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ECCO LO SPOSO! ANDATEGLI INCONTRO!
di Alessandro Conti Puorger

SCRUTARE LA TORAH
In merito alla "Torah", il rotolo delle Sacre Scritture, base dell'ebraismo, in "Pirqei Avot" del "Talmud" si trova scritto questo consiglio:

"Girala e rigirala ché tutto è in essa."

Del resto, lo studio del testo della "Torah" è precetto fondante dell'ebraismo stesso proprio perché in essa trova il suo cibo spirituale, il latte per i bambini e il cibo più consistente per gli adulti, sempre con sapore variato, inesauribile ed efficace per ogni età e condizione sociale.
Da fratelli cristiani mi sono sentito dire, ma tu che hai i Vangeli di cui si può dire che c'è tutta la rivelazione, perché t'interessa "Torah" e "Talmud"?
Non è da dimenticare che il cristianesimo è nato per rivelazione del Messia come virgulto dal ceppo dell'ebraismo, da cui mai s'è radicalmente scisso, almeno per il fatto che quelle Sacre Scritture della "Torah" sono state integralmente accolte dalla Bibbia cristiana e in esse circola lo Spirito Santo di Dio capace di ri-magnetizzare nell'uomo l'ago della bussola personale nel cammino verso di Lui che l'ha creato.
La risposta, in definitiva, è che, senza la Torah non ci sarebbero stati i Vangeli.
Disse Gesù agli ebrei del suo tempo in Giovanni 5,29s e 5,46s:
  • Giovanni 5,29s - "Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita."
  • Giovanni 5,46s - "Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?"
    (Vedi: "Scrutatio cristiana del Testo Masoretico della Bibbia")
Il mio credo poi non si fonda su una scrittura, più autorevole di un'altra, ma su una persona, annunciata dai Vangeli, che fu un uomo ebreo vissuto nel I secolo, ma che è anche il mio Creatore, venuto nella carne per amore, grazie ad un patto che si trova in quel primo Sacro Testo, appunto il Messia.
Questi s'è sacrificato ed è morto in croce per ogni uomo, quindi anche proprio anche per me e da risorto ha incaricato la sua sposa, cui si fa presente sacramentalmente, di annunciarlo e chi vi aderisce può quotidianamente farsi incontrare come fosse il primo giorno del rapporto, sempre se non si cerca il suo perdono al cadere nell'infedeltà a causa delle cose del mondo.
Ecco che, allora, in quel testo, la "Torah", a Lui ben noto essendo chiamato Rabbi e nei "Vangeli" che parlano di Lui, cerco quanto Lui stesso certamente ha ricevuto da fanciullo fino ad arrivare a sacrificarsi per me.
Apro una parentesi sul testo ebraico che scelgo per le mie analisi e decriptazioni, convinto che da ogni versetto della Torah e dagli altri della Tenak, come del resto porta a pensare Gesù con quanto ho scritto precedentemente "...scrutate le Scritture... sono proprio esse che danno testimonianza di me" si può comunque e sempre trovare un riferimento con una lettura particolare al Cristo, il Messia, fine ultimo di tutta la Sacra Scrittura.
Negli antichi scritti, a causa delle 22 lettere dell'alfabeto ebraico che sono solo consonanti, le vocali erano inserite mentalmente dal lettore per cui nella lettura vi potevano essere molteplici interpretazioni e così evidentemente era.
La più antica e famosa traduzione dall'ebraico fu quella greca detta dei "Settanta" o "Septuaginta", voluta nel II secolo a.C. da un faraone della dinastia tolemaica, traduzione che fu a base dei testi inseriti nel Vecchio Testamento cristiano.
Gli antichi testi liturgici ebraici prima del VII secolo d.C., però non avevano i puntini di vocalizzazione inseriti poi nei testi detti masoretici.
Dopo quella dei "Settanta" di traduzioni evidentemente ve ne furono altre in greco, ma anche in aramaico come i Targum, con varianti diverse per più interpretazione date alle vocali dubbie.
I Samaritani, peraltro, avevano la loro versione della Torah con molte varianti, più vicine alla versione greca dei "Septuaginta" che al testo masoretico, il che fa concludere che il testo samaritano si avvicina a versioni che erano comuni in Palestina, ma rigettate dai Masoreti.
Ecco che nelle mie ricerche assumo il testo masoretico, ma senza i puntini di vocalizzazione ritenendo che quello fosse il testo ebraico più vicino a quello che si leggeva in Sinagoga nel I secolo d.C. ai tempi di Gesù.
"Torah" in ebraico, significa "insegnamento", dal radicale IRCh del verbo che riguarda "istruire, insegnare", e sovente la parola "Torah" è sostituita nelle traduzioni in italiano in genere con "Legge" o Pentateuco.
Questa è la fonte per l'ebreo di 613 precetti o "mitzvot" che iniziano a studiare e a praticare fin da bambini.
Quel rotolo, infatti, è il loro abecedario e i praticanti non lo abbandonano mai, ma è per loro luce per tutta la vita.
Nelle liturgie sinagogali è, infatti, si presenta in un unico rotolo contenente i primi 5 libri dei 24 della "Tanak" o Bibbia ebraica, detti i "Chumash" o i "Chamishah Torah" i "cinque libri della Torah".
Secondo quella tradizione ogni parola della "Tanak" è stata dettata a Mosè direttamente da Dio sul monte Sinai in forma scritta con commenti anche per via orale il che ha formato con i primi tutto ciò che è stato poi scritto nella "Tanak" e con i commenti quanto di successivo riportato nei testi ebraici successivi del "Talmud" (anche questo "insegnamento", ma dal radicale LMD ) formato da 63 testi, scritti tra il II e il VI secolo d.C., comprendenti la "Mishnah" e la "Ghemara", dall'ebraismo egualmente rivestiti di una qual certa sacralità.
Ogni parola è importante e frasi come nella Bibbia "Dio parlò... o disse a Mosè..." hanno valore quanto ciò che Dio ha poi detto allo stesso Mosè, in quanto, in quel parlò e disse s'inserisce tutta la parte orale che sarebbe stata ricevuta dal profeta, non riportata nella "Torah" scritta, ma poi estratta dai commenti profetici e dai rabbini, ispirati dallo Spirito Santo che circola in quel testo, capace di rifare presente il momento stesso del pronunciamento come se il commentatore e ogni lettore fossero anche loro stesso presenti sul Sinai in quella occasione.
Dall'ebraismo con il nome di "Chamishah Torah", "i cinque libri della "Torah", in effetti, è indicata sia quella scritta, sia l'orale.
Sono chiamati "Torah shebiktav" i 24 Libri del "Tanakh" ossia la parte scritta, e "Torah shebehalpeh", libri venuti dalla bocca = = peh, tutto l'insieme dei Testi sacri della "Torah" orale di ogni epoca.
È peraltro opinione consolidata nell'ebraismo consolidatasi nell'epoca talmudica che la "Torah" scritta senza la "Torah" orale non sarebbe completa.
Da sola sarebbe insufficiente per ogni fedele dell'ebraismo che la volesse approfondire in quanto deve pure conoscere il pensiero dei commentatori sigillato nel Talmud di Gerusalemme ("Talmud Yerushalmi") e nel Talmud Babilonese ("Talmud Bavli"), come del resto i cristiani dovrebbero conoscere i commenti dei Padri.
Al tempo di Gesù la "Torah" orale era tramandata essenzialmente attraverso la memoria degli ascoltatori e dai Rabbi che si tramandavano le discussioni e le interpretazione dei padri.

LA BIBBIA E LO SPOSO
Ciò premesso, nell'articolo "Il Padre di Gesù Cristo" che ho postato in Internet nel novembre 2016, al primo paragrafo ho messo in evidenza che sin dalle prime lettere e parole con cui in ebraico inizia la "Torah" con Genesi 1,1 rivela che tali scritti sono un messaggio d'amore di chi li ha ispirati, ossia di Dio stesso, visto che quelle Sacre Scritture sostengono che proprio Lui ha scritto direttamente col proprio dito le tavole con le 10 Parole, dette anche Comandamenti, infatti: "Quando il Signore ebbe finito di parlare con Mosè sul monte Sinai, gli diede le due tavole della Testimonianza, tavole di pietra, scritte dal dito di Dio." (Esodo 30,18)

Questo aver recepito che la premessa motrice è un messaggio d'amore, apre la comprensione di tutta la Bibbia in quanto poi tutta dalla Torah procede e si sviluppa.
Era stata, infatti, pur se tante sono state le risposte, sentita e non ancora soddisfacentemente esaurita la seguente domanda logica che si fanno da secoli i rabbini.

Perché il sacro rotolo della "Torah" comincia con la seconda lettera dell'alfabeto, la lettera "bet" e non con la prima, la lettera " 'alef" ?
Un'interpretazione rabbinica è che la "Torah" dalla prima all'ultima lettera riguarderebbe il Nome di Dio, nel senso che lo fa conoscere intimamente assieme a tutta l'opera della creazione, il tutto presentato in parole separate.

Considerato che la prima lettera in Genesi 1,1 è la "bet" (vale anche come numero 2) di "Ber'eschit" e l'ultima in Deuteronomio 34,12 è la "lamed" (vale anche come numero 30) di "Kal Ishr'ael" si ottiene il bi-letterale "lev" = = "cuore, intelletto" le cui lettere hanno come somma il valore di 32 corrispondente secondo la Qabalah ebraica al numero delle vie della sapienza costituito dalle 22 lettere dell'alfabeto sommate alle 10 "sefirot" delle emanazioni divine.

Ora, in "ber'eschit" vi sono anche le lettere di "r'osh" = = "testa", per cui gli stessi rabbini intendono che Dio creò con la propria "testa" costituita dalle prime tre "sefirot", "corona", "sapienza" e "intelligenza", e l'ultima parola con cui si conclude la Torah è Israele che sarà il popolo che rivelerà Dio al mondo e in cui tutti confluiranno.

