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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
IL FRUTTO DELL'ALLEANZA

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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I PRIMOGENITI DI GIACOBBE
Giacobbe, chiamato da Dio Israele, depositario delle promesse fatte ad Abramo, attendeva una grande discendenza e si era dato da fare per ottenere con l'aiuto della mamma, Rebecca, la primogenitura da Isacco suo padre avanti con gli anni, sottraendo del diritto il gemello Esaù pur se partorito per primo dalla madre.

In ebraico "essere primogenito" ha il radicale BKR da cui "primogenito" "bekor" e "primogenitura" "bekorah" in cui (in modo analogo al verbo KRT) c'è l'idea di un agnello o meglio di un ariete "kar" , ossia il primogenito è della "casa l'ariete ", facendo trapelare la speranza di una discendenza numerosa.

Israele, poi, com'era gli era accaduto, lo vedremo più avanti, ripeterà il gesto di scegliere un secondo nato per dargli la primogenitura.
Del resto la lettera B = in ebraico è anche il numerale 2 per cui con una lettura criptica e "profetica" delle lettere di "bekor" si ha: "il 2 (è) l'ariete ".

Giacobbe era un profeta e leggiamo in San Paolo: "Le ispirazioni dei profeti devono essere sottomesse ai profeti" (1Corinzi 14,32) e nel Prologo al commento del Profeta Isaia San Girolamo dice «Della profondità di tali misteri dà testimonianza lo stesso autore quando scrive: "Per voi ogni visione sarà come le parole di un libro sigillato: si dà a uno che sappia leggere, dicendogli: Leggilo. Ma quegli risponde: Non posso, perché è sigillato. Oppure si dà il libro a chi non sa leggere, dicendogli: Leggi, ma quegli risponde: Non so leggere" (Isaia 29,11-12) . Si tratta dunque di misteri che, come tali, restano chiusi e incomprensibili ai profani, ma aperti e chiari ai profeti. Se perciò dai il libro di Isaia ai pagani, ignari dei libri ispirati, ti diranno: Non so leggerlo, perché non ho imparato a leggere i testi delle Scritture. I profeti però sapevano quello che dicevano e lo comprendevano.»

Quella scelta del numero 2 da parte di Giacobbe-Israele ci fu quando affigliolò i due nipoti, figli dell'amato Giuseppe, primogenito della diletta moglie Rachele di cui aveva tanto sofferto la sterilità.
Sapeva però bene che i figli sono dono di Dio, come dirà poi il Salmo 127: "Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori", tanto che aveva detto a Rachele, in quel momento sterile, che desiderava un figlio dal marito: "Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?" (Genesi 30,2)

Quel "frutto del grembo" nel testo ebraico è il "peri" "batoen" , ove:

  • "perì" discende dal radicale di "essere fecondo, essere prolifico"; quindi, risultato dell'essere fecondo è il frutto, quello che "per la bocca il corpo è " e il risultato di essere prolifico è la prole, ossia un figlio.
  • "batoen" , è "seno, grembo", e dal punto di vista grafico delle lettere è la gemma, il bocciolo, in pratica l'utero, da cui viene il figlio "ben" .
Nel testamento profetico o "benedizioni" ai 12 figli, sul primo figlio di Rachele, Israele aveva detto: "Germoglio di ceppo fecondo è Giuseppe; germoglio di ceppo fecondo presso una fonte, i cui rami si stendono sul muro." (Genesi 49,22)

Il ripetere due volte "Germoglio di ceppo fecondo", ossia "ben porat" , sta a significare che Israele lo considera il figlio importante, come con doppio valore, tanto che la tribù di Giuseppe di fatto varrà in modo doppio rispetto alle tribù degli altri 11 figli e sarà ricordata con i suoi due frutti "'Efraim e Manasse".



Le 12 tribù: mosaico in una sinagoga di Gerusalemme

Il primogenito poi, nell'ebraismo, avrà diritto a eredità doppia.
Per quanto riguarda quei due nomi commento:
  • "'Efraim" , nome profetico che a Giacobbe evidentemente suggerì di benedirlo per primo in quanto significa "il primo dei frutti ".
  • "Manasse" , nome dal radicale ebraico di "dimenticare".
Israele in occasione delle "benedizioni" sta profilando per via profetica la storia del popolo che da lui discenderà; occorreva, infatti, che il capostipite Israele definisse e delegasse per la storia futura del popolo i ruoli di comando.
Doveva nascere era un popolo diverso da tutti gli altri e doveva essere guidato e governato in modo speciale, paradigma di come deve essere la guida di ogni uomo che sia speciale, ossia Santo e l'uomo è un'unità di anima - spirito, intelletto e corpo.

