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DAL TORCHIO DEL GETSEMANI A QUELLO DELLA CROCE
di Alessandro Conti Puorger

IL TORCHIO MISTICO
Il tema del presente articolo è centrato sulla "passione" di Cristo, intesa come travaglio di una puerpera che termina col parto, dopo la rottura delle acque, con la nascita di una nuova creatura.
Ora, in ebraico, sia "uomo" - "'adam", sia "rosso" - "'adom" ha le stesse lettere consonanti e l'uomo è pure detto il "rosso" apparendo così alla nascita, tutto rosso di sangue. (Le 22 lettere dell'alfabeto ebraico sono solo consonanti e nei testi delle Sacre Scritture ebraiche le vocali sono state segnate con puntini solo d. C.)

Tra il vino, specie se rosso, e il sangue c'è un'allegorica corrispondenza tanto che in ebraico il vino è detto "sangue d'uva" in Deuteronomio 32,14 e nella profezia messianica delle benedizioni di Giacobbe in Genesi 49,10-11: "Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e cui è dovuta l'obbedienza dei popoli. Egli lega la vite al suo asinello e a una vite scelta la figlia della sua asina, lava nel vino la sua veste e nel sangue dell'uva il suo manto..."

Quel sangue d'uva è "dam a'nabim" per i significati grafici delle lettere leggibile come: "protetta in seno () energia dentro c'è di vita (o di un vivente) " e per tale allegoria l'uomo "'adam" è come un chicco d'uva, che se spremuto, "origina sangue ", rosso come il vino.
Del resto un modo per indicare il "fruttificare e germogliare" è e "nib" è "frutto", e le lettere spiegano "energia si porta da dentro " o "energia c'è dentro ", da cui il nome Nabot (frutti) del proprietario della famosa vigna di cui si parla in 1Re 2,11-27 nel ciclo di Elia.
(Vedi: "Racconti messianici dalla "Vigna di Nabot")

Grande era l'attesa in Israele che s'era maturata per l'alleanza del Sinai frutto dell'incontro faccia a faccia con Dio, la teofania che aveva avuto Mosè, pur se dovette velarsi il viso ed essere nascosto nella cavità di una rupe (Esodo 33,21-23) per non restare abbagliato alla vista del grande fulgore.

Dio l'aveva detto a Mosè: "Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo" e aggiunse "Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia Gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finché sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere". (Esodo 33,20-23)

Dato che Dio non si può cogliere nelle nostre dimensioni nacque il desiderio che Dio si piegasse verso la creatura speciale che aveva creato e per amore assumesse la natura di uomo, incarnandosi per consentire di vederlo, parlarci, avere certezza della vita oltre la morte, insomma, era nata la speranza indicibile della nascita di un uomo nuovo e del passaggio all'umanità della natura divina onde l'uomo potesse assumere la nuova natura come da un chicco d'uva, che se spremuto, avrebbe passato da "bere" il suo sangue divino.

Questi pensieri sono il fondale di scena di Isaia 63,1-6, il noto brano che inizia con "Chi è costui che viene da Edom, da Bosra con le vesti tinte di rosso... sono grande nel salvare... Nel tino ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me".

L'idea nasce coI racconto nel libro dei Numeri del grappolo d'uva portato da due degli esploratori inviati da Mosè per mostrare la ricchezza della Terra Promessa ove si legge: "Giunsero fino alla valle di Escol, dove tagliarono un tralcio con un grappolo d'uva, che portarono in due con una stanga..." (Numeri 13,23)

Quel grappolo era profezia del Cristo e Gesù di Nazaret disse "Io sono la vite..." (Giovanni 15,5) e la "vite" è "goefoen" , ossia in senso cristologico vi "scorre del Verbo l'energia ".

Il nome di quel luogo, Escol, in ebraico , peraltro, significa proprio "grappolo", ove appare il radicale di "agire con successo", per cui il messaggio che recavano i due, Giosuè e Caleb, era come la prova che con l'Unico si sarebbero potuti impadronire del paese, ma gli Israeliti non lo credettero e per 40 anni restarono nel deserto finché la nuova generazione ebbe fede in Dio e ci provò, appunto con successo.