Israele, cioè il Popolo di Dio, perciò era nel pensiero di Dio fin dalla creazione del mondo e il fine di questa creazione sarebbe che tutta l'umanità sia a divenire il Suo Israele.
I rabbini, peraltro, ritengono che le parole della "Torah" hanno anche messaggi da interpretare e che pure la singola pur piccola lettera come la "iod" = è un insegnamento non messo a caso, il che, peraltro, si ritrova nel pensiero di Gesù nel "discorso della montagna" ove dice: "In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto." (Matteo 5,18)

Del resto Aqiva del 1° secolo, grande saggio e autore di parti del Talmud, sostiene in "Pesachim 22b" che aveva imparato nuove leggi da ogni "'et" della Torah pur se sembrava che quello in quel frangente nella normale lettura fosse presente solo per indicare il caso accusativo.

Ecco, allora la risposta che mi sono dato.
Dal Dio Unico, dal numero 1 = c'è una "apertura" per il numero 2 = e se 1 si apre al 2 con le lettere ebraiche scritte da destra verso sinistra viene tracciato il termine che appunto in ebraico significa "amore, amare".
Quella "Torah", allora, con questo retro pensiero, anche con le stesse lettere d'inizio si presta a essere interpretata proprio come una lettera d'amore per l'umanità e, addirittura, l'enunciazione del patto d'alleanza o matrimoniale per le nozze del "Figlio" di Dio con l'umanità.

Il Dio Unico, "l'alef" il numero 1 per antonomasia, si è poi rivelato in Esodo 3 avere il nome IHWH , l'ineffabile Tetragramma sacro, in cui fa mostra di sé ben due volte la lettera "he" .
Ora, tra le tante letture possibili con i significati grafici di quelle lettere si può immaginare anche che vogliano dire "il mio Essere nel mondo porterò ad aprirsi - entrare ".
Porterà in definitiva un'uscita per l'umanità, che è la massima manifestazione del creato perché a Lui a immagine e somiglianza, da questa realtà del mondo, creato come scenario per la scuola dell'uomo stesso, ove esiste finitezza e il morire; ossia nel pensiero di Dio ci sarebbe stato di portare per questa umanità una "he" vale a dire un'apertura.

San Paolo nella Lettera ai Colossesi riassume in questi termini la storia di salvezza che Dio ha portato avanti con l'umanità stessa e di cui parla l'Antico Testamento: "È lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto...Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui. Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose." (Colossesi 1,13-18)

Del resto la Bibbia inizia in Genesi 1,1 con "Bereshit bar'a" le cui lettere in sintonia con San Paolo, e con le conclusioni del paragrafo di quel mio articolo sono da completare aggiungendo all'inizio una lettera "he" e una "'alef" in quanto l'Unico - l'Uno si apre al Due ossia che, come detto, in ebraico stanno a dire amare, amore e allora la "Torah", ripeto, sarebbe una lettera d'amore o, meglio la "ketubah" il documento scritto sulla cui base Dio potrà concludere il matrimonio con l'umanità.

Si avrebbe: e si potrebbe leggere: "per amore il corpo di una Donna () fu a scegliere di creare ", o anche "per amore il corpo di una Donna () fu a scegliere per il figlio Unigenito ", cioè la finalità della creazione è una sposa per il "Figlio" che è lo "Sposo" e quel corpo della Donna è la Chiesa come precisa San Paolo: "Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa"...

Il fatto che poi tutto della Torah si concluda con le parole "kol Isra'el" "tutto Israele", può far ritenere che proprio Israele, il Popolo di Dio, allargato alla fine dei tempi a tutta l'umanità delle varie generazioni, ossia a quanti liberamente lo vogliano accogliere come "sposo", sarà la "sposa", l'Assemblea, i convocati, la Chiesa Cattolica, appunto Universale.
Il messaggio totale allora sarebbe:

...

"Per amore il corpo di una Donna () sarà alla fine a creare ... (di una storia di salvezza)... la sposa () Israele ".

I puntini intermedi la parte centrale di tutta la "Torah" stanno, così, a rappresentare tutta la storia di salvezza in essa iniziata e profetizzata.
Il promesso sposo, lo sposo stesso e il marito in ebraico si dicono tutti "chatan", dal radicale del verbo usato per "imparentarsi".
"Choten" e "chotoenoet" poi sono il suocero e la suocera, mentre le nozze sono dette "chatunnah" (Cantico dei Cantici 3,11).
Il radicale peraltro, è del verbo "tirare fuori, strappare via" e le lettere suggeriscono "il chiuso indica aprirsi ".
Ecco che lo sposo "chatan" è colui che "tira fuori () con energia "... la sposa dalla casa del padre e la porta con sé.
In quel termine con la lettera c'è l'idea di stringere, ossia uno "stringere la prescelta con energia ", vale a dire un aderire completamente.
La sposa, moglie, fidanzata invece è la "kallah" da , verbo usato per dire "completare", ossia la moglie è quella che completa.

MATRIMONIO LIBERO?
Mi sono chiesto, il popolo d'Israele che accettò l'alleanza del Sinai era libero in quel momento di accettarla o era pesantemente condizionato?
La mia opinione è che, in effetti, era stato messo veramente alle strette e di fronte ai segni che gli si venivano a presentare con energia dovette aprirsi , cioè aderì alle nozze = "chatunnah" col Signore.

Erano poveri uomini fuggiti da pesante schiavitù con vecchi, donne e bambini al seguito, portati in massa in un deserto senza alcuna certezza di umana sopravvivenza.
Dal punto di vista umano, infatti, tutto era contro, la condizione ambientale, la mancanza certa di approvvigionamenti, il pericolo di morte presente in ogni momento a causa di animali, sete, e nemici.
Del resto i nemici, quelli di Amalek, l'avevano attaccato e solo per miracolo di Dio erano sopravvissuti.
Ecco che, ci dice il libro dell'Esodo, si trovano davanti a un monte tutto fumante.
Dio era sul monte e con potenza si presentava.

Dice, infatti, al riguardo il libro dell'Esodo in 19,16-20: "Il terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni e lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di corno: tutto il popolo che era nell'accampamento fu scosso da tremore. Allora Mosè fece uscire il popolo dall'accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte. Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco, e ne saliva il fumo come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. Il suono del corno diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce. Il Signore scese dunque sul monte Sinai."

Il popolo tremava... aveva paura che quel monte potesse essere la loro tomba.
Fu allora che "Mosè fece uscire il popolo dall'accampamento incontro a Dio" il che propone Mosè non come un leader, ma piuttosto come un padre che porta la giovane figlia timorosa allo sposo; ossia spinge il popolo a uscire incontro al Signore che si annuncia nella sua onnipotenza sulla cima del monte.

Come non accettare, quindi, l'alleanza con un essere così potente che offriva l'unica via di salvezza a quella massa di fuoriusciti in modo miracoloso dal faraone d'Egitto?
E la fanciulla di questa allegoria, il popolo, cedette e confermò a Mosè "Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto". (Esodo 24,7)
Accettò l'alleanza, ossia disse "sì" al matrimonio.
Dal racconto e da qualche cenno di commento rabbinico pare intravedersi che si può fare il parallelo con una fanciulla sola incontrata in un posto isolato e pericoloso da parte un potente che dice la salverà con cui ha poi un rapporto, sia pure lei consenziente.
Da quel potente poi viene regolarmente sposata, ma il marito, che tra l'altro è anche onnisciente se ha cuore e veramente ama non si libererà della moglie anche se divenisse vecchia e imbruttita; continuerà ad amarla e passerà anche sopra le sue mancanze.

Scrive il profeta Geremia in 20,7: "Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso."

Questa fu la situazione d'Israele al Sinai... fu sedotto.
Dio volle tutto ciò per salvare il mondo dal caos in cui gli uomini con il loro orgoglio l'avrebbero portato com'è facile intuire e come può in ogni tempo accadere se gli uomini non si danno regole condivise e una mira che supera le contingenze dei soli sensi e delle proprie voglie egoistiche.

LO SPOSO GESÙ
A questo punto queste pagine riguardano un mio approfondimento sul perché il cristianesimo connette strettamente a Nostro Signore, Gesù di Nazaret, la funzione e l'attributo di "Sposo".

Al proposito, a titolo esemplificativo, ricordo che Giovanni Paolo II, al n 13 della "Familiaris consortio", così si esprime: "La comunione tra Dio e gli uomini trova il suo compimento definitivo in Gesù Cristo, lo Sposo che ama e si dona come Salvatore dell'umanità, unendola a Sé come suo corpo. Egli rivela la verità originaria del matrimonio, la verità del "principio" e, liberando l'uomo dalla durezza del cuore, lo rende capace di realizzarla interamente. Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza definitiva nel dono d'amore che il Verbo di Dio fa all'umanità assumendo la natura umana, e nel sacrificio che Gesù Cristo fa di se stesso sulla Croce per la sua Sposa, la Chiesa. In questo sacrificio si svela interamente quel disegno che Dio ha impresso nell'umanità dell'uomo e della donna, fin dalla loro creazione; il matrimonio dei battezzati diviene così il simbolo reale della nuova ed eterna Alleanza, sancita nel sangue di Cristo. Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l'uomo e la donna capaci di amarsi, come Cristo ci ha amati. L'amore coniugale raggiunge quella pienezza a cui è interiormente ordinato, la carità coniugale, che è il modo proprio e specifico con cui gli sposi partecipano e sono chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si dona sulla Croce."

Certamente la base di tutto ciò nelle Sacre Scritture della Tenak ebraica, del resto come ho già detto, interamente accolta nell'Antico Testamento della Bibbia cristiana e nei Vangeli e poi negli altri testi del Nuovo Testamento, si deve cercare e poter trovare lo svilupparsi di questa idea dello "sposo" e delle nozze con l'umanità tutta intera.
Nelle traduzioni in italiano della C.E.I. della Bibbia la frequenza dei termini "sposo" e "nozze", peraltro, è abbastanza rara.

