il Nome ogni volta di una lettera, come qui in appresso, e si somma il tutto si ha proprio 72.


La prima volta che si trova è in Genesi 19,19 ove Lot riconosce la "misericordia e benignità" che lo zio Abramo ha avuto per lui quando dice: "Vedi, il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi e tu hai usato una grande misericordia verso di me salvandomi la vita".

È da considerare che il radicale è relativo al rifugiarsi, al ripararsi, al proteggersi, al ritirarsi e al difendersi.
Le lettere ebraiche singole del radicale ci parlano con la "chet" di un nascondersi e di un chiudersi, con la "samek" di un avvolgersi e di un foro, un buco e la "he" di entrare, perciò da esce il pensiero "di chiusura avvolgersi entrando ".
Il significato invece della lettera "dalet" , che è il segno che indica una mano aperta, può essere duplice in quanto può significare sia aiuto, sia impedimento come il segnale di "alt".
Si pensi poi che il concetto di accerchiare e impedire , vale a dire, avvolgere le mani porta alla parola "sad" che significa ceppi e in arnesi del genere si chiudevano i condannati.

Ecco, allora, perché si possono avere significati duplici per le lettere di "choesoed" ; infatti, ci parlano di un sentimento, di un desiderio di stringere, avvolgere per difendere e di aiutare, quindi di un amore tenero pieno di cure e attenzioni, ma anche di una vergogna "chiudere nei ceppi "sad" ", ossia di un "chiudere, accerchiare, impedire", quindi, vituperio e vergogna.

È il caso ad esempio di Levitico 20,17: "Se uno prende la propria sorella, figlia di suo padre o figlia di sua madre, e vede la nudità di lei ed essa vede la nudità di lui, è un'infamia ("choesoed" );" è un disonore, un vituperio.

Si ha poi un termine molto familiare "dod" che è usato per "amato, diletto, fidanzato, amore" e al plurale sta per amori, tresche e carezze.
Riguarda l'amore anche erotico e carnale, ma comprende pure sentimenti profondi di amore a tutto tondo.
Si trova ben 32 volte nel libro del "Cantico dei cantici".

Celebre è la frase "Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me" in Cantico 6,3, " 'ani ledavidi vedavidi li" .
L'idea di fondo di "dod" sono due persone che si portano per mano "mano portano alla mano ".
È usato anche per definire lo zio al maschile (es. Levitico 20,20) mentre zia al femminile è "dodah".

Da tale termine viene il nome David che è scritto sia sia .
C'è poi un ulteriore termine, il radicale usato 13 volte nella Torah nelle sue varie coniugazioni e tante volte negli altri libri della Tenak tra cui, come vedremo si trova nel Salmo 149,4 "Il Signore ama il suo popolo" ove per ciò che la C.E.I. traduce "ama" il testo ebraico scrive .
Il significato di tale radicale è molto ampio e va da apprezzare, stimare, favorire ed essere favorevole, compiacersi, allietarsi, dilettarsi e anche amare.

Il rebus delle tre lettere ci parla di "un corpo che si alza in campo aperto ", quindi, un qualcosa di evidente che si nota e per cui "la testa s'alza sull'esterno ", indi qualcosa di notevole che desta apprezzamento, voglia in chi guarda e gradimento, come si trova in Genesi 33,10 quando Giacobbe dice a Esaù: "No, ti prego, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, accetta dalla mia mano il mio dono, perché io sto alla tua presenza, come davanti a Dio, e tu mi hai gradito."

L'espressione "il Signore ama" nell'Antico Testamento oltre che in Salmo 149,4 si trova altre 6 volte nella Tenak tutte col verbo :
  • Salmo 11,7 - "Giusto è il Signore, ama le cose giuste";
  • Salmo 37,28 - "Perché il Signore ama la giustizia";
  • Salmo 87,2 - "il Signore ama le porte di Sion";
  • Salmo 146,8 - "il Signore ama i giusti";
  • Proverbi 22,11 - "Il Signore ama chi è puro di cuore";
  • Osea 3,1 - "come il Signore ama gli Israeliti".
Si trova, infine, un pensiero con "Il Signore ama" nel deuterocanonico libro del Siracide 4,11-14: "La sapienza esalta i suoi figli e si prende cura di quanti la cercano. Chi la ama, ama la vita, quanti la cercano solleciti saranno ricolmi di gioia. Chi la possiede erediterà la gloria, qualunque cosa intraprenda, il Signore lo benedice. Coloro che la venerano rendono culto al Santo, e il Signore ama coloro che la amano."

L'AMORE SCONFIGGE LA MORTE
Nel Cantico dei Cantici 8,6.7 si trova: "Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l'amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore! Le grandi acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio."

È così profilata una lotta tra l'amore e la morte in cui vince l'amore, infatti, "le grandi acque".
Qui la C.E.I. traduce con "fiamma del Signore" quanto nel testo ebraico è scritto come "shalehoeboetiah" .

Questa parola si può dividere in tre parti + + "sha-lehoeboet-Iah", ove sta per pronome relativo "che", "lehoeboet" è fiamma e le lettere dicono "guizzante esce da dentro un segno " e, infine, il biletterale ossia Iah, modo contratto con cui almeno 40 volte nella Tenak (2 in Esodo 15,2; 17,16, in Isaia 3 volte 12,2; 26,4; 38,11 e 35 nei Salmi) è indicato il Nome IHWH.

Come il sole tramonta nel grande mare, la grandi acque, ma risorge il giorno dopo, l'amore essendo come un fuoco intenso, "shalehoeboet-Iah", una fiamma del Signore, una scintilla di IHWH non può che risorgere e vincere la morte.
Essendo quel "Iah" l'unico riferimento fuori dell'allegoria che segnalerebbe un riferimento concreto al Signore di quel Cantico, che pare a molti solo quale un carme romantico erotico, quei commentatori ebrei che obiettavano al suo inserimento nella Tenak consideravano quel "iah" una forma intensiva per significare la grandezza e intensità della fiamma eppure la tesi di libro sacro prevalse ed è nella Tenak e nella Bibbia cristiana.

Questi pensieri dal Cantico ci portano a un altro momento, quello della prima teofania, quando IHWH fu incontrato da Mosè (Esodo 3) in un roveto che pareva ardere, ma che non si consumava.
Siamo al capitolo 3 del libro dell'Esodo e il testo dice "L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia? Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: Mosè, Mosè! Rispose: Eccomi!" (Esodo 3,2-4)

Per prima cosa è da evidenziare che chi Mosè vide fu il "mal'ak IHWH", "l'angelo del Signore" ed è da intendere che questi poi nel prosieguo darà le Tavole dell'alleanza come si evince dalla esposizione di Stefano prima del suo martirio negli Atti degli Apostoli quando dice in 7,53 a quelli che l'accusavano: "voi che avete ricevuto la legge per mano degli angeli e non l'avete osservata".

Si comprende che il termine "'Elohim" , in effetti, era considerato come "assemblea degli angeli" come del resto quel termine che pare un plurale è tradotto dalla C.E.I. nel salmo 97,7: "A Lui si prostrano tutti gli dei" ove "dei" è "'Elohim" e la lettera agli Ebrei 1,6 citando quello stesso versetto considera quegli "dei" angeli, infatti, ancora la stessa C.E.I. riporta: "Lo adorino tutti gli angeli di Dio".

