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ALZATI, RIVESTITI DI LUCE
di Alessandro Conti Puorger

LUCE DEL MONDO
Per il cristiano la veste bianca o "alba" è il segno di "Luce" che Dio dona con la dignità perduta ai figli di Adamo al loro rinascere col "Battesimo", nel "nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo", come figli di Dio e coeredi di Cristo.
Nel libro del Nuovo Testamento detto "Apocalisse" c'è una forte tensione per tale veste che è ricordata tante volte, come in:
  • Apocalisse 3,4 - "...cammineranno con me in vesti bianche."
  • Apocalisse 3,5 - "Il vincitore sarà vestito di bianche vesti..."
  • Apocalisse 20,7-8 - "...sono giunte le nozze dell'Agnello; la sua sposa è pronta: le fu data una veste di lino puro e splendente..."
La profezia al capitolo 60 del libro del profeta Isaia relativa alla Città di Dio, la nuova Gerusalemme, splendida Città del Cielo propone:
  • Isaia 60,1 - "Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te."
  • Isaia 60,14 - "Ti chiameranno Città del Signore, Sion del Santo d'Israele"
  • Isaia 60,19-20 - "Il sole non sarà più la tua luce di giorno, né ti illuminerà più il chiarore della luna. Ma il Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio sarà il tuo splendore..."
È quella "la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso" (Ebrei 11,10) che il libro dell'Apocalisse in 21,2 intravede scendere dal cielo: "E vidi anche la Città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo."
(Come si vedrà, il tema si ritrova nella decriptazione di Levitico 10, punto centrale della Torah.)

La "Luce" è il distintivo della Città di Dio e il Vangelo di Giovanni la riferisce a Gesù di Nazaret, l'Agnello e ogni suo seguace che aspira a esserne cittadino è portatore di riflesso della "Luce" del Signore, onde come rivestito di un vestito splendente per l'energia divina che l'investe, il fedele è simile a un'ape che al posarsi lascia polline celeste e produce frutti per il Regno di Dio; infatti, "Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui". (Luca 10,5s)

Le tenebre del mondo sono state squarciate quando, giunto il tempo di usare misericordia verso l'umanità immersa nelle tenebre dell'errore, IHWH, il Misericordioso, s'affacciò dai cieli e al roveto ardente disse a Mosè "...il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l'oppressione con cui gli Egiziani li tormentano". (Esodo 3,9)

Il Signore con gli eventi della Torah ha cercato il nido ove far spuntare il virgulto, figlio di Dio e dell'Uomo, il "nazer" annunciato dal profeta Isaia: "Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto ("nazer" ) germoglierà dalle sue radici" (Isaia 11,6) e il Vangelo di Giovanni 1,9 col dire "Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo" avverte che Dio non solo ha visto, ma è anche venuto in terra in un uomo per rivestire di luce l'umanità.

Quella profezia della luce e di una Città speciale si ritrova nel "discorso della montagna" quando Gesù a chi lo segue, i primi catecumeni, dice: "Voi siete la luce del mondo" e prosegue, "non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli." (Matteo 5,14-16)

Quella città sopra un monte è la nuova Gerusalemme del Messia.
I discepoli recano la luce che Padre con il "Kerigma", la "predicazione" del Figlio che accende lo Spirito Santo in chi ascolta.

San Paolo ai catechizzati della chiesa di Filippi, in linea con questi pensieri, propone: "...siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo." (Filippesi 2,15)

La profezia luminosa di Isaia 60 comportava che l'innesco di tutto sarebbe stata proprio Gerusalemme col suo Tempio, specchio di una città futura che si costruisce nei cieli e che era attesa scendere in terra alla fine dei tempi grazie al Messia portatore di Luce.
Il cristianesimo che ha invaso il mondo, nato dal ceppo dell'ebraismo è proprio l'attuazione di tale profezia, infatti:
  • Isaia 60,3 - "Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere."
  • Isaia 60,16 - "Io sono il Signore tuo salvatore e tuo redentore, io il Forte di Giacobbe."
  • Isaia 60,21 - "Il tuo popolo sarà tutto di giusti."
perché giustificati dal Signore come del resto conclude San Paolo, "tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù." (Romani 3,23s)

Nitido è il pensiero di Isaia e netta la sua profezia ed ecco che all'inizio del successivo capitolo, il 61, Isaia annuncia proprio la venuta del Messia che aprirà il tempo della grazia: "Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore..." (Isaia 61,1s) e questo è proprio il brano di Isaia che Gesù lesse nella sinagoga di Nazaret all'inizio della predicazione (Luca 4,16-30).

Iniziava con lui la lotta finale della luce contro le tenebre, iniziata sin dai tempi dei patriarchi Abramo, Isacco, Giacobbe e poi di Mosè, finché Dio si scelse e istruì il popolo da cui sarebbe partita l'illuminazione per tutti i popoli.

Visto che "Tutta la Sacra Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere e educare nella giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona" (2Timoteo 3,16) vi ho cercato quali remore quel popolo frappose all'invito di Dio, in quanto esemplificative delle reazioni di chi, di fatto, in qualche modo non entra o ritarda nel cammino di conversione, il che è un po' un pericolo per tutti.

Come m'è solito, m'avvicino a quelle antiche Scritture pure col potente strumento della lettura delle parole ebraiche in base ai significati grafici delle lettere (Vedi colonna destra delle pagine di questo mio Sito) che aiuta a far sgorgare idee che ne chiariscono parti importanti; dice, infatti, il profeta Geremia "La mia parola non è forse come il fuoco - oracolo del Signore - e come un martello che spacca la roccia?" (Geremia 23,29) per cui le scintille d'illuminazione da una sola parola sono tantissime e non vanno disperse perché hanno importanti aspetti che aprono la mente e il cuore.

LA CORONA DELL'ETERNITÀ
La prima coppia umana dei nostri progenitori, l'Adamo biblico aveva ricevuto dal Creatore il soffio del suo Spirito e il "midrash" dei primi capitoli del libro della Genesi (ossia il prodotto a forma di parabola di una ricerca "daresh" suggerita dal pensiero divino) riferisce che quei due parlavano "faccia a faccia" col Signore.
Dopo aver peccato Adamo aveva però perso il vestito che Dio gli aveva donato nel crearlo, come si deduce dai primi capitoli del Genesi della Torah e come ho evidenziato in "Il vestito di Dio".

Il Signore Dio, in quella occasione, infatti, chiamò l'uomo che rispose: "Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo ("e'irom" ), e mi sono nascosto. Riprese: Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?". (Genesi 3,9ss)

Adamo, solo dopo il peccato si sente "nudo"; se ne deduce che era svanito il suo vestito di luce.
Nudo è "e'irom" , mentre il serpente come precisa in Genesi 3,1 era "astuto" "a'rum" e i due termini sono molto vicini come lettere ebraiche.
Quell'astuto "a'rum" riferito al serpente nasconde che un nemico si porta ai viventi " e il risultato c'è stato, lo denuncia quel nudo di Adamo, "e'irom" infatti, "guai nel corpo del vivente ".

Dice l'Apocalisse:
  • Apocalisse 3,18 - "Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, e abiti bianchi per vestirti e perché non appaia la tua vergognosa nudità, e collirio per ungerti gli occhi e recuperare la vista."
  • Apocalisse 16,15 - "Beato chi è vigilante e custodisce le sue vesti per non andare nudo e lasciar vedere le sue vergogne."
I progenitori fecero come il figliol prodigo della parabola di Luca 15,11-32 che, pretesa l'autonomia, uscì dalla casa del Padre.
La tensione di Dio per la discendenza di Adamo, peraltro, è simile a quella del padre di quella parabola che attende il ritorno del figlio per integrarlo in famiglia e in tale racconto pure c'è un vestito che è segno di dignità: il padre, infatti, ordinò ai servi: "Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi." (Luca 15,22)

L'allontanamento dal Paradiso ci fu quando la prima coppia cadde nell'errore di non credere all'amore di Dio che l'aveva formata e, pur ancora inesperti nella scuola della vita vera, presero la decisione di disporre a proprio modo dell'esistenza, avendo mangiato dell'albero della conoscenza mescolando il male al bene, senza però ancora il discernimento per la scelta.
Tutte le Sacre Scritture con i fatti accaduti narrati nella Tenak o Bibbia ebraica sono poi testimonianza della storia di salvezza che il Signore Dio ha portato avanti per ogni uomo, storia che è proseguita con la "Buona Notizia" dei Vangeli e poi con le vicende storiche della Chiesa e del cristianesimo.
Il libro dell'Esodo e i successivi della Torah riferiscono che il Signore sancì una prima alleanza con i figli d'Israele, ma questi, come Adamo, inciamparono col grave peccato d'idolatria del "vitello d'oro", che di tutti i peccati d'Israele è considerato il peggiore, tanto che la sofferenza e l'esilio dei tempi successivi la tradizione ebraica e gli stessi rabbini li fanno risalire a tale errore. (Vedi: Voce "Vitello d'oro" nel Dizionario di usi e leggende ebraiche di Alan Unterman - Laterza 1994)

Il Signore Dio per intercessione di Mosè perdonò quel peccato e continuò a curare quel popolo in forza dell'alleanza solo da Lui rispettata, ma i cieli per il ritorno definitivo, purtroppo, restarono ancora chiusi.
Si sarebbero aperti solo al momento in cui Dio avrebbe mandato il Messia.

In occasione dell'episodio del vitello d'oro il Signore disse a Mosè: "...Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione" (Esodo 32,9s).

Quanto in grassetto sui testi della Tenak o Bibbia ebraica è "ecco un popolo dalla dura cervice (è) lui",



"hinneh a'm qesheh o'roef hu'"

ove "a'm" è popolo, "qesheh" è "duro - dura" e "o'roef" è "cervice".
Il versetto, in sintesi dice, questo popolo, "ecco" "hinneh", è in quel certo modo, vale a dire è di "dura cervice"; che significa tale espressione?

È da porre l'attenzione che "popolo" "a'm" è da distinguere da "goi" che è usato per definire un "popolo straniero, un gentile, un pagano".

Per capirne di più è da provare ad arricchire quelle parole con quanto si può dedurre dai significati grafici delle singole lettere dell'alfabeto ebraico indicati dalle schede sulla colonna a destra delle pagine di questo mio Sito, cliccando sui vari segni e nell'articolo "Parlano le lettere" ove vi sono anche le regole del metodo che porta alla decriptazione dei testi biblici capace di fornire dalle Sacre Scritture pagine di secondo livello riferite alla epopea messianica.
(In Appendice riporto la decriptazione di Isaia 60 che inizia con "Alzati, rivestiti di luce...")

Il proprio popolo è "a'm", è la nazione dove uno nasce, è il luogo ove "vede (gli altri essere) dei viventi ", altri come è se stesso per educazione e credo, ove "agisco vivendoci ", mentre un popolo straniero "goi", quello di un gentile o pagano è di qualcuno che si porta verso di noi o dove ci si reca uscendo dal proprio popolo, spesso in esilio, un popolo straniero, appunto "goi", ove "camminando ci si porta a stare " o "in cammino si portano a stare ".

Dio chiama "popolo" quelli fatti uscire dall'Egitto prima che abbiano una terra, perché Dio stesso è il loro unico bene, la loro terra e il loro cemento; insomma da parte di Dio il chiamarlo "popolo" "a'm" rivela il sentimento e l'intima e immutabile decisione che in quel popolo v'intende "agire da Vivente ".

Passiamo ora a "qesheh" le cui lettere sono il radicale di "essere difficile, duro, gravoso, ostinato, divenire acuto, persistere ostinatamente", come sono acuti e pertinaci per una donna i dolori del parto (Genesi 35,17).
Ivi la lettera "qof" pare un vaso che versa e per forma è una "resh" , ossia un corpo che si piega, una testa che vomita, v'è perciò insito il senso di piegarsi, ma non di spezzarsi e di rovesciare qualcosa, come si contorcono le donne quando perdono le acque nei dolori del parto, indi "qesheh" è "un piegarsi per il bruciore - fuoco che esce " e qesh è "paglia, stoppa, erba secca", che "si piega al fuoco ( iniziale di "shamoesh","sole" ).

Prova che c'è il concetto che si piega e non si spezza si trova nella parola "arco" "qoeshoet" che per la prima volta si trova in Genesi 9,13 "Il mio arco ("qashoetti") pongo sulle nubi ed esso sarà il segno dell'alleanza tra me e la terra" che molti interpretano come arcobaleno e da arco viene arciere "qesshat" che "rovescia brucianti segni ".

Abbiamo poi la parola "o'roef" "cervice o nuca" ove graficamente la lettera "pe" = è il profilo di una testa rappresentata dalla lettera "resh" con davanti disegnate le narici di un naso e/o l'apertura della bocca e con i significati grafici delle lettere si spiega in questo modo: "si vede la testa - corpo di chi parla ", cioè si è dietro di lui e se ne vede il corpo, quindi, la nuca, oppure, ancor peggio, questi ha girato le spalle in modo offensivo.
Accade, allora, che si può considerare come + , vale a dire questi diviene un nemico di chi parla, delle sue parole e del suo parlare .

Questa del resto è anche l'interpretazione di Rashi (Rabbi Shlomo Itzchaki 1040-1105) commentatore della Bibbia per cui l'espressione di dura cervice sta a significare che quegli volge la "parte dura" della cervice, la nuca, ossia volge le spalle a coloro che lo rimproverano, rifiutandosi di ascoltarli e del pari Ovadia Sforno (1475-1550) commentatore del significato letterale del testo biblico sostiene che "popolo di dura cervice" è metafora della caparbietà in riferimento a chi ha il collo rigido per girarsi che, quindi, se prende una via non si volgerà mai indietro; stessa interpretazione in "Ibn 'Ezrà".

