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CONOSCERE IL PADRE
di Alessandro Conti Puorger

FIGLI O CREATURE DI DIO?
Ogni uomo a qualunque razza, popolo, lingua, appartenga, ateo o religioso è ben coscio che, alla stregua degli animali e delle piante, non s'è fatto da solo e si dibatte nel dilemma d'essere frutto di creazione o di sviluppi insiti nella materia che, pur se pare assurdo, allora sarebbe eterna, soggetta a leggi automatiche di sviluppo e di annichilimento con cicli auto-determinantisi e autorigenerantisi.
Per contro l'uomo ha un intelletto che gli fa valutare in modo critico la propria esistenza e le proprie capacità ed è uso a ricercare le cause degli effetti.
Un Dio creatore, perciò, è un pensiero che l'uomo s'è posto, pur se con la sola ragione non se ne può facilmente dimostrare la verità, ma nemmeno può essere confutata da chi dice d'essere ateo.
L'uomo, infatti, può tentare di provare l'esistenza di Dio con percorsi filosofici e logici, ma non può arrivare alla Sua conoscenza con il solo intelletto, perché se si devono investigare altre dimensioni, e se queste esistessero, occorrerebbe usare, altre doti, non note in quanto, allora, l'uomo stesso non sarebbe solo carne razionale che da sola non può dirci nulla oltre la propria sfera.
Del resto sull'esistenza Dio anche gli atei più radicali sono colpiti da scintille di dubbi e accade che molti uomini ritengono d'essere creatura tra le creature e altri ancora, grazie a particolari ricettori ritenuti attivatisi, reputano d'essere un gradino più in alto rispetto a quelle.
Sta che Dio, se esistesse, sarebbe conoscibile da parte dell'uomo solo se Egli stesso gli si rivelasse, il che avverrebbe quando l'uomo non si rifiutasse di cercarlo e se avvenisse solo nell'incontro quei ricettori particolari dell'uomo diverrebbero attivi.
Pare proprio che Il Creatore stesso abbia fatto ciò con alcuni nel passato e continua a farlo nel presente, infatti, molti sono quelli che sostengono di aver avuto un'esperienza spirituale e ricevuto un nuovo spirito.
Al riguardo, in questi suscitano adesione le vibranti parole di San Paolo apostolo della lettera ai Romani quando vi attesta: "Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre! Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo." (Romani 8,14-17)

Nel Nuovo Testamento sussiste poi un distinguo tra "creatura" e "nuova creatura" (Romani 5,17 e Galati 6,15), tra "figlio di Dio" e il "Figlio di Dio, l'Unigenito del Padre" e tra i "figli adottivi", i "coeredi di Cristo".

Il "prologo" del Vangelo di Giovanni nei riguardi del Verbo, il Cristo, il Messia, che per i cristiani s'è fatto carne oltre XX secoli orsono in Gesù di Nazaret, propone: "Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati." (Giovanni 1,11-13)

Il che assevera che solo attraverso il Verbo si diventa figli di Dio e che Questi è venuto tra gli uomini concretamente in un corpo di carne in un ben determinato tempo dando luogo alla nascita della Chiesa, la Sua Sposa, che tramite il sacramento del battesimo perdona dal "peccato originale" e fa divenire il catecumeno, cioè chi ascolta, "nuova creatura" e "figlio adottivo" di Dio.
Pare lecito poter convenire che "figli di Dio", sia pure adottivi, tramite i meriti di Cristo fattosi uomo e morto per noi, sono coloro che desiderano, riconoscono e accolgono l'amore di Dio manifestato in Cristo Gesù, il quale è il solo giudice che deciderà se un tale desiderio o adesione da parte di un uomo ci sia stato.
Nel giudizio finale comunque Cristo stesso si manifesterà a ogni vivente e ciascuno si troverà davanti al giudizio di Dio.

Il Battesimo che ridona l'originaria "verginità" dal peccato originale che separa ogni uomo da Dio non è un atto magico, ma l'impegno di un'alleanza efficace del Padre celeste con lui che la Chiesa in nome di Gesù Cristo fornisce e identifica già quaggiù come figlio adottivi e fratello di Cristo.
È questo però il primo atto di un cammino da iniziare, cammino che dura tutta la vita, lungo cui si rivela la grazia del Signore e pacifica l'esistenza in previsione dell'incontro finale con lui.
Che ne è allora dei non battezzati?
Su di loro decide sempre l'unico giudice Gesù Cristo che si farà conoscere direttamente e condurrà con ciascun individuo una storia, in questa vita o dopo, inventandosi, dove, come e quando.
È certo però che ognuno sarà tentato come Adamo, con le stesse tentazioni avute da Gesù Cristo e sarà chiamato a fare un cammino con lui.
Nessuno, però, è escluso dalla misericordia di Dio e nessuno è escluso dal poter entrare a lavorare nel Regno di Dio, ma il poterlo fare presto è già di per sé un grande regalo; in effetti, chi ha ricevuto la chiamata al battesimo, prototipo del cammino che occorre per semplificarsi e accogliere la proposta di Cristo e del Suo Spirito, ha avuto un'opportunità anticipata che è bene per lui non lasciarsi fuggire per entrare nella gloria e nella lode del suo vero Padre.
Ecco perché è bene ed efficace portare la buona notizia del Vangelo di Cristo.

Intendo approfondire questi argomenti alla luce di una lettura meditata di quanto nelle Sacre Scritture, attingendo anche alla fonte diretta del testo ebraico accolto integralmente dalla Bibbia cristiana.
Nel far ciò m'aiuterò di quanto ha prodotto la mia ricerca su quei testi i cui risultati ho riportato in questo mio Sito ed in particolare del mio metodo di lettura di parole e testi di cui in "Parlano le lettere" e dei significati di icona delle singole lettere ebraiche di cui alle singole schede nella colonna a destra della "home" di questo Sito.

Altro punto da non sottovalutare è che il Vangelo di Luca assevera senza mezzi termini e in modo che non lascia dubbi di sorta con la genealogia di Gesù che questi solo "come si riteneva" (Luca 3,23) era figlio di Giuseppe, sposo di Maria, e che Giuseppe era "...figlio di Adamo, figlio di Dio" (Luca 3,38)

Per il cristianesimo Cristo è Dio, precisamente il Figlio Unigenito di Dio, la seconda persona della SS Trinità e come uomo non è figlio di Dio perché figlio di Giuseppe sposo di Maria, ma perché figlio di Maria e dello Spirito Santo.

Il Vangelo di Giovanni poi propone "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità". (Giovanni 2,14)

V'è, quindi, un netto distinguo tra il Verbo, Unigenito del Padre, e la creatura Adamo che pure è "figlio di Dio" reso tale per il modo speciale con cui fu creato.
Tutti gli uomini, allora, sono figli di Dio visto che nascono tutti da Adamo che è riconosciuto dal Vangelo di Luca essere figlio di Dio?
Perché si parla di figli adottivi in Romani 5,15 e Efesini 1,5?
Intendo approfondire ciò nei paragrafi che seguono.

IL PRIMO UOMO, FIGLIO DI DIO
Il libro della Genesi, il "Ber'eshit", la prima parte del rotolo della Torah o Legge, testo origine e fondamento delle Sacre Scritture giudeo-cristiane, della Tenak ebraica e della Bibbia cristiana, sin dalle prime pagine propone che Dio ha voluto l'uomo "'Adam" come l'eccellenza del proprio operare creando proprio questi quale chiave di volta del regno minerale, vegetale e animale.

Il racconto si sviluppa in 31 versetti e 31 è il valore somma delle lettere ebraiche di Dio "'el" = ( = 30) + ( = 1) = 31.

Tutti i versetti, salvo il primo che inizia con la lettera "bet" di "Ber'eshit", cominciano con la lettera ebraica "waw" che in pratica è un bastone, un collegamento, come a significare che tutti gli eventi narrati da quel capitolo sono atti strettamente conseguenti per arrivare al risultato finale che è proprio l'uomo.
"'Adam " è veramente il vertice della creazione; insomma, il mondo è stato creato per l'umanità.

Il testo al capitolo 1 nel presentare quello che è definito il primo racconto della creazione fa, infatti, intravedere per "'Adam" un distinguo di comportamento da parte di Dio nel momento iniziale dell'uomo rispetto alle altre creature.

Il Talmud in Bereshit Rabbà VIII 5 fa notare che in tale racconto al termine di ogni atto creativo è detto "Dio vide che era cosa buona", ma a conclusione del sesto giorno, in cui fu creato l'uomo, versetto 31, è scritto che la cosa fu "molto buona" e "molto" ha le lettere "m'od" sono le stesse "mem" = , alef , dalet con cui è scritto 'Adam il nome del primo uomo.

Questo essere, l'uomo, maschio e femmina, fu deciso e realizzato da Dio in modo particolare a suo "modello", come traducono gli ebrei quella che noi chiamiamo "immagine".
Il testo al capitolo 1 nel presentare quello che è definito il primo racconto della creazione fa, infatti, intravedere per l'uomo un qualcosa di particolare rispetto alla creazione delle altre creature:
  • Genesi 1,26 - "Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza..."
  • Genesi 1,27 - "Dio creò l'uomo a sua immagine; immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò."
Qui, il Dio è Genesi 1,27 "'Elohim" , una forma plurale di "'el" come pare attestare la finale di parola plurale e come i traduttori poi fanno intendere di recepire col declinare al plurale il verbo fare con quel "facciamo".
"'Elohim" perciò è da considerare essere il nome dell'assemblea celeste di IHWH detti dei o divini, gli angeli più importanti.

Sono questi da ritenere essere il consiglio della corona presieduto dal Re stesso IHWH come in un regno terreno, alla stregua che vi fossero vari ministeri ad esempio della giustizia, della grazia o misericordia con i vari esperti e consiglieri capi delle schiere angeliche e, tra questi, senz'altro c'era anche Satana come suggerisce il libro di Giobbe 1,6-12 e 2,1-7.

È stato commentato nell'ebraismo che Dio nel creare s'è comportato proprio come avrebbe fatto un re di carne e di sangue che prima avrebbe costruito un palazzo, poi l'avrebbe abbellito con ogni decorazione e solo dopo avrebbe invitato i suoi ospiti, nella fattispecie la prima coppia umana "'adam".
Per contro nel trattato Sanhedrin 38 a-b del Talmud i rabbini per non far inorgoglire Adamo dicono che fu creato alla vigilia del Sabato della creazione, dopo tutte le altre creature, perché i pagani non avessero a dire che l'uomo aveva collaborato con Dio alla creazione del mondo e perché, quando l'uomo s'inorgoglisce abbia a tener presente che il lombrico della terra, l'infimo degli animali, l'ha preceduto.
Dal punto di vista terreno questo Adamo, la prima coppia, non aveva né padre né madre e parlando in termini umani è giusto considerarlo "figlio di Dio" come del resto autorevolmente conclude il Vangelo di Luca quando presenta la genealogia di Gesù "...figlio di Adamo, figlio di Dio." (Luca 3.38)

Il testo di Genesi 1 con quel plurale di Dio pare non temere di poter far incorrere nell'errore di pensare che vi siano più dei e non un solo Dio.

In Bereshit Rabbà Rabbì Shemuel ben Nahman, in nome di Rabbì Jonatan diceva: "Quando Moshé scriveva la Torah, arrivò al versetto in cui è detto 'facciamo l'uomo'; si rivolse allora a Dio dicendo 'Padrone del Mondo, perché dai pretesto agli eretici?' e Dio Scrivi, Moshé, e chi vuol sbagliare sbagli".

Ovviamente tra questi eretici, secondo il Talmud, sarebbero da annoverare anche quelli della setta dei cristiani con la loro fede nella SS. Trinità; "Il rabbino Meir chiama i libri dei Minim Aven Gilaion (volumi iniqui) perché li chiamano Vangeli". (Schabbath 116a)

Rabbì Shlomò ben Itzchac nel suo commento alla Torah in Bereshit Rabbà VIII, 8, dice: "È vero che qualcuno leggendo 'facciamo l'uomo' potrà pensare che vi siano state molteplici divinità creatrici, ma, consultandosi con gli angeli Dio voleva insegnare qualcosa di molto importante, la virtù della modestia. Dio stesso, infatti, a rischio di indurre in errore ha preferito esprimersi così per insegnare che il più grande deve domandare il parere del più piccolo prima di imporgli un capo. L'insegnamento morale precede e prevale anche sull'insegnamento teologico".