In Isaia 65,8s c'è poi una profezia collegata al tema di Isaia 63,1-6 quando: "Dice il Signore: Come quando si trova succo in un grappolo, si dice: Non distruggetelo, perché qui c'è una benedizione, così io farò per amore dei miei servi, per non distruggere ogni cosa. Io farò uscire una discendenza da Giacobbe, da Giuda un erede dei miei monti. I miei eletti ne saranno i padroni e i miei servi vi abiteranno."

Quel grappolo contiene una benedizione "berakah" , l'opposto della maledizione al serpente (Genesi 3,14) capace di assicurare una "discendenza", "un erede" per portare l'uomo alla primitiva dignità e ciò Dio lo farà, per amore, attraverso il Messia e i suoi "eletti".

Ora, la parola grappolo, "'oeshkol" se divisa in + dentro ha "tutto un fuoco ", ma aggiungendo delle lettere "he" , dato che spazio aperto e apertura sono i suoi significati grafici, la scritta diverrebbe () + () e alla spremitura del grappolo potrebbe uscire una donna - sposa ; del resto non c'è matrimonio senza sangue dell'uva e, non solo, anche di sangue vero se i due sono vergini!

E ciò quanto il Vangelo di Giovanni 19,34 propone con la testimonianza sul "sangue e acqua" uscito dal costato del Crocifisso... è nata la sposa che era nel cuore di Cristo!
Torchio in ebraico è "get" , "scorre il tutto ", ma la lettera in corsivo è una + "croce" e allora "scorre dalla Croce " ed ecco l'allegoria della Croce come torchio mistico da cui esce il succo di salvezza che è la Chiesa, i suoi eletti.

Tale allegoria è rappresentata in vare icone di cui la più conosciuta, di Ernst Van Schayck, è a Matelica (Macerata) nella chiesa di Sant'Agostino (il primo che paragonò il torchio alla croce dove Cristo fu spremuto) presenta un grande tino in cui Cristo sta pigiando l'uva che poi è il suo stesso corpo premuto dalla Croce.

Scrive sant'Agostino, riferendosi alla vigna piantata da Noè: "Fu Cristo a piantare la vigna, lui a bere il vino nella passione salvifica fino a ubriacarsi e a giacere scoperto in modo che apparisse la forza-debolezza della croce".
Egli fu grappolo spremuto e col Padre e lo Spirito Santo fu lo spremitore.

Anche in Germania, ad Ansbach nella chiesa di San Gumberto, c'è una tavola che presenta Dio Padre che manovra il torchio-croce sotto il quale sta Gesù.
Detto ciò sull'iconografia, m'inoltro nel tema dell'articolo e procedo a un esame sui Vangeli e ai testi dell'Antico Testamento scritti in ebraico o aramaico, approfondendo talune parole partendo dalle lettere ebraiche che le formano essendo i loro intrinseci significati grafici capaci di spiegare l'essenza delle parole stesse.


Torchio mistico di Van Schayck     Torchio mistico ad Ansbach  


Chiarimenti su tale modo di operare sono riportati:
ARRESTO DEL SIGNORE - SCENARIO
I quattro Vangeli canonici, Matteo, Marco, Luca e Giovanni, sono concordi, sia nel riportare l'uscita di Gesù con apostoli dal cenacolo dopo l'ultima cena senza Giuda che era uscito prima, sia sul loro portarsi in un luogo, appena fuori Gerusalemme, ove era uso andare con i discepoli, un podere padronale ove il Signore fu arrestato.
Là Gesù, che sapeva bene del tradimento di Giuda e cosa l'attendeva, processo, ludibrio, croce e tutto il resto, ebbe del tempo prima dell'arresto di mettersi in preghiera e di vincere, a favore di tutti gli uomini, il combattimento col demonio che gli proponeva le ultime tentazioni.
Il maligno, intanto, gli aveva istigato contro potenti, scribi e sacerdoti che fomentavano il popolo contro di Lui.
In effetti, il combattimento col demonio era iniziato subito dopo il battesimo di nel Giordano e le prime tentazioni, vinte dal Signore, come riferisce Matteo 4,1-11; Luca 4,1-13, furono le stesse tre tentazioni che ebbe Adamo:
  • Matteo 4,3; Luca 4,3 - "Se tu sei Figlio di Dio, dì che queste pietre diventino pane."
  • Matteo 4,5-6; Luca 4,5-6 - "lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù..."
  • Matteo 4,9; Luca 4,9 - "Tutte queste cose io ti darò se gettandoti ai miei piedi, mi adorerai."
Ad Adamo, infatti, nel brano di Genesi 3 il serpente propone le seguenti:
  • 1a tentazione al versetto 1 sul mangiare: "È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?"
  • 2a tentazione sul tentare Dio sul morire al versetto 4: "Ma il serpente disse alla donna: Non morirete affatto!"
  • 2a tentazione al versetto 5: "...Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio..."
(Marco in 1,12-13 descrive dell'episodio in modo succinto perché, scrivendo soprattutto per pagani non iniziati, era prematuro fare il parallelo col Genesi.)