Del resto, la preghiera d'Israele, lo Shemà da Deuteronomio 6,4-7 lo ricorda: "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore ("levev" ), con tutta l'anima ("noefoesh" ) e con tutte le forze ("m'od" ). Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai."

Il cuore, in ebraico "lev" o "levev" , in effetti, non è solo il cuore fisico, ma anche l'intelligenza, il raziocinio, la comprensione, la consapevolezza nel vivere personale, sociale, politico e familiare.

L'anima è il "noefoesh" , il desiderio, l'aspirazione, la persona, quindi, con tutti gli atteggiamenti della propria vita, quello etico, l'attaccamento religioso, l'aderire a Dio e l'essere nella purità.

Le forze, lì in ebraico sono dette "m'od" ; rappresentano quelle fisiche, il vigore, il potere economico e anche militare, quindi, il corpo.

Ed ecco che Giacobbe-Israele distinse la primogenitura politica dalla economica e militare; infatti, i figli Giuda, da cui verranno i Re di Gerusalemme, avranno la politica e i figli di Giuseppe la economica e militare.
La funzione religiosa, poi, servendo per tutto il popolo, la delegò a Levi e ai Leviti che saranno disseminati in tutti i possedimenti delle tribù, come l'anima che pervade tutto il corpo e i sentimenti e le idee stesse.
Il diritto di primogenitura insomma Giacobbe non lo passò a Ruben il suo primo nato in ordine di tempo dalla prima moglie Lia; Ruben, soggetto alla passione, instabile e mancante di controllo s'era reso inidoneo a essere un capo, perché l'aveva disonorato con la concubina Bila serva di Rachele e in quelle "benedizioni" disse: "Ruben, tu sei il mio primogenito, il mio vigore e la primizia della mia virilità, esuberante in fierezza ed esuberante in forza ! Bollente come l'acqua, tu non avrai preminenza, perché sei salito sul letto di tuo padre, hai profanato così il mio giaciglio." (Genesi 493s)

Giuda, "gur Ariè", il giovane leone, soprattutto, dicono in Israele, per il suo coraggio di fare "teshuvà" come nell'episodio di Tamar, ossia per la sua capacità di pentirsi e riconoscere il proprio peccato, sarà il capo politico, da lui verranno i Re e il Messia.
(Vedi: "Tamar si traveste per essere antenata di Giuseppe")

Giuseppe, invece era il primo figlio della vera unica moglie desiderata da Giacobbe, ed ecco che questi lo fa "bekor", ossia il primogenito, rendendolo erede di una parte doppia dei propri beni economici; infatti in Genesi 48,1-22, benedice Giuseppe e i figli di lui, Efraim e Menasse e in pratica lo sostituisce con due tribù, i figli di lui, che complessivamente avranno doppia parte di eredità al momento della conquista della Terra Promessa, cioè di territorio nella Terra d'Israele, rispetto agli altri figli.
Scelse Efraim come primogenito forse perché:
  • Efraim, il più giovane dei due, quindi con meno sovrastrutture di diversa origine, aveva potuto risentire in modo più diretto dell'educazione ebraica di Giacobbe rispetto a Manasse che l'aveva appresa da sua madre Asenat, quando il padre era tanto impegnato;
  • Giacobbe sa quali meriti avrà la discendenza del nipote, sarà numeroso e guerriero, infatti, come accennato, dalla sua discendenza verrà Giosuè, figlio di Nun della tribù di Efraim che conquisterà la Terra Promessa;
  • - perché il nome Efraim dice d'essere "il primo dei frutti ".
Questo pensiero del dividere in definitiva i ruoli di comando del popolo futuro lega la primogenitura alle componenti - anima, raziocinio e corpo - di un essere umano per avere un giusto, uno "tzadiq", e cercare il Santo e la Santità.
A tal fine non basta la sola rivelazione, rappresentata da Mosè che è l'apparecchio telefonico che mette in comunicazione da e con IHWH, ma questa comunicazione deve essere voce di tutto l'uomo interiore, con cuore puro, ossia da parte di un intelletto sapiente, raffigurato da Giuda, da zelo religioso per compiere il bene, come Levi e dall'essere disponibile con tutte le proprie forze fisiche, come Efraim, ed essere, quindi, sempre con la totalità di se stessi uniti al Signore.

Tutto questo è il tema che pare provato dall'episodio che capitò in Esodo 17,8-13 a Refidim al popolo d'Israele appena uscito dall'Egitto: "Amalek venne a combattere contro Israele a Refidìm. Mosè disse a Giosuè: Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalek. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio. Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalek, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalek. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l'altro dall'altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Giosuè sconfisse Amalek e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada."