Sposo si trova 38 volte di cui:
  • 18 nell'Antico Testamento, 2 volte nel libro dell'Esodo, 10 nei Profeti (4 in Isaia, 4 in Geremia,1 Baruk e Gioele), 2 nei Libri storici (1Re e 1Cronache),1 volta nei Salmi e 3 nei libri deuterocanonici dei Maccabei;
  • 20 nel Nuovo Testamento di cui 17 nei Vangeli, 1 in 2Corinzi e 2 nell'Apocalisse.
Nozze si trova 25 volte, di cui 12 nell'Antico Testamento e 13 nel Nuovo Testamento suddivise in 11 volte nei Vangeli e 2 nell'Apocalisse di San Giovanni.
Nel Nuovo Testamento ogni volte che si parla di "sposo", si parla di Gesù, ma per le prime due volte Matteo al 1° capitolo, quella parola viene riferita direttamente a San Giuseppe, in questo modo:
  • Matteo 1,16 - "Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo."
  • Matteo 1,18-21 - "Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti, il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati."
In tal modo Matteo rende evidente il matrimonio "perfetto", quello della Santa famiglia di Nazaret, il primo vero matrimonio secondo Dio, da cui discende il Figlio di Dio e il Figlio dell'Uomo, il frutto dell'alleanza divina tra Dio e la coppia di un uomo e una donna che era stato compromesso per un ripensamento della coppia primigenia.
L'unione perfetta che, sin dalle origini, era stata disegnata per la prima coppia, Adamo, fu, infatti, infranta dalla loro libera scelta di seguire il proprio orgoglio e la propria superbia, volendo essere come Dio.
Da uno sposo, Giuseppe, e una donna, Maria, consenzienti al matrimonio perfetto, uniti dallo Spirito Santo, ecco nasce Gesù di Nazaret che è lo "sposo" evidentemente atteso dall'ebraismo.
Di questo matrimonio "perfetto", desiderato, da Dio ho detto in più riprese in:
Vale la pena far notare e costatare che nei giorni della creazione non è mai detto che Dio dette il nome proprio di Adamo al maschio della coppia, ma quel "'adam" che viene spesso ripetuto, in effetti è solo il nome comune di uomo e umanità, sia l'individuo maschile che il femminile, tant'è che il nome Eva alla femmina fu dato dal maschio dopo il peccato "L'uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi." (Genesi 3,20)

Non è così invece nel caso dei Vangeli di Matteo e Luca, per il matrimonio perfetto di Giuseppe e Maria; infatti, l'angelo li chiama entrambi per nome.
All'atto del primo matrimonio in Genesi 2 il maschio fu detto "'ish" e divenne lo sposo della coppia e la femmina fu detta "'isshah" donna o moglie o sposa... ricordiamolo servirà in seguito.

GLI INVITATI ALLE NOZZE
Tutti e quattro i Vangeli canonici, Matteo, Marco, Luca e Giovanni, pur se con alcune variazioni, introducono poi la funzione dello "sposo" riferita a Gesù di Nazaret, ma sempre con collegamento direttamente a Giovanni Battista o indirettamente ai suoi discepoli.
Perché Giovanni Battista?
Il Battista sta per la "voce" ultima dell'ebraismo sulla storia di salvezza che riassume tutte quelle dei profeti dell'Antico Testamento e collega l'ebraismo con la nuova creazione o rigenerazione (Vedi: Matteo 19,28 secondo C.E.I 1975 e 2008) portata da Cristo, il Messia, che non viene solo per l'ebraismo, ma per redimere gli uomini di tutti i popoli e costituisce una svolta radicale per l'umanità.
Gesù, infatti, ebbe a dire di lui: "In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui" e poi precisa "Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono. La Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni. E se lo volete accettare, egli è quell'Elia che deve venire. Chi ha orecchi intenda." (Matteo 11,11-15)

Le parole "violenti e violenza" fanno trapelare una prima redazione in ebraico del testo, come del resto è autorevolmente riconosciuto per il Vangelo di Matteo; infatti, violenza è "ionah" che significa anche "colomba", figura dello Spirito Santo, ossia dell'amore divino che, "Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora", praticamente dal battesimo nel Giordano, è sceso in modo palese, appunto in forma di colomba, quindi, con violenza, su Gesù stesso (Matteo 3,16-17) e tramite Lui investiva i chiamati, essendo iniziato il regime della grazia.
Le lettere dell'alfabeto ebraico di "ionah" , del resto, lette con riferimento a Dio con i loro insiti significati grafici dicono che di Lui: "è a recare l'energia nel mondo ?".
(Vedi: "Parlano le lettere" e le schede delle lettere a destra delle pagine di questo mio Sito)

Era iniziato il tempo dell'istaurazione del Regno di Dio con l'invito a entrarvi e i "violenti", ossia quanti accoglievano la colomba, cioè la chiamata dell'amore divino, erano gli uomini nuovi.

I tre sinottici - Matteo, Marco e Luca - sono concordi nel riferire un episodio in cui i discepoli di Giovanni provocano una risposta diretta da parte di Gesù ove Lui stesso parla dello sposo e come tale, in effetti, si definisce.
Il testo di Matteo 9,14-17, ma gli sono paralleli Marco 2,18-22 e Luca 5,33-39, così riferisce: "Allora gli si avvicinarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano? E Gesù disse loro: Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l'uno e gli altri si conservano."

Ecco che Gesù connette strettamente la propria funzione di sposo all'effetto sui propri discepoli che, rispetto all'ebraismo tradizionale portato avanti fino al Battista, divengono otri nuovi per un vino nuovo e stoffa appena tessuta per un vestito nuovo e non per rattoppi del vecchio.
L'episodio è avvenuto durante il pranzo che aveva dato Matteo il pubblicano, evidentemente poco "religioso", infatti, prima il Vangelo dice: "Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: Seguimi. Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli." (Matteo 9,9s)

Quel giorno, invece, era di digiuno per gli osservanti della religione ebraica come segnalano i discepoli di Giovanni.
Yom Kippur o Giorno dell'Espiazione, ad esempio, è la festività più sacra e importante del calendario ebraico di digiuno e preghiera, celebrato il 10 di Tishrei, 10 giorni dopo Rosh Hashanah, il Capodanno ebraico, ma vi sono molti altri giorni che prevedono il digiuno, come 10 Tevet per il ricordo dell'assedio di Gerusalemme, il 17 di Tamuz per la distruzione del primo tempio nel 586-587 a.C. da parte dei Babilonesi e il 13 di Adar, digiuno precedente alla festa di Purim.
In definitiva, i discepoli di Gesù sono gli invitati alle nozze e Lui è lo sposo; siamo nel periodo di formazione del primo nucleo da cui verrà la Chiesa.

Il Vangelo di Giovanni nell'ambito del capitolo 3, invece, fa introdurre il titolo di "sposo" nei riguardi di Gesù direttamente da parte dello stesso Giovanni il Battista.

Dice, infatti, quel testo: "Andarono da Giovanni e gli dissero: Rabbì, colui che era con te dall'altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui. Giovanni rispose: Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: Non sono io il Cristo, ma: Sono stato mandato avanti a lui. Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire. Chi viene dall'alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio rimane su di lui." (Giovanni 3,26-35)

Il Vangelo di Giovanni in definitiva ripete lo stesso concetto: Gesù è lo sposo, Giovanni è solo amico dello sposo e chi partecipa al matrimonio di questo Figlio di Dio con l'umanità ha la vita eterna.
Ne risulta che evidentemente l'arrivo dello "sposo" era pensato nell'ebraismo di allora in stretta relazione con la figura del Messia, cioè dell'Unto o Cristo; del resto scriverà poi San Paolo in 2Corinzi 11,2 ai cristiani di quella comunità: "vi ho promessi infatti a un unico sposo, per presentarvi a Cristo come vergine casta."

Le vergini sono i battezzati nella morte e risurrezione di Cristo, perché ormai, uomini nuovi, senza peccato originale entrati a far parte degli invitati del Regno.
Quelle vergini poi sono anche caste se si mantengono tali restando legate a colui che le ha chiamate, grazie all'aiuto dello Spirito Santo, l'olio dell'unzione e dell'elezione del Cristo, che procede da Lui e che passa attraverso la predicazione profetica, il "kerigma" degli apostoli in grado di rigenerare continuamente e di sciogliere dai peccati.

Il Vangelo di Matteo, infatti, riprende il discorso sullo "sposo" al capitolo 25,1-13 con la parabola di Gesù detta delle 10 vergini, ove per 4 volte la parola "sposo" viene ripetuta come evidenziato nel testo seguente: "Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l'olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l'olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: Ecco lo sposo! Andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: Dateci un po' del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Le sagge risposero: No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano a comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità io vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora."

La saggezza è dono dello Spirito Santo e ha suggerito a cinque delle dieci vergini di prendere olio anche nei piccoli vasi per una lunga attesa, per tutto il tempo della durata tra il fidanzamento e il matrimonio, tempo che serve perché arrivi a piena maturità la sposa di Cristo.
San Paolo spiega cosa sono questi vasi nella stessa lettera 2Corinzi 4,6s: "E Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo. Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi."

Questi vasi di creta sono i corpi dei fedeli che contengono l'olio dello Spirito Santo che mantiene accese le lampade della fede in quanto solo con quelle accese si può seguire lo sposo.
Le vergini sagge che hanno una fede del genere, di fatto, risultano avere interesse e sono quindi vitate alle nozze, mentre le altre restano fuori in attesa del giudizio finale.
Le sagge saranno invece esonerate dal giudizio, in quanto, già intervenuto a loro favore, grazie al loro premunirsi per una venuta dello sposo in qualsiasi tempo, il che ha fatto loro trovare la porta aperta; infatti, in ebraico giudizio è "din" e dice "la porta dove sono gli angeli ", sottinteso per il giudizio.
I battezzati fedeli, gli eletti, avranno parte attiva nel giudizio finale e saranno tra gli angeli seduti attorno al trono come dicono questi passi dei Vangeli che riportano la diretta voce di Gesù:
  • Matteo 19,28 - "E Gesù disse loro: In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele."
  • Luca 22,28 - "Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove; e io preparo per voi un regno, come il Padre l'ha preparato per me, perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele."
SULLE NOZZE DI CANA
Nello scorrere dei Vangeli di Luca e Marco non si trova che menzionino ulteriormente lo "sposo", mentre il Vangelo di Giovanni cita il termine di "sposo" anche nell'ambito dell'episodio ricordato come "le nozze di Cana" nel capitolo 2,1-11 prima della già citata attribuzione di "sposo" a Gesù da parte del Battista, avvenuta alla fine del capitolo 3.

Ripeto il racconto di quelle nozze per alcuni commenti: "Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: Non hanno vino. E Gesù le rispose: Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora. Sua madre disse ai servitori: Qualsiasi cosa vi dica, fatela. Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: Riempite d'acqua le anfore; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto. Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo e gli disse: Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora. Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui."