Quel dire "Facciamo l'uomo" fa intuire che nel portare alla luce l'uomo fu una decisione di tutta la Provvidenza Divina.
Per i cristiani ovviamente tutta la SS. Trinità era consenziente.

Fu comunque chiesto il parere dei consiglieri della corona (Midrash Tankhuma' Shemot 18 - Talmud Sanhedrin 18b) e dicono che il Nome, "Hashem" (modo per ricordare Dio per evitare, leggendo, di pronunciare il Tetragramma Sacro ineffabile IHWH) facendo così insegnò che bisogna sempre consultare altre persone prima di intraprendere grandi opere, e Adamo era veramente la finalità ultima di tutta la creazione che aveva intrapreso il Consiglio della Corona.

Nella tradizione rabbinica si parla però dell'opposizione alla creazione dell'uomo da parte di vari angeli, tra cui ci fu certamente Lucifero.

A proposito di tale ipotetica discussione tra alcuni angeli e il Signore si legge nel Talmud che Rabbì Shimon diceva: «Quando il Santo, benedetto egli sia, s'accinse a creare l'uomo, gli angeli del servizio divino si divisero in schiere. Alcuni dicevano "Si crei", altri dicevano "Non si crei". Com'è scritto "La misericordia e la verità si incontrarono, e la carità e la pace si baciarono." (Salmo 85,11) La misericordia diceva, "Si crei, perché sarà misericordioso." La verità diceva, "Non si crei, perché sarà tutto falsità." La carità diceva "Si crei, perché è destinato a fare opere di bene." La pace diceva "Non si crei, perché sarà tutto liti." Allora che cosa fece il Santo, benedetto egli sia? Prese la verità e la gettò a terra. Gli angeli del servizio divino dissero al Santo, benedetto egli sia: Ma tu disprezzi il tuo stesso sigillo (La verità è il Sigillo di Dio). Si rialzi la verità dalla terra com'è detto Germogli la verità dalla terra (Salmo 85,12).»

Quel "Prese la verità e la gettò a terra" del suddetto "midrash" m'ha fatto pensare alla parola ebraica usata per verità "'oemoet" ed effettivamente secondo i Vangeli Gesù è la verità , "l'Unigenito un uomo " e fu mandato in terra, perché un uomo veramente integro finalmente ci fosse e meritasse per tutti.

Rabbì Hunàh, in Bereshit Rabbà VIII, 5, conclude: "...mentre gli angeli erano occupati a discutere tra loro il Santo, benedetto egli sia... si rivolse a loro e disse: Di che cosa discutete, l'uomo è già stato creato".

Da qui il mio "midrash" "Tempo-eternità".
Il Maimonide, ossia Rabbi Moshe ben Maimon detto Rambam, nel XII secolo Nella sua Guida ai Perplessi, cap. I pp. 1-2, nega che Dio possa avere una forma corporea simile a quella dell'uomo ed è sua opinione che immagine "tselem", modello per gli ebrei, e somiglianza "demut", si riferiscono alle capacità intellettuali dell'uomo.
L'idea cristiana invece e che quella è proprio profezia dell'incarnazione di Dio stesso nel Messia, Gesù di Nazaret, che a immagine "tselem" "scenderà dal Potente tra i viventi " e per "demut" il suo "sangue porterà dalla croce ".

Vediamo ora come il capitolo Genesi 2 al versetto 7 descrive la creazione dell'uomo: "il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente."

Quel plasmò li usato è Ove è il radicale classico del verbo ebraico usato per i vasai che modellano la creta.
Dio creò la prima coppia di umani, l'uomo, l'Adam , facendola allegoricamente con le proprie mani come un vasaio terreno avrebbe prodotto un vaso di terracotta, prendendo polvere della terra impastata con acqua e la cosse col fuoco del suo Spirito Santo, acqua "maim" e fuoco "'esh" che tratteggiano proprio a dire che l'origine dell'uomo è il cielo "shemaim" .

A tale situazione fanno riferimento le parole di San Paolo quando dice: "E Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo. Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi." (2Corinzi 4,6.7)

Il fatto che Dio pose in "'Adam" il suo Santo Spirito s'evince così da quel testo:
  • "soffiò nelle sue narici" "ippach be'appaim" ove si vedono graficamente le bocche di Dio e dell'uomo; infatti, Dio fu con la bocca a chiudere dentro le narici di lui , che cosa?
  • "un alito di vita" "nishmat chaiim" e è "alito, soffio, respiro" e anche "spirito".
Per vita è usato un termine "chaiim" che suggerisce e fa pensare a un plurale duale di vita "chai" , quasi a far intuire la possibilità di una vita doppia, quindi implicherebbe la risurrezione.
Le lettere di "nishmat" poi dicono "con l'energia del Nome (di Dio) lo segnò ", ossia in "'Adam" c'è l'energia inalienabile di Dio che solo Lui può togliere o sospendere "l'energia per risorgere dai morti ."

Questo soffio di Dio è il suo Spirito, il "ruach" che nell'uomo nel "corpo portò a chiudere " ed essendo Dio "Santo" (Levitico 11,44.45; 19,1; 20,26; 21,8) "qadosh" nella coppia "'Adam" essendoci la "nishmat" c'è lo Spirito Santo, ossia l'energia di Dio che oltre che terrestre lo rende celeste, onde quel "'Adam" cammina sulla terra, ma la sua energia viene dal cielo.

"e l'uomo divenne un essere vivente" ossia "vaihi ha'adam lenoefoesh chaiiah" così nell'uomo ci fu il "noefoesh" , il respiro detto anima, manifestazione di una vita nella carne "energia che la bocca accende " il respiro caldo che manifesta un essere vivente che però hanno anche gli animali.

È, quindi, l'uomo, lo "'Adam " primigenio, un essere particolare, diverso dagli animali; il testo, infatti, pone proprio in evidenza che nell'uomo oltre al respiro c'è proprio il soffio divino che gli animali non hanno.
"'Adam " ha due anime, l'animale e quella propria del Nome di Dio onde l'uomo è creatura per il "noefoesh" e figlio di Dio se conserva la "nishmat".

Il grande amore di Dio aveva superato ogni umana ragionevolezza affidando a tale essere che aveva voluto con la propria stessa prerogativa, la libertà.
Del resto se non gliela avesse concessa la libertà Dio non avrebbe potuto asserire che "'Adam" era a sua immagine o modello.
Dio unì in matrimonio i due, il maschio e la femmina, alla sua presenza.
Un patto a tre (Genesi 2,21-24), non un patto solo tra i due come si fa in generale nel mondo, ma a tre i due tra loro e Dio stesso prima sintesi perfetta di amore per Dio e per l'altro, la colonna dell'esistenza.
La discendenza di quella prima coppia sarebbe stata una progenie santa che si sarebbe moltiplicata in tutta la terra.
Quell'alleanza fu rotta dalla coppia "'Adam", tentata da una figura angelica che prese la forma di serpente, evidentemente contraria al disegno del Creatore, e divenne intollerante e non riconobbe più Dio come proprio padre, perché, aderendo al suggerito dal serpente, ritenne che Dio non lo amasse.

Come il figliol prodigo della parabola in Luca 15,11-32, "'Adam" pretese la propria autonomia e il Padre pur sapendo cosa sarebbe capitato al figlio non volle opporsi alla sua decisione proprio per la condizione di essere libero che intendeva creare, ma si pose in vigilante attesa per soccorrerlo alla bisogna.

La decisione dell'uomo di fare a meno di Dio fu sancita da quella coppia col mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male che le era stato comandato, come fa un didascalo col discepolo, di non mangiare per non morire; infatti, non si può fare un'unica cosa di tutto , ma occorre distinguere prima di ingurgitare, altrimenti si rischia la morte.
Dio maledisse il serpente (Genesi 3,14) e profetizzò: "Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno". (Genesi 3,15)
Il verbo usato è dallo stesso radicale Ove = che è in Giobbe 9,17 e nel Salmo 130,11 e sta per "attaccherà, insidierà".

Si delinea così la presenza di due stirpi, una del serpente e una della "donna" futura, che certo non è Eva, da cui nascerà una nuova stirpe, in quanto i verbi sono al futuro, la stirpe che schiaccerà il serpente.
Pare sia da concludere che la stirpe di Adamo di fatto è da annoverare in quella del serpente finché verrà la nuova Eva, il che dovrebbe essere chiaro che la figliolanza con Dio di fatto era stata persa.
Nella profezia non si parla di uomo che contribuisca all'evento, cioè la stirpe nuova verrà tutta da una Donna, e il pensiero va a quel "Come è possibile? Non conosco uomo" (Luca 1,34) che poi dirà Maria di Nazaret.
Questa Donna, si scopre con i Vangeli, sarà Madre del Messia e Madre di tutti i coeredi di Cristo.
Dio, oltre alle pene giornaliere, a risultato della loro scelta palesò alla donna e all'uomo l'evento della morte: "...tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!" (Genesi 3,19)

L'uomo era stato posto da Dio nel Giardino Terrestre, il Gan Eden, luogo riservato in cui ricevere da Dio l'insegnamento che l'avrebbe portato al pieno discernimento, in definitiva una scuola di vita.
Dio dovette aprirgli cioè la porta di casa e lasciarlo libero in Genesi 3,22-23): "Il Signore Dio disse allora: Ecco l'uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva sempre! Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto."

Là, al centro del giardino, come riferisce Genesi 2,9, c'era anche "l'albero della vita" "e'tz hachaiim" e, quando abbiamo parlato in Genesi 2,7 dello "alito di vita" "nishmat chaiim" e soffiato da Dio nell'uomo abbiamo notato che quel fa pensare a un plurale duale di vita "chai" quasi a far intuire la possibilità di un rinnovamento, di un duplicarsi all'occorrenza della vita.
Il mangiare di quell'albero di cui non era proibito avrebbe fornito alla coppia "'Adam" la possibilità di un'altra vita, quindi, le garantiva l'eternità, onde se mangiato dall'uomo nel peccato avrebbe sancito la perenne divisione dell'uomo da Dio, ossia dal Padre e questo non lo voleva permettere per amore del figlio che aveva creato. Si può smettere di amare un figlio?

Si trova nel libro del profeta Isaia 49,14-16: "Sion ha detto: Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato. Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato, le tue mura sono sempre davanti a me."

Il Signore, preso atto dell'intromissione straniera a Lui ribelle, non poté scegliere di buttare il bambino con l'acqua sporca e scelse la via della pazienza.
Lo Spirito Santo, ospite dolce dell'anima, che Dio Padre aveva posto nell'uomo, per non restare inquinato, s'era allontanato perché era entrato nel cuore uno spirito maligno con i suoi peccati, i sette spiriti compagni.
Dio però non restò impotente, scelse la misericordia nei confronti dell'uomo e l'intransigenza per l'angelo ribelle che aveva provocato la ribellione, la prigionia e la schiavitù dell'uomo e usò il tempo come medicina.
L'angelo ribelle non avrebbe preso più energia da Dio, perciò avrebbe avuto vita limitata, infatti, l'unica fonte di vita poteva trovarla ormai solo negli uomini e negli animali da cui, come una pianta parassita, avrebbe attinto alla loro limitata energia del "noefoesh" .

A questo punto il "nofoesh" per la presenza dell'angelo superbo assume anche un altro aspetto, come suggeriscono le lettere, se si legge come + ove in Giobbe 35,15 è tradotto in vari modo sia come superbo, arrogante, insolente, iniquità, delitto, quindi, "energia del superbo ".
L'unico modo che avrebbe provocato la fine dello spirito ribelle nell'uomo, perciò, sarebbe stata la morte dell'uomo stesso.
Secondo la giustizia occorreva che l'uomo morisse, ma non per sempre.
Per la misericordia doveva invece vivere se si fosse pentito e occorreva che vi fosse chiara la richiesta di perdono da parte dell'uomo.
Nel contempo, per soddisfare la giustizia, occorreva una pena di riparazione.
Il Signore avrebbe preparato una storia di salvezza che per svolgersi avrebbe comportato un tempo.
Perché l'uomo non potesse più rimanere per sempre aggredito dall'essere parassita occorreva congelare la situazione, raccogliere il soffio vitale dell'uomo al suo morire, conservarlo da Dio nello "She'ol" per poi risorgerlo quando, alla pienezza dei tempi, si fosse realizzata la condizione che un primo uomo meritasse la risurrezione.
Questo "She'ol" perciò è una situazione di sospensione della vita in attesa dell'evento divino della risurrezione finale; infatti, le lettere di "She'ol" suggeriscono il pensiero che è quella la condizione di chi "la resurrezione desidera - aspira () del Potente ".