In effetti, chi dette le 10 Parole o Decalogo dal testo ebraico di Esodo 20,1 sembra proprio essere "'Elohim", che però specifica al versetto 20,2 essere IHWH, quindi, era proprio l'angelo del Signore, il capo dell'assemblea angelica:
  • Esodo 20,1 - "Dio ('Elohim) allora pronunciò tutte queste parole:
  • Esodo 20,2 - Io sono il Signore (IHWH), tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù."
  • (Vedi: "Dieci parole, distintivo di chi ha Dio per alleato")
Questo "angelo del Signore" apparve per la prima volta ad Agar in Genesi 16,7-11, ad Abramo al sacrificio d'Isacco in Genesi 22,11-18, poi a Balaam in Numeri 22,22-35, agli Israeliti in Giudici 2,1-4, a Gedeone in Giudici 6,11-23, ai genitori di Sansone in Giudici 13,3-21, a Davide in 2Samuele 24,16s e 1Cronache 21,12-18,30, ad Elia in 1Re 19,5-7 e 2Re 1,3.15 ed è menzionato in Giudici 5,23 in 2Re 19,35, Isaia 37,36, Salmo 34,7; 35,5s e in Zaccaria 1,11-13;3,1-6 e 12,8.
È questi comunque un angelo, quindi un messaggero proprio dello stesso IHWH nel senso che rappresenta tutto e solo Lui e la sua "Shekinah", in una modalità resa captabile dall'uomo prima del modo ultimo della sua venuta, quello dell'incarnazione nel Cristo.

Un secondo punto importante da segnalare è che l'angelo del Signore apparve "in una fiamma di fuoco", "belabbat 'esh" . Per "fiamma" c'è qui il termine "labbat" , usato in questo modo solo in questo versetto in luogo del più comune "laheb" o "lehabah" già considerato nel Cantico dei Cantici.
Qui, in Esodo, quel modo di dire fiamma mette in stretto collegamento la fiamma "labbat" al "leb" ossia all'intimo stesso, al cuore del fuoco e nel caso specifico pare dire del Signore "del cuore segno ".

Il roveto non bruciava, perché quelle fiamme non erano fiamme fisiche, ma erano la manifestazione del fuoco spirituale che veniva dal Signore, il suo eterno amore.
L'angelo del Signore parlò dall'interno di quel fuoco, quindi, dalle fiamme che non muoiono, cioè era avvolto dalle fiamme ardenti dell'amore che promana.

Proposi in "Lo sposo della coppia nel matrimonio, roveto ardente" e "Il primo matrimonio col Signore", l'accostamento del matrimonio al roveto ardente, quello in cui Mosè incontrò il Signore, un fuoco che non si consuma.

Non a caso, infatti, Mosè incontra Dio dopo la sua unione con Zippora. Due fuochi "'ech" e sono il roveto ardente che non si consuma, perché c'è "Iah" ossia IHWH al centro, quindi quelle fiamme non sono quelle del roveto, ma quelle che promanano Lui.
Del pari è l'unione uomo e donna .

Se c'è Lui l'unione non si consuma, infatti, + = uomo e donna = + + = matrimonio alla presenza del Signore = il Signore fra due fiamme = roveto ardente.

Il Talmud al riguardo sottolinea: "Se l'uomo e la donna sono meritevoli (di tale nome) la Shekinah (presenza divina) è tra loro." (Talmud Sotà 17 a)

In un matrimonio voluto, preparato e portato avanti dal Signore vi sono tre persone, perché come abbiamo già considerato, oltre alla coppia c'è il Signore, altrimenti restano due fuochi che non durano, due unità distinte che si bruciano l'uno con l'altro.
La coppia ha bisogno di un'alleanza, un patto continuo, perché l'essere simili a Dio possa attuarsi, infatti, abbiamo visto, la Scrittura parla di un "aiuto che gli corrisponda".

Un pensiero al limite sulle parole amore e amare è quello di considerare "amore" composto da A-more, cioè da una lettera A, usata come "alfa", privativo greco, atto a negare la parola che segue, e questa è more molto simile "mors" in latino, ossia morte.
Amare, amore, quindi, in questo modo A-mors risulta opposto a morte e a morire, quasi un togliere dalla morte.
Questa definizione è nell'opera "LIfe against Death" di Norman Brown, il filosofo che piaceva agli hippies.
Pur se tale approccio non è soddisfacente dal punto di vista dei latinisti è talmente espressivo e reale che lo fa considerare accettabile.

A questo punto, dopo tutto quanto sinora detto i due fuochi sono due fiamme d'amore, due "'ahavah" = 2x13 = 26 come 26 è IHWH.
Credo che si possa concludere che IHWH è amore completo, un amore riamato, un amore corrisposto, soddisfatto in sé, perché in se stesso c'è amore in sovrabbondanza che lo porta ad aprirsi alla creazione al produrre nuove anime per dar loro la gioia della vita.
Dio ha creato con amore e per l'amore.

Risponde, infatti, il semplice, ma profondo Catechismo di Pio X alla domanda: "Per qual fine Dio ci ha creato? Dio ci ha creato per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell'altra in paradiso".

Ancora un'osservazione su quei versetti della teofania a Mosè.
Nei 3 versetti di Esodo 3,2-4 si trova ripetuta 5 volte, di cui 3 nel versetto 2, la parola che nel testo ebraico è "sanoeh" ed è tradotta come "roveto".
Quelle tre lettere suggeriscono che "tutt'intorno energia usciva " e, considerato che è "lamento", quel cespuglio reca anche causa "tutt'intorno di lamento ", perché ci si punge a causa delle spine.

La presenza di Dio "in mezzo di un roveto" per i rabbini è conferma della vicinanza nella sofferenza di Dio al suo Popolo.
Alcuni commentatori ebrei hanno osservato che pur se non fosse stato precisato che il cespuglio era un roveto lo si sarebbe potuto dedurre, perché in quei luoghi desertici crescono cespugli che sono solo roveti, eppure, volutamente, è stato ripetutamente precisato il tipo e per 5 volte come abbiamo notato.

Rashì, commenta: La Torà specifica la natura del cespuglio con uno scopo ben preciso, ossia d'insegnarci qualcosa che è implicito nelle caratteristiche del roveto. Dio, infatti, accompagna il popolo ebraico anche nei periodi più spinosi dell'esilio ed è partecipe delle pene dei suoi figli, come è scritto nel Salmo 91,15b: "nell'angoscia io sarò con lui".

Per angoscia in quel salmo è usata la parola "tzarah" che significa anche pericolo e afflizione oltre che angoscia.
La manifestazione di Dio all'interno del roveto ardente rassicura il fedele che: Non c'è luogo al mondo in cui la Shekinah non si trovi, poiché parlò con Mosè persino dal roveto ardente. (Bemidbàr Rabbà 12,4)

Il roveto, si presenta perciò come pianta dolorosa.
Nel parallelo cristiano Dio si rivela nella Croce in cui lo stesso vero Dio si manifesta come uomo Gesù che partecipa pienamente al nostro dolore, essendosi fatto carico del nostro peccato.
A conferma del perché Dio scelse il roveto è da ricordare che proprio nel racconto di quella teofania tra le prima parole che disse l'angelo di Dio a Mosè ci fu "Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze." (Esodo 3,7)

Vale la pena di osservare anche che la parola "roveto" nella Tenak complessivamente è usata solo 6 volte e oltre alle 5 dette in quella teofania, la 6a si trova nelle "Benedizioni di Mosè" in Deuteronomio 33,16 quando Mosè dice a Giuseppe: "Il favore di colui che abitava nel roveto venga sul capo di Giuseppe, sulla testa del principe tra i suoi fratelli!"

Nel testo ebraico, in effetti, per la parte sottolineata si trovano i seguenti segni "vu" "leqadeqod" "nezir" "'oechaiu " , quindi, sul capo di Giuseppe "e sulla cervice del cranio del "nezir" ".
Questo dire profetico "nezir" da ci porta al "nazer" , il virgulto di Isaia 11,1 che anticipa il titolo del "Nazareno", il "Nazer" sulla croce eretta sul luogo della cervice del cranio o Golgota con Gesù ivi crocifisso con sulla testa la corona di spine di un roveto le cui lettere che per i loro significati grafici sono, appunto, da leggere come elemento che "avvolge tra lamenti ".