Torniamo all'episodio del colloquio di Mosè col Signore dopo il peccato del vitello d'oro in cui s'accese l'ira del Signore; in tale occasione Mosè in Esodo 32,11-13 espose quattro pensieri per cercare di placarne l'ira:
  • il popolo non era di Mosè, ma del Signore e se quella gente fosse scomparsa la perdita non sarebbe stata per Mosè, ma per il Signore stesso;
  • liberandoli dalla schiavitù d'Egitto erano diventati una bandiera per il mondo che indicava che IHWH era potente e sovrano ancor più del faraone;
  • perché allora rinunciare e far vincere il faraone?
  • ricorda i meriti dei patriarchi e il giuramento che il Signore aveva fatto loro.
Ecco, allora, che il versetto Esodo 32,14 fa conoscere l'esito ottenuto, "Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo", ossia revocò il male con cui intendeva affliggere il Suo popolo.

Il testo poi racconta di come Mosè scende dal monte, distrugge le tavole della testimonianza che Dio aveva scritto col proprio dito e punisce a proprio modo il popolo con una punizione dura che si conclude anche con l'uccisione di 3.000 uomini da parte di Leviti (Esodo 32,28).
Mosè poi se tornò sul monte per altri quaranta giorni e quaranta notti.

Questo dire da parte del Signore di "un popolo dalla dura cervice", in effetti, nel libro dell'Esodo si ripete per altre tre volte; vediamo come.
Nel successivo brano Esodo 33,1-6 tale appellativo appare due volte.
Il Signore qui si manifesta già acquietato in una qual certa misura dalle preghiere e dall'agire riparatorio condotto da Mosè e per la prima volta dopo il peccato del vitello d'oro tramite lo stesso Mosè riparla al popolo che chiama per nome e non come precedentemente aveva detto "il popolo" o "il tuo popolo", ma li definisce come gli Israeliti e nel testo ebraico i "figli d'Israele".

La risposta del Signore a Mosè fu la seguente: "Su, sali di qui tu e il popolo che hai fatto uscire dalla terra d'Egitto, verso la terra che ho promesso con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe, dicendo: La darò alla tua discendenza. Manderò davanti a te un angelo e scaccerò il Cananeo, l'Amorreo, l'Ittita, il Perizzita, l'Eveo e il Gebuseo. Va' pure verso la terra dove scorrono latte e miele. Ma io non verrò in mezzo a te, per non doverti sterminare lungo il cammino, perché tu sei un popolo di dura cervice. Il popolo udì questa triste notizia e tutti fecero lutto: nessuno più indossò i suoi ornamenti. Il Signore disse a Mosè: Riferisci agli Israeliti: Voi siete un popolo di dura cervice; se per un momento io venissi in mezzo a te, io ti sterminerei. Ora togliti i tuoi ornamenti, così saprò che cosa dovrò farti. Gli Israeliti si spogliarono dei loro ornamenti dal monte Oreb in poi." (Esodo 33,1-6)

Come si comprende da tale testo nel Signore ci sono ancora delle remore, infatti, con polemica dice a Mosè di salire con il popolo che "che hai fatto uscire dalla terra d'Egitto" al paese ove scorre latte e miele che ha giurato ad Abramo, Isacco e Giacobbe, di darlo alla loro posterità, che manderà davanti a se un angelo e caccerà i popoli che vi abitano, ma non li accompagnerà direttamente, perché è un popolo di dura cervice e lo potrebbe distruggere per via.

C'è in questo brano tutta una questione sugli "ornamenti", ricordati 3 volte, come ho evidenziato in rosso, chiamati dal testo "oe'diu" ai versetti 4 e 5 ed "e'deiam" nel 6, termini che possono essere tradotti anche "con gioielli", "monili" o "abiti di gala", ma la tradizione o "qabalah" e il "Talmud" preferiscono considerarli come "corona - corone". (Targum Yonatan e Rashi, - Shabbat 88°)

Dopo l'enunciazione in Esodo 20 delle dieci parole, in Esodo 24,1-10 al momento dell'alleanza accadde però che Mosè e una parte scelta del popolo videro il Signore e rimasero in vita, infatti: "Il Signore disse a Mosè: Sali verso il Signore tu e Aronne, Nadab e Abiu e settanta anziani d'Israele; voi vi prostrerete da lontano, solo Mosè si avvicinerà al Signore... Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme... Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d'Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l'altra metà sull'altare. Quindi prese il libro dell'alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto. Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: Ecco il sangue dell'alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole! Mosè salì con Aronne, Nadab, Abiu e i settanta anziani d'Israele. Essi videro il Dio d'Israele: sotto i suoi piedi vi era come un pavimento in lastre di zaffìro, limpido come il cielo. Contro i privilegiati degli Israeliti non stese la mano: essi videro Dio e poi mangiarono e bevvero."

Il discorso degli ornamenti di Israele è da riferire a questo momento e proprio a quel dire "lo eseguiremo e vi presteremo ascolto".
In tale occasione, in effetti, ci fu un'irruzione di vita eterna sull'umanità, in quanto, una parte di questa poté vedere Dio e restare in vita, ma poi in Esodo 33,21 Dio stesso dirà a Mosè sull'Oreb "...Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo".

In quel dire da parte del popolo "eseguiremo e vi presteremo ascolto" c'è una tensione particolare; nel testo è "na'shoe venishema'" che Rashi interpreta come "eseguiremo e obbediremo".

In "nishema'" , infatti, c'è il radicale che nella liturgia ebraica e nelle preghiere individuali (assieme al Kaddish) è la più recitata ed è formata da vari brani ed inizia con "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze..." (Deuteronomio 6,4-9; 11,13-21 e Numeri 15,37-41)

"Shema' Israel IHWH 'Oelohenu IHWH 'oechad..."

Nella Tenak quel versetto è scritto come qui di seguito con quelle due lettere ingrande che paiono proprio ricordare l'eternità "e'd" cui aspira chi desidera assolvere quel comandamento.



Vi si trova citato 3 volte il Santo Nome, di cui due come IHWH oTetragramma sacro, unito a "'Oelohenu" "Dio Nostro" .
Ora, per la tradizione giudaica il Tetragramma IHWH, che gli ebrei leggono con "Signore" o "Eterno" o 'Adonai", indica la "Middath ha-rachamim", ossia la qualità divina della misericordia, mentre "'Oelohenu" riguarda la "Middath ha-din", ossia la giustizia divina e quelle della Giustizia e Misericordia sono le due qualità ritenute principali della maestà divina.

Con "'Oelohenu" "Dio Nostro" è quello che la Genesi presenta quale "'Elohim " , vale a dire Dio "'El " con tutta la sua corte angelica, "gli usciti da Lui che sono viventi ", i suoi ministri, vale a dire l'assemblea del concilio della corona in cui presente c'è ovviamente anche la giustizia e dal libro di Giobbe s'evince come se la funzione d'avvocato d'accusa fosse delegata a Satana (ivi nominato 15 volte in 1,6.7*.8.9.12* e 2,1.2*.3.4.6.7.13 negli * 2 volte).

Che nella preghiera dello "Shema'" si trova due volte il nome IHWH che sottende l'idea della misericordia e una sola volta "'Oelohenu" che ricorda la giustizia, aggiunge un perché anche sotto l'aspetto numerico al motivo per cui è detto che "la misericordia ha sempre la meglio nel giudizio". (Giacomo 2,13)

Mosè nella sua supplica successiva al peccato del vitello d'oro chiese a Dio di tornare sulla propria decisione e di camminare col popolo dicendo: "Vedi, tu mi ordini: Fa' salire questo popolo, ma non mi hai indicato chi manderai con me Rispose: Il mio volto camminerà con voi e ti darò riposo. Riprese: Se il tuo volto non camminerà con noi, non farci salire di qui. Come si saprà dunque che ho trovato grazia ai tuoi occhi, io e il tuo popolo, se non nel fatto che tu cammini con noi? Così saremo distinti, io e il tuo popolo, da tutti i popoli che sono sulla faccia della terra." (Esodo 33,12-16)

In pratica la richiesta fu che quel "Dio nostro" "'Oelohenu", come dicono le lettere fosse veramente a spezzarsi, vi fosse comunione totale con compartecipazione della storia e "Dio nel mondo abiti ()", insomma che la Giustizia si piegasse alla Misericordia.

La risposta del Signore sull'Oreb fu positiva, infatti, "Disse il Signore a Mosè: Anche quanto hai detto io farò, perché hai trovato grazia ai miei occhi e ti ho conosciuto per nome." (Esodo 33,17), ma c'era da risolvere ancora un ma!

Dio pare che voglia aderire, ma poi dirà a Mosè "...vedrai le mie spalle, ma il mio volto non si può vedere" (Esodo 33,23) e questo dire rende noto che è ancora in atto una punizione, perché il popolo è di dura cervice .

In pratica dice Dio, il popolo mi ha voltato le spalle e, allora, anche di me non si potrà vedere altro che le spalle, come dirà il profeta Zaccaria: "Ma essi hanno rifiutato di ascoltarmi, mi hanno voltato le spalle, hanno indurito gli orecchi per non sentire. Indurirono il cuore come un diamante per non udire la legge e le parole che il Signore degli eserciti rivolgeva loro mediante il suo spirito, per mezzo dei profeti del passato. Così si accese un grande sdegno da parte del Signore degli eserciti. " (Zaccaria 7,11s)

In Esodo 33,17 Dio, in effetti, come ho evidenziato in grassetto, ha usato il futuro, "io farò"; si tratta perciò di una profezia che si compirà almeno dopo 1000 anni, dopo dato che "...davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo." (2Pietro 3,8)

Lì il Signore ammette d'avere un volto e non va interpretato come discorso allegorico antropomorfico, ma che proprio Lui stesso si presenterà proprio con un volto che assumerà con l'incarnazione, quello del Messia.

Di fatto, quella , di "Dio nostro" "'Oelohenu" tra Dio e noi della preghiera dello Shema', deve dilatarsi fina a diventare "Dio con noi" l'Emmanuale, "I'mmanu 'El" "col popolo abiterà () Dio " quello poi profetizzato da Isaia in 7,14 "...il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele", profezia che si avvera XII secoli dopo con Gesù Cristo.

Il nome Emmanuale, "I'mmanu 'El" è profetico anche dell'agire del Messia in quanto "opererà in un vivente per il rifiuto (per esautorare) il serpente (antico)", Lui è il volto = del Padre cui voltarono le spalle essendo di dura cervice.

Gesù, infatti, dirà "Chi ha visto me, ha visto il Padre." (Giovanni 14,9)

Tornando a "eseguiremo e vi presteremo ascolto" per le regole della "gematria", che se usata come criterio ebraico per l'analisi dei testi afferma che parole e/o frasi con valore numerico identico sono in qualche modo tra loro correlate, sostituendo a quelle lettere i relativi numerali, si ottiene:


Valore pari a "uscita dall'Egitto" "yetziat mitzrayim", infatti:


C'è, in definitiva, una certa equivalenza tra l'accettare l'alleanza col Signore, di cui la Torah è l'atto "notarile", e l'uscire dalla schiavitù d'Egitto.
Shabbat 88°-b del Talmud dice che quando Dio sentì "eseguiremo e obbediremo" esclamò: Chi ha rivelato ai miei figli questo segreto, il segreto che usano per sé gli angeli i quali sono "coraggiosi esecutori dei Suoi ordini, ubbidienti alla voce della Sua parola? (Tehillim 103,20).

Poi, come accennavo, Targum Yonatan e Rashi, basati sul Talmud - Shabbat 88a sostengono che quando i figli d'Israele dissero "faremo e obbediremo" seicentomila angeli scesero e deposero sul capo di ciascun figlio d'Israele due corone "oe'diu" dello splendore divino, una per faremo e una per obbediremo, ma al peccato del vitello d'oro le tolsero loro.
Le due corone sarebbero lo studio della Torah e l'osservanza delle "mitzvot".

Il testo Esodo 33,4 dice "Il popolo udì questa triste notizia e tutti fecero lutto: nessuno più indossò i suoi ornamenti", ossia gli Israeliti volontariamente si spogliarono di una sola delle due corone, quella della "mitzvot" profanate col peccato, ma intendevano tenere ancora quella della Torah per studiarla, ma il Signore, sostengono i rabbini, non approvò e tolse gli ornamenti, al plurale, come risulta col dire "Ora togliti i tuoi ornamenti, così saprò che cosa dovrò farti" (Esodo 33,5); lo studio della Torah, com'è scritto in Tehillim 50.16, non ha valore, infatti, al malvagio Dio dice: Chi sei tu per parlare dei Miei statuti?

Da'at Mikrà suggerisce che Mosè disse "Vi siete tolti le corone per lutto, tuttavia non indossatele di nuovo. Il vero gioiello d'Israele e la presenza divina e quando questa è assente non indossare nessun altro gioiello."

In questo modo spiegano perché da quel testo pare che gli Israeliti si spogliarono due volte, infatti, ripete gli "Gli Israeliti si spogliarono dei loro ornamenti dal monte Oreb in poi." (Esodo 33,6)

Quest'ultimo versetto nei testi della Tenak si trova così tradotto: "I figli d'Israele di spogliarono degli ornamenti (ricevuti) sul monte Oreb."

Ora quegli ornamenti "oe'diu" o "e'deiam" contengono le lettere del bi-letterale "e'd" che in ebraico sono usate per ricordare il concetto di "eternità", onde ne discendono i pensieri:
  • "oe'diu" "nell'eternità saremo condotti ";
  • "e'deiam" "per l'eternità saremo a vivere ".
Erano queste le attese del popolo per l'alleanza col Signore quando ai suoi potenziali comandi avevano subito risposto "lo eseguiremo e vi presteremo ascolto" e tale, invero, era il risultato che il Signore intendeva concedere; era in gioco la vittoria sulla morte, in Esodo 24,9s solo intravista dagli anziani d'Israele come fulgore di un'alba, avendo scorto il Signore senza morire subito dopo.
Tale fatto indirettamente è prova che sull'Oreb il popolo era stato rivestito di quelle corone d'eternità che poi persero col peccato d'apostasia.

