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SAN GIUSEPPE...

 
GIUSEPPE - UN PRAGMATICO UOMO DEI SOGNI

di Alessandro Conti Puorger
 
 

CENNI SU GIUSEPPE
Il titolo dell'articolo fa intendere che s'intende parlare di un Giuseppe, ovviamente della Bibbia, ma quale?
Ne conosciamo due cui il titolo di "pragmatico uomo dei sogni" si associa bene.
Il Giuseppe, già viceré in Egitto, che nutrì quella nazione nel bisogno e Giuseppe, lo sposo di Maria, il "nutrizio" di Gesù, cui gli angeli parlavano con i sogni e fu pragmatico riuscendo a proteggere ed assistere in tante peripezie e situazioni precarie e difficili la Sacra Famiglia affidatagli.
Intendo parlare di Giuseppe il personaggio biblico, figlio tanto atteso dal patriarca Giacobbe dalla moglie Rachele, oggetto di un mio precedente articolo "Giuseppe vice faraone d'Egitto" di cui do per scontato il contenuto.
Giacobbe, figlio d'Isacco sposò Rachele quando stava in Paddan-Aram, alta Mesopotamia, dallo zio Labano fratello di Rebecca sua madre ove s'era rifugiato per fuggire dal fratello Esaù adirato per la primogenitura che, Rebecca consenziente, aveva ottenuta con un inganno dal padre Isacco pur se il fratello gemello era venuto al mondo per primo.
Per avere in moglie Rachele, Giacobbe aveva lavorato come pastore per Labano per sette anni ma, per un inganno dello zio, la prima notte nel letto non si trovò Rachele, ma Lia, la sorella maggiore di quella e per sposare dopo una settimana anche l'amata Rachele dovette promettere di restare a servire lo zio per altri sette anni. (Genesi 29,15-30)
Nei 7 anni successivi dai due matrimoni Giacobbe ebbe 11 figli maschi e una femmina.
Nei primi 4, ogni anno a Lia nacque un figlio - Ruben, Simeone, Levi, Giuda - mentre Rachele sembrava sterile.
Lia intanto parve non avere più figli; Rachele, allora, fece unire il marito con la propria serva Bila che partorì Dan e Neftali, per contro Lia lo fece unire con la propria serva Zilpa e nacquero, Gad e Aser.
Lia intanto si riprese e partorì Isaccar, poi Zabulon e la gemella Dina.
Nel 7° anno, Rachele finalmente partorì Giuseppe, infatti: "Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la rese feconda. Ella concepì e partorì un figlio e disse: Dio ha tolto il mio disonore." (Genesi 30,22s)

In definitiva Giuseppe è il vero primogenito tanto desiderato di Giacobbe dalla moglie prediletta Rachele.
Lei stessa suggerì il nome Giuseppe di questo bambino e in Genesi 30,24 viene anche spiegato perché: "E lo chiamò Giuseppe, dicendo: Il Signore mi aggiunga un altro figlio!"



"vettiqra' 'oet shemo Iosef le'omor isef IHWH li ben 'acher"

Era proprio un altro figlio ancora che Rachele sperava di ricevere dal Signore e per avere il dono s'appellò alla misericordia, infatti, invocò il Tetragramma IHWH, mentre prima aveva parlato di Dio giustizia, essendosi rivolta a "'Elohim".
Dopo che Rachele ebbe partorito Giuseppe "Giacobbe disse a Labano: Lasciami andare e tornare a casa mia, nella mia terra." (Genesi 30,25)

Labano insistette perché rimanesse e fecero un accordo per altri 6 anni, così fu, poi in Genesi 31,41 Giacobbe disse a Labano "Vent'anni sono stato in casa tua: ho servito quattordici anni per le tue due figlie e sei anni per il tuo gregge", quindi, ormai anche molto ricco si riportò in Canaan.
I 10 fratellastri di Giuseppe, in effetti, erano più grandi di lui in modo scalare, fino ad un massimo di 6 anni, come da questo schema:


Questi dati poi torneranno utili.
Quando Giacobbe lasciò Labano, Dina e Giuseppe avevano 6-7 anni.
Quel dire di Rachele, nel dare il nome a Giuseppe, "il Signore mi aggiunga", fu profetico, perché il Signore tramite Giuseppe portò ogni bene alla casa del marito e si avverò l'aspetto concreto del suo nome: "sovrabbondanza".
Non solo Rachele partorì poi Beniamino, ma anche Efraim e Manasse, i figli di Giuseppe nati in Egitto prima dell'arrivo di Giacobbe in pratica diverranno figli di lei, visto che poi Giacobbe li affigliolò come nati da lui stesso.
Questa sovrabbondanza di Giuseppe si riversò su tutto il paese d'Egitto e su Canaan onde servì a nutrire tutti, ricchi e poveri, ebrei e stranieri.
Il suo sognare con l'aiuto di Dio lo fece essere un programmatore utile per tutti, uno strumento di Dio che, per raggiungere il disegno che stava intessendo, lo fece scendere nella prigione per poi elevarlo a livello del re d'Egitto.
Rachele morì nel dare al mondo Beniamino e fu sepolta a Betlemme come precisa Genesi 35,18s: "Ormai moribonda, quando stava per esalare l'ultimo respiro, lei lo chiamò Ben-Onì, ma suo padre lo chiamò Beniamino. Così Rachele morì e fu sepolta lungo la strada verso Èfrata, cioè Betlemme."

Ben-Onì lo chiamò la madre, ossia figlio del mio annullamento ove = a fine parola, ma Giacobbe gli diede il nome di Beniamino ossia figlio della destra "iamin" , per dire "il figlio dell'amata", "il figlio della prediletta", come avviene in generale al destrorso che ama più la destra e come può comprendersi da questi riferimenti:
  • Cantico dei Cantici 2,6 - "La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia."
  • Salmo 45,10 - "Figlie di re stanno tra le tue predilette; alla tua destra la regina in ori di Ofir."
Non è precisato l'anno di nascita di Beniamino.
"Seder O'lam" riporta una tradizione secondo cui Rachele sarebbe nata nel giorno che Giacobbe ricevette la benedizione del padre quando Giacobbe aveva 63 anni, 20 erano passati da Labano e, allora, Giacobbe all'uscita da Pad-Arran secondo tale "midrash" avrebbe avuto 77 anni e 6-7 anni Giuseppe.
Per lo stesso "midrash" Giacobbe ne avrebbe avuti 99 quando rientrò a Betel nella "terra promessa", da cui si ricaverebbe che Rachele sarebbe morta a 36 anni al momento della nascita di Beniamino.
Secondo tali elementi avrebbe partorito Giuseppe quando aveva 14 anni e Beniamino a 36, quando Giuseppe ormai era in Egitto, onde sarebbe stata sposata a Giacobbe a 7 anni il che pare impossibile.

Rachele certamente morì prima della vendita di Giuseppe da parte dei fratelli alla carovana di Madian.
Il fatto che il testo della Genesi non segnala reazione della madre all'annuncio da parte dei fratelli che al padre fanno dedurre la "ritenuta" morte di Giuseppe fa concludere che Rachele in quel momento ormai era già morta.
Dina e Giuseppe poi erano coetanei e prima della nascita di Beniamino è raccontato il fatto della violenza fatta a Dina da Sichem, figlio di Camor per cui Dina e Giuseppe avevano perlomeno 13-15 anni, onde Beniamino quando Giuseppe fu portato in Egitto poteva avere 2-3 anni.
Tutti i libri della Torah parlano di Giuseppe, fatto salvo quello del Levitico.
Il libro della Genesi sviluppa la storia di questo personaggio nel dettaglio e ben 13 capitoli, il 37 e dal 39 al 50 lo riguardano, per cui è personaggio chiave della storia della salvezza alla stregua di Abramo, Isacco e Giacobbe.
Queste sono le parole con cui lo benedisse suo padre prima di morire:

Genesi 49,22 - Germoglio di ceppo fecondo è Giuseppe; germoglio di ceppo fecondo presso una fonte, i cui rami si stendono sul muro.