DIO È AMORE
Il Dio annunciato da Israele ama l'uomo e questa fede era ben radicata nel pensiero biblico ancor prima del cristianesimo.
Al riguardo mi pare che basta ricordare:
  • Deuteronomio 7,8 quel che significa "il Signore vi ama".
  • Salmo 86, attribuito a Davide che è una preghiera nella prova Salmo in cui al versetto 15 è detto: "Ma tu, Signore Dio di pietà, compassionevole, lento all'ira e pieno di amore, Dio fedele", espressioni che testimoniano realtà sperimentate nella propria vita del fedele nella plurisecolare storia della sua rivelazione al popolo d'Israele."
Dio fu riconosciuto da Israele come Padre, paternità che spesso si presentava in modo severo nelle famigli ebree, ma ciò non toglie che ampi e variegati furono i sentimenti che desta quella paternità.

Al riguardo Giovanni Paolo II mercoledì 20-1-1999 ebbe a dire quanto segue: "Israele ha riconosciuto la paternità divina a partire dallo stupore dinanzi alla creazione e al rinnovarsi della vita. Il miracolo di un bimbo che si forma nel grembo materno non è spiegabile senza l'intervento di Dio, come ricorda il salmista: "Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre" (Salmo 139,13). Israele ha potuto vedere in Dio un padre anche in analogia con alcuni personaggi che detenevano una funzione pubblica, specialmente religiosa, ed erano ritenuti padri: così i sacerdoti (Giudici 17,10; 18-19; Genesi 45,8) o i profeti (2Re 2,12). Ben si comprende inoltre come il rispetto che la società israelitica richiedeva per il padre e i genitori inducesse a vedere in Dio un padre esigente. In effetti, la legislazione mosaica è molto severa nei confronti dei figli che non rispettano i genitori, fino a prevedere la pena di morte per chi percuote o anche solo maledice il padre o la madre (Esodo 21,15.17)... La paternità divina nei confronti d'Israele è caratterizzata da un amore intenso, costante e compassionevole. Nonostante le infedeltà del popolo, e le conseguenti minacce di castigo, Dio si rivela incapace di rinunciare al suo amore. E lo esprime in termini di profonda tenerezza, anche quando è costretto a lamentare la non corrispondenza dei suoi figli: "Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d'amore: ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare... Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele?... Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione" (Osea 11,3s.8; Geremia 31,20)."

Il Signore si presentò al suo popolo tramite Mosè nell'Esodo in questi termini "...il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe", che si trova ripetuti in Esodo 3,6; 3,15; 4,5 e ricordato da Gesù nei Vangeli sinottici, Matteo 22,32; Marco 12,26; Luca 20,37."
Ognuno di questi patriarchi ha avuto un rapporto personale col Signore che del resto si presenta in modo unico a ciascun uomo nella propria storia e l'accompagna.
Tramite queste tre figure tipiche dei patriarchi nelle Sacre Scritture Dio vuole rivelare il mistero della Sua SS. Trinità, ossia la sua essenza di unità di sostanza in tre persone - Padre, Figlio e Spirito Santo - in due nature, divina e umana, visto che il Figlio entrato nel tempo si fece uomo in Gesù di Nazaret dalla carne della Vergine Maria.
Con tutti e tre quei patriarchi Dio fece alleanza.

Nel libro del Levitico 26,42 il Signore, infatti, dice: "Io mi ricorderò della mia alleanza con Giacobbe, dell'alleanza con Isacco e dell'alleanza con Abramo."
Il parallelo di Abramo col Padre e di Isacco col Figlio è più immediato.
In Isaia 41,8 il Signore dice "Abramo mio amico" "'Abraham 'ahabi" vale a dire "Abramo che amo" e nel nome di questo patriarca c'è il segno del Padre essendo il capostipite di una dinastia che porta la fede ai figli che vengono da lui indipendentemente dalla circoncisione, come del resto sottolinea San Paolo:
  • Romani 4,22-24 - "Ecco perché gli fu accreditato come giustizia. E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato come giustizia, ma anche per noi, ai quali sarà egualmente accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore."
  • Galati 3,6-8 - "Fu così che Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia. Sappiate dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunziò ad Abramo questo lieto annunzio: In te saranno benedette tutte le genti."
L'alleanza con Lui comporta d'essere Suo alleato per sempre, quindi, implica la certezza di Vita Eterna, perché l'alleanza rispettata tra persone serie comporta amicizia, l'amicizia ha la stessa radice dell'amore e l'amore se è vero vince la morte.

Nel racconto del sacrificio di Isacco la richiesta di Dio ad Abramo fu: "Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò" (Genesi 22,2); così Isacco è figura del Figlio sacrificato in croce su quello stesso monte.

Lo Spirito Santo è poi percepito in Giacobbe, da Dio chiamato Israele, che implica tutto l'Israele di Dio, ossia degli eletti da Dio per manifestare lo Spirito Santo nel mondo, perché non è né la carne né le opere che rendono figli, ma la Sua Grazia vale a dire il Suo Spirito Santo e la predicazione, perché: "La fede dipende dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo." (Romani 10,17)

Si trova, infatti, in:
  • 1Cronache 16,13 - "voi, stirpe d'Israele, suo servo, figli di Giacobbe, suoi eletti!"
  • Isaia 44,1 - "Ora ascolta, Giacobbe mio servo, Israele che ho eletto."
L'essere suoi servi comporta di compiere il servizio d'essere portatori della Sua Parola, quindi, d'essere profeti di Lui nel mondo.
Quei tre patriarchi paiono, insomma, costituire proprio una prefigurazione della SS. Trinità che ovviamente è svelata in Cristo, compimento delle Scritture, che rivela il volto del Padre e che ci dona il Suo Santo Spirito.
Dio nelle Scritture sempre si presenta appunto come Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, perché intende che Lui è Trino, perché da sempre è una comunione di persone e come tale s'è presentato anche al popolo ebraico nelle Scritture, ma ci svela questo mistero solo nel Figlio fatto carne.
(Vedi: "La SS. Trinità di Abramo, di Isacco e di Giacobbe")

Ciò che tiene unita tanto da rendere unica e indivisibile la SS. Trinità, che in termini umani ci appare come una "famiglia" divina, è il cemento dell'amore.
Nella SS. Trinità c'è un amore corrisposto e questi diviene persona.
Padre e Figlio si amano di un grande infinito eterno amore che s'è reso concreto "ab eterno" divenendo persona, il Santo Spirito, che permea ed emana da loro come le fiamme dal roveto di Mosè.
L'essenza di quella "famiglia" è l'amore e l'unità che in definitiva è pure risultato dell'amore stesso onde vale in assoluto la definizione: "Dio è amore".

Si trova, infatti, nella lettera 1Giovanni al capitolo 4:
  • 1Giovanni 4,7s - "Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore."
  • 1Giovanni 4,16 - "Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui."
  • 1Giovanni 4,19 - "Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo."
Nel Nuovo Testamento più volte si parla "dell'amore di Dio", precisamente in Luca11,42, Giovanni 5,42; Romani 5,5; Romani 9,39; 2Corinzi 13,13; Tessalonicesi 3,5; 1Giovanni 2,5; 3,17; 4,9; 5,3; Giuda 1 e 21.

L'enciclica "Deus caritas est" di Benedetto XVI - 25 dicembre 2005, infatti, così inizia: " Queste parole della Prima lettera di Giovanni esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana: l'immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell'uomo e del suo cammino. Inoltre, in questo stesso versetto, Giovanni ci offre per così dire una formula sintetica dell'esistenza cristiana: Noi abbiamo riconosciuto l'amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto. L'Antico Testamento greco usa solo due volte la parola "eros", mentre il Nuovo Testamento non la usa mai: delle tre parole greche relative all'amore - "eros","philia" (amore di amicizia) e "agape" - gli scritti neotestamentari privilegiano l'ultima, che nel linguaggio greco era piuttosto messa ai margini. Quanto all'amore di amicizia ("philia"), esso viene ripreso e approfondito nel Vangelo di Giovanni per esprimere il rapporto tra Gesù e i suoi discepoli. La messa in disparte della parola eros, insieme alla nuova visione dell'amore che si esprime attraverso la parola "agape", denota indubbiamente nella novità del cristianesimo qualcosa di essenziale, proprio a riguardo della comprensione dell'amore".