In primo luogo è da notare che il racconto inizia col citare un tempo e questo del contare i giorni è una caratteristica dei primi capitoli del Vangelo di Giovanni che fin dal proprio inizio fa notare un particolare accostamento, in quanto, propone un "In principio", infatti, scrive: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio" (Giovanni 1,1) volutamente, quindi, con la stessa parola con cui inizia il libro della Genesi, il primo di tutta la Bibbia, che recita: "In principio Dio creò il cielo e la terra..." (Genesi 1,1)

Dal battesimo di Giovanni poi quel Vangelo scandisce giorno per giorno la prima settimana di ministero di Gesù.

Il 1° giorno che corrisponde al 1° della creazione della luce è quello in Giovanni 1,19-28 ove il Battista dichiara a sacerdoti e leviti venuti a interrogarlo da Gerusalemme che il Cristo non è lui, ma che comunque è in mezzo a loro; infatti, si canta nell'"Esultet" di Pasqua "Cristo è la luce!".

Il 2° giorno che corrisponde al 2° della creazione, quello di separazione delle acque di sopra da quelle di sotto, in Giovanni 1,29-34 è quello del battesimo di Gesù.

Il 3° giorno che corrisponde al 3° della creazione, quello dei primi frutti ove "Dio disse: La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie. E così avvenne. E la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno" (Genesi 1,11-13) è quello in Giovanni 1,35-42 ove Gesù raccoglie i primi discepoli, 2 discepoli del Battista di cui uno è Andrea che chiama anche Pietro.

Il 4° giorno corrisponde al 4° della creazione quello che è ricordato come degli astri nel cielo è quello in Giovanni 1,42-51 dell'incontro di Gesù con Filippo e poi con Natanaele e al versetto 51 Gesù dichiara: "vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo."

Il 5° giorno e il 6° giorno sono evidentemente di viaggio, cominciato già nel 4°.

Al terzo giorno dal 5°, ossia nell' 8°, che profila l'inizio di un nuovo ciclo settimanale e quindi di creazione, Gesù con la madre e i discepoli va alla festa di nozze a Cana.
Del resto la cerimonia nuziale, secondo la legge talmudica, non può avere mai luogo il Sabato, nelle festività e in giorni di lutto.

Il 5° e il 6° giorno non sono ricordati, ma restano in sospeso, come nell'aria, ma non sono certo dimenticati da chi ha seguito quello scandire dei giorni.
Sono, infatti, quelli corrispondenti in Genesi 1 alla creazione degli animali e dell'uomo, la prima coppia, Adamo, e in Genesi 2 vi fu ad opera di Dio il matrimonio tra il maschio e la femmina della stessa prima coppia.
In Giovanni appena scandisce il tempo come di una nuova creazione con quell'8° giorno c'è l'episodio delle nozze di Cana a significare che i matrimoni terreni dopo il peccato d'origine, per la rottura del patto, non hanno la valenza voluta dal Signore, in quanto, mancano di "vino"; in ebraico "laiin" , ossia non c'è in loro "la forza che è l'energia ", sottinteso, divina, ossia che da Dio era stata pensata per quella unione.
Ecco che nell'episodio delle nozze di Cana Gesù dice alla madre, icona della futura Chiesa, "Donna", richiamando così il contesto di quel primo matrimonio e ricorda con "Non è ancora giunta la mia ora", ossia non era ancora il tempo del mio vero matrimonio.
Dopo l'episodio a Cana si entra nel tempo di Pasqua, infatti, si trova in quel Vangelo: "Dopo questo fatto, discese a Cafàrnao insieme con sua madre, i fratelli e i suoi discepoli e si fermarono colà solo pochi giorni. Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme." (Giovanni 2,12s)

LO SPOSO IN SINAGOGA
Nell'uso sinagogale è dato il titolo di , "chatan Torah", "Sposo delle Torah" alla persona chiamata alla "a'liyah", ossia alla salita, vale a dire a salire i gradini dell'ambone, detto "bimah" o "almemar", cioè la piattaforma elevata in genere al centro dell'assemblea, da cui in sinagoga viene letto il "Sefer Torah", per recitare le benedizioni sulla lettura della parte finale della Torah.
È invece chiamato , "chatan Ber'eshit", "Sposo della Genesi" chi recita le benedizioni dopo la lettura finale di questa parte di Pentateuco.

In origine la stessa persona leggeva sia il brano di Sacra Scrittura, sia recitava le benedizioni, mentre oggi la lettura la fa un lettore ritenuto abilitato, considerato che il testo liturgico non ha i puntini di vocalizzazione e occorre che chi legge sia ben uso a far ciò, altrimenti potrebbe incappare in errori.

"A'liyah", "salita" è il termine usato anche per i ritorno nella terra di Israele e ricorda la "A'liyah laReghel" o "salita a piedi" che significa "pellegrinaggio", chiamato in tal modo per la salita da fare per arrivare a Gerusalemme per le tre festività principali fissate nella "Torah" di "Pesach", "Shavuot" e "Sukkot" in cui è prescritto il pellegrinaggio.
L'essere chiamati alla "a'liyah", ossia avere il ruolo di "maftir", cioè di "chi conclude" la celebrazione, è considerato onorevole tanto che dai fratelli dell'assemblea viene salutato con un augurio particolare, "yeyashar koechekha", vale a dire "possa la tua forza essere resa retta" ed è poi uso che entrambi questi "sposi" della "Torah" o della Genesi offrano un rinfresco dopo il servizio religioso.
Questi appellativi di "sposo" sono ovviamente connessi all'idea del matrimonio fra Israele e il Signore tramite la Torah.
Si dice, peraltro, che anticamente ci fosse l'uso di incoronare questi sposi e di portarli in sinagoga sotto un baldacchino nuziale, la "Kuppah".
In genere il compito di leggere è affidato ai sacerdoti e ai leviti e poi agli altri, ma vi sono occasioni particolari in cui uno dell'assemblea può essere chiamato alla "a'liyah":
  • lo sposo nel sabato che precede il matrimonio;
  • il ragazzo che celebra a 13 anni il proprio "bar mitzvah";
  • chi celebra un anno dalla morte di un parente stretto;
  • il padre di un bambino appena nato.
In occasione della celebrazione della "bar mitzvah" quegli tra i giovani interessati al rito che è chiamato alla recitazione delle benedizioni viene chiamato "sposo di tutti i giovani".
E infine da dire che il termine "chatan" "sposo" è usato in modo allusivo ed onorifico anche per i bambini sottoposti alla circoncisione e per i giovani che vanno alla "bar mitzvah".

Nelle comunità di ebraismo riformato, le donne chiamate alla lettura della Torah sono chiamate "spose della Torah".
Letto il rotolo della Torah o di altro della Sacra Scrittura si procede alla "gelilah" o "arrotolamento" e in età talmudica l'ultima persona chiamata alla "a'liyah" per recitare le benedizioni arrotolava anche il rotolo.

A questo punto m'è venuto alla mente il ricordo dell'episodio di Gesù nella sinagoga di Nazaret raccontato al capitolo 4 del Vangelo di Luca dopo che Gesù, ricevuto il battesimo da Giovanni e i 40 giorni di tentazioni nel deserto tornò in Galilea pieno di Spirito Santo.

Questo è il racconto in Luca 4,16-21: "Venne a Nazaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato."

Tutti e tre i Vangeli sinottici riportano l'episodio, Matteo in 13,53-58 e Marco in 6,1-6, ma mentre per questi due il fatto fu più avanti a missione inoltrata, ed è raccontato più sinteticamente e senza la citazione di Isaia, Luca l'inserisce subito dopo il ritorno dalle tentazioni.
Gesù si alzò a leggere, vale a dire fu chiamato o si propose per la "a'liyah".
L'inserviente gli dette il rotolo del profeta Isaia; certamente era una lettura del giorno, e Gesù lesse.
Era un Rabbi, così era chiamato dai suoi discepoli, del resto conosceva bene il testo pur se senza le vocali.
Lesse Isaia 61 di 11 versetti di cui Luca riporta soltanto i due primi.
(In Appendice presento decriptati gli 11 versetti di Isaia 61)

Poi provvide alla "gelilah", ossia riavvolse il rotolo.
Evidentemente era l'ultimo che concludeva la liturgia.
A questo punto parlò da "seduto", quindi, con autorità.
Di fatto annunciò di essere il Messia.

Quella parola che aveva letto e che dichiarava compiuta, infatti, diceva: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione"; quindi, io sono il consacrato, l'unto, il Messia, ossia il Figlio atteso di Davide, come dice lo stesso rotolo di Isaia in altra parte: "Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore..." (Isaia 11,1s)

Lui, Gesù, è il virgulto, il "natser" che a Nazaret - "Natseret", appunto, annuncia d'essere il Messia.
Era lo "Sposo" il "Chatan"!

Del resto la lettura stessa lo dice quando dopo, al versetto 8 di Isaia 61 dichiara che "...io sono il Signore che amo il diritto e odio la rapina e l'ingiustizia: io darò loro fedelmente il salario, concluderò con loro un'alleanza eterna."

È lui, quindi, che procederà all'alleanza, al matrimonio, alle nozze eterne.
Poi al versetto 10 di Isaia 61, ecco che lo dice chiaramente: "Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli.

Dicendo degli usi sinagogali si è visto anche che il compito di leggere in sinagoga è affidato allo sposo nel sabato che precede il matrimonio, ed ecco viene affidato a Gesù che è proprio lo sposo che annuncia il tempo di "grazia del Signore " ossia del matrimonio di cui si parla in quella lettura il profeta Isaia.

Concludo questo paragrafo con una notazione su una decriptazione particolare delle lettere ebraiche del termine di "chatan" riferendole alla lettura e allo scrutare le Sacre Scritture: "il nascosto con - dai segni promana - emette ".

LA SPOSA DELL'APOCALISSE
Il libro dell'Apocalisse, , "apokálypsis", termine greco che significa "rivelazione", l'ultimo del Nuovo Testamento, ove l'autore presenta sé stesso come Giovanni, esiliato a Patmo, isola dell'Egeo a circa 70 km da Efeso, a causa della parola di Dio (1,9) e la tradizione, a cominciare da Giustino, l'ha attribuito all'apostolo Giovanni che l'avrebbe scritto in tarda età, è importante per il modo con cui presenta le "nozze dell'Agnello", titolo questo particolare che riserva per Gesù Cristo.
Dei 404 versetti che costituiscono tale libro i biblisti hanno trovato che ben 278 di quelli contengono o ricordano una citazione dell'Antico Testamento dai Profeti - Daniele, Ezechiele, Isaia, Zaccaria - dai Salmi o dall'Esodo.
Questo libro poi dedica tutto il capitolo 21 alla visione dello sposo e della sposa e del loro matrimonio escatologico nei cieli.