I FIGLI DI ADAMO
I progenitori, uscirono dal giardino dell'Eden e dalla protezione del Signore rifiutata con l'aderire a pensieri malevoli su di Lui suggeriti dal famoso serpente "nachash" ove c'era "l'angelo - l'energia che nascondeva la luce " che mise nel loro cuore il dubbio, che per loro fu certezza, che Dio non li amasse.
Avevano avuto, è vero, l'ordine "Siate fecondi e moltiplicatevi" (Genesi 1,28), ma prima della loro ribellione, atto con cui avevano detto "si" all'essere invasi da uno spirito diverso, subdolo e a loro stessi ostile compiendo il sacramento, cioè il segno efficace, di mangiare dell'albero proibito.
Il loro moltiplicarsi sotto il patto col Signore avrebbe prodotto frutti non inquinati da un'avversione al Creatore in un rapporto solo fisico-affettivo.
Quale sarebbe stato il "figlio dell'Uomo" dalla coppia primigenia alleata con Dio se non ci fosse stata l'adesione alla tentazione del "nachash" e la natura divina non fosse fuggita da loro?
Quel "figlio dell'Uomo" comunque non era nato e non poteva nascere essendo ormai inquinati i cuori dei potenziali progenitori che erano usciti dall'ambiente protetto, scuola e sala - parto, che Dio aveva preparato per fornire loro e alla loro progenie la propria conoscenza visto che sarebbe stata anche del Signore.

Tra l'altro nel racconto della "caduta" di Genesi 3 il testo si sofferma a manifestare una stizza dell'uomo verso la donna, con accusa chiara onde il patto di alleanza era incrinato e la parte maschile sottolinea il guaio che gli aveva procurato proprio Dio stesso col mettergli accanto quella femmina che da quel momento chiamò Eva "Chavvah" , "madre di tutti i viventi" "'am kal chay" , nome che evidentemente sottolinea la sua protesta.
Qui, le lettere di vita non ricordano più quello che era stato usato, che pareva un plurale duale che sembrava parlare di più vite, ma sta a sottolineare che quella donna gli aveva recato una "chiusura dell'esistenza ".
Il nome Eva "Chavvah" , infatti, si può vedere come un'accusa "una chiusura m'hai portato nel mondo " o "la chiusura hai portato in questo mondo ".

Degeneri rispetto al patto col Signore sono, quindi, i figli di un maschio e una femmina della razza umana, non nati dal patto a tre, un marito e una moglie che si relazionano con amore nei riguardi del Signore, cementati dallo Spirito Santo.
Degeneri sembra una parola grossa, eppure la decisione dei genitori di fatto impedisce ai figli l'adesione piena al Signore, perché il primo insegnamento che i figli ricevettero da loro è che proprio i genitori stessi non erano stati fedeli, quindi loro, i figli, non avevano nulla a vedere con Dio e non erano figli suoi.

Fu in questa situazione che "Adamo conobbe Eva sua moglie, che concepì e partorì Caino e disse: Ho acquistato un uomo grazie al Signore. Poi partorì ancora Abele, suo fratello" (Genesi 4,1s) e accadde che Abele fu ad uccidere Caino come racconta Genesi 4.

Dopo aver messo in evidenza la discordia nata tra i due, quel verbo "conobbe" "iada'" è da intendere che il maschio si congiunse fisicamente con la femmina e tra i due Adamo ed Eva ci fu solo una conoscenza fisica, ed ecco che il primo frutto di quel matrimonio fu un morto e un assassino, come se il testo volesse sottolineare che occorreva ben un'altra tipo di conoscenza!
Dio, comunque, per sviluppare con l'umanità la propria storia di salvezza concesse un'altra discendenza alla prima coppia al posto di Abele e "Adamo di nuovo conobbe sua moglie, che partorì un figlio e lo chiamò Set." (Genesi 4,25)

A questo punto, all'inizio del capitolo 5,1-3 c'è questa importante annotazione: "Nel giorno in cui Dio creò l'uomo ('Adam), lo fece a somiglianza (damut) di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e diede loro il nome di uomo ('Adam) nel giorno in cui furono creati. Adamo aveva centotrenta anni quando generò un figlio a sua immagine, secondo la sua somiglianza, e lo chiamò Set." Pare volutamente evidenziato che Adamo fu fatto da Dio a propria somiglianza, ma Set fu a immagine e somiglianza di Adamo e non di Dio, perché fu generato in stato di ribellione col Signore, quindi, dopo che lo Spirito Santo era fuggito e la coppia era pervasa da uno spirito alieno, perciò anche Set e poi la sua discendenza erano inquinati dallo spirito alieno, causa di quello che è detto il "peccato originale".

Per il matrimonio a tre, marito-moglie-Dio stesso, un figlio della coppia che aveva respinto l'alleanza era come un figlio della creatura uomo, mentre i due progenitori erano figli di Dio; era nato fuori dal patto regolare, ma in un rapporto solo fisico simile a quello tra animali, rapporto che non è supportato dalla volontaria totale abnegazione dell'uno verso l'altro, rivelatore del sacro principio de "l'amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati."
Questa fu ed è la situazione per tutti gli uomini figli di quella coppia.

Dice, infatti, il Salmo 51,7 "nel peccato mi ha concepito mia madre"; il peccato non era il rapporto sessuale della coppia sposata, ma il peccato originale del rifiuto a Dio entrato nel DNA dell'uomo che aveva arrecato la morte ontologica.

Che tale fosse il pensiero ai tempi di Gesù esce evidente dai Vangeli ove numerosi sono gli incontri con indemoniati che Gesù libera; cito solo alcuni versetti dei Vangeli in cui si parla di spiriti immondi e d'indemoniati: Matteo 4,24; 8,16.28; 9,32; 10,1.8; 12,22; 15,20; 16,18; Marco 1,23.32.39; 3,11; 5,15; 8,26; 16,9; Luca 4,33.41; 6,7; 7,24; 8,2.27; 9,12.25.42; 10,17; 11,14 e 13,32.

Giovanni Battista, ad esempio, sapeva bene che davanti a Dio "...non c'è nessuno che non pecchi" (1 Re 8,46) e che ciò è causato da una dipendenza, "il peccato del mondo" da cui l'uomo da solo non riesce a liberarsi, e vedendo Gesù venire per il battesimo segnalò ai suoi discepoli: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!" (Giovanni 1,29).

Giovanni Battista nella sua predicazione chiama i penitenti: "Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all'ira imminente? Fate dunque frutti degni di conversione..." (Matteo 3,7; Luca 3,7)

Gesù riprese questo dire anche nella propria predicazione con:
  • Matteo 12,34 - "Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? Poiché la bocca parla dalla pienezza del cuore", e nel cuore dell'uomo c'è lo spirito ribelle.
  • Matteo 23,32-33 - "...figli degli uccisori dei profeti. Ebbene, colmate la misura dei vostri padri! Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna?"
  • Giovanni 8,44 - "...avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro."
Conferma che la missione di Gesù è quella di togliere il peccato del mondo si ha con i numerosi i suoi interventi ricordati dai Vangeli nei riguardi di lebbrosi (Matteo 8,2; 10,8; 11,4; Marco 1,49ss; Luca 5,12s; 7,22ss; 17,12).

Il pensiero dell'epoca vedeva, infatti, in quelli in modo evidente l'opera del male "ra'" , perché la parola usata in ebraico per "lebbra" e "lebbroso" è "sera'at" e "sera'" dalla cui lettura grafica delle singole lettere esce evidente l'immagine che su quelli è "sceso il male ".

Il guarire i lebbrosi, poi, fu evidenziato dallo stesso Gesù nel messaggio che dette da portare ai discepoli mandati da Giovanni quando "...diede loro questa risposta: Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella. E beato è chiunque non sarà scandalizzato di me!" (Luca 7,22s)

Gli uomini non sono alcuni buoni e alcuni cattivi, figli del diavolo, ma tutti, più o meno in modo palese, sono soggetti a schiavitù del demonio dalla quale l'uomo da solo non è in grado di liberarsi, ma occorre l'aiuto divino per riavere l'accesso alla vita eterna perduta. Infatti, i figli d'Adamo sono decaduti a semplici creature soggette alla morte su cui ha effetto solo l'anima che dona il respiro come negli animali, ma lo Spirito Santo s'è ritirato e solo una rinascita può sopperire a tale necessità; questo fu poi il succo dell'incontro in Giovanni 3 con Nicodemo di Gesù che portò il discorso sulla necessità di "...innalzare il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna." (Giovanni 3,14s) e al tema del battesimo.

È importante ricordare che prima del diluvio il Signore disse: "Il mio spirito () non resterà sempre nell'uomo, perché egli è carne e la sua vita ( i suoi giorni) sarà di centoventi anni." (Genesi 6,3)

La conclusione è che la coppia "Adamo" era stata creata a immagine e somiglianza del figlio di Dio, ma tutti i discendenti nati sotto l'influsso dello spirito del maligno non erano figli, ma "figliastri", frutti selvatici venuti per un inganno dalla vigna buona che il Signore aveva piantato; occorreva che la vigna fosse reinnestata.

LA CONOSCENZA DEL SIGNORE
Nel libro della Genesi, il primo della Bibbia, si trovano lunghe genealogie di patriarchi con i nomi dei loro figli ove per la durata delle loro vite sono proposti valori considerevoli in numero di anni, in genere oltre 900 per quelli che sono vissuti prima dell'evento del diluvio, durate comunque improponibili per la biologia dell'uomo per le condizioni di vita di quei tempi, fino poi ad arrivare ai valori più contenuti, durate che si riducono fino ai 175 anni con Abramo, e poi ancora, fino a quelle dei giorni odierni.
Su tali durate, penso che il progressivo ridursi della vita sia proposto per insinuare il pensiero che la causa relativa fu il progredire e dilagare del peccato; ma è solo ciò che vuole dire l'autore ispirato di quel libro?
Tali dati sono da riguardare forse anche sotto una particolare angolatura e vogliono illuminare qualche altro aspetto?
Sono reali o servono a schematizzare a spiegare ed esemplificare l'evolversi nel tempo della formazione di culture e di nazioni, tribù, lingue varie in tutto il mondo allora conosciuto?
È condivisibile perlomeno l'idea che quelle lunghe elencazioni forniscono informazioni orientative su quale fosse la conoscenza dell'autore ispirato degli eventi e delle influenze che le culture precedenti avevano portato ai fatti storici più "recenti" al momento cui voleva riferirli, nell'arco dei tempi ragionevoli di trasmissioni di tradizioni orali, avvenute nella migrazione, formazione e interrelazione dei popoli.

Il calendario ebraico, usato nella liturgia e nello Stato d'Israele, in base alle indicazioni della Bibbia dedotte dalle genealogie di Adamo (Genesi 5) e di Noè (Genesi 11), conta gli anni dalla data della "creazione" del mondo e dell'uomo, che la tradizione rabbinica deduce come avvenuta nel 3.760 a.C.; ossia, per la tradizione rabbinica Adamo sarebbe stato creato il primo giorno del mese di Tishri corrisponderebbe al 6 ottobre del 3.760 a.C. e non esistendo l'anno zero, l'1 d.C. è il 3761 dalla creazione e... il nostro 2015 è l'anno ebraico 5775.
Certamente questa data della "creazione" oggi appare improponibile come verità scientifica, perché per l'antropologia e per la biologia ben assai prima di 6.000 anni fa l'uomo è apparso sulla terra.
Che resta allora da dedurre da tale informazione?