Luca, però in 4,13 sottolineò: "Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato" e puntuale, ecco, dopo l'ultima cena che apriva la "passione" fu il tempo fissato che scelse il maligno per tentare il Signore a "non bere il calice" e il luogo dell'agone, da intendere da latino "agon" per "lotta, combattimento e simili", fu proprio quel podere.
La descrizione del luogo dove Gesù fu arrestato, infatti, è convergente e ciascuno dei tre Vangeli fornisce un particolare:
  • Luca, sul "Monte degli Ulivi";
  • Matteo e Marco, in un "podere chiamato Getsemani";
  • Giovanni "al di là del torrente Cedron, dove era un giardino".
L'evangelista Luca pone l'accento sull'abituale frequentazione di Gesù del Monte degli Ulivi, in quanto, in 22,39, aggiunge che vi andò "come al solito", seguito dai suoi discepoli, luogo evidentemente dove si ritirava per trascorrere la notte e per insegnare ai suoi discepoli come conferma Giovanni 18,2 dicendo: "Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli."
Nei quattro Vangeli l'episodio del Getsemani ha descrizioni simili, soprattutto nei sinottici ed è più stringato in Giovanni che dà per scontati gli altri, differenti solo per dettagli e numero di versetti:
  • 21 in Matteo 26,36-56;
  • 21 in Marco 14,32-52;
  • 14 in Luca 22,39-53;
  • 12 in Giovanni 18,1-12.
Il Vangelo di Marco che in bella forma si ritiene sia la raccolta delle catechesi della predicazioni di Pietro, di cui Marco era collaboratore, riporta un fatto non riportato dagli altri Vangeli, una notazione che pare una testimonianza autobiografica dell'autore del testo con cui precisa che dal momento dell'arresto, quando tutti abbondonarono Gesù: "Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo." (Marco 14,51-52).

Quel fanciullo, che evidentemente dormiva nel casolare del podere della madre Maria, proprietaria anche del cenacolo, era evidentemente Marco, il cui nome ebraico era Giovanni che precisa erano nel podere chiamato Getsemani, informazione che riporta anche il Vangelo di Matteo.
(Vedi: "La Via e il discepolo col lenzuolo")

Getsemani, in ebraico vuol dire "frantoio", perché "get" significa "torchio" e "shoemoen" significa "olio", quindi, torchio dell'olio.
La tradizione ebraica conosce il Monte degli Ulivi anche col nome di "Monte dell'Unzione", in quanto con l'olio ottenuto dai suoi olivi venivano unti i re e i sommi sacerdoti e serviva per le lampade del Tempio.

Ciò porta a pensare a Isaia 61,1 "Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione..." e all'unzione del Messia.

Dopo la prima distruzione del Tempio, gli ebrei iniziarono a recarvisi in pellegrinaggio, poiché, secondo la tradizione, la Gloria del Dio d'Israele uscì dalla città e si pose sul monte che sta a oriente come dice Ezechiele 11,23s: "I cherubini allora alzarono le ali e le ruote si mossero insieme con loro, mentre la gloria del Dio d'Israele era in alto su di loro. Quindi dal centro della città la gloria del Signore si alzò e andò a fermarsi sul monte che è a oriente della città."