Rashi nel Talmud in Shemot Rabba 42.3 cerca di salvare i figli d'Israele dando la colpa di quel peccato solo alla massa di gente promiscua che s'era aggregata, ma l'accusa del Signore era stata chiara e concisa, non qualcuno, ma tutto il popolo era caduto in quel peccato, ivi compresi i meglio, Aronne e i Leviti che poi fecero i puritani, ma che avevano lasciato che il popolo si "sfrenasse": "Mosè vide che il popolo non aveva più freno, perché Aronne gli aveva tolto ogni freno, così da farne il ludibrio dei loro avversari." (Esodo 32,25)
Il Signore, infatti, in tale occasione non aveva fatto distinzioni e aveva detto a Mosè: "Va', scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d'Egitto, si è pervertito" e poi "è un popolo dalla dura cervice." (Esodo 32,7.9)

Solo Mosè che era sul monte a colloquio con IHWH non era colpevole, prova n'è che subito dopo al versetto 10 Dio gli disse: "Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione."
Mosè allora mostrò le doti di leader e supplicò il Signore in favore di tutti, quelle corone però, pur con il perdono concesso, restano in sospeso fino a quando il Messia porterà come dono per tutti la risurrezione.

Parla il Salmo 61,10 dell'aspirazione di ciascuno del popolo di Dio d'essere riconosciuto come una sposa fedele al patto per essere da Lui sopravvestiti.
Queste sono le parole che usa quel Salmo: "Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia, come uno sposo che si cinge il diadema e come una sposa che si adorna di gioielli" e Dio che vede nei cuori, sa evidentemente premiare certamente ogni suo fedele.

I cristiani credono nella venuta nella carne del Signore che morendo in croce ha perdonato i peccati di ciascuno e con la sua risurrezione ha aperto i cieli e offre con la sua Chiesa in terra il vestito per entrarvi, come dice San Paolo, e questo abito è la caparra dello Spirito Santo che viene dall'intima adesione al "Kerigma".

Proprio di quella veste, infatti, evidentemente parla San Paolo, veste necessaria per entrare nella dimora eterna nei cieli, quando dice: "...noi gemiamo e desideriamo rivestirci della nostra abitazione celeste purché siamo trovati vestiti, non nudi. In realtà quanti siamo in questa tenda sospiriamo come sotto un peso, perché non vogliamo essere spogliati ma rivestiti, affinché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. E chi ci ha fatti proprio per questo è Dio, che ci ha dato la caparra dello Spirito." (2Corinzi 5,2-5)

L'Ebraismo, appunto, si basa sugli scritti della Tenak che prevede il Giudizio Finale da parte di Dio dopo la risurrezione degli uomini d'ogni tempo e dopo il premio della vita eterna in cielo o la punizione nel fuoco eterno.
(Vedi: il paragrafo "La vita oltre la morte nell'ebraismo" dell'articolo "Dallo She'ol, inferi o Ade, al regno dei risorti")

Alla morte, secondo l'Ebraismo, l'anima lascia il corpo e raggiunge le altre anime che riposano nello "Sheol" (o "gehinnom" da cui Geenna), ove soggiornano i defunti, luogo indeterminato che nella versione greca dell'Antico Testamento dei Settanta è tradotto con Ade, "infernus" in latino e inferi in italiano.

Ai margini dello "Sheol" o regno dei morti, ma pur sempre negli inferi, c'è quello che è definito "il seno di Abramo" ove le anime dei "giusti" o di quanti saranno giustificati attendono il Messia per essere liberate e portate in paradiso come del resto propone la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro in Luca 16,22s quando "il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui."

Con il sacrificio della croce di Gesù, ossia per i meriti del Messia, i cieli sono stati ormai aperti e sono stati istaurati gli ultimi tempi quelli del giudizio finale, infatti: "Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti " (Matteo 27,51-53)

Il regno dei cieli è stato inaugurato il giorno stesso della morte in croce, infatti, disse al ladrone "In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso." (Luca 23,43) e poi si squarciò il velario del Tempio.

Pur se ebraismo e cristianesimo attendono il giudizio alla fine dei tempi e gli ebrei anche la venuta del Messia mentre i cristiani il ritorno nella gloria del Risorto, la differenza dell'attesa dei due nel frattempo è sostanziale.
Per l'ebraismo i cieli sono ancora chiusi, mentre per il cristianesimo i cieli sono aperti e vi sono confluiti con il Risorto i giusti che attendevano nello Sheol e vi sono accolti non solo i Santi e martiri riconosciuti dalla Chiesa, ma anche i santi incogniti, i fedeli di Cristo, perché ha detto: "In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita." (Giovanni 5,24)

UN POPOLO DI DURA CERVICE
Ancora un'altra volta oltre a 32,9s nel libro dell'Esodo si trova l'espressione "un popolo di dura cervice" quando continua la perorazione di Mosè in Esodo 34,8s: "Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa' di noi la tua eredità" ove la richiesta è esplicita, Mosè chiede che il Signore, proprio Lui in persona, cammini col popolo e non un delegato e "Il Signore disse: Ecco, io stabilisco un'alleanza: in presenza di tutto il tuo popolo io farò meraviglie, quali non furono mai compiute in nessuna terra e in nessuna nazione: tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l'opera del Signore, perché terribile è quanto io sto per fare con te." (Esodo 34,10)

Dio rinnovò l'alleanza col popolo, diede le nuove tavole, ma il popolo non potrà vedere il Signore, che rimarrà nascosto; comandò, infatti, di costruire l'arca dell'alleanza e la "dimora" "mishkkan" o tenda del convegno ove Lui potrà a Suo piacimento essere presente quando vuole sui Cherubini del coperchio dell'arca che sarà posta nel Santo dei Santi di quella tenda e portata in cammino negli spostamenti, protetta dal sole e dalla pioggia con una coperta di pelli di tasso (alcuni dicono di delfino) e sopra ancora un drappo di porpora viola come dice Numeri 4,5s: "Quando il campo si dovrà muovere, Aronne e i suoi figli verranno a smontare il velo della cortina e copriranno con esso l'arca della testimonianza; poi porranno sull'arca una coperta di pelli di tasso, vi stenderanno sopra un drappo tutto di porpora viola e metteranno a posto le stanghe."
(Vedi: "L'epopea dell'Arca del patto")

Solo Mosè poteva parlare col Signore, ma poi si poneva sul viso un velo e non potevano fissare il volto di Mosè per lo splendore effimero del suo volto, onde San Paolo scrive: "...non facciamo come Mosè che poneva un velo sul suo volto, perché i figli d'Israele non vedessero la fine di ciò che era solo effimero. Ma le loro menti furono indurite; infatti, fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, quando si legge l'Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato. Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore; ma quando vi sarà la conversione al Signore, il velo sarà tolto." (2Corinzi 3,13-16)
(Vedi: "L'Incarnazione sotto il "velo" di Mosè")

Con la costruzione del primo Tempio di Salomone e poi del secondo, l'arca era inaccessibile a tutti nel Santo dei Santi salvo al Sommo Sacerdote che vi accedeva una volta l'anno nel giorno detto dello "Iom Kippur" e per i 40 anni nel deserto a guida del popolo fu la nube che li precedeva, un segno del Signore.

Il libro dei Numeri 10,33-36 ricorda che: "...l'Arca dell'alleanza del Signore li precedeva durante le tre giornate di cammino, per cercare loro un luogo di sosta. La nube del Signore era sopra di loro durante il giorno da quando erano partiti. Quando l'Arca partiva, Mosè diceva: Sorgi, Signore, e siano dispersi i tuoi nemici e fuggano da te coloro che ti odiano. Quando si posava, diceva: Torna, Signore, alle miriadi di migliaia di Israele."

Il libro di Giosuè riferisce poi che l'arca, sempre alla testa della carovana, fu di grande aiuto nella conquista della terra promessa.

Il libro del Deuteronomio o "Seconda Legge", in ebraico "Devarim" "Parole," per 4 volte riprende l'epiteto della dura cervice nei riguardi del popolo d'Israele.
Il capitolo 9 succintamente ricorda la colpa d'Israele all'Oreb, l'intercessione di Mosè e quel dire appare al versetto 6 e al 13:
  • Deuteronomio 9,6 - "Sappi dunque che non a causa della tua giustizia il Signore, tuo Dio, ti dà il possesso di questa buona terra; anzi, tu sei un popolo di dura cervice."
  • Deuteronomio 9,13s - "Il Signore mi aggiunse: Io ho visto questo popolo; ecco, è un popolo di dura cervice. Lasciami fare: io li distruggerò e cancellerò il loro nome sotto i cieli e farò di te una nazione più potente e più grande di loro."
Al capitolo 10 si conclude il racconto con Dio che accetta la supplica di Mosè, da per la seconda volta le tavole dell'alleanza e, al versetto 16, viene detto da Mosè al popolo "Circoncidete dunque il vostro cuore ostinato e non indurite più la vostra cervice".

Il capitolo 31,24-27, infine, si conclude proprio con l'ordine di Mosè di porre il libro della Torah accanto all'arca, perché faccia da memoriale al popolo della sua dura cervice, con queste parole: "Quando Mosè ebbe finito di scrivere su un libro tutte le parole di questa legge, ordinò ai leviti che portavano l'arca dell'alleanza del Signore: Prendete questo libro della legge e mettetelo a fianco dell'arca dell'alleanza del Signore, vostro Dio. Vi rimanga come testimone contro di te, perché io conosco la tua ribellione e la durezza della tua cervice. Se fino ad oggi, mentre vivo ancora in mezzo a voi, siete stati ribelli contro il Signore, quanto più lo sarete dopo la mia morte!"

Sinora otto sono state le citazioni rinvenute nei libri dell'Esodo e Deuteronomio riferite alla durezza di cervice del popolo eletto, ma nella Torah c'è un ulteriore collegamento con il il termine "cervice", precisamente nel libro della Genesi.

L'atteggiamento dei popoli pagani che adorano le loro divinità quando sperano d'ottenere dei benefici e poi volgono loro le spalle manifesta che pure loro hanno una dura cervice, perché nonostante il dono della vita e dei beni del creato non hanno fede e volgono le spalle ai loro ritenuti creatori.

Ecco che il libro del Genesi, l'ultimo della Torah come edizione, anche se è il primo nell'ordine espositivo, propone la seguente benedizione di Giacobbe-Israele a Giuda nella quale fa intravedere il Messia con quel "colui al quale": "Giuda, ti loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sulla cervice dei tuoi nemici; davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre. Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi lo farà alzare? Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli. Egli lega alla vite il suo asinello e a una vite scelta il figlio della sua asina, lava nel vino la sua veste e nel sangue dell'uva il suo manto; scuri ha gli occhi più del vino e bianchi i denti più del latte." (Genesi 49,8-12)

Il Messia, ossia, "colui al quale", porrà la mano sulla cervice dei nemici, cioè li aiuterà a girarsi per convertirsi e tutti i quattro i Vangeli canonici ricordano l'entrata messianica di Gesù a Gerusalemme con l'episodio dell'asinello per far rilevare che proprio Lui è "colui al quale" di cui parla questa profezia.

Nell'Antico Testamento, in definitiva, l'indurimento della cervice del popolo si trova per 18 volte di cui le 9 viste nella Torah e 9 nelle altre parti di cui 7 nella Tenak, precisamente in 2Cronache 30,8 e 36,13; 2Re 17,14; Geremia 7,26; Neemia 9,16-17.29 e altre 2 nei libri deuterocanonici, in Baruk 2,30 e in Siracide 16,11.

Il libro 2Cronache segnala due volte la dura cervice del popolo e dei suoi capi.
Dopo la deportazione di quelli del regno del nord da parte degli Assiri, Ezechia mandò messaggeri per tutto Israele e Giuda con lettere che dicevano: "Israeliti, fate ritorno al Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Israele, ed egli ritornerà a quanti fra voi sono scampati dalla mano dei re d'Assiria. Non siate come i vostri padri e i vostri fratelli, infedeli al Signore, Dio dei loro padri, che perciò li ha abbandonati alla desolazione, come vedete. Ora non siate di dura cervice come i vostri padri, date la mano al Signore, venite nel santuario che egli ha consacrato per sempre. Servite il Signore, vostro Dio, e si allontanerà da voi l'ardore della sua ira. Difatti, se fate ritorno al Signore, i vostri fratelli e i vostri figli troveranno compassione presso coloro che li hanno deportati; ritorneranno in questa terra, poiché il Signore, vostro Dio, è misericordioso e pietoso e non distoglierà lo sguardo da voi, se voi farete ritorno a lui." (2Cronache 30,6-9)

Successivamente: "Quando divenne re, Sedecìa aveva ventun anni; regnò undici anni a Gerusalemme. Fece ciò che è male agli occhi del Signore, suo Dio. Non si umiliò davanti al profeta Geremia, che gli parlava in nome del Signore. Si ribellò anche al re Nabucodònosor, che gli aveva fatto giurare fedeltà in nome di Dio. Egli indurì la sua cervice e si ostinò in cuor suo a non far ritorno al Signore, Dio d'Israele." (2Cronache 36,11-13)

In 2Re 17 è evidenziato che la dura cervice del popolo ancora una volta porta all'idolatria del vitello d'oro: "...il Signore, per mezzo di tutti i suoi profeti e dei veggenti, aveva ordinato a Israele e a Giuda: Convertitevi dalle vostre vie malvagie e osservate i miei comandi e i miei decreti secondo tutta la legge che io ho prescritto ai vostri padri e che ho trasmesso a voi per mezzo dei miei servi, i profeti. Ma essi non ascoltarono, anzi resero dura la loro cervice, come quella dei loro padri, i quali non avevano creduto al Signore, loro Dio. Rigettarono le sue leggi e la sua alleanza, che aveva concluso con i loro padri, e le istruzioni che aveva dato loro; seguirono le vanità e diventarono vani, seguirono le nazioni intorno a loro, pur avendo il Signore proibito di agire come quelle. Abbandonarono tutti i comandi del Signore, loro Dio; si eressero i due vitelli in metallo fuso, si fecero un palo sacro, si prostrarono davanti a tutta la milizia celeste e servirono Baal." (2Re 17,13-16)

Il profeta Geremia poi sinteticamente per bocca di Dio sintetizza così l'effettivo comportamento del popolo: "Da quando i vostri padri sono usciti dall'Egitto fino ad oggi, io vi ho inviato con assidua premura tutti i miei servi, i profeti; 26ma non mi hanno ascoltato né prestato orecchio, anzi hanno reso dura la loro cervice, divenendo peggiori dei loro padri." (Geremia 7,25-26)

Egualmente Neemia nel ripercorrere la storia d'Israele fino al ritorno dall'esilio per tre volte 9,16-17; 9,29 ricorda la dura cervice del popolo.
Un'importante profezia legata a questa durezza di cervice si trova nel libro del profeta Baruk che riguarda in particolare anche i nostri tempi e la terra d'Israele.
Per la durezza della loro cervice, dice il Signore, sono stati ridotti a un piccolo popolo, ma la permanenza di quel popolo nella terra promessa che, com'è accaduto, nonostante il loro esiguo numero, è stata loro almeno in parte restituita, è legata al fatto che abbandonino presto la loro ostinazione.