"Vidi... la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo."

È la città di Dio, la Chiesa, la sposa dell'Agnello, definita come "la tenda di Dio con gli uomini".
Il racconto inizia con "E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima, infatti, erano scomparsi e il mare non c'era più."
E prosegue asserendo "non vi sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate."
Avviene poi la dichiarazione "Io sono l'Alfa e l'Omèga, il Principio e la Fine."

Lui è "Io sono", IHWH, quello che è l' e il ossia Quegli descritto dalle Sacre Scritture che viene, , di nuovo alla fine dei tempi per sposare la fidanzata che s'era preparato in terra e a convocare tutti gli amici raccolti dagli apostoli per la festa.
Dalla morte e risurrezione di Gesù di Nazaret e con l'invio dello Spirito Santo nella Pentecoste ha avuto inizio il periodo del fidanzamento e gli amici dello sposo diramano gli inviti per il matrimonio che ci sarà al Suo ritorno.
"A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell'acqua della vita. Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio. Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte."

Ecco che un angelo mostrò la promessa sposa, la sposa dell'Agnello.
"L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello."

Dodici sono le porte come 12 sono gli apostoli di Cristo e attraverso la loro predicazione si entra, ma la predicazione, la porta, è la stessa, il "Kerigma" che è paragonato ad una perla, infatti, "le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta era formata da una sola perla."

La descrizione procede con: "In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce... Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, perché non vi sarà più notte... Non entrerà in essa nulla d'impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello."

ANNUNCIO DEL MATRIMONIO
Quello dell'attesa dello sposo per una nuova alleanza di matrimonio è pensiero che nell'ebraismo si ricava in modo particolare dai profeti.
Si attendeva un'alleanza nuova come in modo esplicito scrive il profeta Geremia 31,31-34: "Ecco verranno giorni - dice il Signore - nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova. Non come l'alleanza che ho conclusa con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese d'Egitto, una alleanza che essi hanno violato, benché io fossi loro Signore. Parola del Signore. Questa sarà l'alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo. Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato."

La prima alleanza, infatti, è rivisitata come un vero matrimonio, ma tradito; al riguardo faccio un excursus non esaustivo tra i profeti.

Il profeta Ezechiele riporta questo pensiero del Signore: "Passai vicino a te e ti vidi. Ecco: la tua età era l'età dell'amore. Io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità. Ti feci un giuramento e strinsi alleanza con te - oracolo del Signore Dio - e divenisti mia... Tu però, infatuata per la tua bellezza e approfittando della tua fama, ti sei prostituita..." (Ezechiele 16,8.15)

Aveva scritto il profeta Geremia:
  • Geremia 2,1-2 - "Mi fu rivolta questa parola del Signore: Va' e grida agli orecchi di Gerusalemme: Così dice il Signore: Mi ricordo di te, dell'affetto della tua giovinezza, dell'amore al tempo del tuo fidanzamento, quando mi seguivi nel deserto, in terra non seminata."
  • Geremia 3,20 - "Ma come una moglie è infedele a suo marito, così voi, casa di Israele, siete stati infedeli a me."
Il profeta Gioele in 1,8 conferma che vi fu amore sponsale, ma che era di fatto cessato col dire "Lamentati come una vergine che si è cinta di sacco per il lutto e piange per lo sposo della sua giovinezza."

È, infine, da citare il profeta Isaia, in effetti, il trito Isaia scritto da profeti che si rifanno alla sua scuola ma dopo il ritorno dall'esilio babilonese:
  • Isaia 54,5 - "...tuo sposo è il tuo creatore, Signore degli eserciti è il suo nome; tuo redentore è il Santo d'Israele, è chiamato Dio di tutta la terra."
  • Isaia 62,4s - "Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te."
I Vangeli richiamandosi a tali antiche profezie con la testimonianza di Giovanni Battista e con la stessa parola di Gesù, di fatto, attestano che Gesù è proprio l'incarnazione dello stesso Dio d'Israele.

LO SPOSO DI SANGUE
Gesù, infatti, definendosi lo "sposo", propone d'essere il Messia atteso, il Figlio di Dio e Figlio dell'uomo, vale a dire di Adamo, colui promesso dal Signore IHWH tramite i profeti che prenderà in matrimonio Israele nella nuova alleanza d'amore annunciata come oracolo del Signore in Geremia 31,31-34.

Il Vangelo di Matteo, congruentemente, in parallelo alla "legge" che Dio diede sul monte Sinai e che fu poi il documento scritto per il patto dall'alleanza per il popolo di Dio, propone nei capitoli 5, 6 e 7, il "discorso della montagna", che in complessivi 111 versetti (48 capitolo 5, 34 capitolo 6, 29 capitolo 7) tratteggia il comportamento e gli atteggiamenti dell'uomo nuovo ed è la cartina tornasole di chi fa parte della nuova creazione e intende aderire a far parte del popolo nuovo, alla nuova alleanza, insomma chiede di far parte del corpo della sua sposa.
Tale "discorso", infatti, al capitolo 5 inizia spesso in parallelo ai disposti della Torah presentandone aspetti nuovi con le espressioni "...ma io vi dico", ove Gesù si propone per autorità superiore a Mosè:
  • Matteo 21-22 - "Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna."
  • Matteo 27-28 - "Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore."
  • Matteo 31-32 - "Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio."
  • Matteo 33-37 - "Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno."
  • Matteo 38-41 - "Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due."
  • Matteo 43-45 - "Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti."
Tale modo di proporsi di Gesù si trova solo in Matteo per complessive 8 volte, se si aggiungono anche questi altri due casi:
  • Matteo 12,35-37 - "L'uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive. Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato".
  • Matteo 16,10-13 - "Allora i discepoli gli domandarono: Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia? Ed egli rispose: Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, l'hanno trattato come hanno voluto. Così anche il Figlio dell'uomo dovrà soffrire per opera loro. Allora i discepoli compresero che egli parlava di Giovanni il Battista."
Con evidente riferimento poi a Geremia 31,31-34 ecco che Gesù, nel momento culminante del proprio testamento spirituale, nell'ultima cena, esplicitò la Nuova Alleanza in modo sacramentale ai suoi apostoli con queste parole che sono la formula nel sacramento dell'Eucaristia:
  • Matteo 26,26-28 - "Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: Prendete, mangiate: questo è il mio corpo. Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati."
  • Marco 14,22-24 - "E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: Prendete, questo è il mio corpo. Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti."
  • Luca 22,19-20 - "Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me. E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi."
Analoga formulazione si trova nella 1a lettera ai Corinzi, indirizzata alla comunità cristiana della città greca di Corinto, scritta a Efeso (1Corinzi 16,8) nel 53-54 d.C., che è uno dei primi testi del Nuovo Testamento che la tradizione cristiana e la quasi unanimità degli studiosi attribuisce a San Paolo.
Il testo in 1Corinzi è il seguente:
  • 1Corinzi 10,16s - "...il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all'unico pane."
  • 1Corinzi 11,23-26 - "Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me. Ogni volta, infatti, che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga."
Tutti questi brani sono concordi nel certificare che Gesù:
  • spezzò il pane e disse questo è il mio corpo;
  • ebbe a dire le parole "nuova alleanza nel mio sangue".
Alleanza, in senso biblico, come l'interpretarono i profeti, è un matrimonio ed ecco che in questo modo "l'ultima cena" appare essere il momento dell'annuncio di un fidanzamento da parte dello sposo, Gesù nei riguardi della futura sposa, la Chiesa.
In questo modo, la definizione di "sposo di sangue", ben appare attribuibile a Gesù come del resto fa Santa Teresina quando disse "Gesù è uno sposo di sangue e vuole per Sé tutto il sangue del nostro cuore".

Del resto il comandamento dell'amore che lega la sposa allo sposo e viceversa comporta "Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze." (Deuteronomio 6,5) quindi, anche con tutto il proprio sangue.
Un dire del genere, "sposo di sangue", in effetti, si trova per due volte nel libro dell'Esodo in un episodio alquanto criptico che si sviluppa in soli tre versetti e che riguarda Mosè e la moglie Sippora prima che il profeta tornasse in Egitto a compiere la missione cui Dio l'aveva incaricato: "Mentre era in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore lo affrontò e cercò di farlo morire. Allora Sippora prese una selce tagliente, recise il prepuzio al figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: Tu sei per me uno sposo di sangue. Allora il Signore si ritirò da lui. Ella aveva detto sposo di sangue a motivo della circoncisione." (Esodo 4,24-26)

Di questo episodio mi sono interessato due volte e precisamente:
Esodo 4,24 - E fu al mondo a stare solo in quel corpo la rettitudine. Dentro i viventi il serpente recatosi ad abitare s'era. Con un fico accese la perversità; fu una calamità. E gli fu a casa a versare risurrezione nel mondo; morte gli reca.

Esodo 4,25 - E da crocifisso verserà per una saetta il soffio dal corpo fuori; giù dal corpo porterà tutta la rettitudine. Dal corpo del Crocifisso verrà in azione. Dai corpi il serpente finirà con dentro l'energia della perversità. Dal Crocifisso scorrerà dall'alto la potenza dal corpo. A rivelarsi sarà per un'asta portata al Crocifisso. Nell'Unigenito la vita nel corpo, che era retta, che v'era chiusa, alla fine invierà in aiuto con il sangue. Sarà con l'acqua a venire con potente forza.

Esodo 4,26 - E sarà dal corpo il soffio della vita ai viventi con l'energia a recare l'Unigenito colpito che l'origine dell'essere ribelle strapperà via. Con l'energia del sangue sarà dai viventi il serpente reciso completamente.