L'autore sacro in base alle sue conoscenze, sia pure ispirate, informa che in quell'epoca circa 6.000 anni orsono per lui certamente ci fu una prima illuminazione dell'umanità essenziale per lo sviluppo completo ulteriore dell'uomo e che fu poi la premessa necessaria alla storia del popolo d'Israele.
Il racconto del libro della Genesi porta a ritenere che per la prima volta, nel 3.760 a.C., da parte di Adamo, ossia di una prima coppia, maschio - femmina di esseri umani, scelti dalle creature e dagli elementi della terra, fu acquisita nel profondo del loro essere in modo sensibile e concreto la testimonianza dell'esistenza di un Dio Unico.
Da tale verità furono formati, quindi "creati" come progenitori di una nuova specie, quella dei credenti in un unico creatore del cielo e della terra e di tutto quanto contiene, mentre il resto dell'umanità al riguardo viveva ancora nell'oscurità del vero.
Quella fede certa fu la luce della nuova "creazione".

Questa prima coppia, secondo il racconto biblico, poi evidentemente raccontò d'essere stata posta in un luogo particolarmente favorevole a far crescere al meglio la specie, il Gan Eden o Paradiso Terrestre.
Questa prima coppia di creature umane fu quella che dai fatti che gli accadde compresero d'essere figli di Dio, mentre tutto il resto del mondo esistente era su un altro livello e pensava agli dei, alla superstizione, alla magia bianca e nera e a riti di sciamani.
I progenitori che ritennero d'essere vissuti in un territorio mitico nel Giardino dell'Eden un tempo non breve, anche se non definito, alla scuola del Signore, intendono far sapere che hanno avuto accesso alla sua conoscenza diretta, ma interrotta bruscamente a seguito della loro stessa decisione d'indipendenza che in definitiva prevalse, come adeguamento al mondo circostante che si presenta loro come un serpente tentatore.
Tutti i figli della coppia nacquero dopo la "cacciata", e la raccontarono in forma "midrashica" ai loro figli e figlie che poterono sentire e conoscere del Signore solo quanto fu riferito loro.

Dall'episodio di Caino e Abele è poi chiaro che l'educazione data dai genitori ai due fu riconosciuta dagli stessi che era stata piena di falle, visto come l'onorare il Signore almeno da parte di Caino era basato su un criterio falso.
Tale fatto comunque segnala che Adamo ed Eva, i primi che ebbero in embrione il dono della fede in un Dio Unico, avevano cominciato a comprendere il proprio errore e avevano suggerito ai figli di cercare di ringraziarsi Dio in qualsiasi modo, perché evidentemente poi avevano compreso che il buon esito della riuscita nella vita era in qualche modo di aderire di nuovo al Signore e sfuggire all'influenza del demonio tentatore che aveva influenzato i comportamenti degli uomini e anche di loro stessi.
Il Signore parlò a Caino prima dell'assassinio del fratello (Genesi 41-16) chiedendo di dominare l'istinto cattivo.
Caino era troppo indurito per mutare il proprio atteggiamento e avvenne che mentre i due erano "in Campagna ", posseduto dall'ira provocata dall'invidia uccise il fratello Abele ritenendo che Dio lo preferisse a lui.
Quella "campagna", nel testo ebraico, in effetti, è la steppa "shadoe" , parola in cui spicca evidente l'intenzione dell'autore di far presente la possessione demoniaca da parte di Caino.
"Shed" , infatti, è "demonio, spirito maligno" (come in Deuteronomio 32,17 e Salmo 106,37), quindi "in Campagna ", sta a velare il fatto che "dentro il demonio gli entrò ."
Dio, come aveva fatto col serpente, maledisse Caino, ma lo segnò per evitare la vendetta e ne sancì la condizione di ramingo e fuggiasco.
Alla nascita di Set (Genesi 5) è segnalato che "'Adam" aveva 130 anni e che poi visse altri 800 anni, per un totale di complessivi anni 930 ed, ecco, ebbe ancora una pienezza di tempo, 800 anni, per pentirsi.
A Set, all'età di 105 anni, nacque il primogenito Enos e il testo sacro segnala: "A quel tempo si cominciò a invocare il nome del Signore." (Genesi 4,26)

L'uomo aveva preso atto dell'impotenza contro l'avversario che l'aveva intrappolato facendolo aderire all'idea pagana del mondo che lo schiavizzava e si rendeva conto dell'errore fatto e di come dura era la vita senza che fosse operante l'alleanza con Dio, l'unico capace di vincere quello spietato avversario che opera con un'energia pervicacemente ribelle al Signore.
La prima coppia non avendo saputo dominare l'istinto non mise a frutto come doveva questa verità, che Dio c'è ed è Unico, ma pur se poi fu caccia da quel luogo, ebbe vari discendenti, buoni come Enoch, Matusalemme e Noè assieme a cattivi, come la discendenza di Caino, (Genesi 4) ...finché venne il diluvio.

In particolare Enoch, l'ottavo dei primogeniti a partire da Adamo, nato, come si deduce dal testo, quando Adamo aveva 622 anni, trovò grazia presso Dio e il testo annota: "Enoch camminò con Dio; dopo aver generato Matusalemme, visse ancora per trecento anni e generò figli e figlie. L'intera vita di Enoch fu di trecentosessantacinque anni. Poi Enoch cammino con Dio e non fu più perché Dio l'aveva preso." (Genesi 5,22-25)

Quando accade tale evento che fa intravedere un'apertura di Dio a concedere il perdono, purtroppo Adamo era morto da 57 anni (622+365-930), ma Set era ancora vivo e sarebbe vissuto altri 55 anni.
La fede nel Dio Unico, pur con tutti gli errori e le limitazioni frapposte, cominciava a dare anche qualche buon frutto e il Signore, col prendere con se Enoch, evidentemente intese far scorgere come il bagliore di un nuovo possibile giorno invitando a seguire i buoni esempi in modo che i patriarchi potessero accendere una speranza nelle generazioni. Enoch, quindi, era profeta, aveva parlato con Dio e aveva accolto la Sua volontà.

La lettera di Giuda (15) suggerisce che Enoch avrebbe avvertito quelli della sua generazione che il Signore sarebbe venuto: "...con migliaia e migliaia dei suoi angeli per sottoporre tutti a giudizio, e per dimostrare la colpa di tutti riguardo a tutte le opere malvagie che hanno commesso e a tutti gli insulti che, da empi peccatori, hanno lanciato contro di lui", giudizio che di fatto comportò poi la venuta del diluvio.

Seguendo quanto propone la Bibbia si può poi ricostruire che il diluvio, da intendere come preannuncio profetico della propensione di Dio al perdono, ci fu nell'anno 1656 dalla nascita d'Adamo, quindi, appena nel 2104 a.C.

Secondo il versetto Genesi 7,6: "Noè aveva 600 anni, quando venne il diluvio, cioè le acque sulla terra".
(Vedi: "Cosa nasconde il racconto di Noè e del diluvio?")

Questo diluvio, pur se si collega ad antiche credenze e miti, in effetti, è un "midrash"ico, vale a dire una ricerca "daresh" , "aiuta la testa ad illuminarsi ", ossia, in definitiva, è una parabola che intende palesare l'intenzione divina di usare la propria misericordia con gli uomini.
Questi non saranno considerati più solo colpevoli da punire, ma tutti potenzialmente figli di un solo uomo nuovo Noè, tanto è vero tutti gli altri col diluvio muoiono.
Le successive generazioni, allora, sono tutte figlie di Noè, che fu trovato giusto davanti agli occhi del Signore; infatti. si legge in Genesi 6,9: "Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio."

Questa è profezia di qualcosa che deve avvenire e Noè è il "giusto" che deve giustificare tutti.
Il racconto palesa la misericordia "racham" del Signore che è come "l'utero" di una madre, infatti, tale è anche il significato di "racham" , "corpo che racchiude la vita - acqua ", capace di creare un uomo nuovo che sarà profezia di una generazione futura di figli, i coeredi di Cristo.
Le viscere di misericordia "rachamim" ossia l'essere proprio del Signore in modo criptico erano state preconizzate come + il cui Spirito "ruach" era sulle acque "maim" al momento della creazione come dice: "In principio Dio creò il cielo e la terra... lo spirito di Dio aleggiava sulle acque ." (Genesi 1,1s)

Il diluvio, sotto tale aspetto prefigura, allora, un evento futuro che Dio intende realizzare, anzi è in corso a partire dalla venuta del Cristo, una nuova creazione da cui verranno "nuove creature", "i coeredi di Cristo".
Noè dopo il diluvio visse 350 anni (Genesi 9,28) e morì nell'anno assoluto 2006.
Il 10° primogenito a contare da Noè fu Abram cui Dio si rivelò quando aveva 75 anni; era allora il 2023 ossia 17 anni dopo la morte di Noè.
Abramo, quindi, ebbe tutto il tempo di ricevere insegnamenti da quel giusto.
Il libro della Genesi si sofferma a precisare come il Signore si fece conoscere direttamente dai patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe.
Gli altri quattro libri della Torah, a partire da quello dell'Esodo, informano come ci fu la rivelazione e quindi la conoscenza diretta di Dio da parte di un intero popolo con cui fece una prima alleanza dopo averli salvati dalla schiavitù del faraone, figura di ogni forma di schiavitù, compresa quella atavica esistenziale al servizio del nefasto serpente che è rappresentato come serpente ureo sulla testa dei faraoni e che è sintetizzato nella lettera ebraica "lamed" che graficamente corrisponde alla "rosh" con sopra una energia .
(Vedi: "Il vestito di Adamo")


Nell'articolo "La durata della Creazione" ho messo in evidenza che l'inizio del 7° giorno della creazione ha coinciso proprio con la consegna della Torah a Mosè, 50 giorni dopo il passaggio del Mar Rosso; cioè Dio, con la teofania a Mosè, e con i lampi e tuoni che videro gli Ebrei sotto il Sinai, che rappresentano il segno dell'inizio della luce del 7° giorno, riparlò agli uomini con la Torah che consegnò agli Ebrei con il dono della scrittura sacra.

Grazie a queste Sacre Scritture, sviluppate poi dai profeti e con altri scritti, si può arrivare a una prima conoscenza del Signore, del resto "Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona." (2Timoteo 3,16)

Il Signore, infatti, fece una prima alleanza eterna col popolo d'Israele, inalienabile che resta piena di effetti e il Signore stesso poi interverrà nella vita di quel fedele che ardentemente lo desidera e gli si rivelerà nel corso della vita in un modo personale e totale.
Finì, così, la collera del Signore e iniziò il 7° giorno in cui terminerà la creazione che Dio aveva preparato nei sei giorni precedenti e porterà alla fine colui che l'ha intralciata.
La conoscenza del Signore che hanno avuto i patriarchi e poi Mosè e il popolo d'Israele e i profeti è stata acquisita sempre e solo per iniziativa dello stesso Signore, vale a dire per rivelazione in modi diversi, nel roveto, sul Sinai, in sogni e visioni personali.

Il prologo del Vangelo di Giovanni 1,17 ci dice: "Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo."
Il che suggerisce che la verità in pienezza non era stata ancora rivelata in modo esteso, come pure non era stata aperta e rivelata da Dio la porta attraverso cui gli uomini possono ottenere da Lui la grazia che attendono.

Tutto era in preparazione di una rivelazione che si sarebbe dovuta realizzare al momento opportuno che Dio stava preparando, momento definito nelle lettere di San Paolo come "pienezza del tempo o dei tempi" di cui si parla in Efesini 1,10; Galati 4,4 e Ebrei 9,26.

Dio, il Padre creatore, mosso dalla Sapienza dell'amore, avendo dato luogo alla creazione attraverso il proprio Verbo, definito il "Figlio Unigenito", finalmente l'inviò in terra per farsi conoscere, infatti, tutto ciò che è possibile conoscere di Dio da parte degli uomini s'identifica nel conoscere il Figlio manifestatosi in Cristo Gesù che, appunto, con autorità ebbe a dichiarare: "Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare." (Matteo 11,27; Luca 10,22)

Il Vangelo di Giovanni pure nel Prologo, infatti, al riguardo, ricorda: "Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato." (Giovanni 1,18)

S'è creata quindi una via preferenziale per gli uomini di conoscere il proprio Creatore e per godere la propria intimità con Lui divenendo figli della Chiesa di Gesù Cristo.