La stessa sorte, però di venire molto ridimensionati può capitare ai cristiani che come numero di fedeli reali pare ridursi notevolmente.
Baruk 2,27-35, infatti, parlando direttamente al popolo, dice: "Tuttavia tu hai agito verso di noi, Signore, nostro Dio, secondo tutta la tua bontà e secondo tutta la tua grande misericordia, come avevi detto per mezzo del tuo servo Mosè, quando gli ordinasti di scrivere la tua legge davanti ai figli d'Israele, dicendo: Se voi non darete ascolto alla mia voce, certo, questa moltitudine grande e numerosa sarà resa piccola tra le nazioni fra le quali io la disperderò; poiché io so che non mi ascolteranno, perché è un popolo di dura cervice. Però nella terra del loro esilio rientreranno in se stessi e riconosceranno che io sono il Signore, loro Dio. Darò loro un cuore e orecchi che ascoltino; nella terra del loro esilio mi loderanno e si ricorderanno del mio nome. E abbandoneranno la loro ostinazione e le loro azioni malvagie, perché ricorderanno il cammino dei loro padri che hanno peccato contro il Signore. Io li ricondurrò nella terra che ho promesso con giuramento ai loro padri, ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe; essi la possederanno e io li moltiplicherò e non diminuiranno più. Farò con loro un'alleanza perenne: io sarò Dio per loro, ed essi saranno popolo per me, né scaccerò mai più il mio popolo Israele dal paese che gli ho dato."

L'ultima citazione si trova nel libro del Siracide e prefigura una dura punizione per l'indurimento: "Ci fosse anche un solo uomo di dura cervice, sarebbe inaudito se restasse impunito, poiché in Lui c'è misericordia e ira, potente quando perdona e quando riversa la sua ira." (Siracide 16,11)

Si pensi all'indurimento del cuore del faraone e alla punizione che ricevette.
Il libro dell'Esodo ricorda per ben 14 volte dell'indurimento e dell'ostinazione del cuore del Faraone come addirittura provocata da Dio stesso.
In effetti, quel personaggio è allegoria dell'incarnazione del demonio nel serpente antico e rappresenta l'Anticristo; allora, Dio si mostra come Giudice, lo ripaga con la stessa moneta e non usa misericordia.

Se con le regole di cui ho detto in "Parlano le lettere" si guarda a "ecco un popolo dalla dura cervice (è) lui" "hinneh a'm qesheh o'roef hu'" ossia , tenendo conto che in ebraico il verbo "essere" può essere sottinteso, la frase nasconde anche questo possibile pensiero: "Nel mondo l'angelo (ribelle) entrò in azione , la putredine accese , aperto nemico del Verbo (fu) lui ".

LA MORMORAZIONE
Nel brano della lettera ai Filippesi di San Paolo, richiamato nel primo paragrafo, subito dopo l'apostolo dice "Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche," e prosegue "perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita." (Filippesi 2,14-16)

Nella Bibbia il "mormorare" è il verbo che manifesta la mancanza di fede, tipico dell'incredulità del vecchio e del nuovo Israele di Dio che lo porta nel deserto per donargli la fede onde forgiare un popolo che lo rappresenti in terra, ma nel suo progredire in quel cammino il popolo manifesta continue mormorazioni.
"Mormorazione - Mormorazioni" e simili nella traduzione C.E.I. 2008 della Torah, si trova:
  • 10 volte nel libro dell'Esodo, di cui la prima al 15,24 alle acque di Mara, 8 nel capitolo 16 relative all'episodio della manna e delle quaglie ai versetti 2, 7 (2 volte), 8 (3 volte), 9, 12 e, infine, al 17,3 nell'episodio dell'acqua scaturita dalla roccia a Refidim;
  • 9 volte nel libro dei Numeri di cui 5 al capitolo 14 ai versetti 2, 27 (2 volte), 29, e 36 per la rivolta del popolo contro Mosè al ritorno degli esploratori, 1 volta al 16,11 alla rivolta di Core, Datan e Abiram e 3 al 17,6.20.25 nell'episodio detto degli "incensieri", episodi tutti in cui vi furono delle rivolte;
  • 1 nel libro del Deuteronomio al versetto 1,27.
Questo ultimo versetto che recita: "...mormoraste nelle vostre tende e diceste: Il Signore ci odia, per questo ci ha fatto uscire dalla terra d'Egitto per darci in mano agli Amorrei e sterminarci" spiega un po' lo spirito della "mormorazione" che equivale a non credere all'amore di Dio e alla Sua provvidenza e a cadere nello stesso inganno che il serpente sottilmente propose ai progenitori, quando nel paradiso terrestre (Genesi 3,4) insinuò che Dio non li amava e disse a Eva: "...Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male."

Andiamo ora all'episodio della manna e delle quaglie di Esodo 16; Numeri 11.
(Vedi: "Manna, cibo degli angeli, figura del Messia")

È da premettere che "manna" in ebraico è "man" (Esodo 16,31) e fu il cibo giornaliero che Israele mangiò fino all'entrata nella terra promessa, allorché come scrive il libro di Giosuè 5,10-12, il dono, cessò in questo modo: "Si accamparono dunque in Galgala gli Israeliti e celebrarono la pasqua al quattordici del mese, alla sera, nella steppa di Gerico. Il giorno dopo la pasqua mangiarono i prodotti della regione, azzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno. La manna cessò il giorno dopo, come essi ebbero mangiato i prodotti della terra e non ci fu più manna per gli Israeliti; in quell'anno mangiarono i frutti della terra di Canaan."

Premesso che a chi lo segue sempre Dio ha fornisce cibo materiale e spirituale, quelle due lettere di manna "man" a un ebreo ricordano la parola fede, "amen" , e il dono della fede è da considerare che fosse proprio lo scopo del Signore col dare la manna, atta a "originare la vita angelica ", come conferma il Salmo 78,24s: "fece piovere su di essi la manna per cibo e diede loro pane del cielo: l'uomo mangiò il pane degli angeli...".

"Quaglie" in ebraico è "silav" , con la lettera "sin" (esempio: Esodo 16,13), ma fa trapelare anche le parole "shalev" e "shalu", con la lettera "shin" che ha la stessa forma grafica di "sin" , salvo diversa puntatura di sopra (inserita nel II secolo d.C.), col significano rispettivamente di "tranquillo, in pace, contento, soddisfatto" e "tranquillità, benessere, sicurezza", onde con quell'episodio delle quaglie il Signore, in definitiva, dette loro da mangiare anche sicurezza e tranquillità.

C'è poi un collegamento più sottile e precisamente con la già vista profezia messianica della benedizione di Giacobbe ove dice: "Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli" (Genesi 49,10) e colui al quale è proprio "shilo" che nell'ebraismo è divenuto nome proprio, "Shilo", sinonimo del Messia che deve venire.

La seconda faccia del messaggio che Dio dette con la manna e le quaglie perciò è "abbiate fede, verrà il Messia" e fa intravedere una salvezza definitiva.

Il termine "telunnot", tradotto con mormorazioni, sinonimo di proteste e lamentele si trova scritto come o sempre al plurale nel capitolo Esodo 16 della manna e delle quaglie ai versetti 7.8.9.12 ripetuto poi in Numeri 14,27 e 17,6.20.25; Esodo 16,7, infatti, dice "...vedrete la gloria del Signore, poiché egli ha inteso le vostre mormorazioni contro di lui. Noi infatti che cosa siamo, perché mormoriate contro di noi?" ove per mormorazioni si trova e per il verbo "mormoriate" si hanno le possibilità "telunu" e "talinnu" dal radicale o le cui lettere suggeriscono per "il serpente li opprime ()" e per , "accompagnati () dall'angelo (ribelle)".

Che l'evento delle quaglie intenda alludere alla venuta del Messia pare trovare conferma anche dal fatto che in quel versetto Esodo 16,7 si parla della gloria di Dio, infatti, è detto "...vedrete la gloria del Signore" ossia, dice il versetto, vedrete il peso del Signore, il vero valore che lui assumerà nella vostra vita; infatti, gloria in ebraico è "kebod" o riferibile al concetto di peso onde evoca l'idea d'importanza per cui "la gloria di Dio" è la sua maestà con lo splendore della sua santità.

In genere, nell'Antico Testamento la "gloria" si fa presente in una teofania o nei Suoi grandi segni (al riguardo è da ricordare il secondo canto del servo di IHWH quando Isaia in 49,3 dice che su quel servo Dio manifesterà la sua gloria).
Il Nuovo Testamento propone la gloria del Padre confermata nella gloria del Figlio:
  • Giovanni 1,14 - "noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre";
  • Giovanni 2,12 - a "Cana di Galilea, manifestò la sua gloria...";
  • Luca 9,32 - nell'episodio della "trasfigurazione" Gesù manifestò la sua gloria, infatti: "Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria", anticipo della gloria della risurrezione;
  • Matteo 24,30 - alla fine dei tempi: "vedranno il Figlio dell'uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria";
  • Giovanni 11,40 - appare nella risurrezione come disse Gesù alla sorella di Lazzaro: "Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?".
Famoso è il brano di Isaia 63,1-3: "Chi è costui che viene da Edom, da Bozra con le vesti tinte di rosso? Costui, splendido nella sua veste, che avanza nella pienezza della sua forza? Io, che parlo con giustizia, sono grande nel soccorrere. Perché rossa è la tua veste e i tuoi abiti come quelli di chi pigia nel tino? Nel tino ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me."

Le lettere ebraiche sono in grado di spiegare concetti che per l'autore del libro sacro e per i lettori del suo tempo erano chiari, infatti, con il Messia viene da Edom, allude a Adam avendo le stesse lettere, quindi ci parla di uomo, e col dire nel "tino ho pigiato da solo" dice che questo uomo avrà "gloria" in quanto quel dire è un panegirico della parola ebraica "gloria".

Del resto se "kabod" s'immagina così, + , essendo la "kaf" ruotata a destra di 90° come una conca, un vaso... un tino e "bad" in ebraico è "solo" e da solo, quel nel tino da solo descrive la parola "kabod" di "gloria".

INVOCARE LA MORTE
Torniamo al tema della mormorazione che nasce nel percorso nel deserto dal popolo, perché chiamato alla scuola di Dio per farlo abituare ad anteporre le esigenze dello spirito a quelle del corpo, non sempre riesce a sopportare.
Ecco che la Sacra Scrittura come esempio e insegnamento si sofferma sul popolo in cammino nel deserto che nelle difficoltà rimpiange le cipolle e la pentola della carne che mangiava in Egitto, dimentichi del dono della libertà e destano discorsi farneticanti tanto che addirittura è preferito il morire al proprio stato nonostante i prodigi visti.

A fronte di ciò si accende l'ira del Signore, infatti, in Numeri 11 nel parallelo racconto dell'episodio della manna e delle quaglie, accadde che: "il popolo cominciò a lamentarsi aspramente agli orecchi del Signore. Li udì il Signore e la sua ira si accese: il fuoco del Signore divampò in mezzo a loro e divorò un'estremità dell'accampamento. Il popolo gridò a Mosè; Mosè pregò il Signore e il fuoco si spense. Quel luogo fu chiamato Tabera, perché il fuoco del Signore era divampato fra loro. La gente raccogliticcia, in mezzo a loro, fu presa da grande bramosia, e anche gli Israeliti ripresero a piangere e dissero: Chi ci darà carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cetrioli, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e dell'aglio. Ora la nostra vita inaridisce; non c'è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna..." (Numeri 11,1-6)

Ancora una volta ci fu l'intercessione di Mosè e il Signore gli disse: "Dirai al popolo: Santificatevi per domani e mangerete carne, perché avete pianto agli orecchi del Signore, dicendo: Chi ci farà mangiare carne? Stavamo così bene in Egitto! Ebbene il Signore vi darà carne e voi ne mangerete. Ne mangerete non per un giorno, non per due giorni, non per cinque giorni, non per dieci giorni, non per venti giorni, ma per un mese intero, finché vi esca dalle narici e vi venga a noia, perché avete respinto il Signore che è in mezzo a voi e avete pianto davanti a lui, dicendo: Perché siamo usciti dall'Egitto?" (Numeri 11,18-20)

L'episodio di Tabera è ricordato anche in questo modo in Deuteronomio 9,22: "Anche a Tabera, a Massa e a Kibrot-Taavà voi provocaste il Signore."

Quel "Taberah" significa incendio in quanto c'è il radicale di ardere e in vari salmi - 49,11; 73,22; 92,7 e in Proverbi 12,1 e 30,2 - usato come aggettivo "baa'r" sta per "insensato, idiota", insomma uno dal cervello bruciato, come in Salmo 49,11: "Vedrai infatti morire i sapienti; periranno insieme lo stolto e l'insensato e lasceranno ad altri le loro ricchezze."

Ora, "a'r" è come "tsar" significa "nemico" e si può pensare per "Taberah": "indica che dentro un nemico uscì "; dice, infatti, il Salmo 97,3: "Un fuoco cammina davanti a lui e brucia tutt'intorno i suoi nemici ."

Questa ira del Signore intende far recepire al lettore che chi cade in tali mormorazioni è come se cadesse nella rete della morte che il maligno desidera per l'uomo e che l'uomo stesso poi invoca.
La prima volta che mormorarono fu prima del miracolo dell'apertura del mare quando i fuoriusciti lo trovarono davanti e dietro l'esercito del Faraone.