Questo testo parla chiaramente di un nemico, il serpente, incarnazione di uno spirito maligno contrario e opposto a Dio, la cui esistenza era necessaria per la libertà dell'uomo, onde potesse esercitarla e fare una propria scelta.
Questo essere negativo nel comportarsi da opposto a Dio fu però nemico anche dell'uomo in quanto su suo consiglio scelse la via dell'orgoglio e della superbia e di vivere la propria vita come se Dio non esistesse.
C'è allora necessità di un'alleanza da parte dell'uomo con Dio perché, c'è un nemico da vincere.
Tale nemico è un angelo superbo che ha inoculato tramite la scelta di trasgredire la sua energia malefica in Adamo e nei suoi figli e ora il nemico, è come un drago dalle tante teste.
Lo spirito del male, infatti, ha preso piede in tutti gli uomini tanto che potenzialmente ciascuno può essere nemico anche di se stesso in quanto in lui c'è un verme del maligno.

In ebraico drago si dice "tannin" e "tan" , termine che si trova nel nome del famoso mostro marino Leviatano "Leviatan" "il serpente porta a esistere un drago " (e viceversa) incarnazione del male che ricorda appunto il serpente delle origini, il serpente dragone forse venuto di nascosto tramite le acque che circondavano e attraversavano il "Gan Eden".
Il termine "chatan" di sposo s'inserisce bene in questo "midrash" del serpente animato da un angelo o energia = ribelle, infatti, sarà colui che "strapperà via () l'angelo " e "imprigionerà - metterà alle strette o nella tomba il dragone ".

Il male del resto non ha solo radici terrene, ma è anche espressione di uno spirito ribelle angelico divenuto demoniaco e il combattimento contro di questi richiede sia un'opposizione sia nella carne, sia nello spirito.
Ed ecco che il profeta Malachia profetizza in aiuto l'angelo dell'alleanza:
  • Malachia 3,1 - "Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l'angelo dell'alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti."
Quando avverrà?
Sarà il giorno della purificazione della fine del nemico.
  • Malachia 3,2-3 - "Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l'argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un'offerta secondo giustizia."
Sarà il giorno della fine del nemico e del verme di questi che c'è in ogni uomo, ma solo lui lo spirito del male e il suo verme saranno a soffrire ciò, mentre il singolo uomo della distruzione di ciò che non è proprio, ma che è del male gioirà e non ne subirà danni, ma vantaggi.

Malachia 3,19-24 - "Ecco, infatti: sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà - dice il Signore degli eserciti - fino a non lasciar loro né radice né germoglio. Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia e voi uscirete saltellanti come vitelli dalla stalla. Calpesterete i malvagi ridotti in cenere sotto le piante dei vostri piedi nel giorno che io preparo, dice il Signore degli eserciti. Tenete a mente la legge del mio servo Mosè, al quale ordinai sull'Oreb precetti e norme per tutto Israele. Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore: egli convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri, perché io, venendo, non colpisca la terra con lo sterminio."

Dice Gesù ai suoi discepoli "...io vi dico: Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, l'hanno trattato come hanno voluto. Così anche il Figlio dell'uomo dovrà soffrire per opera loro. Allora i discepoli compresero che egli parlava di Giovanni il Battista. (Matteo 17,12s)

Giovanni Battista, abbiamo visto, aveva riconosciuto in Lui "Lo Sposo"!

NELL'INTIMITÀ CON LA SPOSA
A conclusione di queste considerazioni sullo sposo riporto con piccole variazioni il paragrafo "Il Re nell'intimità con la sua sposa" di "Lo scettro di Dio, il bastone di Mosè e il Messia".
La Bibbia col Cantico dei Cantici propone la scena di due amanti nell'intimità.

Chi sono?
Prima di rispondere è da considerare che il testo del Cantico, in effetti, fu inserito nel canone biblico ebraico e cristiano perché è poema che nell'allegoria dell'amore totalizzante tra l'uomo e la donna - erotico, passionale, sentimentale e di dedizione pratica sotto tutti gli aspetti - fa trapelare il rapporto d'amore tra Dio e l'umanità chiamata a collaborare all'atto creativo, perché la loro unione è capace di produrre figli di Dio.

L'amata, vista con l'occhio particolare dell'ebraismo, è il popolo ebraico, ma nella visione più ampia dei profeti è il popolo di Dio e il singolo suo membro.
L'amata desidera, infatti, in Cantico 1,2 quel soffio vitale, "...soffiò nelle sue narici un alito di vita..." (Genesi 2,7)

L'incontro faccia a faccia, bocca a bocca, che altro non è che il ricevere lo Spirito di Dio, il Suo Spirito Santo creativo che supera l'unione dei soli corpi destinata a finire, ma consente all'amato di vivere nell'amata e con l'amata e all'amata di vivere nell'amato e con l'amato.

L'amata, infatti, chiede: "Baciami con i baci della sua bocca! Sì, migliore del vino è il tuo amore" e "M'introduca il re nelle sue stanze gioiremo e ci rallegreremo di te. Ricorderemo il tuo amore più del vino..." (Cantico 1,4)

Quel libro pur se dice di sé d'essere stato scritto da Salomone, in realtà da commentatori e da vari studiosi della Bibbia è considerato opera tardiva di scrittore anonimo del V secolo a.C., periodo quello dopo la ricostruzione del Tempio, quando il piccolo rotolo o "megillah" di quel poemetto cominciò ad essere usato nella liturgia pasquale ebraica.
Evidentemente, come si legge dai versetti iniziali, l'amato è il re!

Ma quale re?
Erano tornati dall'esilio e non v'era più un regno.
Il popolo tutto, i profeti e i cultori della parola di quei tempi attendevano l'avvento di una nuova età, estrapolazione di quella d'oro dei tempi di Salomone, per la restaurazione del regno del Figlio di Davide, l'amato, il Messia, che in Sion ossia a Gerusalemme riprendesse la sovranità finale ed aprisse l'epoca della fine dei giorni, ossia l'inizio di un regno eterno.

Come ho evidenziato in grassetto, fin dai primi versetti del Cantico v'è una evidente tensione sul vino; perché?
Il vino è il primo prodotto di Noè dopo il diluvio e l'alleanza di Dio con l'umanità.
Il vino col pane sono poi, il segno del Messia, perché questi è re e sacerdote del Dio Altissimo di cui nel libro della Genesi al capitolo 14,18 è figura "Melchisedek" che incontra Abramo nel territorio della futura Gerusalemme: "Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo". (Genesi 14,18)

Poi il tema della vigna dallo stesso Isaia è associato al popolo d'Israele:
  • Isaia 5,1-7 - "Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l'aveva vangata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato scelte viti; vi aveva costruito in mezzo una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva, ma essa fece uva selvatica... Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele..."
  • Isaia 27,2 - "La vigna deliziosa! Cantate di lei! Io il Signore ne sono il guardiano, a ogni istante la..."
Gesù stesso, il Messia, poi s'identificò con la vite: "Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto". (Giovanni 15,1-2)

Le parole che annunciano l'amore di Dio palesato con la morte e risurrezione di Cristo ossia, il "Kerigma", già fanno inebriare, perché il rendersi conto di ciò dopo la 1° Pentecoste quando San Pietro aprì la predicazione "Altri li deridevano e dicevano: Si sono ubriacati di mosto" (Atti 2,13) perché, appunto "Più inebriante del vino è il tuo amore." (Cantico 4,10)

Il profeta Isaia profetizza che quello del Messia sarà un Regno eterno aperto per tutti i popoli che verranno al Tempio del Signore .
  • Isaia 2,2 - "Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti."
  • Isaia 56,7b - "...il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli".
La stanza più importante nel Tempio di Gerusalemme era il Santo dei Santi e l'amata del Cantico attende e auspica in definitiva di venire introdotta:
  • Cantico dei Cantici 1,12 - "Mentre il re è sul suo divano, il mio nardo effonde il suo profumo".
  • Cantico dei Cantici 2,4 - "Mi ha introdotto nella cella del vino e il suo vessillo su di me è amore."
Qual'è quel divano?
Perché si parla di profumo?
Qui, il riferimento all'Arca con i cherubini sul coperchio e al Tempio è evidente.

Salmo 99,1-2 - "Il Signore regna, tremino i popoli; siede sui cherubini, si scuota la terra. Grande è il Signore in Sion, eccelso sopra tutti i popoli."

V'è perciò una menzione chiara al Santo dei Santi ove cui c'era appunto l'arca con i cherubini sul coperchio, divano di Dio, e in cui c'era la presenza o "Shekinah" di Dio stesso, che in una visione antropologica è come un re sul trono, ma è un trono mobile trasportabile dai Leviti, il trono vero è in cielo!
L'arca è il trono-divano e i cherubini le spalliere del divano.
Viene poi ricordato il profumo e tra poco vedremo con chiarezza il perché.
Poi è detto "nella cella del vino", scritto e quelle lettere se lette con le regole "al tikrei" suggeriscono l'idea "di Dio nel tempio ".
(Per l'ebraismo ogni brano della Bibbia è ammissibile leggerlo con la tecnica esegetica "al tikrei", cioè "non leggere", ossia leggere in altro modo, con diversa vocalizzazione o forma ortografica rispetto alla usuale. L'uso "al tikrei" non esclude in ogni caso la lettura originaria del testo, e perciò si può più correttamente definire come "non leggere questo passo solo in modo usuale, ma anche in altro modo" e il procedimento permette una nuova interpretazione, perfino quando le leggi della grammatica e della sintassi rendono necessaria la sola lettura tradizionale.)

Ai tempi del Tempio, in effetti, solo il Sommo Sacerdote una volta sola ogni anno entrava nel Santo dei Santi ricordando al Signore il sangue dell'alleanza, ma la struttura e gli arredi del Tempio stesso suggerivano una tensione costante al desiderio d'entrare da parte di tutto il popolo oltre la tenda di separazione tra il Santo e il Santo dei Santi.
Ecco che il sangue rosso come il vino porta al pensiero della cella del vino per il Santo dei Santi ove risiede la "Shekinah" di Dio.