Sant'Ireneo del II secolo, vescovo di Lione, nel trattato "Contro le eresie" scrive sulla manifestazione del Figlio è la conoscenza del Padre: «Nessuno può conoscere il Padre senza il Verbo di Dio, cioè senza la rivelazione del Figlio, né alcuno può conoscere il Figlio senza la benevolenza del Padre. Il Figlio, poi, porta a compimento la benevolenza del Padre; infatti il Padre manda, mentre il Figlio è mandato e viene. Il Verbo conosce il Padre, per quanto invisibile e indefinibile per noi, e anche se è inesprimibile, viene da lui espresso. A sua volta, poi, solo il Padre conosce il suo Verbo. Questa mutua relazione fra le Persone divine ci è stata rivelata dal Signore. Il Figlio con la sua manifestazione ci dà la conoscenza del Padre. Infatti, la conoscenza del Padre viene dalla manifestazione del Figlio: tutto viene manifestato per mezzo del Verbo. Ora il Padre ha rivelato il Figlio allo scopo di rendersi manifesto a tutti per mezzo di lui, e di accogliere nella santità, nell'incorruttibilità e nel refrigerio eterno coloro che credono a lui. Credere a lui, poi, è fare la sua volontà. Il Verbo per la sua stessa natura rivela Dio creatore, per mezzo del mondo il Signore creatore del mondo, per mezzo della creatura l'artefice che l'ha plasmata, e per mezzo della sua condizione di Figlio rivela quel Padre che ha generato il Figlio. Certo tutti discutono allo stesso modo queste verità, ma non tutti vi credono allo stesso modo. Così il Verbo predicava se stesso e il Padre, per mezzo della Legge e dei Profeti, e tutto il popolo ha sentito allo stesso modo, ma non tutti hanno creduto allo stesso modo. Il Padre era manifestato per mezzo dello stesso Verbo reso visibile e palpabile, quantunque non tutti vi credessero allo stesso modo; ma tutti videro il Padre nel Figlio: infatti, il Padre è la realtà invisibile del Figlio, come il Figlio è la realtà visibile del Padre. Il Figlio, poi, mettendosi al servizio del Padre, porta a compimento ogni cosa dal principio alla fine, e senza di lui nessuno può conoscere Dio. Conoscere il Figlio è conoscere il Padre. La conoscenza del Figlio viene a noi dal rivelarsi del Padre attraverso il Figlio. Per questo il Signore diceva: "Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare." (Matteo 11,27). "Lo voglia rivelare": infatti, non fu detto soltanto per il futuro, come se il Verbo abbia cominciato a rivelare il Padre quando nacque da Maria, ma vale in generale per tutti i tempi. Infatti, fin da principio il Figlio, vicino alla creatura da lui plasmata, rivela a tutti il Padre, a chi vuole, quando vuole e come vuole il Padre. La nostra fede è questa: In tutto e per tutto non c'è che un solo Dio Padre, un solo Verbo, un solo Spirito e una sola salvezza per tutti quelli che credono nel Dio uno e trino.»

Ecco che la via tracciata da Gesù Cristo per arrivare al Padre è una sola ed è proprio e solo se stesso, che ha detto: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre..." (Giovanni 7,6s)

Importante su questo tema è la Dichiarazione "Dominus Iesus" sull'unicità e l'universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, emessa il 6 agosto 2000 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede a firma dell'allora prefetto della Congregazione, il cardinale Joseph Ratzinger poi dal 19 aprile 2005 al 28 febbraio 2013 papa col nome di Benedetto XVI.

Non servono discorsi che s'inerpicano sulle montagne della teologia e della filosofia, ma occorre affidarsi fiduciosi al Signore come dice il Salmo 131: "Signore, non si esalta il mio cuore né i miei occhi guardano in alto; non vado cercando cose grandi né meraviglie più alte di me. Io invece resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l'anima mia. Israele attenda il Signore, da ora e per sempre."

LA SAPIENZA
Il Verbo porta con sé i doni dello Spirito Santo - sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio, ma si può convenire che la "sapienza" li sovrintende e li implica tutti.
Nel libro dei Proverbi il tema della Sapienza è particolarmente considerato e tutto il relativo capitolo n 8 che si sviluppa in 36 versetti è dedicato alla Sapienza stessa e ne lo riporto il testo secondo la traduzione C.E.I. 2008.

Proverbi 8,1 - La sapienza forse non chiama e l'intelligenza non fa udire la sua voce?

Proverbi 8,2 - In cima alle alture, lungo la via, nei crocicchi delle strade si apposta,

Proverbi 8,3 - presso le porte, all'ingresso della città, sulle soglie degli usci essa grida:

Proverbi 8,4 - A voi, uomini, io mi rivolgo, ai figli dell'uomo è diretta la mia voce.

Proverbi 8,5 - Imparate, inesperti, la prudenza e voi, stolti, fatevi assennati.

Proverbi 8,6 - Ascoltate, perché dirò cose rilevanti, dalle mie labbra usciranno sentenze giuste,

Proverbi 8,7 - perché la mia bocca proclama la verità e l'empietà è orrore per le mie labbra.

Proverbi 8,8 - Tutte le parole della mia bocca sono giuste, niente in esse è tortuoso o perverso;

Proverbi 8,9 - sono tutte chiare per chi le comprende e rette per chi possiede la scienza.

Proverbi 8,10 - Accettate la mia istruzione e non l'argento, la scienza anziché l'oro fino,

Proverbi 8,11 - perché la sapienza vale più delle perle e quanto si può desiderare non l'eguaglia.

Proverbi 8,12 - Io, la sapienza, abito con la prudenza e possiedo scienza e riflessione.

Proverbi 8,13 - Temere il Signore è odiare il male: io detesto la superbia e l'arroganza, la cattiva condotta e la bocca perversa.

Proverbi 8,14 - A me appartengono consiglio e successo, mia è l'intelligenza, mia è la potenza.

Proverbi 8,15 - Per mezzo mio regnano i re e i prìncipi promulgano giusti decreti;

Proverbi 8,16 - per mezzo mio i capi comandano e i grandi governano con giustizia.

Proverbi 8,17 - Io amo coloro che mi amano, e quelli che mi cercano mi trovano.

Proverbi 8,18 - Ricchezza e onore sono con me, sicuro benessere e giustizia.

Proverbi 8,19 - Il mio frutto è migliore dell'oro più fino, il mio prodotto è migliore dell'argento pregiato.

Proverbi 8,20 - Sulla via della giustizia io cammino e per i sentieri dell'equità,

Proverbi 8,21 - per dotare di beni quanti mi amano e riempire i loro tesori.

Proverbi 8,22 - Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all'origine.

Proverbi 8,23 - Dall'eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra.

Proverbi 8,24 - Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua;

Proverbi 8,25 - prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata,

Proverbi 8,26 - quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo.

Proverbi 8,27 - Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull'abisso,

Proverbi 8,28 - quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell'abisso,

Proverbi 8,29 - quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra,

Proverbi 8,30 - io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante,

Proverbi 8,31 - giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo.

Proverbi 8,32 - Ora, figli, ascoltatemi: beati quelli che seguono le mie vie!

Proverbi 8,33 - Ascoltate l'esortazione e siate saggi, non trascuratela!

Proverbi 8,34 - Beato l'uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle mie porte, per custodire gli stipiti della mia soglia.

Proverbi 8,35 - Infatti, chi trova me trova la vita e ottiene il favore del Signore;

Proverbi 8,36 - ma chi pecca contro di me fa male a se stesso; quanti mi odiano amano la morte.

Com'è facile verificare, è chiaramente detto che la Sapienza operava assieme al Verbo al momento della creazione.
È la stessa Sapienza, infatti, che viene a costituire e a suggerire tutto il bene che gli uomini possono operare.

Lei, la Sapienza, resa come persona, dice di se stessa: "Per mezzo mio regnano i re e i prìncipi promulgano giusti decreti; per mezzo mio i capi comandano e i grandi governano con giustizia. Io amo coloro che mi amano, e quelli che mi cercano mi trovano." (Proverbi 8,15-17) e in quei versetti paiono proprio echeggiano le parole del Signore del discorso della montagna quando esclama: "Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto." (Matteo 7,7s) e certamente se si chiede la sapienza ci sarà donata.

Quello della sapienza fu, infatti, il dono chiesto da Salomone per ben regnare che il Signore gli concesse a larghe mani.
In ebraico "sapienza" viene dal radicale di essere o diventare saggio, ossia "chakam" esperto, capace, artigiano da cui sapienza "chakmah" .
Il versetto Proverbi 8,35 propone "chi trova me trova la vita" e la lettera di vita = si trova nella parola ebraica di "sapienza" "chakmah" che in base al significato delle lettere si può leggere "nascosta in un vaso la vita esce " o in modo più catechetico "racchiude il modo retto di vivere nel mondo ", quindi in un saggio "chakam" si "chiude (come) in un vaso la vita ".

La prima volta che si trova la parola "saggio" è in Genesi 41,8.33.39 in occasione del racconto del sogno del Faraone interpretato da Giuseppe, figlio di Giacobbe e in tale occasione (versetto 41,8) sono chiamati prima gli indovini e i saggi del faraone che non riescono a interpretare il sogno del Faraone, ma Giuseppe, "intelligente e saggio" (termini ripetuti sia al versetto 41,33 sia al 39), riesce brillantemente spiegando che quel sogno viene dal Signore, ed è nominato vice-faraone per essere messo a capo di tutta l'operazione della raccolta e distribuzione del grano.

È da notare che nel termine "sapienza" "chakmah" le lettere sono le stesse del radicale di "venir meno, anelare, agognare, desiderare" come in Salmo 63,2 "ha sete di te l'anima mia, desidera te ( anela) la mia carne" onde in un certo senso la Sapienza contiene un desiderio dell'uomo verso Dio e di Dio verso l'uomo.

Del resto anche il radicale "di attendere, sperare, aspettare" si trova in "sapienza" "chakmah" , quindi quel dono è il modo con cui Dio risponde all'uomo che ha un'aspettativa di una rivelazione.
Osservo poi che il "chakkah" è un amo per pescare ( = ) come del resto dicono le lettere " 'chek' palato entra ", e il pescare è allegoria di come trarre fuori sapientemente il pesce dal mare.

Con questa Sapienza che da Gesù è promanata, il maestro pescò nella sua predicazione tutti i sui discepoli e apostoli e li strappò al demonio, allora, ormai, padrone del mondo e attraverso di Lui videro il Padre.

È da ricordare quanto racconta al riguardo il Vangelo di Giovanni: "Gli disse Filippo: Signore, mostraci il Padre e ci basta. Gli rispose Gesù: Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse." (Giovanni 14,8-11)

A questo punto è da ricordare che in Giovanni 10 aveva detto anche:
  • Giovanni 10,1 - "In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore."
  • Giovanni 10,9 - "Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo."
  • Giovanni 10,15 - "come il Padre conosce me e io conosco il Padre", quindi, chi passa da quella porta conoscerà il Padre.
In ebraico "porta" si dice "dalet" e questo nome ricorda la 4° lettera di quel alfabeto, che appunto così si chiama, la "dalet" , che pure graficamente, come una piccola icona, la esprime.
Il singolo essere, che indico con la lettera "iod" , deve passare oltre quella porta per "vedere", e ci ricorda la lettera "'ain" , il Padre ed entrare nei suoi "pascoli"; con questo percorso indicato dal Signore, in effetti, abbiamo tracciato il radicale ebraico del verbo "conoscere" da cui viene la "conoscenza" "da'" o e "scienza" "da'at" o "medd'a" (esempio: 2Cronache 1,10ss) quando Salomone chiede: "Ora concedimi saggezza e scienza ".
Questa conoscenza o scienza non è solo teorico - razionale, ma coinvolge corpo e anima; quel "conoscere" infatti, è usato anche per dire di un marito che ha "conosciuto" carnalmente sua moglie, come abbiamo visto per Adamo con Eva e per Set con sua moglie.

La Sapienza, cioè lo Spirito Santo che proviene da Cristo, guida così il fedele alla conoscenza piena che è necessaria per conseguire la propria gioia eterna e diventare coerede di Cristo, perché passando quella porta fa parte della Chiesa sposa di Cristo e ne diviene figlio, pecora di quel gregge.
La parola scienza nella Bibbia in italiano si trova 83 volte di cui 28 nel Nuovo Testamento Importante è ricordare quanto dice Esodo 31,1-3 e 35,31: "Il Signore parlò a Mosè e gli disse: Vedi, ho chiamato per nome Besalèl, figlio di Urì, figlio di Cur, della tribù di Giuda.