Genesi 49,23 - Lo hanno esasperato e colpito, lo hanno perseguitato i tiratori di frecce.

Genesi 49,24 - Ma fu spezzato il loro arco, furono snervate le loro braccia per le mani del Potente di Giacobbe, per il nome del Pastore, Pietra d'Israele.

Genesi 49,25 - Per il Dio di tuo padre : egli ti aiuti, e per il Dio l'Onnipotente: egli ti benedica! Con benedizioni del cielo dall'alto, benedizioni dell'abisso nel profondo, benedizioni delle mammelle e del grembo.

Genesi 49,26 - Le benedizioni di tuo padre sono superiori alle benedizioni dei monti antichi, alle attrattive dei colli perenni. Vengano sul capo di Giuseppe e sulla testa del principe tra i suoi fratelli!" (Genesi 49,22-26)

La benedizione inizia ripetendo due volte con quanto la C.E.I. 2008 traduce "Germoglio di ceppo fecondo è Giuseppe" ossia "ben porat" che, in effetti, le Bibbie ebraiche traducono figlio fecondo, ma anche grazioso.

In testi ebraici, infatti, trovo tradotto in questo modo il versetto 22: "Giuseppe è un figlio grazioso, figlio grazioso allo sguardo, le ragazze scavalcano (i muri) per guardarlo" in cui la fonte ("a'in") è lo sguardo e i muri le ragazze ("benot"), cioè le ragazze con lui perdono i freni come accadde alla moglie di Potifar, infatti: "Giuseppe era bello di forma e attraente di aspetto" (Genesi 39,6) e "...la moglie del padrone mise gli occhi su Giuseppe e gli disse: Coricati con me! Ma egli rifiutò." (Genesi 39,7s)

Il ricordare due volte "ben porat" sta a significare che Giacobbe lo considera il figlio importante, tanto che la tribù di Giuseppe varrà in modo doppio e sarà poi ricordata con i suoi frutti " 'Efraim e Manasse".
Il primogenito poi, nell'ebraismo, avrà diritto a eredità doppia. Per quanto riguarda questi due nomi commento:
Spinto dalla traccia del nome di "Appartenente al giunco" ricavato nella ricostruzione con i geroglifici dell'episodio di Mosè nella cesta salvato dalle acque del Nilo, che definisce un figlio di Faraone, verificai dove nella Torah si trovano parole ebraiche con quelle consonanti - NSI', NST, NSI'T o NSWT, anche NS, NSH.
Colpisce subito il fatto che la parola scritta in ebraico con la lettera per la S ha il significato di "principe", equivalente all'egiziano, per cui in Manasse nato da un'egiziana in Egitto c'è il desiderio di considerarlo un principe e forse come tali furono valorizzati i figli di Giuseppe dal faraone del tempo.
Segnalo il versetto di Genesi 23,5 nei riguardi di Abramo: "Allora gli Hittiti risposero: Ascolta noi piuttosto Signore: tu sei un principe di Dio in mezzo a noi..."

Questa parola è usata 45 volte nel Pentateuco, 41 volte nei Numeri e in Genesi 23,5 e 34,2, Esodo 22,27 e in Levitico 4,22.
Il versetto finale peraltro riferendosi a Giuseppe lo definisce "principe tra i suoi fratelli" pur se usa per principe un altro termine "nazir" , ossia scelto e riservato per essere dedicato e consacrato da Dio per servire con i suoi fratelli al suo disegno.