Due parole greche per amore, infatti, non sono mai utilizzato nel Nuovo Testamento:
  • "storge", avendo la stessa idea di famiglia amore o affetto, come sostenuto dal negativo "astorgos" aggettivo usato solo in Romani 1,31 e in 2Timoteo 3,3;
  • "eros", esprimendo un amore possessivo e utilizzato principalmente di fisica amore.
In definitiva "agapao - agape" è molto più alto, visto che cerca il massimo di bene per l'amato.
Il pensiero che Dio -Trinità è amore corrisposto in pienezza, implica l'idea che Dio non ha necessità alcuna d'essere riamato dagli uomini.
Siccome al cuor non si comanda, accade che in terra l'amore che Dio ha dato a tutti creandoli e ancora di più, poi, con l'invio del Figlio a morire in croce per togliere la schiavitù dal peccato, non è corrisposto da tutti.

Aveva detto Gesù "Nessuno ha amore più grande di quello di dare la sua vita per i suoi amici" (Giovanni 15,13) e poi ha dette la propria vita per salvare i "nemici" e anche tutti quelli che l'abbandonarono tra cui c'era uno dei suoi intimi che lo tradì.
Sant'Agostino il vescovo d'Ippona diceva di Gesù: "È più fraterno di ogni fratello, è più amichevole di ogni amico, è più amorevole di ogni amore".

Mette al riguardo in evidenza il Vangelo di Giovanni nel Prologo 1,10-13 che il Figlio di Dio: "Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati."

Coloro che l'hanno accolto hanno compreso l'amore di Dio per loro e per il potere effusivo dell'amore cercherà far comprendere all'altro che Dio esiste e lo ama.
Chi ama, infatti, annuncia all'altro la propria intima gioia, l'aver trovato la perla preziosa e "Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore." (1Giovanni 4,8)

Scrive il sommo Dante nella Divina Commedia "Amor, ch'a nullo amato amar perdona" (Inferno 103) cioè "l'Amore, che a nessuno risparmia, se amato, di riamare" ossia l'Amore obbligherebbe chi è amato ad amare a sua volta. Eppure l'Amore in assoluto che è Dio stesso è comunque esperienza comune che non è riamato.
Al riguardo di San Francesco nei Fioretti è narrato un episodio in cui il santo manifestò tanto dolore nel vedere non riamato Gesù.

"Una volta andava solingo nei pressi della chiesa di Santa Maria della Porziuncola, piangendo e lamentandosi a voce alta. Un uomo pio, udendolo, suppose che egli soffrisse di qualche malattia o dispiacere e, mosso da compassione, gli chiese perché piangeva così. Disse Francesco: Piango la passione del mio Signore. Per amore di lui non dovrei vergognarmi di andare gemendo ad alta voce per tutto il mondo? Allora anche l'uomo devoto si unì al lamento di Francesco."

IL COMANDAMENTO DELL'AMORE
La Torah o legge di Mosè secondo la tradizione ebraica contiene 613 precetti, come del resto asserisce Rabbi Simlai citato nel Talmud in Makkot 23b.
Tali 613 precetti cui è tenuto l'Israelita, detti "mitzvot", di cui 248 positivi o del compiere (numero che è ritenuto voglia significare quello del complesso delle ossa umane) e 365 negativi o del non compiere, quanti sono i giorni dell'anno nel senso che il praticante è chiamato a osservarle proprio, appunto, tutti i giorni della propria vita.
Questo numero di 613 viene sostenuto da quella stessa tradizione corrispondere al valore "gimatrico" della parola Torah

= ( = 5) + ( = 200) + ( = 6) + ( = 400) = 611

a cui sono da aggiungere i 2 pilastri dell'amore a Dio e al prossimo.

Il secondo di tali pilastri, in effetti, si trova nel libro del Levitico al 19,18 che cito riportando anche il versetto precedente: "Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai d'un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore." (Levitico 19,17-18)

Dal contesto combinato di quei due versetti quel comandamento dell'amore pare proprio riferirsi a un prossimo limitato ai connazionali e da estendere ai forestieri inglobati, visto che poi lo stesso capitolo del Levitico ai versetti 33 e 35 prescrive: "Quando un forestiero dimorerà presso di voi nel vostro paese, non gli farete torto. Il forestiero dimorante fra di voi lo tratterete come colui che è nato fra di voi; tu l'amerai come tu stesso perché anche voi siete stati forestieri nel paese d'Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio."

Nel libro di Giobbe 31,13-15 di fatto si trova un commento a tale comando: "Se ho negato i diritti del mio schiavo e della schiava in lite con me, che cosa farei, quando Dio si alzasse per giudicare, e che cosa risponderei, quando aprisse l'inquisitoria? Chi ha fatto me nel ventre materno, non ha fatto anche lui? Non fu lo stesso a formarci nel grembo?"

Considerato ciò non pare allora quel comandamento del Levitico avere l'afflato universale che poi gli fu dato.

Nel Vangelo di Luca 10,26-37 nella parabola detta del buon Samaritano Gesù chiarisce chi è il prossimo e nel "discorso della montagna" con autorità dice qualcosa che non era stata ancora mai detto, vale a dire come l'amore al prossimo sia da applicare anche al nemico, infatti: "Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste." (Matteo 5, 43-48)

I Rabbi Hillel e Akiva ai tempi del Talmud poi indicarono che questo dell'amore al prossimo è il comandamento fondamentale della Torah come del resto è detto più volte nei Vangeli.
C'è una discussione in Sifra ?edoshim tra Rabbi Akiva e Simon Ben Azzai che citava Genesi 5,1 dell'uomo fatto a somiglianza di Dio da cui discende che per prossimo è da considerare ogni figlio di Adamo.

In Genesi Rabbah dice al riguardo un certo Tan?uma: "Se tu disprezzi un uomo, tu disprezzi Dio che ha fatto l'uomo a Sua immagine".
Il cuore del cristianesimo è appunto il comando dell'Amore.

Gesù ebbe a dire durante l'ultima cena: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri". (Giovanni 13,34)

Il comandamento di Cristo è nuovo non solo per il suo contenuto, ma perché per soddisfarlo Lui stesso ha dato con la sua morte in croce ha dato la dimensione del "come io vi ho amato" con il senso e la capacità grazie all'invio dello Spirito Santo.
Proprio per i doni che comporta questo Spirito è possibile amarsi come fratelli, perché Lui, il Figlio di Dio, ha portato questo seme nuovo dell'amore scomparso dalla faccia della terra con il peccato.
Gesù ci ha amato e ha vissuto l'amore amandoci cosi come siamo, fino a perdonarci e a morire per noi, nonostante i nostri peccati contro di Lui e con questo suo sacrificio ci ha redenti e resi figli dello stesso Padre, quindi, fratelli che si debbono e si possono amare e la causa che provoca un tale sentire non è la bellezza, la simpatia, la giovinezza, ma l'amore che ci ha donato Cristo.

"Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri". (Giovanni 13,35) e lo ripete ancora poi quando dice "Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri" (Giovanni 15,17)

Gli Atti degli Apostoli 4,32 precisa che i cristiani della prima ora avevano "un cuore solo e un'anima sola", unità e amore, che sempre è richiesto per potersi dire cristiani.
Di fatto questo è il solo modo di essere cristiani e che porta il frutto nell'evangelizzazione ed è vera carità che "aiuta" Dio a convertire i cuori pagani.
Tertulliano (150-230), apologeta cristiano nell'Apologeticon ricorda lo stupore dei pagani al vedere i rapporti di fratellanza tra cristiani quando dicevano "Guarda come si amano".

DEUTERONOMIO 7
È questa di Deuteronomio 7 di cui ho citato alcuni versetti in altro paragrafo, una pagina dura da digerire, perché invece di amore pare istigare nel popolo di Dio un irrefrenabile e inconciliabile ostilità verso i popoli diversi dal proprio, detti dei "goim" , e non la pace e l'amore di Dio Amore.