Eppure avevano già sperimentato la potenza del Signore per le famose 10 piaghe che il Signore aveva inflitto all'Egitto; dice Esodo 14,10-14 che: "Quando il faraone fu vicino, gli Israeliti alzarono gli occhi: ecco, gli Egiziani marciavano dietro di loro ! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore. E dissero a Mosè: È forse perché non c'erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto? Che cosa ci hai fatto, portandoci fuori dall'Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: Lasciaci stare e serviremo gli Egiziani, perché è meglio per noi servire l'Egitto che morire nel deserto! Mosè rispose: Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza del Signore, il quale oggi agirà per voi; perché gli Egiziani che voi oggi vedete, non li rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli."

Gli Israeliti, insomma, recriminano quanto avevano detto a Mosè e ad Aronne prima che iniziassero le famose piaghe: "Il Signore proceda contro di voi e giudichi; perché ci avete resi odiosi agli occhi del faraone e agli occhi dei suoi ministri, mettendo loro in mano la spada per ucciderci!" (Esodo 5,21)

Dio, infatti, aveva manifestato la potenza gloriosa al popolo che ha "fatto uscire dall'Egitto, da una fornace per fondere il ferro" (1Re 8,51) e aprì il mare e passarono all'asciutto, invece gli Egiziani sparirono ricoperti dalle onde, ma nel libro dell'Esodo più volte, con sorpresa, quelli che avevano assistito al miracolo dell'apertura del mare avevano a recriminare e ripeterono questo ritornello: "Fossimo morti per mano del Signore nel paese d'Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatti uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine" (Esodo 16,3) ove c'è un evidente riferimento ai primogeniti e alla notte di Pasqua quando l'angelo del Signore passò, saltò le case segnate dal sangue dell'agnello pasquale e morirono solo i primogeniti degli egiziani.

La seconda volta fu in Esodo 17,2s ove: "Il popolo protestò contro Mosè: Dateci acqua da bere! Mosè disse loro: Perché protestate con me? Perché mettete alla prova il Signore? In quel luogo (Refidim) dunque il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: Perché ci hai fatti uscire dall'Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?", come se ancora non fossero stati spettatori di nulla!

Poi, ancora, quando gli esploratori tornarono e 10 su 12 riferirono dei popoli che abitavano la terra promessa accadde che: "diffusero tra gli Israeliti il discredito sulla terra che avevano esplorato, dicendo: La terra che abbiamo attraversato per esplorarla è una terra che divora i suoi abitanti; tutto il popolo che vi abbiamo visto è gente di alta statura" (Numeri 13,32) e vi fu una grande rivolta, esposta in Numeri 14: "Allora tutta la comunità alzò la voce e diede in alte grida; quella notte il popolo pianse. Tutti gli Israeliti mormorarono contro Mosè e contro Aronne e tutta la comunità disse loro: Fossimo morti in terra d'Egitto o fossimo morti in questo deserto! E perché il Signore ci fa entrare in questa terra per cadere di spada? Le nostre mogli e i nostri bambini saranno preda. Non sarebbe meglio per noi tornare in Egitto? Si dissero l'un l'altro: Su, diamoci un capo e torniamo in Egitto." (Numeri 14,1-4)

A Mosè, che chiese perdono per il popolo, il Signore rispose: "Io perdono come tu hai chiesto; ma, come è vero che io vivo e che la gloria del Signore riempirà tutta la terra, tutti gli uomini che hanno visto la mia gloria e i segni compiuti da me in Egitto e nel deserto e tuttavia mi hanno messo alla prova già dieci volte e non hanno dato ascolto alla mia voce, certo non vedranno la terra che ho giurato di dare ai loro padri e tutti quelli che mi trattano senza rispetto non la vedranno." (Numeri 14,20-23) da cui si deduce che almeno 10 furono le gravi mormorazioni del popolo durante il cammino nel deserto.

Poi il Signore disse: "Fino a quando sopporterò questa comunità malvagia che mormora contro di me? Ho udito le mormorazioni degli Israeliti contro di me. Riferisci loro: Come è vero che io vivo, oracolo del Signore, così come avete parlato alle mie orecchie io farò a voi! I vostri cadaveri cadranno in questo deserto" (Numeri 14,28) ove in definitiva, dice il Signore, avete parlato mormorando contro di me, siete stati di dura cervice , ossia mi avete voltato le spalle in quanto non vedevo il vostro volto, ma le vostre teste e siete stati "nemici della Parola " allora siete e sarete solo dei "poegoer" "cadaveri, carcasse" che camminano, perché "la Parola col suo soffio fugge dai vostri corpi " destinati solo a morire nei prossimi 40 anni nel deserto.

Il Signore, infatti, prosegue: "Nessun censito tra voi, di quanti siete stati registrati dai venti anni in su e avete mormorato contro di me, potrà entrare nella terra nella quale ho giurato a mano alzata di farvi abitare, a eccezione di Caleb, figlio di Iefunnè, e di Giosuè, figlio di Nun" e ripete ancora due volte la parola cadaveri nei versetti 32 e 33 "i vostri cadaveri cadranno in questo deserto. I vostri figli saranno nomadi nel deserto per quarant'anni e porteranno il peso delle vostre infedeltà, finché i vostri cadaveri siano tutti quanti nel deserto."

Tutta la vita dell'uomo, anche per i più "fortunati", è pur sempre una precarietà, perché soggetta a eventi che lo superano - cataclismi, guerre, rovesci di fortuna, e di salute - per cui il desiderare di morire piuttosto che stare nella precarietà è manifestazione negativa sia in senso materiale, perché l'uomo si lascia andare, sia spirituale, perché vive nel buio, senza speranza.
L'uomo che è un essere inscindibile di corpo e spirito, se senza speranza però è solo l'involucro di uno spirito morto, quindi, è un cadavere che cammina.

Un altro episodio in cui chiara è la mormorazione e l'incontrollato desiderio di morte che implicitamente comporta è quello raccontato in Numeri 20 quando a Qadesh morì Maria, la profetessa, sorella di Mosè e Aronne; siamo qui alle "acque di Meriba" dove gli Israeliti litigarono con il Signore, ma egli si mostrò santo in mezzo a loro e vi fu il miracolo dell'acqua uscita dalla roccia.

Accadde allora che: "...tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin il primo mese, e il popolo si fermò a Qades. Qui morì e fu sepolta Maria. Mancava l'acqua per la comunità: ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aronne. Il popolo ebbe una lite con Mosè, dicendo: Magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli davanti al Signore! Perché avete condotto l'assemblea del Signore in questo deserto per far morire noi e il nostro bestiame? E perché ci avete fatto uscire dall'Egitto per condurci in questo luogo inospitale? Non è un luogo dove si possa seminare, non ci sono fichi, non vigne, non melograni, e non c'è acqua da bere." (Numeri 20,1-5)

Colpisce in questo racconto quel: "Magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli davanti al Signore!"

A che episodio si riferiscono gli Israeliti?
La Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente propone "Sarebbe stato meglio per noi esser morti insieme ai nostri fratelli che perirono davanti alla tenda del Signore!", ma quell'inciso in grassetto nel testo ebraico non c'è.

Forse si riferisce all'episodio della morte dei primogeniti egiziani per mano del Signore che nella notte di Pasqua saltò le case degli Israeliti segnate dal sangue dell'agnello.
(Vedi: "La risurrezione dei primogeniti" e "La perla nascosta nel rotolo di Rut del canone ebraico")

Mosè e Aronne però furono ritenuti colpevoli di disobbedienza, infatti, il Signore aveva detto al 20,8: "Prendi il bastone; tu e tuo fratello Aronne convocate la comunità e parlate alla roccia sotto i loro occhi, ed essa darà la sua acqua; tu farai uscire per loro l'acqua dalla roccia...", ma "Mosè alzò la mano, percosse la roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza Ma il Signore disse a Mosè e ad Aronne: Poiché non avete creduto in me, in modo che manifestassi la mia santità agli occhi degli Israeliti, voi non introdurrete quest'assemblea nella terra che io le do." (Numeri 20,11s)

Poi muore Aronne, onde nello stesso capitolo 20 muoiono Maria e Aronne e a Mosè è annunciato che non entrerà nella terra promessa.

Al capitolo seguente Dio poi fece capire al popolo cosa volesse dire invocare la morte; infatti, prima del noto episodio del serpente di bronzo innalzato, menzionato da Gesù nel Vangelo di Giovanni al 3,14s, questa fu la premessa in Numeri 21,4-6: "Gli Israeliti si mossero dal monte Or per la via del Mar Rosso, per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: Perché ci avete fatto salire dall'Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c'è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero. Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d'Israeliti morì."

GLI INCENSIERI
Al capitolo 16 è narrata la rivolta di Core, Datan e Abiram e dei loro 250 seguaci che si ribellarono perché dicevano che Mosè ed Aronne s'erano innalzati sugli altri e sostenevano che tutti della comunità erano santi e per dimostrarlo con degli incensieri offrivano anche loro incenso al Signore, ma si aprì la terra e li inghiottì, un fuoco uscì dal Signore e divorò anche i 250 uomini che offrivano l'incenso al Signore, "perché nessun profano che non sia della discendenza di Aronne si accosti a bruciare incenso davanti al Signore". (Numeri 17,5)

Il giorno dopo, tutti si ribellarono contro Mosè e Aronne.
Il Signore mandò un "flagello" di fuoco fermato solo quando Mosè inviò Aronne a purificare gli Israeliti col proprio incensiere; morirono altri 14.700 uomini.

Ora, Aronne aveva 4 figli: Nadab, Abiu, Eleazaro e Itamar (Esodo 6,23) tutti eletti dal Signore in Esodo 28,1 per la funzione di sacerdoti: "Tu fa' avvicinare a te tra gli Israeliti, Aronne tuo fratello e i suoi figli con lui, perché siano miei sacerdoti; Aronne e Nadab, Abiu, Eleazaro, Itamar, figli di Aronne" di cui, tra l'altro, Nadab e Abiu avevano visto il Signore all'Oreb (Esodo 24,9s).

Il libro del Levitico al capitolo10,1-3, però racconta della morte di due dei figli di Aronne ancora per il fuoco del Signore: "Ora Nadab e Abiu, figli di Aronne, presero ciascuno un braciere (un incensiere), vi misero dentro il fuoco e vi posero sopra dell'incenso e presentarono davanti al Signore un fuoco illegittimo, che il Signore non aveva loro ordinato. Ma un fuoco uscì dalla presenza del Signore e li divorò e morirono così davanti al Signore. Allora Mosè disse ad Aronne: Di questo il Signore ha parlato quando ha detto: In coloro che mi stanno vicino mi mostrerò santo e alla presenza di tutto il popolo sarò glorificato. Aronne tacque."

La parola "incensiere o braciere" di Levitico 10,1 nel testo ebraico è "machettah" o anche e si trova nella Torah 15 volte, di cui 4 in Esodo 25,38; 27,3;37,23; 38,3, poi 2 volte in Levitico 10,1 e 16,12, quindi 9 volte in Numeri 4,9.14 e 16,6.7.18.37.38.39.46.
Le stesse lettere sono usate per "terrore e spavento" e il radicale è per "strappare, tirare fuori, trarre via", usato anche per trarre fuori le braci.

Rashì, il commentatore ebreo medievale, riferisce due spiegazioni per la morte di "Nadab e Abiu": secondo rabbi Eliezer furono puniti perché avevano osato prendere una decisione liturgica pur presente il loro maestro Mosè, invece, secondo rabbi Jishmael erano entrati nel santuario avendo bevuto vino, contro il divieto espresso poi da Dio ad Aronne in Levitico 10,9.

La lettura sinagogale dell'intera Legge o Pentateuco è suddivisa in 54 parti dette "parashah" e quel brano del Levitico è letto dagli ebrei d'Israele il 25° Shabbat dopo "Simchat Torah" o Festa della Torah, generalmente a fine marzo o in aprile con la pericope Levitico 9,1-11,47.

Ora, il capitolo 10 del Levitico ha una particolarità in quanto contando le parole del testo ebraico i "soferim" hanno riscontrato che questo è la parte centrale della Torah, che peraltro capita proprio all'interno del versetto Levitico 10,16 ove dice: "Mosè s'informò accuratamente circa il capro del sacrificio per il peccato e seppe che era stato bruciato; allora si sdegnò contro Eleàzaro e contro Itamàr, figli superstiti di Aronne", proprio la traduzione dice "s'informò" cioè in ebraico "darosh daresh" tra le parole "con ricerche ricercò".

Proviamo a leggere queste lettere secondo il criterio "al tikrei", tecnica usata alcune volte dai rabbini del "Talmud" che suggerisce "non leggere questo passo in modo usuale, ma anche in altro modo" e al riguardo propongo di usare i significati grafici delle lettere.

Siamo proprio nel tema del "rivestirsi di Luce", infatti:


proteggete il corpo dal demonio con un corpo di Luce questo sarebbe il centro della Torah!

Ecco perché è fondamentale il tema del rivestirsi di luce, altrimenti: le generazioni ( = ) per il demonio (sono e restano, sottinteso) povere .
Manifestazione del "corpo di Luce " è "una mente illuminata ".
Questa luce si può ricevere solo attraverso il Santo , infatti: "versa in aiuto la luce ".

Questa 25a "parshah" in definitiva racconta la consacrazione del Tabernacolo, la morte di Nadab e Abiu, e le leggi alimentari del "casherut", infatti, il Signore dice in quel passo di Levitico 10 al versetto 10 (Ezechiele 45,23): "Questo perché possiate distinguere ciò che è ("qodesh" ) santo da ciò che è ("chol" ) profano e ("tame'" ) ciò che impuro da ("tahor" ) ciò che è puro..."

Di purità e impurità mi sono interessato con l'articolo "Vittoria sul drago - Sanati nel Giordano" nel paragrafo "Impurità nell'ebraismo" che qui di seguito in gran parte riporto.