Mosè nella sua benedizione finale in Deuteronomio 33: "Per Giuseppe disse: Benedetta dal Signore la sua terra! Dalla rugiada abbia il meglio dei cieli, e dall'abisso disteso al di sotto; il meglio dei prodotti del sole e il meglio di ciò che germoglia ogni luna, la primizia dei monti antichi, il meglio dei colli eterni e il meglio della terra e di ciò che contiene. Il favore di colui che abitava nel roveto venga sul capo di Giuseppe, sulla testa del principe tra i suoi fratelli! Come primogenito di toro, egli è d'aspetto maestoso e le su corna sono di bufalo; con esse cozzerà contro i popoli, tutti insieme, sino ai confini della terra. Tali sono le miriadi di Èfraim e tali le migliaia di Manasse." (Deuteronomio 33,13-17)

E per Giuseppe escono i concetti di principe e di primogenito.
Sulle lezioni della storia d'Israele il Salmo 78 ricorda che Dio poi: "Rifiutò la tenda di Giuseppe, non scelse la tribù di Èfraim, ma scelse la tribù di Giuda, il monte Sion che egli ama" (Salmo 78,67s) perché come aveva previsto Giacobbe stesso nelle sue benedizioni (Genesi 49,10) il trono, che definisce lo scettro di "Colui che deve venire", il Messia, passò a Giuda che era il più benvoluto dai fratelli e godeva di indiscussa popolarità.
Nella tradizione però solo Giuseppe è definito "il giusto" per eccellenza, ossia, "ha tsadiq" - Talmud Yoma 35b - per la sua statura morale, infatti, pur avendo conferito il trono a Giuda, Giacobbe lodò Giuseppe, come "distinto tra i suoi fratelli".
Si legge che sin da quando Giuseppe entrò in Egitto "Il Signore fu con Giuseppe: a lui tutto riusciva bene. " (Genesi 39,2)
Questo è detto proprio per avvisare che si sta parlando di un vero "giusto" come attesta il Salmo 1: "Beato l'uomo che... nella legge del Signore trova la sua gioia la sua legge medita giorno e notte... È come albero piantato lungo corsi d'acqua... e tutto quello che fa, riesce bene... il Signore veglia sul cammino dei giusti".

C'è un "midrash" di quando i fratelli tornati a casa dissero al loro padre Giacobbe che Giuseppe, che riteneva morto era in realtà vivo ed era il viceré d'Egitto.
Giacobbe non voleva crederci e allora come prova la tradizione ritiene che gli riferirono che Giuseppe aveva detto di ricordare a Giacobbe di cosa discutevano sui voleri del Signore l'ultima sera che s'erano visti solo loro due faccia a faccia, ma Giacobbe ancora restava perplesso. (Bershit Rabba 94 3; 95 3)

Il testo del Genesi al versetto 45,27 che ha mosso quel midrash dice: "Quando però gli riferirono tutte le parole che Giuseppe aveva detto loro e egli vide i carri che Giuseppe gli aveva mandato per trasportarlo, allora lo spirito del loro padre Giacobbe si rianimò", insomma, quando vide i carri mandati da Giuseppe Giacobbe credette.

Credette non solo perché erano carri del faraone, ma perché li aveva mandati Giuseppe e dice il "midrash" che Giacobbe associò il termine "a'galot" di "carri" e "oe'gelat" di "giovenca" e si ricordò che proprio di una giovenca aveva parlato con Giuseppe l'ultima sera prima che Giuseppe partisse per andare a trovare al pascolo i fratelli.

Avrebbero, infatti, discusso solo tra loro due su quanto poi sarà oggetto del disposto di Deuteronomio 21,1-9 su come ci si dovrebbe comportare in caso di ritrovamento in campagna di un uomo ucciso.
Giacobbe con l'allusione ai carri si rallegrò, sia perché comprese che il figlio era vivo, sia perché, dedusse, non s'era assimilato agli egizi, rimanendo fedele al proprio ebraismo e agli insegnamenti del padre.

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