Amalek, più esattamente "A'maleq" , ha un nome allusivo, "il mio Dio è oro sopraffino", figlio di Elifaz e della sua concubina Timna, nome che pare derivi da un verbo che significa "impedire", nipote di Esaù, il fratello gemello di Giacobbe (Genesi 36,2) fu il primo nemico ad attaccare gli Israeliti dopo l'uscita dall'Egitto e l'attacco non era stato preceduto da nessuna provocazione da parte dei figli d'Israele.
Il nome Amalek, cioè "affanno si rovescia " ha lo stesso valore gimatrico di "sapeq" che significa anche "dubbio":

= ( = 100) + ( = 30) + ( = 40) + ( = 70) = 240
= ( = 100) + ( = 80) + ( = 60) = 240

Il primo attacco di Amalek contro Israele è a Refidim nome legato alla radice che indica "debolezza, essere debole, infiacchire" e "yadim" "le mani"; Refidim quindi può tradursi "mani fiacche".
(Vedi: "Ritorno al Sinai" in particolare il paragrafo "L'opera delle nostre mani")

Il popolo aveva levato le tende da un "luogo dove ci si lascia cadere le braccia".
Era accaduto che lì il popolo aveva protestato e là pure si verificò il miracolo della roccia che battuta dal bastone di Mosè scaturì acqua.
Accadde poi che pure là subito dopo gli Amaleciti li attaccarono.
La battaglia risultava a favore d'Israele solo quando Mosè, seduto sulla cima di un colle, teneva sollevate le braccia in preghiera, aiutato da Aronne e da Cur.
Il Midrash Mechiltà interpreta il nome "Refidim" come "Rafu Yedeem Min HaTorà" ossia in Refidim indebolirono le loro mani verso la Torah.
Per tale interpretazione la guerra contro Amalek e la sfiducia per mancanza d'acqua derivano da un indebolimento nello studio e nell'osservanza della Torah detto "indebolimento delle mani", perché queste non compiono più le "mizvot", ossia i precetti prescritti, quando ciò che conta è la loro attuazione e non la pia intenzione.

Nell'ebraismo, infatti, conta l'azione e sono le mani che compiono le "mizvot" ed è inutile proclamarsi favorevoli alla Torah a parole, pensiero anche cristiano: "Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità." (1Giovanni 3,18)
La guerra con Amalek è vinta, infatti, per un "rafforzamento" delle mani di Mosè che le tiene, appunto, alte con l'aiuto di due del popolo che poi lascia lo stato d'abbandono morale di Refidim e si pone nel deserto e "si accampò Israele di fronte al Monte" in grado così di ascoltare la Voce dell'Eterno che proclama la Legge.
Il popolo, infatti, a Mosè che proponeva le parole del Signore disse: "Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!" (Esodo 19,8)

Dubbio, attaccamento al denaro e affanno, sono veri impedimenti al cammino spirituale dell'uomo, quindi, anche del popolo d'Israele, e tali nemici si vincono rimanendo attaccati, ossia in continua comunicazione o preghiera attiva col Signore, cioè nel caso specifico attraverso Mosè e per i cristiani col vero salvatore, il Cristo.
Stretto è il collegamento con quanto accennavo prima circa le primogeniture; infatti, quel "pregare" non è atto di superstizione, ma di fede in Cristo, sempre sostenuto da pio-raziocinio, qualità entrambe rappresentate da Aronne - figura di anima, spirito, desiderio - e da Cur, figlio di Giuda (1Cronache 4,1) - raziocinio e posizione sociale.
Gli antenati di Cur, infatti, erano Giuda, Perez e Chezron (Genesi 46,12) e Cur fu nonno di Besalel (Esodo 31,2) l'artigiano, costruttore nel deserto della Tenda dell'Alleanza.

Il libro del Deuteronomio infine prospetta Amalek come il prototipo del nemico da non dimenticare che colpisce lungo il cammino, infatti, in 25,17-19 propone: "Ricordati di ciò che ti ha fatto Amalek lungo il cammino quando uscivate dall'Egitto: come ti assalì lungo il cammino e aggredì nella tua carovana tutti i più deboli della retroguardia, mentre tu eri stanco e sfinito, e non ebbe alcun timor di Dio. Quando dunque il Signore tuo Dio ti avrà assicurato tranquillità, liberandoti da tutti i tuoi nemici all'intorno nel paese che il Signore tuo Dio sta per darti in eredità, cancellerai la memoria di Amalek sotto al cielo: non dimenticare!"

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