                          I_______I 200 metri

posizione del Getsemani (simbolo rosso)

Il Getsemani, oltre ad avere olivi, era anche un podere con pometo, vigna e orto, un giardino, dice Giovanni, un posto paradisiaco per produrre olio, vino e farina "kosher" acquistati dai sacerdoti del Tempio che potevano facilmente andare a verificare la corretta produzione essendo vicino a Gerusalemme quanto il percorso fuori dall'abitato di 1 Km permesso di sabato agli ebrei praticanti.
L'antica città dei Gebusei chiamata poi Gerusalemme era sorta, infatti, sullo sperone sud della collina orientale, chiamata Ofel, presso la sorgente Ghicon, sita tra le valli del Cedron a est e del Tyropeon a ovest e sud.

Davide strappò ai Gebusei la fortezza ritenuta imprendibile e pare proprio che per espugnarla approfittò del canale che veniva dalla fonte Ghicon "Chiunque colpirà i Gebusei e li raggiungerà attraverso il canale..." (2Samuele 5,8) e dava acqua alla città sottopassando le mura.


Schizzo col particolare della sorgente Ghicon
e Mappa satellitare di Gerusalemme

Sulla mappa satellitare di Gerusalemme sono tracciate le linee:
  • viola: area del Tempio fino al 70 d.C., oggi la Spianata delle Moschee.
  • rossa: mura al tempo di Gesù fortificate da Erode il Grande (37- 4 a.C.).
  • gialla: mura attuali della Città Vecchia, edificate dal Sultano Solimano II (1534).
Legenda: 1 Spianata del Tempio. 2 Moschea di Omar ove sorgeva il Santuario del Tempio. 3 ex Fortezza Antonia, sede del Pretorio. 4 Moschea Al-Aqsa "la Lontana" con Mecca e Medina terzo luogo santo dell'Islam. 5 Pinnacolo del Tempio. 6 Monte degli Ulivi. 7 Colle dell'Ofel, dove c'era la reggia di Davide. 8 Monte Sion, sede della fortezza dei Gebusei conquistata da Davide. 9 Porta di Sion. 10 Chiesa di San Pietro in Gallicantu. 11 Cenacolo. 12 Quartiere Armeno. 13 Quartiere Ebraico. 14 Palazzo di Erode il Grande. 15 Monte Calvario. 16 Santo Sepolcro e Calvario nella Basilica crociata. 17 Quartiere Cristiano. 18 Quartiere Musulmano. 19 Porta di Erode. 20 La Porta dei Leoni. 21 Porta di Giaffa e Torre di Davide. 22 Porta di Damasco. 23 Muro del Pianto o Kotel.

Davide poi proclamò re Salomone alla sorgente Ghicon (1Re 1,38) e c'è un canale sotterraneo che da quella sorgente va alla piscina di Siloe all'interno delle mura, fatto costruire con lo scavò di un tunnel dal re Ezechia (727-686 a.C.) nel timore di un assedio da parte degli Assiri, che avevano già annullato il regno d'Israele del Nord (2Re 20,20 e 2Cronache 32, 30).

Il profeta Gioele 4,2-14 poi designa una valle fuori Gerusalemme per il Giudizio Universale, valle del giudizio o valle della Decisione o della trebbia, che molti tendono ad identificare con la valle del Cedron, tanto più che per il profeta Zaccaria al capitolo 14 prevede che vi si terrà il combattimento escatologico del Signore contro tutte la nazioni e scrive in 14,4: "In quel giorno i suoi piedi si poseranno sopra il monte degli Ulivi che sta di fronte a Gerusalemme verso oriente, e il monte degli Ulivi si fenderà in due, da oriente a occidente, formando una valle molto profonda; una metà del monte si ritirerà verso settentrione e l'altra verso mezzogiorno."

Il luogo dell'arresto di Gesù è, quindi, un luogo di grande tensione profetica e denso di previsioni apocalittiche.