Nel Santo, davanti al Santo dei Santi, infatti, v'era l'altare dei profumi su cui due volte al giorno, al mattino ed alla sera, un sacerdote addetto, offriva bruciato con carbone in sacrificio una miscela d'incensi.
(Vedi: "Nel Santo l'altare dei profumi davanti al Santo dei Santi")

Questo altare dell'incenso "mizebeach qetoroet", anche detto altare d'oro o interno, era nell'ambito della Tenda del Convegno ove risiedeva la presenza divina che si posava su Israele come Re e veniva accolto con l'incenso, mentre il Santissimo era la stanza interna del trono dove c'era "l'arca del Dio degli eserciti che siede sui cherubini" (1Samuele 4,4), i cherubini del coperchio, il luogo del colloquio faccia a faccia con Mosè, o bocca a bocca, perciò luogo di "adorazione", ma anche d'amore nel parallelo tra lo sposo e la sposa, perché là lo spirito dello sposo entrava nella sposa che n'usciva col viso raggiante.
L'altare dei profumi in sé d'oro e con cornice lavorata a mo' di corona, nell'allegoria dello sposo e della sposa personifica la Regina tutta profumata con la corona, cioè il popolo d'Israele di Dio, che attende d'entrare nella cella del Re e s'annuncia con il profumo... le preghiere dei Santi... là dove saranno faccia a faccia, quell'anelata cella del vino per la sposa nel Cantico dei Cantici.

Il Cantico, infatti, più avanti pare voler ricordare anche il rito dell'incenso serale quando l'amato cioè il Signore dice: "Prima che spiri la brezza del giorno e si allunghino le ombre, me ne andrò sul monte della mirra e sul colle dell'incenso." (Cantico 4,6) e richiama il desiderio del perdono di Adamo che peccò e fu segnalato dallo spirare della brezza del giorno (Genesi 3,8).

Come dicevo, nella visione allegorica e antropomorfica di Dio c'è quella di Dio che regna sul trono, infatti, "Cantate inni a Dio, cantate inni; cantate inni al nostro re, cantate inni; perché Dio è re di tutta la terra, cantate inni con arte. Dio regna sui popoli, Dio siede sul suo trono santo." (Salmo 47,7-9)

Lo sposo del Cantico dei Cantici in definitiva è il creatore di tutta la terra!
Dal contesto si comprende che la sposa è appunto l'Israele di Dio, vale a dire è la comunità e ogni individuo di questa che ha accettato la sua alleanza, quella che il Signore ha sposato con l'atto scritto della Torah che altro non è che la "ketubah" del patto matrimoniale.

Del resto, lo abbiamo visto che lo dice chiaramente il profeta Isaia 54,5: "Poiché tuo sposo è il tuo creatore, Signore degli eserciti è il suo nome; tuo redentore è il Santo di Israele, è chiamato Dio di tutta la terra."

I cristiani non sono alieni da questo contesto perché hanno accolto il pane del suo corpo e il calice del vino della "...nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi" (Luca 22,20) e hanno avuto il mandato "...di fare questo in memoria di me" (Luca 22,19) e fanno parte del popolo santo di Dio.

"Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi, che un tempo eravate non popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia." (1Pietro 2,9s)

I due, il re e la regina, sono nella camera nuziale e il re abbraccia la sua sposa.
È il momento fondante ed eterno perché tra l'altro scritto dall'eternità e insite nelle lettere dell'alfabeto ebraico che secondo la tradizione erano incise già prima dei tempi sul trono di Dio e che poi furono da Lui scritte sulle Tavole poste poi nell'Arca Santa, appunto il trono mobile dell'Altissimo.
(Vedi: "Alfabeto ebraico, trono di zaffiro del Messia")

In tale alfabeto, proprio al centro, letto da destra, si trova la scritta "il mio re" e subito alla sinistra si trova la lettera che indica bellezza e amore, un pozzo, una sorgente tappata che mi viene tanto alla mente quando per l'amata, la "Bella" dice "Giardino chiuso tu sei, sorella mia, mia sposa, sorgente chiusa, fontana sigillata." (Cantico 4,12) e "Fontana che irrora i giardini, pozzo d'acque vive che sgorgano dal Libano." (Cantico 4,150)
(Vedi: scheda lettera "tet" cliccando sopra la colonna a destra delle pagine di questo mio Sito)

Ciò pare proprio colto dal versetto 2,6 del Cantico, peraltro ripetuto nel finale in 8,3 a sottolineare che tutto il Cantico ci parla solo dell'intimità di quel rapporto: "La sua sinistra è sotto il mio capo e a sua destra mi abbraccia."
Questa destra che abbraccia è il dolce giogo dello sposo: "Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero". (Matteo 11,30)

L'idea del Signore che sta alla destra si ritrova nel Salmo 16 ove David parla sia del Signore come calice e sia della sua protezione, onde sì che si riposa sicuri con lui alla propria destra: "Si affrettino altri a costruire idoli: io non spanderò le loro libazioni di sangue né pronunzierò con le mie labbra i loro nomi. Il Signore è mia parte d'eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi: la mia eredità è stupenda. Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce. Io pongo sempre davanti a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare. Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra." (Salmo 16,4-11)

Il Salmo 16 si trova decriptato nell'articolo in .pdf "Salmi del Salterio e di Qumran - Gesù e gli Esseni".
In questo decriptato tra l'altro si trova l'idea della sposa uscita dal costato di Cristo, ovviamente dalla parte destra:
  • Salmo 16,4 - Sarà il corpo dentro portato su un legno e crocifisso dai viventi. Per i fratelli dal corpo acqua uscirà. Dal corpo porterà la sposa, l'originerà da un foro. Sarà la rettitudine a inviare dal foro con cui sarà aperto. Ai viventi con l'acqua il sangue porterà. Per la rettitudine il Potente per primo ne risorgerà il corpo, riverrà risorto dalla morte il crocifisso. In seno la potenza della risurrezione nel Verbo crocifisso ci sarà.
Questo abbraccio, infatti, è fondante ed eterno, perché riguarda il passato, il presente ed il futuro; fondante, perché pensato sin dall'inizio dei tempi.
Riguarda il passato, perché è stato promesso da Lui, e atteso da entrambi coinvolti in una plurimillenaria storia di salvezza.
È atto presente, perché produce la gioia del vivere e del permanere nella fede.
È atto che riguarda il futuro, perché capace di generare i figli che saranno i fedeli del Signore.
Il versetto che cita la cella del vino dice: "Mi ha introdotto nella cella del vino e il suo vessillo su di me è amore." (Cantico 2,4)

È qui da notare:

«Mi ha introdotto "hebi'ani"
nella cella del vino" "'oel bet haiain"
e il suo vessillo "vedigelù"
su di me è amore "e'li 'ahabah"

Altro modo per dire vessillo in ebraico è "nes" e queste due lettere si trovano nella sequenza alfabetica ebraica partendo verso destra del "melki"
centrale.


Accade anche che partendo verso sinistra dopo la lettera si trova la parola "chazù" "visione, aspetto".

Quindi guardando ancora quella sequenza dell'alfabeto ebraico viene l'dea di "il vessillo del mio Re sulla bella di aspetto " che è stato poi riportato con parole diverse nel versetto Cantico 2,4.

A questo punto si può leggere il tutto espandendo dal centro:
  • verso destra "Si vedrà il Verbo scendere per versare nei corpi la risurrezione alla fine ";
  • verso sinistra "le aprirà le porte in alto dell'Unico ."
E di seguito: "Si vedrà il Verbo scendere per versare nei corpi la risurrezione alla fine il vessillo del mio Re sulla bella di aspetto le aprirà le porte in alto dell'Unico", quindi il vessillo è la bandiera di Cristo risorto.



Cristo risorto di Piero della Francesca

La sposa che attende di essere introdotta nella sala del re, il cui accesso è impedito dalla legge se il re non chiama, è tema che come abbiamo visto si trova nel libro di Ester.
Questa in quel racconto in Ester 1,6 e 7,8 si trova il termine divano che ha le stesse lettere di bastone .
Nel Cantico dei Cantici 1,12 e 3,7 quel termine invece si trova anche col significato di "lettiga":
  • Cantico dei Cantici 1,12 - "Mentre il re è sul suo divano, il mio nardo effonde il suo profumo";
  • Cantico dei Cantici 3,7 - "Ecco, la lettiga di Salomone: sessanta uomini prodi le stanno intorno, tra i più valorosi d'Israele".
In definitiva tutto era pronto e profetizzava la venuta dello sposo, il Messia.
(Vedi: "C'è il Messia nel Cantico dei Cantici?")

Il Vangelo di Matteo 25,6 ci invita "...Ecco lo sposo, andategli incontro!"
Ritornando alla sequenza dell'alfabeto a destra del mio RE secondo il procedere usuale di lettura da destra a sinistra si trovano le due lettere .


Secondo le regole di decriptazione, essendo le lettere tutte separate si può considerare anche ogni spazio aperto che le separa sostituibile all'occorrenza con una lettera che rappresenta proprio lo spazio aperto.
Abbiamo visto che nel racconto della prima rivelazione a Mosè in Esodo 3 e 4, il Signore si presenta con in fuoco in un roveto "senoeh" che non si consuma.
Quelle lettere ci portano all'idea del roveto con riferimento al racconto di Mosè e a quello della corona di spine che stretta colpisce la testa di Gesù e al cuore gli portano un'asta e sono la base della scritta INRI "Iesus Nazarenus REX Iudeorum", che fu il "Titulus" sulla croce fatto apporre da Pilato, ripetuto in ebraico, in greco e in lingua latina.

L'ICONA DI "CRISTO SPOSO"
Nella tradizione delle Chiese orientali è tenuto in alta considerazione il tema delle nozze di Dio con l'umanità.
Ecco che nelle chiese di rito bizantino, è molto venerata l'icona di "Cristo Sposo" che nella Settimana Santa è portata in processione e la sacra immagine è baciata dai fedeli che cantano "Ecco lo Sposo viene nel mezzo della notte, beato quel servo che troverà vigilante, indegno quel servo che troverà negligente".

Nell'icona il volto di Gesù è luminoso e sereno, colmo di regale nobiltà.
È lo sposo che per amore della Sposa si sacrifica volontariamente.
Guardando quell'icona risuona nella mente con tutta la sua profetismo lirico il Cantico dei Cantici quando proferisce:
  • Cantico dei Cantici 8,5-7 - "Chi è colei che sale dal deserto, appoggiata al suo diletto? Sotto il melo ti ho svegliata; là, dove ti concepì tua madre, là, dove la tua genitrice ti partorì. Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l'amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore! Le grandi acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio."