Nell'ebraismo i concetti di purità e impurità - "Taharat" e "Tumah" sono altra cosa dell'essere buoni o cattivi; lo stesso Sommo Sacerdote doveva purificarsi per entrare una volta l'anno oltre al velo nel Santo dei Santi e Gesù, in modo esplicito precisò: "Nessuno è buono, se non Dio solo." (Marco 10,18)

Una persona in stato di purità, perciò, non è senza peccato, ma è solo in condizioni idonee per avvicinarsi al sacro, e lo è se ha compiuto atti che dimostrino il desiderio di purificarsi per avvicinarvisi (di ciò resta traccia con il "mea culpa" da parte di tutti, celebrante compreso, all'inizio delle celebrazioni eucaristiche).

Solo chi s'era purificato, reso mondo liturgicamente, poteva accedere alle parti consentite della Tenda del Convegno o del Tempio e avvicinarsi ai riti.
Il termine Santo "Kadosh" poi, tra l'altro, comporta il significa "distinto - diverso".
Dio, il Santo, il distinto per antonomasia, chiede al popolo d'Israele di esser "Santo", diverso nel e per il mondo, osservando le Sue regole o "mizvot" per potersi portare in modo adatto nella sfera del diverso: "Poiché io sono il Signore, il Dio vostro. Santificatevi dunque e siate santi perché Io Sono Santo." (Levitico 11,44 e simili in 19,2 e 20,7) e libro del Levitico, il centrale della Torah, è specialistico su questo tema e propone norme, decreti, comandi di Dio proprio, come abbiamo evidenziato, per "distinguere ciò che è santo da ciò che è profano e ciò che è immondo da ciò che è mondo". (Levitico 10,10)



È questo un versetto interessante perché usa quattro volte la preposizione "tra" che propone l'idea di "intelligenza" "binah" su quelle questioni. Sono messi in contrapposizione e in similitudine:
  • profano, laico, secolare "chol" e impuro "tame'" ;
  • santo "qodesh" e puro "tahor" .
Il profano "chol" dal punto di vista delle lettere nel senso biblico ha insita una negatività, in quanto, fa pensare che "nasconde il serpente ", infatti, poi i radicali e equivalgono a profanare e ad ammalarsi.
È come se nel corpo si nascondesse una potenza che provoca una variazione del normale stato; parola opposta è "lecha" il vigore.
Puro "tahor" viene dal radicale e le lettere ci parlano di un "amore che genera ()", mentre impuro "tame'" ci dice "di un utero che la vita origina ", ossia ci ricorda secondo il rituale della in Levitico 12,2-5 che una donna sarà impura per sette giorni se da alla luce un maschio e per due settimane se da alla luce una femmina.

Il racconto della Genesi dell'albero della conoscenza del bene e del male si propone con tutte le relative implicazioni come se un essere maligno, il serpente , si sia nascosto in qualcosa che la persona ha assunto - mangiato.

La decriptazione di questo versetto Levitico 10,10, che s'inserisce in una pagina di secondo livello di un lungo discorso sui tempi messianici, conferma l'idea: "E il serpente uscirà da dentro che sbarrato era nei cuori opprimendoli . La santità si porterà dentro . Saranno angeli , uscirà l'ammalare () e da dentro sarà l'energia a uscire dello immondo e dentro sarà l'energia a rientrare pura ."

Faccio notare che "immondo" è parola in linea col racconto della caduta di Adamo ed Eva nel capitolo 3 del libro della Genesi; cioè lo spirito inoculato dal serpente "nei cuori vive dall'origine " e comporta che tutti siamo potenzialmente impuri, come espresso dal Salmo 143: "Non chiamare in giudizio il tuo servo: nessun vivente davanti a te è giusto" (Salmo 143,2), confermato dalla verità espressa da Gesù con: "Nessuno è buono, se non Dio solo" (Marco 10,18), infatti, tutti siamo nati da Adamo.

Ogni eventualità, allora, che fa trapelare un'inefficienza o carenza pur se passeggera è segnale d'impurità, perché fa uscire dalla normalità, cioè rivela la possibilità un'invasione particolarmente intensa dell'avversario per cui la comunità si deve difendere, perché teme attacchi incontrollati di poteri che non può dominare, controllabili solo Dio.
L'individuo è così contaminato e può contagiare fisicamente e forse anche nello spirito, perché tutto è interconnesso; il corpo è, infatti, un tutto unico con lo spirito dell'uomo e con lo stesso spirito che Dio gli ha donato, quindi, una carenza corporea è, o ha, o avrà pure un riflesso sullo spirito e viceversa, così un segno esterno può già far trapelare una infezione dello spirito.
L'ammalato poi non è in grado di compiere tutte le "mizvot" e ciò è prova dello stato d'impurità, insomma, tutto ciò che lede l'integrità del corpo umano è inadatto e fa entrare in stato d'impurità lieve o definitiva.

Questo era il pensare del tempo, infatti, la donna incinta che partorisce ha contenuto una vita, lei è impura; il sangue che esce o è uscito indica un segnale d'indebolimento.
I mistici ebraici della "qabbalah" sostengono che ove si concentra una grande quantità di santità che poi viene a mancare, il vuoto è riempito da impurità.
Ogni indebolimento è segno d'impurità; il seno della donna ad esempio, già piena di santità del bambino, dopo il parto ha un vuoto, occorre che si purifichi ed egualmente al momento delle mestruazioni, una vita potenziale muore, c'è una perdita di sangue, la donna allora è impura.
La perdita di liquidi seminali dai genitali, anche nel sonno, egualmente segnala una impurità; del resto il sonno, popolato dai sogni incontrollabili, è occasione di invasione ignote e reca a impedimento momentaneo d'operare per santificarsi, quindi, a un vuoto di santità.

La morte, poi, è vista come il massimo dell'impurità.
Per ciò occorre una purificazione mattutina, la "neteilat yadaim" - lavanda delle mani - dal "ruach rà" , vale a dire dallo spirito cattivo o del male. Questo spirito cattivo, in definitiva, è quello che provoca una disarmonia nell'uomo fino a causarne la morte.
Il termine che si trova nella storia di Saul che "veniva atterrito da uno spirito cattivo" (1Samuele 16,14; 16,16; 19,9) lo ritroviamo nel libro degli Atti degli Apostoli: "Dio intanto operava prodigi non comuni per opera di Paolo, al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui e le malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano. Alcuni esorcisti ambulanti giudei si provarono a invocare anch'essi il nome del Signore Gesù sopra quanti avevano spiriti cattivi, dicendo: Vi scongiuro per quel Gesù che Paolo predica. Facevano questo sette figli di un certo Sceva, un sommo sacerdote giudeo. Ma lo spirito cattivo rispose loro: Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete? E l'uomo che aveva lo spirito cattivo, slanciatosi su di loro, li afferrò e li trattò con tale violenza che essi fuggirono da quella casa nudi e coperti di ferite. Il fatto fu risaputo da tutti i Giudei e dai Greci che abitavano a Èfeso e tutti furono presi da timore e si magnificava il nome del Signore Gesù." (Atti 19,11-17)

Gesù, infatti, toglie in modo radicale e non formale l'impurità, sana malati, lebbrosi, ciechi dalla nascita, emorroisse, scaccia demoni e risuscita i morti.
Tornando alla morte dei figli di Aronne, evidentemente Nadab e Abiu non avevano seguito le norme per il Tempio e sulle cose sacre.
Il versetto Levitico 10,3 termina sinteticamente con "Aronne tacque" anche se in quella occasione gli erano morti la metà dei figli e non poteva fare lutto!
L'episodio intende sottolineale che chi si presenta a servire il Signore lo deve fare in modo non disattento intenzionato ad attenersi alle norme divine senza aggiungere nulla e sforzandosi di seguire totalmente la volontà del Signore visto che entra in un ambito non normale, ma Santo.
Quel "fuoco illegittimo" in ebraico è, infatti, un fuoco estraneo "'esh zarah", ossia straniero, perché non rispettava le regole sancite da Signore stesso.

Un modo per dire in ebraico "incenso", ma da intendersi come "profumo" generico da ardere, è "qetoroet", ma il "qetoroet" che doveva ardere davanti al Santuario del Signore era solo una miscela di profumi particolari.
(Chetura "Qeturah" tra l'altro è il nome della terza moglie sposata da Abramo in tarda età che alcuni commentatori ebrei ritengono fosse la stessa Agar madre di Ismaele dopo il matrimonio d'Isacco, come risulta in Genesi 25, dalla quale Abramo ebbe altri 6 figli da cui discendono i popoli stranieri quali i Medianiti, i Sabei e Dedaniti.)

Le regole per l'incenso da usare davanti al Signore sono definite in Esodo 30,34-38 (Vedi: "Nel Santo l'altare dei profumi davanti al Santo dei Santi") e in particolare in Esodo 30,9 il Signore, quando aveva dato disposizioni per l'altare dei profumi, aveva avvertito: "Non vi offrirete sopra incenso illegittimo..."

Per ottenere quello legittimo il Signore aveva detto a Mosè: " Procurati balsami: storace, onice, galbano e incenso puro: il tutto in parti uguali. Farai con essi un profumo da bruciare, una composizione aromatica secondo l'arte del profumiere, salata, pura e santa. Ne pesterai un poco riducendola in polvere minuta e ne metterai davanti alla Testimonianza, nella tenda del convegno, dove io ti darò convegno. Cosa santissima sarà da voi ritenuta. Non farete per vostro uso alcun profumo di composizione simile a quello che devi fare: lo riterrai una cosa santa in onore del Signore. Chi ne farà di simile, per sentirne il profumo, sia eliminato dal suo popolo."
(Esodo 30,34-38 Vedi: "Nel Santo l'altare dei profumi davanti al Santo dei Santi")

La frase che ho evidenziato in azzurro dal testo in ebraico, in effetti, è: "Prenditi, 'qach lek' , degli aromi 'sammim' , della resina, 'nataf' del garofano, 'vushicheloet' del galbano aromatico, 'vechoelbbenah sammim' e dell'olibano puro, 'velebbonah zakkah' a dosi uguali, 'bad bebad' ", ma in tale procedura è estraneo il "qetoroet" , ossia non va bene un profumo generico, non "kasher".

Riporto la decriptazione di quei versetti Esodo 30,34-38 che si trova nel mio accennato articolo.

Esodo 30,34 - Portata era stata all'origine all'essere ribelle dal Signore la maledizione. Li salverà rovesciando l'ammalare. Al trono vivranno alla destra. Gli amati il Verbo avrà portati risorti nell'assemblea del Potente. Il Crocifisso li ha portati chiusi nel cuore. Tra gli angeli entreranno nei gironi a vivere. Saranno stati i viventi portati al Potente dal Figlio; entreranno puri dal mondo alla pari a starvi per l'esistenza.

Esodo 30,35 - Si porteranno al vederlo i risorti a stare nel crocifisso. Verranno a versarsi nel cuore. Nel corpo del Crocifisso con i corpi si verseranno per chiudersi nel seno. Dal mondo col corpo li porterà, verserà i racchiusi vivi a vivere dal Potente. Gli si chiuderanno nel cuore. Gli entrati si porteranno con i corpi nel Santuario.

Esodo 30,36 - Li porterà risorti, nell'assemblea li verserà integri. A vivere con gli angeli entreranno, usciti dalla polvere per la portata energia dal Crocifisso. Tutti entreranno a vivere la vita degli angeli, entreranno dal Potente al volto, con gli angeli staranno. S'aprirà l'eternità completa dentro lo splendore. I viventi ha portato alla vista volando nel Risorto col corpo, desiderosi di conoscerlo. Camminando col Risorto i viventi entrano da Santi nel Santo. Staranno gli uomini per l'esistenza col Potente tra i retti a vivere.

Esodo 30,37 - Ha portato dal mondo, ha versato dal cuore, il corpo alla fine della moglie, il corpo che per il Crocifisso ha operato illuminando il mondo. Da dentro uomini retti, apostoli del Crocifisso, escono. Il Potente verrà alla vista simile per potenza come i viventi nel santuario. Il Crocefisso nel mondo era del mondo il Potente; la sposa è stato dal mondo a portare fuori!

Esodo 30,38 - Il primo che fu risorto e la moglie con i corpi saranno alla vista luminosi uscire. La rettitudine ai viventi hanno recato nel mondo, potenti li partoriranno, saranno dal ventre ad uscire, li porteranno tra gli angeli. L'Agnello, il Crocifisso vivo rivedranno che i viventi fu a recare.

LEVITICO 10 - DECRIPTAZIONE
Propongo la decriptazione dei 20 versetti di Levitico 10.
Riporto il testo C.E.I. 2008 e la decriptazione tutta di seguito.

Levitico 10,1 - Ora Nadab e Abiu, figli di Aronne, presero ciascuno un braciere, vi misero dentro il fuoco e vi posero sopra dell'incenso e presentarono davanti al Signore un fuoco illegittimo, che il Signore non aveva loro ordinato.

Levitico 10,2 - Ma un fuoco uscì dalla presenza del Signore e li divorò e morirono così davanti al Signore.

Levitico 10,3 - Allora Mosè disse ad Aronne: Di questo il Signore ha parlato quando ha detto: In coloro che mi stanno vicino mi mostrerò santo e alla presenza di tutto il popolo sarò glorificato. Aronne tacque.

Levitico 10,4 - Mosè chiamò Misaele ed Elsafàn, figli di Uzzièl, zio di Aronne, e disse loro: Avvicinatevi, portate via questi vostri fratelli dal santuario, fuori dell'accampamento.

Levitico 10,5 - Essi si avvicinarono e li portarono via con le loro tuniche, fuori dell'accampamento, come Mosè aveva detto.

Levitico 10,6 - Ad Aronne, a Eleàzaro e a Itamàr, suoi figli, Mosè disse: Non vi scarmigliate i capelli del capo e non vi stracciate le vesti, perché non moriate e il Signore non si adiri contro tutta la comunità; ma i vostri fratelli, tutta la casa d'Israele, facciano pure lutto per coloro che il Signore ha distrutto con il fuoco.

Levitico 10,7 - Non vi allontanate dall'ingresso della tenda del convegno, così che non moriate; perché l'olio dell'unzione del Signore è su di voi. Essi fecero come Mosè aveva detto.