Il brano di Deuteronomio 7 è costituito da 26 versetti, proprio come 26 è il valore numerico in ebraico del Tetragramma Sacro IHWH , cioè dell'amore corrisposto (2x13 = 2 "'ahavah " = 2 che si amano), eppure nessuna pietà sembra trovarvisi per i nemici il che potrebbe sembrare un'aberrazione.
Questo capitolo Deuteronomio 7, peraltro, ne spiega addirittura i perché il che potrebbe sembrare un'aberrazione.

Eppure, come si trova in 2Timoteo 3,16: "Tutta la Scrittura, infatti, è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona".

Violenza chiama violenza e allora, come si può giustificare "parola di Dio" tale brano che nonostante quanto sembra contraria all'universale amore di Dio è pagina della sacra Scrittura, addirittura della Torah e che se letta in Chiesa dai cristiani, rispondono "Parola di Dio"?

Come tale quindi va considerata, eppure Deuteronomio 7, in effetti, incita alla guerra, ma anche se questa è per la conquista della terra promessa oggi non trova alcuna giustificazione se non ricorrendo a pensieri traslati.
È da tenere, allora, conto che tale conquista, di fatto, è allegoria del regno di Dio che si deve attuare in terra.
Solo in questo senso e non in altri questa pagina assume valore d'insegnamento e d'incitamento alla radicalità di una lotta spirituale.
Per leggere questa pagina, che pare indurre appunto alla contraddizione in termini, all'aberrazione di una "guerra santa" in cui possono cadere le religioni, è da ricordare il comandamento della rivelazione di Gesù dall'amore al nemico, reso possibile grazie al Suo Spirito frutto della Sua morte in croce e della risurrezione.

"La nostra battaglia, infatti, non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti." (Efesini 6,12)

Si tratta di una guerra spirituale, che richiede un totale radicalismo contro i principi del male, "Quale intesa tra Cristo e Beliar, o quale collaborazione tra un fedele e un infedele? Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli?" (2Corinti 6,15s), ma non contro le persone.

La lotta non è, infatti, contro il prossimo che è da amare comunque pur se fosse stato impossessato dal male, perché in tal caso sono in schiavitù, ma pur sempre nostri fratelli.
Del resto tutto ciò è in vista del combattimento finale in cui il Messia uscirà vittorioso definitivamente.
La guerra però è da portare avanti da ciascun cristiano nella propria vita mosso dal battesimo e dalla carità che implica, ossia dall'amore per il prossimo in cui sono compresi i nemici, per lo scopo di affermare la Verità.

Del resto questa pagina ci ricorda - versetto 8 - che "il Signore vi ama", ma è da meditare sul fatto che ama tutti gli uomini che ha creato.
Vi si trova - versetto 9 - anche che Dio è fedele, che mantiene l'alleanza e la bontà per mille generazioni con coloro che lo amano.
Il versetto 13 con "Egli ti amerà, ti benedirà, ti moltiplicherà" implica il coadiuvare il Signore stesso secondo il suo mandato "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura" (Marco 16,15) per far tornare a Dio i suoi figli con l'evangelizzazione affinché s'acceleri l'attuazione del "venga il Tuo Regno" (Matteo 6,10; Luca 11,2b) che ogni cristiano chiede nella preghiera del Padre Nostro insegnata da Cristo Gesù.

Di questa "vendetta fra le nazioni e punire i popoli" parla il Salmo 149,6-9 col dire: "Esultino i fedeli nella gloria, facciano festa sui loro giacigli. Le lodi di Dio sulla loro bocca e la spada a due tagli nelle loro mani, per compiere la vendetta fra le nazioni e punire i popoli, per stringere in catene i loro sovrani, i loro nobili in ceppi di ferro, per eseguire su di loro la sentenza già scritta. Questo è un onore per tutti i suoi fedeli."

Mi sono chiesto se interrogato come Gesù avrebbe risposto sul significato di quella pagina di Deuteronomio 7.
Pur se ciò non è dato sapere con precisione è noto che ai Giudei del suo tempo increduli della sua testimonianza ebbe a premettere: "Il Padre ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati." (Giovanni 5,20)

Poi facendo capire che il Padre gli ha dato un potere che, in effetti, è profetizzato nella Torah, quindi anche in Deuteronomio 7, ad un certo punto della discussione proseguì: "Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita... vi conosco: non avete in voi l'amore di Dio... e non cercate la gloria che viene dall'unico Dio? ...Mosè ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?" (Giovanni 5,39-47)

Questo discorso fa pensare che vi sia una chiave di lettura della Torah che se usata s'ottengono "scrutando" pagine di secondo livello che tutte parlano di Lui, il Messia, fine ultimo annunciato dalla Torah.
Questa fu l'idea motrice della mia ricerca di una chiave di decriptazione di cui a "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche" che ha poi prodotto quel criterio con i tanti risultati di cui i vari miei articoli con cui ho decriptato tantissime pagine della Tenak o Bibbia ebraica come risulta dall'"Indice" dei brani biblici decriptati negli articoli di questo mio Sito.

DEUTERONOMIO 7 - TESTO C.E.I.
Il testo della traduzione dall'ebraico di questo capitolo 7 del Deuteronomio 7 si divide in tre parti:
  • 1-6 - su Israele popolo consacrato;
  • 7-16 - su l'elezione e il favore divino;
  • 17-26 - sulla forza divina.
Deuteronomio 7,1 - Quando il Signore, tuo Dio, ti avrà introdotto nella terra in cui stai per entrare per prenderne possesso e avrà scacciato davanti a te molte nazioni: gli Ittiti, i Gergesei, gli Amorrei, i Cananei, i Perizziti, gli Evei e i Gebusei, sette nazioni più grandi e più potenti di te,

Deuteronomio 7,2 - quando il Signore, tuo Dio, le avrà messe in tuo potere e tu le avrai sconfitte, tu le voterai allo sterminio. Con esse non stringerai alcuna alleanza e nei loro confronti non avrai pietà.

Deuteronomio 7,3 - Non costituirai legami di parentela con loro, non darai le tue figlie ai loro figli e non prenderai le loro figlie per i tuoi figli,

Deuteronomio 7,4 - perché allontanerebbero la tua discendenza dal seguire me, per farli servire a dei stranieri, e l'ira del Signore si accenderebbe contro di voi e ben presto vi distruggerebbe.

Deuteronomio 7,5 - Ma con loro vi comporterete in questo modo: demolirete i loro altari, spezzerete le loro stele, taglierete i loro pali sacri, brucerete i loro idoli nel fuoco.

Deuteronomio 7,6 - Tu infatti sei un popolo consacrato al Signore, tuo Dio: il Signore, tuo Dio, ti ha scelto per essere il suo popolo particolare fra tutti i popoli che sono sulla terra.

Deuteronomio 7,7 - Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli - siete infatti il più piccolo di tutti i popoli,

Deuteronomio 7,8 - ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri: il Signore vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha riscattati liberandovi dalla condizione servile, dalla mano del faraone, re d'Egitto.

Deuteronomio 7,9 - Riconosci dunque il Signore, tuo Dio: egli è Dio, il Dio fedele, che mantiene l'alleanza e la bontà per mille generazioni con coloro che lo amano e osservano i suoi comandamenti,

Deuteronomio 7,10 - ma ripaga direttamente coloro che lo odiano, facendoli perire; non concede una dilazione a chi lo odia, ma lo ripaga direttamente.

Deuteronomio 7,11 - Osserverai, dunque, mettendoli in pratica, i comandi, le leggi e le norme che oggi ti prescrivo.

Deuteronomio 7,12 - Se avrete dato ascolto a queste norme e se le avrete osservate e messe in pratica, il Signore, tuo Dio, conserverà per te l'alleanza e la bontà che ha giurato ai tuoi padri.

Deuteronomio 7,13 - Egli ti amerà, ti benedirà, ti moltiplicherà; benedirà il frutto del tuo seno e il frutto del tuo suolo: il tuo frumento, il tuo mosto e il tuo olio, i parti delle tue vacche e i nati del tuo gregge, nel paese che ha giurato ai tuoi padri di darti.