L'ho riempito dello spirito di Dio,
di saggezza, intelligenza e scienza
in ogni genere di lavoro.
(Vedi: "Il faccia a faccia alla fine del settimo giorno")

Questo Besal'èl che il Signore ha riempito di Spirito Santo, il cui nome suggerisce che vi "abita l'ombra di Dio ", grazie ai talenti che Dio stesso gli aveva dato, costruì l'arca della Testimonianza, il propiziatorio su di essa, gli accessori della tenda - la tavola con i suoi accessori, il candelabro e i suoi accessori, l'altare dell'incenso e l'altare degli olocausti e i suoi accessori, il bacino con il suo piedistallo - le vesti ornamentali per esercitare il sacerdozio, l'olio dell'unzione e l'incenso aromatico per il santuario.
Dio gli diede (Esodo 31,6) come aiutanti Ooliàb in cui traspare il pensiero "lo splendore/tenda è del Padre ".
Si legge in quel brano che Dio nel cuore di ogni artista ha infuso saggezza, cioè Sapienza che ha portato la conoscenza piena, nel caso specifico di artigiano del Signore e questo Bezal'el, artigiano, è figura di San Giuseppe, il padre putativo di Gesù, che gli insegnò un mestiere e la Torah e quindi costruì in terra quanto Dio aveva preparato in cielo per la terra.
È questi figura di ogni uomo che dovrebbe preparare se stesso per essere tenda del convegno, per ricevere il Signore per essere come San Giuseppe pronto a ricevere il Signore.

Gli eventi della propria vita sono la scuola in cui l'uomo è preparato a porre attenzione all'opera del Signore che opera nella vita di tutti come del resto propone il Salmo 90,11s: "Chi conosce l'impeto della tua ira, tuo sdegno, con il timore a te dovuto? Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore."

La storia, su cui sovrintende il creatore stesso, "magistra vitae", rende ognuno inescusabile se non gli si accende certamente il desiderio a un incontro che il Signore in un modo o nell'altro proporrà e farà modo di attuare.
Tornando a Bezal'el, l'artigiano che fu chiamato nel deserto da Mosè a sovrintendere alla costruzione del Tabernacolo o "Mishkhan", la tradizione ebraica afferma che: "Sapeva disporre le lettere dell'alfabeto con le quali furono creati il cielo e la terra". (Berachot 55)

Il "Midrash" poi sostiene che la saggezza di Salomone derivava dal fatto che "Conosceva le lettere divine". (Midrash Mishlè)
Questo discorso che fa intuire il sostanziale aiuto che forniscono le lettere ebraiche nell'esegesi delle Sacre Scritture, fa comprendere anche come quella tradizione, nell'attesa per loro non risolta della rivelazione del Messia, li ha spinti a ricercare anche una conoscenza "esoterica".
(Vedi: "Tensione dell'ebraismo ad una Bibbia segreta")

Solo con gli occhi della mente secondo la mistica ebraica, e questo è il limite superato con l'avvento del Cristo, si può percepire il divino, rivelato da Dio con la Torah, che è il progetto della creazione del mondo, in quanto secondo Zòhar I 134a "il Nome guardò nella Torah per creare il mondo".
In questa invece, proprio con le lettere, v'è l'annuncio continuo del Messia, immagine del Padre, ma solo Lui porterà la vera conoscenza di Lui.
Le 22 lettere dell'Alfabeto ebraico, Dio le ha escogitate, plasmate combinate insieme, pesate, le ha scambiate e per tramite loro ha prodotto l'intera creazione e tutto quanto doveva essere creato (G.Scholem, Die jùdische Mystik)

Per creare, secondo la tradizione ebraica nata dal proprio commento del libro del Genesi, Dio usò proprio le 22 lettere che sono anche numeri e un raggio della Sua luce, l'energia dalla quale sono creati i mondi (1° giorno della creazione).

Questa energia per divenire materia si trasforma (teoria della relatività ante litteram) e sarebbe stata captata da 10 ricevitori dette "Sefirot", ampolle che raccolgono e condensano la luce che le ha create e attraverso cui Dio si manifesta.

Scrive, infatti, il "sefer Yetzirà", il più antico testo di Cabalà o Tradizione, nel capitolo primo: "Dieci è il numero delle Sefirot ineffabili, dieci e non nove, dieci e non undici. Intendi con sapienza, e sii saggio con intelligenza, investiga questi numeri, e trai da loro conoscenza, il disegno è fisso nella sua purezza, e riporta il Creatore nel Suo luogo".

Queste "Sefirot" sono definite come in appresso:

Terna superiore

1. Corona Fede-Volontà (centro)

2. Sapienza Deduzione (destra - femminile F)

3. Intelletto Intuizione (sinistra - maschile M)

Terna intermedia

4. Bontà Amore - Generosità - Bontà (destra F)

5. Forza Potere - Rigore - autocontrollo (sinistra M)

6. Bellezza Armonia-Verità (centro)

Terna inferiore

7. Eternità Vittoria-Dominio (destra - femminile F)

8. Gloria Splendore-Empatia (sinistra - maschile M)

9. Fondamento Sessualità (centro)

Presenza divina

10. Regno Umiltà-Regalità (centro - M)

Shekhinah Presenza divina (centro - F)

Le "Sefirot" a sinistra intelletto-forza-gloria sono definite maschili (M), quelle a destra sapienza-bontà-eternità femminili (F); quando M e F interagiscono armonicamente il mondo ne beneficia.

Il sefer Yetzirà come s'è visto si sofferma, evidenzia e insiste che le "Sefirot" sono 10 e non 11 perché in effetti la 11a è diffusa ed è la "da'at" o conoscenza.

I cristiani, oltre alle lettere che uso anch'io per comprendere la rivelazione e leggere e scrutare, se lo si desidera, ogni aspetto delle Sacre Scritture, hanno qualcosa di essenziale e nuovo rispetto all'ebraismo.
Le lettere non portano alla totale conoscenza, ma solo a rafforzare la speranza nell'attesa dell'incontro consentendo di verificare l'intensità della profezia contenute nelle Scritture sul Messia.
I cristiani, infatti, hanno un'ulteriore rivelazione autentica diretta con l'evento Pasquale di Cristo morto e risorto che dona il proprio Spirito attraverso il battesimo amministrato dalla sua Chiesa e che fa rileggere tutta la Sacra Scrittura alla sua luce che supera ogni illuminazione di qual si voglia "Sefirot".

Oltre alla Sapienza - "Kochmah" di cui ho detto, la terna superiore delle "Sefirot" comprende la "Keter" o corona - vale a dire la rettitudine che proprio è da corona a tutto il creato, "la rettitudine che segna la testa " in quanto la Torah copre tutti gli atti di Dio - anche Intelletto o "Binah" dal radicale del verbo usato per capire, intendere, comprendere, percepire, distinguere, discernere, accorgersi, riflettere e conoscere.

Ne consegue che "Binah" è intelligenza, prudenza, accortezza, talento, intelletto, discernimento, perizia da cui viene anche "tebunah" per intelligenza, prudenza e "nabon" intelligente, giudizioso, perspicace, pronto, sperimentato, scaltro, esperto.

Le prime "Sefirot" di fatto - sapienza e intelligenza - furono comprese dalla tradizione per date con la Keter, la Torah, al popolo di Dio e viene sottolineato quando nel libro nel Deuteronomio, l'ultimo della Torah stessa, al capitolo 4, versetti 5 e 6 Mosè dice:

"Vedete, io vi ho insegnato leggi e norme come il Signore mio Dio mi ha ordinato, perché le mettiate in pratica nel paese in cui state per entrare per prenderne possesso. Le osserverete dunque e le metterete in pratica perché quella sarà la vostra () saggezza e la vostra () intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: Questa grande nazione è il solo popolo saggio () e intelligente ()."

"Binah" nella Tenak, infatti, si trova solo 1 volta nella Torah, Deuteronomio 4,6, 1 poi altre 37 volte, in Cronache 12,32; 22,12; 2Cronache 2,12.13: Giobbe 20,3; 28,12.20.28; 34,16; 38,4.36; 39,17.26; Proverbi 1,2; 2,3; 3,5; 4,1.5.7; 7,4; 8,14; 9,6.10; 16,16; 24,4.23; 30,2; Isaia 11,2; 27,11; 29,14.24; 33,19; Geremia 23,20; Daniele 1,20; 8,15; 9,22; 10,1.

L'aprirsi del conoscere il Signore con la scienza "da'at" viene solo dal Signore stesso; a tale riguardo si trova nel libro dei Proverbi:
  • Proverbi 2,5 - "comprenderai il timore del Signore e troverai la scienza di Dio";
  • Proverbi 2,6 - "perché il Signore dà la sapienza, dalla sua bocca esce scienza ("da'at") e prudenza ("tebunah" )";
  • Proverbi 2,9-10 - "Allora comprenderai l'equità e la giustizia, e la rettitudine con tutte le vie del bene, perché la sapienza entrerà nel tuo cuore e la scienza delizierà il tuo animo."
  • Proverbi 3,19-20 - "Il Signore ha fondato la terra con la sapienza, ha consolidato i cieli con intelligenza ("tebunah" ); dalla sua scienza sono stati aperti gli abissi (tehomot) e le nubi stillano rugiada."
  • Proverbi 5,2 - "perché tu possa seguire le mie riflessioni e le tue labbra custodiscano la scienza."
  • Proverbi 8,8-9 - "Tutte le parole della mia bocca sono giuste; niente v'è in esse di fallace o perverso; tutte sono leali per chi le comprende e rette per chi possiede la scienza."
  • Proverbi 9,10 - "Fondamento della sapienza è il timore di Dio, la scienza del Santo è intelligenza."
  • Proverbi 22,12 - "Gli occhi del Signore proteggono la scienza ed egli confonde le parole del perfido."
Nel libro di Giobbe poi al riguardo si trova:
  • Giobbe 21,22 - "S'insegna forse la scienza a Dio che giudica gli esseri di lassù?"
  • Giobbe 42,3 - "Chi è che, senza aver scienza, può oscurare il tuo consiglio?"
Un complesso notevole di massime sulla scienza, arte del Signore che viene e che porta al Signore, si trova ancora nel libro dei Proverbi e ne ho raccolte alcune qui di seguito:
  • Proverbi 1,7 - "Il timore del Signore è il principio della scienza; gli stolti disprezzano la sapienza e l'istruzione."
  • Proverbi 1,22 - "Fino a quando, o inesperti, amerete l'inesperienza e si compiaceranno i beffardi delle loro beffe e gli sciocchi odieranno la scienza?"
  • Proverbi 10,14 - "I saggi fanno tesoro della scienza, ma la bocca dello stolto è un pericolo imminente."
  • Proverbi 11,9 - "Con la bocca l'empio rovina il suo prossimo, ma i giusti si salvano con la scienza."
  • Proverbi 12,1 - "Chi ama la disciplina ama la scienza, chi odia la correzione è stolto."
  • Proverbi 15,2.7 - "La lingua dei saggi fa gustare la scienza, la bocca degli stolti esprime sciocchezze... Le labbra dei saggi diffondono la scienza, non così il cuore degli stolti."
  • Proverbi 17,27-28 "Chi è parco di parole possiede la scienza; uno spirito calmo è un uomo intelligente. Anche lo stolto, se tace, passa per saggio e, se tiene chiuse le labbra, per intelligente."
  • Proverbi 18,15 - "La mente intelligente acquista la scienza, l'orecchio dei saggi ricerca il sapere."
  • Proverbi 24,3-4 - "Con la sapienza si costruisce la casa e con la prudenza la si rende salda; con la scienza si riempiono le sue stanze di tutti i beni preziosi e deliziosi."
I profeta Isaia ha parlato della scienza di Dio in questo modo:
  • Isaia 33,6 - "C'è sicurezza nelle sue leggi, ricchezze salutari sono sapienza e scienza; il timore di Dio è il suo tesoro."
  • Isaia 40,13-14 - "Chi ha diretto lo spirito del Signore e come suo consigliere gli ha dato suggerimenti? A chi ha chiesto consiglio, perché lo istruisse e gli insegnasse il sentiero della giustizia e lo ammaestrasse nella scienza e gli rivelasse la via della prudenza?"
  • Isaia 44,19 - "Essi non riflettono, non hanno scienza e intelligenza."
  • Isaia 44,24.25 - "Dice il Signore, che ti ha riscattato e ti ha formato fino dal seno materno: Sono io, il Signore, che ho fatto tutto, che ho spiegato i cieli da solo, ho disteso la terra; chi era con me? Io svento i presagi degli indovini, dimostro folli i maghi, costringo i sapienti a ritrattarsi e trasformo in follia la loro scienza."
Altri profeti, inoltre, hanno ammonito i sacerdoti e profetizzato pastori nuovi:
  • Geremia 3,15 - "Vi darò pastori secondo il mio cuore, i quali vi guideranno con scienza e intelligenza ( con la = "sin")."
  • Malachia 2,7 - "le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca l'istruzione, perché egli è messaggero del Signore degli eserciti."
Sulla scienza di Dio infine si trova poi nei libri deuterocanonici scritti in greco:
  • Sapienza 7,30 - "contro la sapienza la malvagità non può prevalere";
  • Siracide 21,13-15 - "La scienza del saggio cresce come una piena; il suo consiglio è come una sorgente di vita. L'interno dello stolto è come un vaso rotto, non potrà contenere alcuna scienza. Se un assennato ascolta un discorso intelligente, l'approverà e lo completerà; se l'ascolta un dissoluto, se ne dispiace e lo getta via dietro la schiena."
  • Siracide 26,13 - "La grazia di una donna allieta il marito, la sua scienza gli rinvigorisce le ossa."
  • Siracide 38,6 "Dio ha dato agli uomini la scienza perché potessero gloriarsi delle sue meraviglie."
Un discorso a parte si trova nel libro del Qoelet che manifesta chiaramente tutto il peso della mancanza dell'apertura al cielo alla vita dell'uomo; infatti, se tutto per l'uomo si risolvesse nello "She'ol" tutto è vanità.
Che senso ha, allora, ricercare la sapienza?