Levitico 10,8 - Il Signore parlò ad Aronne dicendo:

Levitico 10,9 - Non bevete vino o bevanda inebriante, né tu né i tuoi figli, quando dovete entrare nella tenda del convegno, perché non moriate. Sarà una legge perenne, di generazione in generazione.

Levitico 10,10 - Questo perché possiate distinguere ciò che è santo da ciò che è profano e ciò che è impuro da ciò che è puro,

Levitico 10,11 - e possiate insegnare agli Israeliti tutte le leggi che il Signore ha dato loro per mezzo di Mosè.

Levitico 10,12 - Poi Mosè disse ad Aronne, a Eleàzaro e a Itamàr, figli superstiti di Aronne: Prendete quel che è avanzato dell'oblazione dei sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore e mangiatelo senza lievito, presso l'altare, perché è cosa santissima.

Levitico 10,13 - Dovete mangiarlo in luogo santo, perché è la parte che spetta a te e ai tuoi figli, tra i sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore: così mi è stato ordinato.

Levitico 10,14 - La coscia della vittima offerta come contributo e il petto della vittima offerta con il rito di elevazione, li mangerete tu, i tuoi figli e le tue figlie con te in luogo puro; perché vi sono stati dati come parte tua e dei tuoi figli, tra i sacrifici di comunione degli Israeliti.

Levitico 10,15 - Essi porteranno, insieme con le parti grasse da bruciare, la coscia del contributo e il petto del rito di elevazione, perché siano ritualmente elevati davanti al Signore; questo spetterà a te e ai tuoi figli con te, per diritto perenne, come il Signore ha ordinato.

Levitico 10,16 - Mosè s'informò accuratamente circa il capro del sacrificio per il peccato e seppe che era stato bruciato; allora si sdegnò contro Eleàzaro e contro Itamàr, figli superstiti di Aronne, dicendo:

Levitico 10,17 - Perché non avete mangiato la vittima del sacrificio per il peccato nel luogo santo? Infatti è cosa santissima. Il Signore ve l'ha data, perché tolga la colpa della comunità, compiendo per loro il rito espiatorio davanti al Signore.

Levitico 10,18 - Ecco, il sangue della vittima non è stato portato dentro il santuario; voi avreste dovuto mangiarla nel santuario, come io avevo ordinato.

Levitico 10,19 - Aronne allora disse a Mosè: Ecco, oggi essi hanno offerto il loro sacrificio per il peccato e il loro olocausto davanti al Signore; ma, dopo le cose che mi sono capitate, se oggi avessi mangiato la vittima del sacrificio per il peccato, sarebbe stato bene agli occhi del Signore?

Levitico 10,20 - Quando Mosè udì questo, parve bene ai suoi occhi.

È una pagina "Messianica" che parla della sua nascita e della risurrezione che recherà; questa tra l'altro distruggerà il male.
L'umanità, sposa del Signore, sarà risorta e portata in cielo tra gli angeli.
Tutti entreranno nel cuore del Risorto e passeranno nel cuore di Dio Padre.
Il decriptato è al passato per la venuta di Gesù, ma come profezia era al futuro.

Levitico 10,1 - E per obbedienza per rendere colpevole l'angelo (ribelle) fu l'Unigenito al mondo col corpo inviato. Volenteroso si portò dal Padre a stare Lui in un uomo a vivere per lo spavento finire. E recò a esistere un segno con un angelo. E dentro entrò l'energia in una Donna e fu accesa l'esistenza, fu in una vivente a recarsi l'Altissimo, entrò versando l'Amore in un corpo. Al termine recò l'eletto, fu dentro a portarsi il Potente in una persona. Fu il Signore da una Donna questi col corpo ad uscire. L'Unigenito per liberare dal negativo giù si recò; nel mondo venne a vivere.

Levitico 10,2 - E per finire la sozzura del peccare del serpente in una persona fu il Signore e per finirlo l'Unigenito alla prigione si recò alla fine dalla Madre, e fu uomo, portò al serpente con la bocca i lamenti il Signore.

Levitico 10,3 - E fu alle origini nei viventi il rettile a entrare; la maledizione iniziò ad entrare nei corpi. Inviato al mondo si portò l'Unigenito da Donna per dominarlo. Dentro i corpi sarà la perversità ad azzerare. L'essere impuro da dentro verserà. Nei corpi dentro sarà ad esistere dell'Unico la santità. Si recherà dall'alto in una persona; esisterà un retto. Il serpente uscirà dai popoli, inizierà la rettitudine a scacciarlo e sarà nei somiglianti a riiniziare a rientrare nei corpi l'energia.

Levitico 10,4 - E il diletto Unigenito dai viventi alla luce esce in silenzio. È la distruzione con potenza a recare per giuramento al primo serpente giù di persona. Figlio è dell'Unico questi, è stato da primogenito partorito. La mano dell'Unico esce in un corpo ad abitare. È a iniziare per l'essere ribelle la maledizione in un vivente, Di versare dai corpi la vergogna desidera iniziare. Alla fine dei fratelli è così la vita a vivere. Venuto in una persona è al mondo il Santo. Per la prima volta la potenza in un vivente a chiudere ha portato giù perché la grazia esca.

Levitico 10,5 - Ed è il diletto in una casa si porta. Recata è la luce dall'Unico ai viventi sulla casa retta. Gli angeli indicano che con la Madre Dio vive. Annunciano giù del Potente per i viventi la grazia uscita. La rettitudine da Donna col corpo la Parola a vivente alla luce esce.

Levitico 10,6 - Portato è l'Unigenito a vivere in un corpo, da Madre sorge al mondo Dio, da primogenito partorito, l'energia reca del Potente Unico. La potenza, la forza nel corpo ha recato per annullare (il ribelle). Esiste la purezza nel corpo dal Figlio. È è stata portata alla vista col dono della rettitudine in un vivente. Dio alla fine il principe ha portato e dentro per l'impurità c'è la rettitudine in pienezza per la fine del soffio del verme recare e per annullarlo completamente negli uomini la reca. E dall'alto la sposa l'Eterno esce a svegliare, il Verbo porta ai fratelli, è così a vivere dalla sposa, dentro finalmente è in Israele, è dentro la rettitudine a recare, viene dal serafino (ribelle) uscito alle origini per sradicarlo, per guarire dalla forza della perversità.

Levitico 10,7 - E la chiave l'Unigenito per uscire dal serpente ai viventi reca. Con l'azione li libererà, verranno su all'Unico condotti di persona finalmente gli uomini. Portati retti saranno nell'ottavo (giorno) i viventi risorti dalle tombe (Messia ). Tutti il Signore nell'alto agognato li porterà e saranno alla vista simili per la rettitudine. Dalla porta di casa il verme per la risurrezione uscirà.

Levitico 10,8 - Ed è per aiutare il cibo recato al mondo da Dio con l'Unigenito uscito col corpo per finire il primo essere ribelle.

Levitico 10,9 - Il vino reca della risurrezione l'agnello di Dio. Alla fine la risurrezione per tutti verrà portata dal Figlio. Sarà afflitto, all'oppressione dentro abiterà l'Unigenito. Anela di Dio alla tenda i viventi portare per sempre ed il negativo finire. I morti riporterà dalle tombe. Li riverserà tutti fanciulli vivi ripartoriti nei corpi; tutti saranno retti i viventi.

Levitico 10,1 - Ed il serpente uscirà da dentro che sbarrato era nei cuori opprimendoli. La santità si porterà dentro, saranno angeli. Uscirà l'ammalare e da dentro sarà l'energia ad uscire dell'immondo e dentro sarà l'energia ad entrare pura.

Levitico 10,11 - E la potenza rientrerà e nei corpi alla fine verrà dal Figlio a stare la forza della risurrezione. Alla vista il serpente verrà da tutti fuori dalle tombe. Col risorgere l'Unigenito lo brucerà nei corpi. Sbarrata dalla purezza sarà la perversità del primo serpente, sarà fuori dai viventi, da dentro sarà per il sangue del Risorto ad uscire.

Levitico 10,12 - Portato, sarà battuto dentro il verme. Per la risurrezione uscirà il primo serpente, per l'Unigenito uscirà dai corpi annullato. La potenza della maledizione agirà colpendolo nei corpi. E l'aveva giurato l'Unico che sarebbe stato finito l'essere ribelle dal Figlio, che sarebbe stato portato fuori l'angelo e l'avrebbe finito nei corpi, sarebbero stati dalla putredine delle tombe portati a rivenire vivi, l'energia nelle tombe entrerà, rientrerà ad abitare finalmente nei corpi. La purezza originaria in dono il Signore porterà dell'Unico alla sposa e usciranno i viventi su a portarsi alla croce dell'Unigenito all'ombra, entreranno vivi in Questi dentro a chiudersi, così saranno nel Santo dei Santi; saranno a vivere in Lui.

Levitico 10,13 - E con l'Unigenito la sposa pura verrà a casa a vivere, col risorgere rovescerà l'essere impuro col fuoco con bruciature, dalle tombe l'abbatterà arso la legge del Figlio. Sarà retta con Lui a vivere la Donna, Sarà per il Signore così a esistere la rettitudine. Il lordume portato alla fine sarà dall'esistenza.

Levitico 10,14 - E riverranno dalle tombe. Questi usciranno fuori. Del drago porterà il soffio Lui a finire. Simili riverserà fuori, tutti i corpi riporterà vivi al mondo, alla fine dall'Unico la sposa porterà a casa a vivere risorta pura, verrà portata a casa con gli angeli. Sarà così recata dentro degli angeli finalmente ad esistere la rettitudine, verranno retti così all'esistenza dalle tombe versati, così della legge porterà dentro l'energia, sarà la rettitudine inviata. Il drago portatosi nei viventi ucciso sarà; bruciato il serpente dai viventi sarà dal Figlio, l'esistenza sarà bruciata dai corpi del serpente primo (antico).

Levitico 10,15 - Il fuoco porterà a rovesciare, entrerà alla fine nei corpi e dai viventi la perversità racchiusa per questo uscirà fuori. Del drago porterà il soffio fuori. L'azione il negativo brucerà, ne sarà fuori l'infiacchire che dentro era nei viventi, sarà dentro a riesistere la forza, rientrerà l'energia, sarà l'aspide che si portava nei cuori ad uscire, il potente soffio inviato sarà dal Signore e l'esistenza della potente rettitudine porterà nei cuori, dell'angelo che era ad affliggere con l'oppressione il vigore rovescerà per sempre, così all'Unico risorti con i corpi porterà dal mondo il Signore.

Levitico 10,16 - Si porteranno dall'Unigenito tutti i risorti alla Città usciti dalle tombe. (Tutti i risorti verranno a Gerusalemme), del cuore verranno alla porta del corpo del Risorto, (si porteranno alla ferita del costato del Crocifisso) all'abitazione del sole entreranno, fuori li porterà dal mondo. Dagli angeli fuori li porterà, saranno versati su dal Verbo in alto, da Dio aiutati li condurrà alla vista del Potente. L'Unigenito che fu crocifisso i viventi col corpo dentro inviati saranno, dall'Unico li partorirà, inviati fuori dagli angeli porterà tutti col corpo; in pienezza a vivere coi corpi.

Levitico 10,17 - I viventi aiuterà a condurre in alto dall'Unico l'Unigenito. Tutti puri verranno per il peccato finito, dentro a vivere dal Risorto; entreranno dal Santo, così per la forza della santità, santi saranno i viventi per Lui. E verranno fuori angeli dal Crocefisso con l'energia potente della rettitudine, vivi usciranno, nell'eternità entreranno. La potenza per il perdono dell'Altissimo sarà entrata, vivranno del Potente alla presenza, staranno col Signore.

Levitico 10,18 - Uscita l'energia negativa, dal mondo li ha riportati a casa dall'Unico l'Unigenito. Il Crocefisso col sangue uscito il maledetto ha rovesciato. L'aiuto dal monte calvo inviato fu con l'acqua fuori dall'Unigenito. Della rettitudine recò la potenza che alla fine dall'Unico tutti recherà. Verranno a casa santi, retti, beati, su riportati saranno all'esistenza.

Levitico 10,19 - Condotti saranno dalla Parola all'Unico. Usciranno con i corpi belli perché risorti usciranno. Per l'entrata energia fuori un giorno dalla tomba si rovesceranno i corpi. Saranno da dentro riportati dall'Unigenito crocifisso per il (suo) sacrificio espiatorio. In vita li riporterà. Verranno in alto puri per la potenza soffiata con energica forza dal Signore e tutti versati alla vista degli angeli usciranno. Verranno a essere retti. Dio dal mondo porterà la sposa. Tutti saranno chiusi nel cuore dell'Unico. Alla fine entreranno un giorno. Entrati saranno a stare bene. A casa si vedranno essere con gli angeli, staranno col Signore.

Levitico 10,20 - Portati saranno dal Risorto nel seno i viventi risorti; dal mondo li porterà, saranno a stare nel cuore dentro ad abitare; dalle rovine, dai lamenti li porterà.

APPENDICE - ISAIA 60 - DECRIPTAZIONE
Il capitolo 60 di Isaia è formato da 22 versetti che riporto qui di seguito secondo il testo della traduzione C.E.I. 1975.

Isaia 60,1 - Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te.

Isaia 60,2 - Poiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te.

Isaia 60,3 - Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere.

Isaia 60,4 - Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio.

Isaia 60,5 - A quella vista sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché le ricchezze del mare si riverseranno su di te, verranno a te i beni dei popoli.

Isaia 60,6 - Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore.

Isaia 60,7 - Tutti i greggi di Kedàr si raduneranno da te, i montoni dei Nabatei saranno a tuo servizio, saliranno come offerta gradita sul mio altare; renderò splendido il tempio della mia gloria.

Isaia 60,8 - Chi sono quelle che volano come nubi e come colombe verso le loro colombaie?

Isaia 60,9 - Sono navi che si radunano per me, le navi di Tarsis in prima fila, per portare i tuoi figli da lontano, con argento e oro, per il nome del Signore tuo Dio, per il Santo di Israele che ti onora.