Deuteronomio 7,14 - Tu sarai benedetto più di tutti i popoli: non sarà sterile né il maschio né la femmina in mezzo a te e neppure in mezzo al tuo bestiame.

Deuteronomio 7,15 - Il Signore allontanerà da te ogni infermità e non manderà su di te alcuna di quelle funeste malattie d'Egitto, che ben conoscesti, ma le manderà a quanti ti odiano.

Deuteronomio 7,16 - Sterminerai dunque tutti i popoli che il Signore, tuo Dio, sta per consegnarti. Il tuo occhio non ne abbia compassione e non servire i loro dei, perché ciò è una trappola per te.

Deuteronomio 7,17 - Forse dirai in cuor tuo: Queste nazioni sono più numerose di me; come potrò scacciarle?

Deuteronomio 7,18 - Non temerle! Ricordati di quello che il Signore, tuo Dio, fece al faraone e a tutti gli Egiziani:

Deuteronomio 7,19 - le grandi prove che hai visto con gli occhi, i segni, i prodigi, la mano potente e il braccio teso, con cui il Signore, tuo Dio, ti ha fatto uscire. Così farà il Signore, tuo Dio, a tutti i popoli, dei quali hai timore.

Deuteronomio 7,20 - Anche i calabroni manderà contro di loro il Signore, tuo Dio, finché non siano periti quelli che saranno rimasti illesi o nascosti al tuo sguardo.

Deuteronomio 7,21 - Non tremare davanti a loro, perché il Signore, tuo Dio, è in mezzo a te, Dio grande e terribile.

Deuteronomio 7,22 - Il Signore, tuo Dio, scaccerà a poco a poco queste nazioni dinanzi a te: tu non le potrai distruggere in fretta, altrimenti le bestie selvatiche si moltiplicherebbero a tuo danno;

Deuteronomio 7,23 - ma il Signore, tuo Dio, le metterà in tuo potere e le getterà in grande spavento, finché siano distrutte.

Deuteronomio 7,24 - Ti metterà nelle mani i loro re e tu farai perire i loro nomi sotto il cielo; nessuno potrà resisterti, finché tu le abbia distrutte.

Deuteronomio 7,25 - Darai alle fiamme le sculture dei loro dei. Non bramerai e non prenderai per te l'argento e l'oro che le ricopre, altrimenti ne resteresti come preso in trappola, perché sono un abominio per il Signore, tuo Dio.

Deuteronomio 7,26 - Non introdurrai un abominio in casa tua, perché sarai, come esso, votato allo sterminio. Lo detesterai e lo avrai in abominio, perché è votato allo sterminio.

DEUTERONOMIO 7 - DECRIPTAZIONE
Prima di fornire la decriptazione che ho ottenuto, a titolo d'esempio fornisco "giustificata" quella del primo versetto e poi tutta di seguito quella dell'intero capitolo Deuteronomio 7.

Deuteronomio 7,1 - Quando il Signore, tuo Dio, ti avrà introdotto nella terra in cui stai per entrare per prenderne possesso e avrà scacciato davanti a te molte nazioni: gli Ittiti, i Gergesei, gli Amorrei, i Cananei, i Perizziti, gli Evei e i Gebusei, sette nazioni più grandi e più potenti di te.






Deuteronomio 7,1 - Così fu ! L'esistenza dentro che c'era per l'originaria rettitudine del Signore Dio uscì essendo stata afflitta () dal serpente entrato dalla terra della donna () nel corpo con cui venne dentro il delitto nel mondo . La potenza nei corpi bruciò completamente la perversità () che l'angelo (ribelle) accese col serpente che vi scorse e cambiò dentro ciò che era la vita . Dai viventi il soffio d'energia che c'era della rettitudine uscì , strappata via () fu , ed entrò a scorrere il disordine che fu a recare nel mondo l'origine dell'amarezza . Essendo stata portata a uscire della rettitudine l'energia da miseri si portano per il mondo . La fecondità () colpita fu e si aprirono le tombe ove condotti furono e il mondo fu profanato . Furono a stare in esilio () per l'azione entrata a scorrere che aveva portato il cambiamento . Dagli abitanti fu la vita per la portata azione a scendere e per i viventi fu la vita che vivevano una piaga .

Deuteronomio 7,1 - Così fu! L'esistenza dentro che c'era per l'originaria rettitudine del Signore Dio uscì essendo stata afflitta dal serpente entrato dalla terra della donna nel corpo con cui venne dentro il delitto nel mondo. La potenza nei corpi bruciò completamente la perversità che l'angelo (ribelle) accese col serpente che vi scorse e cambiò dentro ciò che era la vita. Dai viventi il soffio d'energia che c'era della rettitudine uscì, strappata via fu, ed entrò a scorrere il disordine che fu a recare nel mondo l'origine dell'amarezza. Essendo stata portata a uscire della rettitudine l'energia da miseri si portano per il mondo. La fecondità colpita fu e si aprirono le tombe ove condotti furono e il mondo fu profanato. Furono a stare in esilio per l'azione entrata a scorrere che aveva portato il cambiamento. Dagli abitanti fu la vita per la portata azione a scendere e per i viventi fu la vita che vivevano una piaga.

Deuteronomio 7,2 - Portò l'angelo (ribelle) un drago a esistere. Nel mondo fu ad uscire la maledizione essendo in tutte le persone ad essere stata arsa la rettitudine che c'era. L'integrità uscì, votati allo sterminio vennero i viventi. Del serpente entrò la piena oppressione nei corpi di tutti. Dentro i corpi fu completo portato il rifiuto, finì la grazia sui viventi.

Deuteronomio 7,3 - E del Potente venne da tutti strappata via l'energia dentro i viventi. Dentro tutti nella prigione finirono del drago che nei cuori la (propria) energia recò e dentro completo portò il rifiuto totale, riversò l'ammalarsi dentro che li guasta.

Deuteronomio 7,4 - Bruciante è il roveto venuto per la discendenza dei viventi in cui viene meno. Da fratello in un corpo fu a portarsi il Servo per riportare la divinità a rientrare a stare nei viventi e fratelli col corpo gli saranno i viventi portando a riaccendere l'originario soffio il Signore. Dentro la rettitudine nei viventi porterà a rientrare il Nome. Saranno per l'aiuto così i viventi rigenerati.

Deuteronomio 7,5 - La rettitudine sarà a ricominciare. La piaga uscirà da tutti. Agirà da fuoco che porterà il serpente a uscire dai viventi. Per i viventi nel sacrificio della croce sarà a entrare. Dai morti il Crocifisso su si riporterà. Al riportarsi i viventi si rialzeranno dentro integri e in tutti la risurrezione dentro i corpi portata riporterà l'originario fuoco. Per la forza nei corpi rientrata negli uomini riscorrerà la conoscenza e l'energia. Si riporterà il soffio a stare del Potente. Saranno a riuscire i morti risorti guariti e tra gli angeli abiteranno dell'Unico alla luce.

Deuteronomio 7,6 - La rettitudine spazzerà la putredine dell'essere impuro e la distruzione totale uscirà per il serpente che fu per la perversità maledetto. Sarà spento dalla rettitudine. L'elezione del Signore con la divinità a rientrare sarà in tutti. Dal mondo saranno condotti dal Crocifisso che accompagnerà al Potente i popoli. In possesso i viventi tutti gli rientreranno. Dei popoli saranno le centinaia dei risorti corpi innalzati, (tutte) le persone che furono ad uscire da Adamo nel mondo.

Deuteronomio 7,7 - Per il serpente dall'origine in amaro pianto vivono i viventi tutti nel mondo. Il suo agire nei viventi è stato nel midollo. Al fuoco che aveva versato il Signore dentro con la rettitudine ai viventi portata è stata dentro la distruzione. Pianti per le piaghe che furono a venire uscirono. In seno dell'amore tra i viventi da tutti uscì il sentimento nella vita che erano a vivere.