Così, infatti, s'esprime il Qoelet:
  • Qoelet 1,16-17 - "Pensavo e dicevo fra me: Ecco, io ho avuto una sapienza superiore e più vasta di quella che ebbero quanti regnarono prima di me in Gerusalemme. La mia mente ha curato molto la sapienza e la scienza da'at. Ho deciso allora di conoscere la sapienza e la scienza, come anche la stoltezza e la follia, e ho compreso che anche questo è un inseguire il vento...";
  • Qoelet 2,21 - "perché chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con (bekisheron ) successo dovrà poi lasciare i suoi beni a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e grande sventura";
  • Qoelet 2,26 - "Egli concede a chi gli è gradito sapienza, scienza e gioia, mentre al peccatore dà la pena di raccogliere e d'ammassare per colui che è gradito a Dio. Ma anche questo è vanità e un inseguire il vento!"
  • Qoelet 9,10 - "Tutto ciò che trovi da fare, fallo finché ne sei in grado, perché non ci sarà né attività, né ragione ( "chashebon"), né scienza, né sapienza giù negli inferi (She'ol), dove stai per andare."

LA COLOMBA
L'esegesi rabbinica nei secoli successivi al ritorno dall'esilio babilonese, grazie ai diffusi e frequenti incontri nelle sinagoghe e agli studi nelle annesse scuole "midrashiche", aveva arricchito la tradizione con commenti e chiarimenti sulla Torah e sulla Tenak.
Ritengo che molti di tali risultati, che erano entrati nel pensiero comune religioso al tempo di Gesù, siano citati nei Vangeli come dati per noti, mentre, in effetti, sono poi caduti nel dimenticatoio e ora a noi sembrano sviluppi solo cristiani, mentre hanno radici connesse a sviluppi dalle Scritture, generati nell'ebraismo.
Penso anche che comunque vari di quei pensieri siano stati poi raccolti dal Talmud che i rabbini alcuni secoli dopo, in diaspora a seguito della distruzione nel 70 d.C. del Tempio di Gerusalemme da parte dei Romani, iniziarono a scrivere riportando quella che era detta la Torah orale ormai entrata nel pensiero della nazione giudaica.
Questo ad esempio è il caso della "colomba".

Nel Talmud Babilonese, nella parte "Hagigah 15°", un certo Rabbi Ben Zoma del I-II secolo, nel commentare Genesi 1,2 "La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque" propone: "Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque, come una colomba aleggia sui propri piccoli senza toccarli", proprio come fa sul suo nido.

Diventa così immediato il senso della scelta della colomba fatta da Noè quando l'invia in avanscoperta dall'arca dopo il diluvio; quell'atto di volteggiare sulle acque del diluvio richiama il lettore del Genesi a riandare con la mente al momento della creazione quando Dio stesso controllava la situazione.

Per il "midrash" del diluvio si è in una situazione analoga, un mondo nuovo aspetta gli uomini e li vuole nuovi.
La colomba, in ebraico "ionah" , come il nome del profeta Giona ha le lettere che in termini profetici dicono "è a recare l'energia (di Dio) nel mondo ", quella energia di cui parlavo al 2° paragrafo.

La Colomba, in effetti, per la prima volta appare nel libro del Genesi in 8,8-12, alla fine del racconto del diluvio, inviata tre volte da Noè dall'arca a esplorare la situazione: "Noè poi fece uscire una colomba, per vedere se le acque si fossero ritirate dal suolo; ma la colomba, non trovando dove posare la pianta del piede, tornò a lui nell'arca, perché c'era ancora l'acqua su tutta la terra. Egli stese la mano, la prese e la fece rientrare presso di sé nell'arca. Attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall'arca e la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco, essa aveva nel becco una tenera foglia di ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. Aspettò altri sette giorni, poi lasciò andare la colomba; essa non tornò più da lui."

In quei 4 versetti la parola colomba è richiamata 5 volte come ad avvisare di stare attenti per capire qualcosa e farci fare delle domande.
Cominciamo con la prima domanda, cui è più facile rispondere; come mai la seconda volta la colomba torna con "una tenera foglia di ulivo".

Evidentemente spuntava dall'acqua un albero che avrebbe poi prodotto olio, ma non era ancora il tempo, ma già si profilava prossimo a venire.

Olio in ebraico è "soemoen" e porta a pensare a "shemonoeh" ossia al numero cardinale "otto", quindi, all'ottavo giorno, alla nuova settimana eterna e alla pace del Signore, quindi la colomba portava un annuncio di pace.
Dove era quell'ulivo?
Certamente in un posto che ricorda la parola "pace" "Shalom".

Il Signore, infatti, poi fece un'alleanza con l'umanità, con l'arco sulle nubi, avviso di future sempre più piene alleanze.
È noto che i colombi sono monogami e fedeli per questo tornano sempre a casa; allora, come mai la colomba di Noè alla terza volta non torna?
Era proprio una colomba o era un essere che aveva preso "forma" di una colomba?
Facciamo un salto indietro, nel racconto del diluvio al momento della salita nell'arca si trova questo versetto strano: "Quelli che venivano, maschio e femmina d'ogni carne, entrarono come gli aveva comandato Dio: il Signore chiuse la porta dietro di lui." (Genesi 7,16)

Al proposito in "Battesimo e tentazioni" osservavo che il versetto non dice da quale parte della porta stava il Signore. Il Signore di certo ha accompagnato Noè per proteggerlo chiudendosi anche Lui nell'arca dopo aver comandato il diluvio anche perché se intendeva perseguire veramente un'alleanza con l'umanità, ovviamente in previsione di una guerra nei riguardi di un nemico comune, doveva partecipare in modo attivo agli sforzi e alle sofferenze che comportava; insomma da quel momento il Signore s'impegnò in prima persona in tutte le vicende umane.
D'altronde, nulla è impossibile al Signore, stare nei cieli e nell'arca.

Pur se quella "colomba" non tornò, ecco che si trova il suo nome diffuso e nascosto in due parole molto usate nell'ebraismo che hanno una grande relazione con le vicende bibliche:
  • "altissimo" "Èlion" che si trova in ebraico oltre 50 volte nella Tenak e di cui ben 4 nell'incontro di Abramo con Melchisedek, figura del sacerdote in eterno, ove è ricordato l'Altissimo "creatore del cielo e della terra" forse proprio per accennare che in quel mondo che nella creazione Dio era sopra come una colomba (): "Intanto Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole: Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici. Abram gli diede la decima di tutto. Poi il re di Sodoma disse ad Abram: Dammi le persone; i beni prendili per te. Ma Abram disse al re di Sodoma: Alzo la mano davanti al Signore, il Dio altissimo, creatore del cielo e della terra..." (Genesi 14,18-22) e ciò avvenne proprio vicino alla città di Salem della pace la futura Gerusalemme.
  • "Sion" "Tzion" parola che compare circa 150 volte nella Bibbia in genere con il significato di "fortificazione" e riguarda proprio la rocca del "nostro Dio" nella città di Davide, appunto Gerusalemme, in quanto Dio l'Altissimo: "Egli ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe. Cose gloriose son dette di te, o città di Dio! ...l'Altissimo la mantiene salda" (Salmo 87,2.3.5b) e la parola "Sion" dice di sé "vi scese la colomba ()".
Questa è la colomba che tutti i Vangeli in modo concorde menzionano al momento del battesimo di Gesù al fiume Giordano da parte del Battista:
  • Matteo 3,16-17 - "Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto".
  • Marco 1,9-11 - "In quei giorni Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, uscendo dall'acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto."
  • Luca 3,21-22 - "Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto".
  • Giovanni 1,32-34 - "Giovanni rese testimonianza dicendo: Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. Io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio".
Lo Spirito di Dio era uscito dal Tempio di Gerusalemme per scendere a testimoniare che quegli era il "Figlio" atteso e che il corpo di Cristo era il nuovo vero Tempio di IHWH.
I sinottici poi parlano di una "voce dal cielo", ossia la "Bat kol" ebraica, quella che significa "figlia di una voce".

È questa una "voce celeste" che pur dopo la fine del periodo profetico ha continuato a comunicare i messaggi di Dio all'uomo e che secondo la tradizione dal Sommo Sacerdote veniva alcune volte ascoltata nel Tempio.
Chi voleva conoscere il Padre la sua voce era ora a disposizione col suo Figlio, il Verbo, ed ecco iniziarono a seguirlo i primi discepoli.

Le vicende terrene del Figlio, il servo di IHWH annunciate dal profeta Isaia sono raccontate nei Vangeli; morto in croce, risorto, prima di salire al cielo inviò il suo Spirito sulla Chiesa da lui nascente perché tutti i suoi fratelli annunciassero la buona notizia a tutti gli uomini del mondo e li battezzassero nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo.

Il Vangelo di Giovanni 21,1-14 però dopo la sua resurrezione ci presenta un evento che apre lo sguardo sulla pesca miracolosa che farà la Chiesa col portare conoscere ai popoli il volto misericordioso di Dio padre e madre di tutti gli uomini che lo vogliano e questo è il racconto di quel Vangelo: "Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: Io vado a pescare. Gli dissero: Veniamo anche noi con te. Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: Figlioli, non avete nulla da mangiare? Gli risposero: No. Allora egli disse loro: Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete. La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: È il Signore! Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano, infatti, lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: Portate un po' del pesce che avete preso ora. Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: Venite a mangiare. E nessuno dei discepoli osava domandargli: Chi sei? perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti."

Di tale evento mi sono interessato in "Carpentieri giusti per l'Arca che entra nell'ottavo giorno" ove tra l'altro misi in evidenza l'intento di manifestare la situazione di un post-diluvio "di grazia", con Gesù e la barca di Pietro, otto persone in tutto come gli otto dell'arca di Noè e l'apertura di un tempo nuovo per la nascita di una nuova umanità.

Gli apostoli sulla barca provengono dal settimo giorno e finalmente arrivano alla sponda su cui c'è Gesù, il risorto, che sta sull'asciutto dell'ottavo giorno.
Li ci fu un banchetto, con un pesce arrostito, figura del banchetto escatologico dopo la vittoria su Gog e Magog in cui con il Messia i risorti, i suoi compagni di vittoria, mangeranno le carni dei mostri bestiali come il Leviatano e il "Behamot" figure dell'incarnazione del male.