Isaia 60,10 - Stranieri ricostruiranno le tue mura, i loro re saranno al tuo servizio, perché nella mia ira ti ho colpito, ma nella mia benevolenza ho avuto pietà di te.

Isaia 60,11 - Le tue porte saranno sempre aperte, non si chiuderanno né di giorno né di notte, per lasciar introdurre da te le ricchezze dei popoli e i loro re che faranno da guida.

Isaia 60,12 - Perché il popolo e il regno che non vorranno servirti periranno e le nazioni saranno tutte sterminate.

Isaia 60,13 - La gloria del Libano verrà a te, cipressi, olmi e abeti insieme, per abbellire il luogo del mio santuario, per glorificare il luogo dove poggio i miei piedi.

Isaia 60,14 - Verranno a te in atteggiamento umile i figli dei tuoi oppressori; ti si getteranno proni alle piante dei piedi quanti ti disprezzavano. Ti chiameranno Città del Signore, Sion del Santo di Israele.

Isaia 60,15 - Dopo essere stata derelitta, odiata, senza che alcuno passasse da te, io farò di te l'orgoglio dei secoli, la gioia di tutte le generazioni.

Isaia 60,16 - Tu succhierai il latte dei popoli, succhierai le ricchezze dei re. Saprai che io sono il Signore tuo salvatore e tuo redentore, io il Forte di Giacobbe.

Isaia 60,17 - Farò venire oro anziché bronzo, farò venire argento anziché ferro, bronzo anziché legno, ferro anziché pietre. Costituirò tuo sovrano la pace, tuo governatore la giustizia.

Isaia 60,18 - Non si sentirà più parlare di prepotenza nel tuo paese, di devastazione e di distruzione entro i tuoi confini. Tu chiamerai salvezza le tue mura e gloria le tue porte.

Isaia 60,19 - Il sole non sarà più la tua luce di giorno, né ti illuminerà piùil chiarore della luna. Ma il Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio sarà il tuo splendore.

Isaia 60,20 - Il tuo sole non tramonterà più né la tua luna si dileguerà, perché il Signore sarà per te luce eterna; saranno finiti i giorni del tuo lutto.

Isaia 60,21 - Il tuo popolo sarà tutto di giusti, per sempre avranno in possesso la terra, germogli delle piantagioni del Signore, lavoro delle sue mani per mostrare la sua gloria.

Isaia 60,22 - Il piccolo diventerà un migliaio, il minimo un immenso popolo; io sono il Signore: a suo tempo, farò ciò speditamente.

In "Personaggi enigmatici. I Magi incontrano il Messia" riportai la seguente decriptazione dei primi 10 versetti.

Isaia 60,1 - Versata portata ai viventi è stato dell'Unico recata nel corpo l'esistenza retta, dentro inizia la luce di una stella, si porta in aiuto il Signore dall'alto, si è rettamente questi in un corpo racchiuso.

Isaia 60,2 - Così è uscito dagli angeli fuori al mondo, chiusasi la luce così è dal trono, uscito l'Unigenito col corpo giù si reca, in azione col corpo la Parola potente dal serpente inizia in vita ad essere; dalla Madre portato l'Altissimo rettamente si è questi nel corpo racchiuso, il Signore si porta così da casa, ad aiutare si reca dall'alto; è la rettitudine ad esistere, in un corpo la prima volta nel mondo.

Isaia 60,3 - E al mondo dal serpente la rettitudine reca ai popoli in pienezza e da debole reca dai viventi la potenza, così è dalla Madre del Potente l'energia in cammino, esce questi col corpo da amo.

Isaia 60,4 - A sorgere l'Unico si è convertito; è stato per le preghiere, l'energia è così portata in un corpo, dell'Unico è tutta in vita (nella sposa Madre) l'energia versata dentro, giù porta da casa col corpo il Figlio, è la rettitudine in vita in un corpo chiusa, recata la verserà, è dentro l'Unigenito, e si reca a una casa d'angeli che tutta è retta; in azione al serpente scende la legge divina, l'Amen esce.

Isaia 60,5 - Inizia questi finalmente col corpo, dell'Unigenito è portata l'energia (colomba) al mondo in un corpo completamente si porterà la Parola, la letizia in un corpo racchiude, dentro un cuore da casa così la rettitudine all'esistenza del mondo scaturisce, per agire dal serpente si è indebolito, in vita si porta l'energia, si è dalla Madre racchiuso. Sarà il Potente dai popoli in vita, sarà da casa l'Unigenito a portarsi in cammino.

Isaia 60,6 - Sorge la Parola nel tempo, maturato è per gli uomini che dal trono la rettitudine dentro così in un corpo sia in un vivente, al giudizio si porta in azione, sarà la Parola il mondo dalla vergogna a liberare dentro dal nemico. L'Unigenito si porta a colpirlo al mondo, si reca dal serpente a casa e il canto lugubre gli è sorto, inizia a portarsi col bastone dalla stoltezza per condurla alla fine; il Signore si è nella carne portato.

Isaia 60,7 - La sposa scende ad incontrare, gli versa la mano, in un corpo si è versato dentro, giù porta in cammino dell'Unico la forza, al serpente inviato a casa è a portargli finalmente sarà il fuoco col corpo completamente, reca l'energia della rettitudine per aiutare e dall'alto col corpo giù si porta dagli angeli ai viventi da vittima si è portato nel tempio.
(Giovanni 2,21 - "...Ma egli parlava del tempio del suo corpo.") segno che a glorificare in croce sarà l'Unico la Parola Unigenita col corpo.
Giovanni 7,39 - "...Gesù non era stato ancora glorificato."
Giovanni 12,16 - "...quando Gesù fu glorificato, allora si ricordarono."
Giovanni 12,23 - "...È giunta l'ora che il Figlio dell'uomo sia glorificato."
Giovanni 12,28 - "...L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò.")

Isaia 60,8 - Dai viventi sarà Dio al mondo, così in azione da casa per finire il peccare la Parola è inviata, alla perversità dentro è a portare degli angeli l'esistenza, dalla Madre di Dio l'Unigenito col corpo dentro tutto è entrato per vivere.

Isaia 60,9 - Al maligno guai saranno in vita; l'obbedienza gli porta il bastone della parola dell'Unico, lamenti gli reca completi, a finirlo col corpo per arderlo è la calamità da Donna inviata, uscita una fiamma è dal Padre inviata è stata, a commuoversi in seno dal trono la Parola alla Madre si porta, in questa entrato dentro da primogenito dalla pura del Potente il Nome, il Signore la maledizione è così a portare al serpente, si versa per trebbiarlo, è il fuoco in vista in cammino è la Parola dell'Unico in un corpo retto.

Isaia 60,10 - Si porta da casa il frutto del Figlio, l'Agnello nella tomba si reca dai morti, l'esistenza retta reca per vivere, il Potente così sarà al mondo dei viventi sarà a servire, porterà l'energia retta. Così sarà dentro alla fine la Parola all'esistenza, esce la rettitudine, sarà da segno all'esistenza, sarà così portato dentro al corpo il precetto, inviato è con la misericordia ad indicare la forza della rettitudine.

Riporto ora la decriptazione degli ultimi 12 versetti tutta di seguito, ma prima dimostro quella del versetto Isaia 60,11 riportando il testo ebraico e giustificando ogni parola del decriptato.

Isaia 60,11 - Le tue porte saranno sempre aperte, non si chiuderanno ne di giorno né di notte, per lasciare introdurre da te le ricchezze dei popoli e i loro re che faranno da guida.




E per liberare si reca col fuoco dal nemico . È la rettitudine della perfetta esistenza che per aiutare è recata ai viventi . A recidere è il serpente dal mondo . Il 'no' gli è in pienezza in cammino col corpo portato . Con potenza gli esce a casa , gli è originato da Dio . È la rettitudine nel mondo a esistere del Potente per i popoli . La Madre porterà il re , sarà al mondo consegnato portato in cammino per stare dai viventi .

Isaia 60,11 - E per liberare si reca col fuoco dal nemico. È la rettitudine della perfetta esistenza che per aiutare è recata ai viventi. A recidere è il serpente dal mondo. Il 'no' gli è in pienezza in cammino col corpo portato, con potenza gli esce a casa, gli è originato da Dio. È la rettitudine al mondo a esistere del Potente per i popoli. La Madre porterà il re, sarà al mondo consegnato portato in cammino per stare dai viventi.

Isaia 60,12 - Così sarà al mondo in cammino. Porterà la forza a uscire ai viventi in vita dal serpente per spegnerlo. Da una Donna col corpo il 'no' esisterà, il Servo porterà, cosi ci sarà del Padre la mano che porterà il bastone ad uscirgli sul dorso. È nella Madre che chiusa nel corpo dentro c'è una spada per portargliela.

Isaia 60,13 - Così dentro reca per aiutare il mondo il Cuore col Figlio. La divinità si è in modo retto a stare in una casa recata. Un padre povero ha scelto per proteggerlo. Di partorire reca il segno la Donna. Reca un corpo che è dell'Uno, reca la Potente Parola dell'Unico. Dal corpo della Madre sorge tra i viventi il Santo, sarà a condurlo, tra i viventi lo verserà e la Madre del corpo rivela che è iniziato il peso.

Isaia 60,14 - E al mondo in cammino si porta Dio. L'Essere si è così abbassato, il Figlio è a vivere da miseri retti e al mondo una luce a segno per annunciarlo reca in vista a chi cammina. La Parola si porta finalmente col corpo a rivelare l'esistenza della rettitudine alla sposa. Dalla Madre bello giù è stato portato versato dal corpo inizia a portarsi a chi cammina in vista. Col corpo dal Signore giù è stata portata l'energia della santità in Israele.

Isaia 60,15 - Sotto, fuori si è portato finalmente così alla vista. Questi si porta da casa al mondo e a sorgere l'energia reca dell'Unico. In campo si porta, inizia a essere inviato in azione portatosi in una casa di un povero uomo che è retto. Il Potente in cammino l'Unico reca l'energia in un fanciullo. I viventi a salvare si porta dal demonio e col corpo gli si reca in casa.

Isaia 60,16 - Ed è stato inviato, versato finalmente alla prigione del serpente. Dentro nel cammino portato è stato dalla Madre. Si porta dal demonio da vivente. Dal serpente così c'è un uomo che è puro, a portare è la conoscenza completa. Così è "Io sono" il Signore, il Salvatore per ardere in cammino il primo serpente, per affliggerlo in un pozzo è in azione per rovesciarvelo dentro.

Isaia 60,17 - Finalmente lo spavento al serpente completamente gli inizia a casa. È l'Unigenito! Questi in campo da casa portato per finirlo. Chiuso totalmente al mondo dentro ad un corpo per colpire il 'no' dentro c'è dell'Unico. Dal trono la Parola ha portato. Sotto esce l'albero che è la Vita, l'energia racchiude della risurrezione dalla croce, la porta a indicare agli spaventati del mondo. Dal Padre inviato è stato alla Madre il Figlio. Questi la potenza porta della risurrezione dei morti, è a punire l'oppressione, la pace reca con lo splendore, sorge l'esistenza retta della giustizia.

Isaia 60,18 - Dal serpente un uomo vive per agire da testimonio della (sua) violenza. Dentro la terra la rettitudine al demonio reca. Della speranza dentro per chi cammina il prodotto si è così portato, si chiamerà Gesù, a chiudersi si porta tra gli uomini, è così a portare il fuoco al nemico, l'esistenza retta alla stoltezza.
(Un modo per dire "speranza" in ebraico è "seboer" come in Salmo 146,5 "Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe: la sua speranza è nel Signore suo Dio". è avere "una luce Dentro la testa ", come un minatore in una galleria buia che ha un lumicino acceso sopra la testa per illuminare dove sta e poi uscire dal tunnel... nero della vita. Seguire quella luce gli serve per restare nel giusto cammino. La speranza è quella che ha anche chi è in esilio. Stare in esilio, infatti, è e la speranza caratterizza proprio l'esiliato che attende di tornare a casa. "Chi in esilio () l'ha nella mente - testa ". In aramaico "bar" è "figlio" e la speranza "sorge con un figlio " ed è a un tale evento strettamente collegata alla nascita di un figlio, infatti se non si hanno speranze figli non nascono. È anche "Risorgere dentro la mente " ossia... rinnovarsi. È anche attendere "la risurrezione dentro il corpo ", la speranza della risurrezione della carne!)

Isaia 60,19 - Il "no" dell'Unico è uscito. È al mondo in cammino il testimonio in campo sorto. Per liberare dal serpente si porta col corpo. Si è portato dai viventi per reciderlo. Inviato a guarire è i corpi dall'infermare. È l'Unigenito a gettarsi in cammino col bastone in campo. È uscito dal serpente così il Signore. Il "no" gli reca col corpo. Per il peccare al serpente da vivente gli reca la maledizione. È con la rettitudine il serpente a finire, glorificando in croce un retto.

Isaia 60,20 - Al serpente nemico reca l'inizio della rovina. Sorge in un vivente un fuoco per arderlo gli è nel corpo racchiuso, così il serpente l'Unigenito è a togliere via con la rettitudine. Una forte calamità gli esiste nel mondo, è uscita per il serpente. Con la rettitudine il "no" porta col corpo al perverso a palpare, perché portato è stato in un vivente ad esistere dal Padre in cammino.

Isaia 60,21 - Si porta in azione dai viventi; così alla vergogna, all'insidia sorge dal serpente perverso. Con la Madre è alla (ri)conquista a portarsi della terra (contro) l'angelo nemico. Ai viventi la carità nell'agire reca in seno per illuminare il mondo. È l'aiuto; dall'esistenza il serpente uscirà finito, soffiato via dai corpi.

Isaia 60,22 - In campo si versa per amore. Lamenti ci sono al serpente da (parte di) Dio. La Parola li porta al mondo. Giù si vede essere col corpo il Potente, in cammino si reca a stare l'albero che porta la Vita. Dall'Unico inviato è il Signore. Dentro al tempo esce, con l'Unigenito in vita sorge l'energia al mondo.

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