Deuteronomio 7,8 - Perché i viventi ama tutti il Signore di venire anelava per portarsi a salvarli. A vivere nel corpo si portò. Venne nel settimo (giorno della creazione) del mondo di una donna nel corpo. Un angelo luminoso a casa vide, che il Potente padre indicò sarebbe stato, sarebbe stata rettamente la madre che nel mondo avrebbe portato a scendere (il figlio). Al sia da primogenito il Signore venne. Con un retto la madre nella casa stava protetta. Di nascosto questi l'avrebbe versata fuori, ma gli fu parlato di aiutarla. Sugli steli in una casa fu al termine. Per servire fu tra i viventi. Della Madre fu in mano Il Verbo. Con il corpo videro nel mondo il Re i viventi; tra le loro angustie sarebbe vissuto.

Deuteronomio 7,9 - A recare fu la conoscenza a tutti che retto era (quando) fu a uscire per portarsi in campo aperto. Divina era la rettitudine in lui. Nel mondo Dio apriva. Era nei viventi che si aprivano al divino a entrare l'energia della fede. Illuminava ai viventi la mente. S'aprivano all'alleanza riportata ed rientravano nel misericordia del Potente. L'amore era a riportarsi e del Potente a osservare erano i comandamenti e rifiutavano del serpente il soffio impuro nei corpi.

Deuteronomio 7,10 - Riportava i viventi alla pace col Potente rinnovando quella che prima c'era. Alle migliaia energia era a recare con la potenza che gli usciva dal Padre. Era per l'essere impuro del serpente guai. Ai fratelli indicava del serpente l'odio portato, onde la maledizione nelle persone era stato a recare; era stato il delitto tra i viventi il serpente a recare.

Deuteronomio 7,11 - Portava l'osservanza a venire dei precetti che Lui indicava entrando nelle assemblee ove a riversarsi erano i viventi. Portava a venire della salvezza la parola. Nel cuore erano i viventi beati incontrando la rettitudine che c'era in (quel) vivente. Giù avrebbe portato la rettitudine ad uscire un giorno (quando) potente l'avrebbero visto risorto riportandosi dalla croce vivo.

Deuteronomio 7,12 - Ma all'aperto furono a uscire dei falsi che l'indicarono in nome di reati (av)venuti, (come) da norme fosse in vita uscito, maledizioni avrebbe recato al Nome. Su (quel) capo innocente portarono chi aveva sentito e l'integrità ne vennero a strappar via. Un ribelle dalla perversità del maledetto tutto afflitto l'indicò (come) uscito dall'alleanza. E venne a entrare in prigione nei ceppi. Prima aveva illuminato la mente degli apostoli che risorto a casa in alto dal Padre pur crocifisso sarebbe stato per la rettitudine.

Deuteronomio 7,13 - E l'amore che gli ardeva dentro al corpo con la rettitudine avrebbe portato ad uscire per le moltitudini quel retto e la benedizione da frutto sarebbe stato da dentro il cuore inviata. Così avrebbe recato frutto l'uomo crocifisso. La rettitudine d'aiuto scorrerà dall'ucciso e del Crocifisso sarà il corpo risorto per la rettitudine che recava. Sarà a rialzarsi rigenerato per la rettitudine che lo risorgerà. Stranieri a migliaia saranno così portati a sentire della risurrezione del Crocifisso. Il corpo del Crocifisso rialzatosi incontreranno. Quel retto innalzerà gli uomini per entrare tra i beati tra gli angeli nel settimo (giorno). Il Potente, padre del Crocifisso, lo sarà di tutti. Alla fine col Crocifisso cammineranno.

Deuteronomio 7,14 - Benedetti per il Crocifisso usciranno ad essere nel mondo i viventi. Tutti i popoli saranno nella pienezza. Di IH(WH) saranno ad entrare nella casa da retti. Vi si vedranno riversati con i corpi avendo sradicato la perversità da dentro della bestiale oppressione.

Deuteronomio 7,15 - E allontanerà il Signore dai viventi le piaghe con tutte le malattie portate dalla vergogna dell'essere impuro che era a vivere giù nei corpi. Saranno i viventi ripartoriti. Si vedranno stare a vivere tra i beati. Sarà bloccato il tempo, col Potente gli uomini staranno a vivere. Vivo dentro ad ardere porterà l'angelo (ribelle) col drago che nei viventi abitava; tutti bruceranno per l'energia dell'Unico che è la rettitudine.

Deuteronomio 7,16 - Porterà all'Unico tutti il Crocifisso. Verrà con la sposa. Si vedranno vivi riessere le centinai con i risorti corpi. Col Signore volando dal Potente ad entrare saranno con la rettitudine dono del Potente. Tutti verranno perdonati. La sorgente di rettitudine da Dio sarà a uscire per i viventi. Avrà reciso venendo da servo dal primo all'ultimo il maledetto che era entrato nei viventi con la rettitudine sarà ai viventi a recare, ne avrà rovesciata con la risurrezione la perversità che originò nel cammino.

Deuteronomio 7,17 - Così sarà alla fine! L'Unico vivrà in un corpo. Dentro il cuore di un primogenito abiterà. Sarà da madre a uscire in cammino. Si porterà per stare con i viventi. Nel mondo Dio entrerà a vivere. La vita angelica sarà dell'Unico a stare con la rettitudine nel mondo desiderando che da tutti il serpente esca recando nei corpi la forza della risurrezione per rivivere.

Deuteronomio 7,18 - Il Potente verrà per essere visto dai viventi del mondo. I viventi il colpito agnello Crocifisso ricorderanno. Ne venne per primo risorto il corpo. Vedranno il Risorto uscire. Il Signore Dio del mondo era. Tutti il Verbo da compagni porterà al Potente. Tutti in seno nel corpo saranno a vivergli.

Deuteronomio 7,19 - Entreranno i viventi dal foro nel Crocifisso aperto. Glorioso il Crocifisso, quel primo che risorse, col corpo si rivedrà. Si porteranno alla sorgente da cui fu la rettitudine recata. Nell'apertura verranno tutti a portarsi. Entreranno i viventi nel Verbo. Tutti saranno i viventi a portarsi dall'apertura. Sarà la porta per entrare. Si chiuderanno nella ferita che un malvagio gli aprì. Con energia nel cuore un'asta fu a entrargli. La moglie col corpo dal mondo porterà su all'Unico. Tra i retti con il Signore Dio entreranno a stare così. Con la rettitudine l'angelo (ribelle) avrà spazzato col fuoco dall'esistenza e uscirà la maledizione che c'era per tutti. Tutti del mondo i popoli saranno a vivere felici. Verranno a stare alla vista da vivi del Verbo; (quali) angeli del mondo saranno i viventi.

Deuteronomio 7,20 - Porterà in cammino i viventi a venire su. Il male uscito sarà per la risurrezione. Il vigore del Signore il maledetto sarà stato a spegnere. I viventi dall'Eterno Padre aiuterà ad entrare. All'angelo (ribelle) la distruzione nei corpi sarà stata nei viventi recata. Uscirà il nascosto mare di viventi che nella persona stavano (di quel) retto.

Deuteronomio 7,21 - Del Potente verranno alla vista con i corpi su. Vivi dal Verbo da angeli saranno a uscire dalla piaga che c'è nel Signore. Per la divinità che entrata sarà stata per la rettitudine al mattino (dell'8° giorno, la domenica eterna) a casa retti da Dio nella gloria li condurrà; (Dio) con gli angeli si porterà alla vista.

Deuteronomio 7,22 - Avendo portato l'angelo (ribelle) il delitto ci sarà una calamità per quel maledetto che sarà afflitto alla fine del mondo. A scappare lo porterà, sarà dai viventi ad uscire. Dio a vivere in una persona sarà con la rettitudine in seno. Sul cuore dei viventi agirà. Per l'amore il rifiuto finirà. La rettitudine del Potente tutti integri i viventi rigenererà. Il Verbo invierà alla fine le moltitudini del mondo dall'Altissimo essendo retti. Dalla vita alla fine del mondo il demonio uscirà.

