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VIVERE IL MISTERO
Per ogni essere umano vivere è percorrere una traiettoria personale la più soddisfacente possibile tra le esperienze della realtà che lo circonda.
Per far ciò ognuno usa al meglio le proprie doti, le condizioni di partenza, le situazioni e gli incontri che si verificano, quindi, cerca di minimizzare e superare la miriade di fattori negativi e gli incidenti di percorso e di cogliere le opportunità offerte da eventi fortunati.
È, comunque un procedere nel mistero, nel buio del futuro alla luce del proprio intuito che permette di prevedere poco avanti a sé e in modo incerto.
La conclusione di tutto ciò poi è che alla fine del percorso avviene un evento che recide la vita e null'altro è dato di conoscere.
Ecco che occorre dotare la vita di motivazioni per coprire quello che appare un vuoto che, giustamente, non si ritiene accettabile.
Un insegnamento hanno ricevuto i popoli nomadi, non attaccati ad una patria, ma assieme, in carovana, aiutandosi, riescono a percorrere zone inospitali e desertiche ove gli individui da soli non resisterebbero.
Percorrere allora in carovana il cammino della vita è un modo che assicura una maggiore sopravvivenza. L'ideale è che ci sia un capo carovana che conosca la strada.
Tutto ciò diviene il prototipo della vita vista come percorso in un mistero guidati da chi l'ha superato felicemente.
Questa è la posizione del cristiano alla luce degli insegnamenti di Gesù Cristo risorto dai morti.

Andiamo al momento importante in Matteo 26,26-28 quando: "Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: Prendete e mangiate; questo è il mio corpo. Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati".

Istituito il sacramento dell'Eucaristia, subito dopo al versetto 29 Gesù aggiunse: "...da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio".

Con ciò il Vangelo ci fa comprendere che Gesù ormai viveva il tempo in una dimensione nuova, nel profondo del suo cuore aveva già lasciato, di fatto, questo mondo desiderando con tutto se stesso di completare la proprie vicende secondo la volontà del Padre e di tornare a Lui.
Era arrivato alla meta, aveva ormai contato i giorni della propria vita e certamente meditava l'invocazione del Salmo 90,12: "Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore".

In linea con pensieri del genere, ai chiamati a partecipare al Regno, San Paolo ai cristiani della Chiesa di Corinto (1Corinzi 7,29-31) propone di vivere il tempo in quella dimensione escatologica dell'attesa della redenzione finale e scrive: "Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!"

Il camminare nella vita da parte del cristiano dovrebbe tenere come paradigma il camminare d'Israele nel deserto, come un pellegrino e straniero alla sequela della volontà divina che lo guida.
Il cristiano, insomma è straniero come lo è stato il suo Maestro.

Nella lettera 1Pietro 2,11-12 si legge "Carissimi, io vi esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dai desideri della carne che fanno guerra all'anima. La vostra condotta tra i pagani sia irreprensibile, perché mentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostre buone opere giungano a glorificare Dio nel giorno del giudizio."

Questi pensieri poi sono ripresi in modo esaustivo nella lettera a Diogneto: "I cristiani non si differenziano dagli altri uomini né per territorio, né per il modo di parlare, né per la foggia dei loro vestiti. Infatti non abitano in città particolari, non usano qualche strano linguaggio, e non adottano uno speciale modo di vivere... Risiedono poi in città sia greche che barbare, così come capita, e pur seguendo nel modo di vestirsi, nel modo di mangiare e nel resto della vita i costumi del luogo, si propongono una forma di vita meravigliosa e, come tutti hanno ammesso, incredibile. Abitano ognuno nella propria patria, ma come fossero stranieri; rispettano e adempiono tutti i doveri dei cittadini, e si sobbarcano tutti gli oneri come fossero stranieri; ogni regione straniera è la loro patria, eppure ogni patria per essi è terra straniera. Come tutti gli altri uomini si sposano ed hanno figli, ma non ripudiano i loro bambini. Hanno in comune la mensa, ma non il letto. Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Vivono sulla terra, ma hanno la loro cittadinanza in cielo. Osservano le leggi stabilite ma, con il loro modo di vivere, sono al di sopra delle leggi... rappresentano nel mondo ciò che l'anima è nel corpo. L'anima si trova in ogni membro del corpo; ed anche i cristiani sono sparpagliati nelle città del mondo. L'anima poi dimora nel corpo, ma non proviene da esso; ed anche i cristiani abitano in questo mondo, ma non sono del mondo."

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