PROVERBI 8 - DECRIPTAZIONE
Nella trattazione precedente abbiamo visto come il capitolo 8 del libro dei proverbi presenta una intensa pagina sulla Sapienza.
Col mio metodo di lettura per decriptazione di parole e testi di cui in "Parlano le lettere" di cui ho già detto ho affrontato quel complesso di versetti ottenendo una intensa pagina messianica.
Tra l'altro inizia proprio con la Sapienza che fa udire la sua voce, ed è questa proprio una voce dal cielo che smuove gli uomini e li riporta al Padre.
Comincio col ricordare il testo in italiano - C.E.I. 2008 dei primi 4 versetti di cui riporto anche il testo ebraico e la decriptazione giustificata:

Proverbi 8,1 - La sapienza forse non chiama e l'intelligenza non fa udire la sua voce?



Proverbi 8,2 - In cima alle alture, lungo la via, nei crocicchi delle strade si apposta,



Proverbi 8,3 - presso le porte, all'ingresso della città, sulle soglie degli usci essa grida:



Proverbi 8,4 - A voi, uomini, io mi rivolgo, ai figli dell'uomo è diretta la mia voce.



Proverbi 8,1 - Esce il 'no , la Sapienza al completo si versa col corpo , l'Unigenito la reca tutta dentro , la reca con i lamenti ; indica al drago che a rovesciare lo porterà il Potente dal mondo .

Proverbi 8,2 - Il Figlio per espiare la pena nel corpo si portò di un vivente a stare . Il misfatto è a sbarrare . A fiaccare in casa è il drago . La fine sarà in casa a recargli , tutto (di lui) andrà in rovina () dentro al mondo .

Proverbi 8,3 - Del Potente è l'aiuto sorto . Al nemico è da Madre guizzato il Verbo . La preziosa purezza dentro reca . L'Unigenito per liberare è gli uomini . Col corpo angeli usciranno .

Proverbi 8,4 - Dio è così con la Madre , un uomo è il vivente . L'Unigenito versato alla vista porta una fune (per fuggire) dal serpente ad esistere .

Poi la parte dice:
  • Dall'Unico il cuore inviato è all'Uomo
  • Di Dio il Figlio è un uomo
  • Dio figlio è d'Adamo .
Voglio poi evidenziare il versetto 31 che ritengo importante.

Proverbi 8,31 - giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo.



La prima cosa che si nota sono le lettere di Messia "Mashiach" con cui inizia la prima parola che possiamo anche aprire come per "liberare () si chiuse ".

La seconda cosa che si nota sono le lettere della parola arca "tebat" .

La decriptazione porta al seguente pensiero:

Proverbi 8,31 - "Il Messia si versa nell'arca . (Per liberare si chiuse nell'arca). A casa del serpente in terra si porta . Le delizie sono Venute (). Il figlio è dell'Uomo ."

Pare proprio una conferma all'idea del Signore che si chiuse nell'arca di quando nel precedente paragrafo commentavo "il Signore chiuse la porta dietro di lui." (Genesi 7,16)

Riporto di seguito il risultato della decriptazione di tutto il capitolo.

Proverbi 8,1 - Esce il "no", la Sapienza al completo si versa col corpo, l'Unigenito la reca tutta dentro, la reca con i lamenti; indica al drago che a rovesciare lo porterà il Potente dal mondo.

Proverbi 8,2 - Il Figlio per espiare la pena nel corpo si portò di un vivente a stare. Il misfatto è a sbarrare. A fiaccare in casa è il drago. La fine sarà in casa a recargli e tutto (di lui) andrà in rovina dentro al mondo.

Proverbi 8,3 - Del Potente è l'aiuto sorto. Al nemico è da Madre guizzato il Verbo. La preziosa purezza dentro reca. L'Unigenito per liberare è gli uomini. Col corpo angeli usciranno.

Proverbi 8,4 - Dio è così con la Madre, un uomo è il vivente. L'Unigenito versato alla vista porta una fune (per fuggire) dal serpente ad esistere. Dall'Unico il cuore inviato è all'Uomo. Di Dio il Figlio è un uomo. Dio figlio è d'Adamo; un nuovo Adamo perché ora dentro ha il cuore di Dio. Un nuovo Adamo perché ora dentro ha il cuore di Dio.

Proverbi 8,5 - Entratogli in casa è dell'angelo (ribelle) portatosi il Verbo. Completo il terrore in azione al verme reca dal trono. È il Potente a stare in un vivente, entrato dentro ad abitare del serpente a casa.

Proverbi 8,6 - Per bruciare dai viventi il peccare con la rettitudine è lo splendore ad esistere, l'aiuto è del Vivente. Dalla nube il Figlio si reca tra i viventi. Il Verbo finalmente chiuso in un semplice vivente è. Il Principe è un vivente!

Proverbi 8,7 - Così è l'Unigenito da uomo ad esistere al mondo. In cammino in campo un amo è stato portato. Ha scelto di portarsi in azione. In una famiglia - casa prescelta è nel corpo sorto per agire.

Proverbi 8,8 - Da casa giù alla polvere, alla prigione del ribelle il Verbo sta. Dall'Unico è inviato dentro al mondo. Per i viventi a lottare s porta col perverso.

Proverbi 8,9 - Alla vergogna ha inviato la rettitudine in un vivente dai viventi perché dentro ci sia ad abitare un retto. È per la Madre al serpente in vita giù la calamità nel tempo.

Proverbi 8,10 - A rovesciargli l'annuncio del castigo s'è portarlo Dio dal trono. Il Verbo si reca per aiutare nel tempo i viventi. In una grotta si porta. Scende da inviato l'eletto.

Proverbi 8,11 - Così s'è il Cuore portatosi dentro al mondo. La sapienza vive col volto. Il Figlio si è dalla Madre portato. Si reca dalla sposa alla prigione per liberarla. È a vivere dal serpente. Da uomo si porta a bastonarlo dentro al mondo.

Proverbi 8,12 - L'Unigenito inviato è a racchiudere la rettitudine nei viventi che nel mondo abitano. Alla fine è in azione nel sangue per la perversità sbarrare. Con l'agire puro colpirà della morte chi è l'origine.

Proverbi 8,13 - È in un corpo venuto il Signore. Con una luce d'angeli l'Unico ha indicato alla conoscenza che in cammino l'Unigenito al mondo si porta. Crescerà porterà a fuggire dai corpi con la rettitudine il male. E il Verbo è alla fine al mondo scaturito per recare il cambiamento completo dell'esistenza.

Proverbi 8,14 - Dal serpente è in azione sceso al mondo per recare la salvezza l'Unigenito. Inviato è stato da casa. È per guidarli. Sarà in cammino casa (in cielo) a recarli col corpo dal mondo.

Proverbi 8,15 - Così è dei viventi nel cammino. Nei giorni il Re si porta e in segreto inviato è stato. La Madre è stata dal seno a versarlo; ha portato il Giusto!

Proverbi 8,16 - Dentro la rettitudine è in vita. La forza per risorgere col corpo è stata portata e in regalo è a casa degli esseri viventi così del Potente alla luce il Verbo. Per amore è in terra.

Proverbi 8,17 - L'Unigenito inviato è stato dall'Unico. Entrato in una casa è del mondo. Per amore si porta dai viventi. Alla luce pane bianco è, un'azzima dell'Unico inviato dagli angeli nell'esistenza.

Proverbi 8,18 - Ad operare in un corpo reca la rettitudine dentro e per aiutare l'Unigenito finalmente si è al mondo portato dall'angelo (ribelle) nel tempo. Una speranza scende nella polvere per l'uscita.

Proverbi 8,19 - Il Cuore ha portato da casa. Il frutto esiste in un vivente chiuso nel corpo. L'ha portato giù, l'ha recato dai viventi il Verbo. Questi a recarlo finalmente dentro l'ha portato. Dell'Unico finalmente è dai viventi dal trono di persona l'Eletto.

Proverbi 8,20 - Dentro l'Unigenito al corpo ha rinchiusa la giustizi. Ha steso i padiglioni la rettitudine. Dentro completamente ha portato cosi un sentiero. Porterà tutti i viventi risorti il Verbo nel cuore.

Proverbi 8,21 - Dal Potente al mondo inviato in vita è il potente amore degli esseri. È la risurrezione a recare. Su col corpo alla fine saranno dal mondo gli esseri viventi dall'Unico in pienezza.

Proverbi 8,22 - Il Signore sulla paglia inviato è col corpo da Donna. Per via si porta versato col sangue dai viventi. Il Verbo in azione dal serpente si è portato. Nei viventi l'Unigenito lo colpirà.

Proverbi 8,23 - Vive un fanciullo con la Madre. Dagli angeli una capanna indicata è ai viventi alla vista con una luce. A vivere versatosi nel sangue è l'Unigenito in un corpo sceso.

Proverbi 8,24 - Da casa l'Unigenito è inviato alla fine al mondo. La morte annuncia al potente serpente, finalmente è dentro ad annullarlo. Gli vive la rovina. Dell'angelo si porta la fine. Per ucciderlo da solo è dai viventi; è con la Madre.

Proverbi 8,25 - Dentro il Cuore in un corpo di un vivente partorito è stato dalla Madre. Entrò il Cuore dentro un fanciullo. Il Verbo inviato è stato in cammino per le preghiere. Alla fine alla prigione del serpente il Potente serpente a finirlo è.

Proverbi 8,26 - Dall'Eterno il "no" si vede alla luce uscito in terra, e per le strade si porta la Torah dell'Unico sorta in azione. Il Verbo col corpo si porta alla fine alla casa del serpente.

Proverbi 8,27 - Dentro al mondo esce della rettitudine la forza che abita i cieli. A sorgere in un vivente dell'Unico il frutto dentro della legge porta l'annuncio. In cammino dall'alto il Verbo inviato è a finire la perversità dei viventi.

Proverbi 8,28 - Dentro la forza reca dell'illuminazione della legge a stare viva tra i viventi. Ad agire in il Cuore la forza reca. Questi la rovina gli invia per portare la fine al deserto della vita.

Proverbi 8,29 - Dentro l'illuminazione reca ai viventi. Si reca per reciderlo. È viva la legge. Gli porta il bastone in vita. È per la Madre il 'no' ad esistergli. Dall'aldilà l'ha portato dentro la prigione e sorge per bastonarlo. In pienezza per aiutare, è l'Unigenito col corpo sceso.

Proverbi 8,30 - E "Io sono" ha iniziato giù dal serpente a recarsi. L'Unigenito in vita si porta per ricusarlo dal mondo in Gesù. Dai simili si vede essere con la Madre da cui è stato portato in vita. Un giorno in vita risorto dalla tomba abbatterà completamente il serpente. Il Verbo inviato è stato per portare a casa la sposa dal tempo.

Proverbi 8,31 - Il Messia si versa nell'arca. (Per liberare si chiuse nell'arca). A casa del serpente in terra si porta. Le delizie sono venute. Il figlio è dell'Uomo.

Proverbi 8,32 - Si reca nel tempo al mondo il Figlio, è per liberare i viventi dal peccare del serpente. All'esistenza (del mondo) si porta da Donna. In un corpo ci fu la via. Ci fu la forza per bruciare l'amarezza portataci.

Proverbi 8,33 - Per bruciare dalla vita il peccare si porta dai viventi. Reca in pienezza lo spirito della rettitudine della vita e Dio per finire il soffio del male lo reca.

Proverbi 8,34 - L'Unigenito sorto nel corpo è l'uomo che brucerà il misfatto che esiste per il serpente. Con la luce ha versato la conoscenza che un nato del serpente finirà totalmente l'esistenza un giorno. Si è portato in vita dal serpente per custodire i viventi. Da questi si reca per colpirlo, tutti a liberare è.

Proverbi 8,35 - Così, è in un vivente sceso l'Unigenito. È un'azzima dell'Unico a stare tra i viventi. È stato dalla Madre portato, bello, versato col corpo. Giù si porta dagli angeli ai viventi il Signore.

Proverbi 8,36 - E al mondo il cuore dell'Unico, è racchiuso in un vivente. Per riempire le anime ha recato la rettitudine. Al serpente, che i viventi odia, è per amore a portare la morte.

a.contipuorger@gmail.com

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