Icone russa di "Gesù sposo"




Icone greca di "Gesù sposo"

Lo sfondo d'oro della regalità dono di Cristo fa venire alla mente il colore della sabbia del deserto illuminata dal sole.
Colei che sale dal deserto è appoggiata al suo Sposo.
Il melo è l'albero della croce che diviene il letto d'amore alle spalle dei due sposi.
Il braccio di lei è sul cuore di lui e coglie come sigillo la ferita del costato.
(Vedi: Il raffronto delle due icone).

Gesù si erge risorto dal sepolcro.
Il laccio che lega le braccia dell'Agnello è l'invisibile, ma tenace e più forte della morte è l'amore sponsale di Cristo verso la Chiesa.
Maria è raffigurata alla destra di Gesù, come la regina del salmo 44: "alla tua destra la regina in ori di Ofir".
È avvolta in un manto color terra che esalta l'umiltà della serva e prefigura la Chiesa, cioè tutti i cristiani, creature nate in terra, ma divinizzate.

Il volto, specie nell'iconografia greca è scuro come quello di Cristo e ricorda i versetti "Bruna sono ma bella, o figlie di Gerusalemme, come le tende di Kedar, come le cortine di Salomone. Non state a guardare se sono bruna, perché il sole mi ha abbronzato" del Cantico dei Cantici 1,5s e il sole è Cristo stesso.

Maria-Sposa-Madre-Maestra indica ai cristiani la strada verso la Salvezza, infatti entrambe le mani sono orientate verso il costato del Figlio da cui "fluxit aqua et sanguine", indica la porta, verso la stanza segreta del Re, il suo cuore, verso la cella del vino, da cui viene a noi con i sacramenti la pienezza della vita nel suo sangue.

Questo rapporto così elevato dell'amore sposale e di unione tra Cristo e la Chiesa non è stato consegnato ai cristiani come un'utopia non raggiungibile, ma Dio col sacramento del matrimonio da la grazia per poterne godere nelle famiglie che i coniugi cristiani formano appoggiandosi nella comune fede.
Del resto "La famiglia stessa è il grande mistero di Dio. Come chiesa domestica, essa è la sposa di Cristo". (Giovanni Paolo II)
Dante Alighieri nella visione del canto XXXIII del Paradiso (vv. 1-45) della Divina Commedia inneggia a quella sposa:

Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
Umile ed alta più che creatura,
Termine fisso d'eterno consiglio,
Tu se' colei che l'umana natura
Nobilitasti sì, che 'l suo Fattore
Non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l'amore
Per lo cui caldo nell'eterna pace
Così è germinato questo fiore.
Qui se' a noi meridiana face
Di caritade, e giuso [intra] mortali
Se' di speranza fontana vivace.
Donna, se' tanto grande, e tanto vali,
Che qual vuol grazia, e a te non ricorre,
Sua disianza vuol volar senz'ali.
La tua benignità non pur soccorre
A chi domanda, ma molte fiate
Liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietade,
In te magnificenza, in te s'aduna
Quantunque in creatura è di bontade.


APPENDICE - DECRIPTAZIONE DI ISAIA 61
Riporto il testo C.E.I. 2008 di Isaia 61:

Isaia 61,1 - Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri,

Isaia 61,2 - a promulgare l'anno di grazia del Signore, il giorno di vendetta del nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti,

Isaia 61,3 - per dare agli afflitti di Sion una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell'abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto. Essi si chiameranno querce di giustizia, piantagione del Signore, per manifestare la sua gloria.

Isaia 61,4 - Riedificheranno le rovine antiche, ricostruiranno i vecchi ruderi, restaureranno le città desolate, i luoghi devastati dalle generazioni passate.

Isaia 61,5 - Ci saranno estranei a pascere le vostre greggi e figli di stranieri saranno vostri contadini e vignaioli.

Isaia 61,6 - Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio sarete detti. Vi nutrirete delle ricchezze delle nazioni, vi vanterete dei loro beni.

Isaia 61,7 - Invece della loro vergogna riceveranno il doppio, invece dell'insulto avranno in sorte grida di gioia; per questo erediteranno il doppio nella loro terra, avranno una gioia eterna.

Isaia 61,8 - Perché io sono il Signore che amo il diritto e odio la rapina e l'ingiustizia: io darò loro fedelmente il salario, concluderò con loro un'alleanza eterna.

Isaia 61,9 - Sarà famosa tra le genti la loro stirpe, la loro discendenza in mezzo ai popoli. Coloro che li vedranno riconosceranno che essi sono la stirpe benedetta dal Signore.

Isaia 61,10 - Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli.

Isaia 61,11 - Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti.

Presento la dimostrazione della decriptazione del primo versetto.
Riporto il primo versetto e il testo ebraico senza vocalizzazione:

Isaia 61,1 - Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri.





Isaia 61,1 - Dallo Spirito dell'Unico giudicata è stata che è una perversità l'agire del serpente . C'è stato un consiglio , da Messia il Signore [a liberare le vite dalla calamità ] venuto () è dal serpente nella carne , per i miseri è in vita , sorge del Potente la grazia . È la virtù dentro alla luce , del Potente il soffio in un corpo esiste , il cuore potente ha versato alla vista , degli schiavi è all'abitazione col corpo . Porterà il serpente delle origini a rimuovere dagli esseri viventi . La Parola verserà la legge portandola ai chiusi - prigionieri .

In effetti, dei i primi tre versetti presentai la decriptazione, sia pure senza dimostrazione in "Sette sigilli e sette trombe - il giorno del Signore" e in "Tetragramma Sacro nella Torah".

Riporto ora di seguito la decriptazione degli 11 versetti:

Isaia 61,1 - Dallo Spirito dell'Unico giudicata è stata che è una perversità l'agire del serpente. C'è stato un consiglio, da Messia il Signore (a liberare le vite dalla calamità ) venuto è dal serpente nella carne, per i miseri è in vita, sorge del Potente la grazia. È la virtù dentro alla luce, del Potente il soffio in un corpo esiste, il cuore potente ha versato alla vista, degli schiavi è all'abitazione col corpo. Porterà il serpente delle origini a rimuovere dagli esseri viventi. La Parola verserà la legge portandola ai chiusi - prigionieri.

Isaia 61,2 - Il Potente ha versato nel corpo di una Donna la benevolenza. La potenza il Signore ha portato, è stata recata dalla Madre l'energia, si versa in vita, al serpente la maledizione è ad inviare, si porta dal serpente per la sposa consolare, inizia a casa del serpente ad essere in vita.

Isaia 61,3 - Dal serpente il fuoco porta in pienezza per la distruzione. Giù s'è portato per finirlo completamente. Appesa per i viventi la Parola dell'Unico col corpo in croce nella tomba finirà. L'Unico col soffio il corpo risorgerà, in vita invierà la risurrezione ai simili sotto per il Padre, perché si veda l'amore nel mondo. La stoltezza finirà lo spavento lo Spirito per spegnerlo porterà, verserà il serpente fuori dai viventi, inizierà ad esistere del Potente al mondo la giustizia, nei viventi la carità agirà del Signore, con potenza al mondo la croce glorificherà.

Isaia 61,4 - Ed il Figlio reca una spada, la reca per finire il malvagio, per liberare i viventi dalla morte. Un corpo, che da Donna è inviato in vita, sarà risorto. A vivere si riporterà e di nuovo si recherà ad agire col corpo. Sarà dalle tombe i corpi da dentro a risorgere in vita dalla morte, generazioni e generazioni.

Isaia 61,5 - I popoli ad aiutare si porta. Colpi nei corpi è dei viventi a portare al male. E giù l'Unico ha inviato la rettitudine ai viventi portando da casa il Figlio con la rettitudine nel corpo. L'Unigenito, l'Agnello, è stato così dai viventi portato, che la rettitudine si alzi è ad anelare.

Isaia 61,6 - E dell'Unico puro sacerdote è il Signore. Alla fine si versa alla vista, si reca i viventi a servire. La forza della maledizione è inviata, portata è dall'Unigenito l'amarezza al serpente così in vita a vivere. Il serpente in cammino porterà agli uomini per mangiarlo (cena escatologica da base di Leviatano) e dentro a spegnere lo porterà dal sangue; in tutti finita sarà l'amarezza che porta.

Isaia 61,7 - Completo lo spavento, il culto degli idoli anela con l'errore e la vergogna di far uscire la forza dai corpi. Energia reca agli ammalati. A sorgere in cammino invia dentro la luce. Porta i viventi a liberare dai lamenti. Ci risarà nei corpi la gioia. Dalla vita la paura del malvagio per gli uomini uscirà. Sarà il serpente ad uscire dalla vita.

Isaia 61,8 - Così è per incontrare il Signore per amore i viventi, Sorge col volto la carità, ad ardere inviato dall'Unico in cammino questi il serpente a casa della iniquità ad uscire porterà e l'energia completamente indica bella dall'alto la purezza da casa la fedeltà porta all'alleanza, in azione al serpente porta in vita l'Unico il Figlio, lo reca per finire il serpente dal mondo dei viventi.

Isaia 61,9 - Ed inviato a portare la conoscenza che da casa per i popoli è in vita la stirpe a vivere portata giù dall'Unico. Sceso l'Unigenito è uscito in vita, dentro finalmente si porta così al mondo in azione. Per i viventi è la perfezione in vista. È al mondo da Madre a esistere. Dal serpente si è alzato, così è uscito in vita a colpire il male dentro con in corpo la rettitudine del Signore.

Isaia 61,10 - Per giovare sorge dell'Unico il dono. Alla luce dentro il Signore finalmente rivela l'anima. È di casa Dio al mondo, e così all'esistenza uscito il Potente. Dentro è sorto il frutto per chi cammina, in Gesù vive, si vede esistere del Potente la giustizia è in azione il cuore inviato. Esiste così lo sposo. È un sacerdote che la corona porta della rettitudine alla sposa. Alla fine tutto nell'eternità entra la moglie che era nel mondo.

Isaia 61,11 - Così è la rettitudine in terra tutta portata giù è stata dall'Unigenito. Il germoglio al mondo si porta da casa. Dal giardino (dell'Eden) il seminatore è uscito. Finalmente giù in vita è l'amo inviato dall'Unico per chi giudicato è stato. Il Signore è sceso tra i viventi con racchiusa la giustizia; la porta per finire dal mondo il serpente (pur se il Signore) entrò con splendore indebolito. La potenza rientra in cammino, portata è ai viventi.

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