Deuteronomio 7,23 - Porterà in dono i viventi il Signore a Dio. Del mondo saranno tutte le persone a essere rette. E uscirà dalla vita dei viventi lo spavento grande. Nel mondo dall'Eterno gli uscirà la distruzione dalla vita.

Deuteronomio 7,24 - Porterà in dono nel Regno a stare del mondo i viventi. Della casa saranno alla porta dei retti condotti a entrare dal Padre. La legge divina dell'Unico il Crocifisso avrà acceso nei viventi. Vivi dai morti li strapperà via. In cielo col Potente Unico staranno. Alla fine saranno su ad abitare gli uomini nella casa del Verbo (che come) angeli saranno retti. Nell'eternità dal mondo col Nome i viventi dalla polvere verranno a vivere.

Deuteronomio 7,25 - Col Verbo dal foro saranno dal Potente. Staranno con Dio nell'esistenza, dai morti risorti, guariti portati degli angeli alla casa. Dall'Unigenito un fuoco potente verrà' nei viventi. Con l'aiuto della rettitudine li riempirà. Il Verbo li porterà nella ferita ad entrare, a casa dell'Altissimo usciranno i viventi e del Potente li verserà nell'assemblea. Alla fine in cammino le persone il Crocifisso condurrà a versare. Dallo stare in esilio li riporterà; così sarà l'abominio dal Signore Dio nel mondo spento, riportandoli all'origine.

Deuteronomio 7,26 - Avendo portato il rifiuto a finire ad abitare staranno con l'Unico. Il Crocifisso li porterà a vederlo a casa dal mondo. Dell'Unico il cuore era per tutti ad ardere. Saranno dal Crocifisso i nascosti con i corpi dalla piaga vivi a uscirgli e i risorti verserà su tutti il Risorto. La fine all'angelo (ribelle) porterà.

L'aveva in abominio, perché era votato allo sterminio. Chi avrà letto questo risultato ottenuto dalla decriptazione di quella pagina si sarà potuto rendere conto che viene ripagata ogni attesa e il contenuto costituisce è un protovangelo sul Cristo. Ama tutti gli uomini e va riprendere i perduti come il pastore va alla ricerca della pecora perduta. Per ritrovare l'amore dell'anima sua, addirittura, ha abbandonato i cieli, si è fatto uomo ed è venuto in terra per portare la salvezza.

SALMO 149 - DECRIPTAZIONE
Nello sviluppare i pensieri esposti nel presente articolo mi sono imbattuto nel Salmo 149 che è il penultimo del Salterio ed è definito un inno escatologico.
Questo Salmo fa chiaramente comprendere che Dio sviluppa il suo piano di salvezza in cui ruolo fondamentale ha chi ha scelto per il suo popolo, Israele, suo profeta tra le nazioni per farle interrogare ed annunciarlo, popolo che è chiamato a gioire nel suo creatore.
Il suo popolo sono i figli di Sion che egli ama come il Salmo dice al versetto 4.
Il pensiero va subito alla "Vergine figlia di Sion" di 2Re 19,21 e al figlio di tale Vergine che i Vangeli annunciano in Gesù che crea il popolo nuovo gradito al Padre nei cieli.
Ecco che così, pensando di trovarvi un testo messianico come, di fatto, ho trovato, è nato il primo spunto per sondare questo Salmo per decriptazione con le mie regole in questo mio Sito.

Come ci si rende conto dalla lettura della decriptazione che il testo ottenuto presenta la nascita del Cristo con toni e cenni che si ritrovano nei Vangeli dell'infanzia di Gesù, con gli angeli che cantano "Gloria" e "Alleluia".
Il testo C.E.I. del Salmo è il seguente.

Salmo 149,1 - Alleluia. Cantate al Signore un canto nuovo; la sua lode nell'assemblea dei fedeli.

Salmo 149,2 - Gioisca Israele nel suo creatore, esultino nel loro re i figli di Sion.

Salmo 149,3 - Lodino il suo nome con danze, con tamburelli e cetre gli cantino inni.

Salmo 149,4 - Il Signore ama il suo popolo, incorona i poveri di vittoria.

Salmo 149,5 - Esultino i fedeli nella gloria, facciano festa sui loro giacigli.

Salmo 149,6 - Le lodi di Dio sulla loro bocca e la spada a due tagli nelle loro mani,

Salmo 149,7 - per compiere la vendetta fra le nazioni e punire i popoli,

Salmo 149,8 - per stringere in catene i loro sovrani, i loro nobili in ceppi di ferro,

Salmo 149,9 - per eseguire su di loro la sentenza già scritta. Questo è un onore per tutti i suoi fedeli. Alleluia.

Anche del primo versetto di questo Salmo fornisco la decriptazione giustificata e poi presento il risultato dell'intero Salmo - 9 verdetti - tutto di seguito.

Salmo 149,1 - Alleluia. Cantate al Signore un canto nuovo; la sua lode nell'assemblea dei fedeli.




Salmo 149,1 - Alleluia ! Alla luce s'è con il corpo portato il Potente . È al mondo a recarsi per aprire la luce . S'è in un corpo chiuso per aiutare . La risurrezione alla fine uscirà dal Potente per tutti e da dentro rovescerà dal mondo il serpente che vi si nascose . La pienezza ci risarà a sufficienza per i viventi .

Salmo 149,1 - Alleluia! Alla luce s'è con il corpo portato il Potente. È al mondo a recarsi per aprire la luce. S'è in un corpo chiuso per aiutare. La risurrezione alla fine uscirà dal Potente per tutti e da dentro rovescerà dal mondo il serpente che vi si nascose. La pienezza ci risarà a sufficienza per i viventi.

Salmo 149,2 - C'è la risurrezione nelle midolla di colui che è il principe di Dio. Sulla casa si vide una luce ove era a portarsi il figlio che è sceso dalla colomba (Spirito Santo). Ci furono gli angeli che furono dal Potente portati sulla casa del Re dei viventi.

Salmo 149,3 - Furono le lodi a portargli. Per illuminare i viventi si portarono sulla casa. Ai viventi l'annunciavano. Per il Potente la casa indicavano dove il Verbo si portava. La rettitudine degli angeli si portava in un corpo. Fu questi dai viventi con il corpo a portarsi per accompagnarli.

Salmo 149,4 - La rettitudine era in un corpo recata giù nel mondo dal Signore. Alla vista dei viventi si portava bello in un primogenito nel corpo. Con i poveri abitò Gesù.

Salmo 149,5 - Fu dall'alto Questi a portarsi di nascosto, ad avvolgersi fu di un corpo, fu a vivere in una famiglia. Con "i Gloria" hanno fatto festa in alto. Salverà con la rettitudine che dentro reca alla fine tutti i viventi.

Salmo 149,6 - Il corpo portarono i viventi a morire. La divinità da dentro scorse dal corpo per recare energia ai viventi. Per un'asta nel chiuso del corpo dentro una bocca ci fu nel Verbo. Fu portato dal Crocifisso da dentro con forza il sangue.

Salmo 149,7 - La potenza agirà nei simili. Da tutti l'angelo (ribelle) si rovescerà dai viventi. Uscirà da dentro. In cammino riporterà chi era morto e la rettitudine a racchiudere porterà a tutti. Dentro del Potente l'originaria vita saranno a vivere.

Salmo 149,8 - La potenza delle origini riempirà i corpi. Il Regno sarà ad aprirsi per i viventi ove dentro versati saranno per vivervi, ma l'angelo (ribelle), spento, battuto sarà. Uscirà dalla vita tra i pianti nel nulla da dentro i corpi per i colpi del Potente.

Salmo 149,9 - Dal Potente si vedranno i risorti condotti per la fine del bestiale. Salvati dal Verbo ber amore per la rettitudine dal Crocifisso portata. Dal mondo le generazioni a uscire porterà. A Dio la sposa a Lui fedele condurrà. Alleluia!

a.contipuorger@gmail.com

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