ANTICIPO DELLA PASSIONE
Prendo in esame le pagine dei quattro Vangeli canonici relative all'episodio dell'arresto di Gesù al Getsemani e inizio col Vangelo di Marco 14,32-52:

"Giunsero a un podere chiamato Getsemani ed egli disse ai suoi discepoli: Sedetevi qui, mentre io prego. Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate. Poi, andato un po' innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell'ora. E diceva: Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu. Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole. Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino. E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta. Appena giunto, gli si avvicinò e disse: Rabbì e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l'orecchio. Allora Gesù disse loro: Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture! Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono."

Ed ecco poi la segnalazione autobiografica di Marco che ho già segnalato: "Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo."

Fatti sedere i discepoli si allontanò con Pietro, Giacomo e Giovanni cui confidò il suo stato d'animo e andarono a pregare, poi li i lasciò a vegliare e andò più avanti a pregare da solo.
La preghiera di Gesù fu fiduciosa, quella di un figlio: "Abba, Padre"!
Umanamente è comprensibile che chiese "allontana da me questo calice!"

Questo dire ricorda quando sul Monte Moria, che era lì davanti sotto al Tempio: "Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: Padre mio! Rispose: Eccomi, figlio mio. Riprese: Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov'è l'agnello per l'olocausto?" (Genesi 22,7)

Questa volta la risposta ci fu nel cuore e nella mente del Figlio... sei tu l'agnello... per l'olocausto ... per essere innalzato sul legno della croce, il supplizio con cui i Romani affliggevano i rei di morte e il Figlio in comunione d'intenti col Padre, come Isacco con Abramo, proseguì accettando "non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu".

Poi il racconto di Genesi 22,9 prosegue: "Abramo costruì l'altare, collocò la legna, legò suo figlio Isacco e lo depose sull'altare sopra la legna"; ma come potrebbe un uomo vecchio legare uno di 37 senza il consenso di questi.

Nel Talmud in Tankhuma' Vayera' 21 si legge: "Padre mio, io sono un forte giovane uomo, mentre tu sei anziano. Temo che se ti vedrò il coltello in mano, istintivamente sobbalzerò, rischiando di farti del male, potrei inoltre ferire me stesso e diventare inadatto al sacrificio o con un movimento improprio, ti potrei impedire di eseguire il sacrificio nella giusta maniera. Perciò ti chiedo di legarmi bene, affinché al momento decisivo io non manchi di rispetto e onore filiale e non rischi quindi di eseguire male il comandamento."; da qui il canto detto dell'Achedah: "Legami, legami forte, Padre mio, non sia che per paura io resista, e non sia valido il tuo sacrificio, e tutti e due siamo rifiutati".

Il racconto di Marco fa comprendere come all'angoscia per ciò che doveva avvenire s'accompagnava il desiderio di un umano conforto, rivelato dall'andare di Gesù avanti e indietro verso quei i tre discepoli, ma mentre Lui era in pieno combattimento, preso da umano timore per i dolori che gli si profilavano, tre volte prese atto della mancanza della loro capacità di vegliare e dell'incapacità di quelli di associarsi al suo dolore.

Ancora una volta il Signore vide che: "Lo spirito è pronto, ma la carne è debole" e che il suo sacrificio era necessario per far scendere lo Spirito Santo su di loro perché venissero associarli nell'amore col Padre.

Il racconto evidenzia che appena arrestato "tutti lo abbandonarono e fuggirono" il che pare in contrasto col discorso del discepolo che Gesù "amava" di cui parla il Vangelo di Giovanni che invece conferma la vicinanza all'amato, oltre che nell'ultima cena (Giovanni 13,21-26) sotto la croce con la Madre di Gesù (Giovanni 19,25-27).

Questo discepolo che Gesù amava, peraltro, ha destato grande scalpore in chi, alieno dal rapporto d'amore di Dio con la comunità dei fedeli e con la singola anima proposto dal Cantico dei Cantici, pensa a "amore" terreno, e al riguardo sono state fatte varie ipotesi come se questi fosse Giovanni o Maria Maddalena.
Ecco le più rilevanti variazioni del parallelo brano di Luca 22,39-53:
  • Luca 39 - "Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; a i discepoli disse loro: Pregate, per non entrare in tentazione."
  • Luca 41 - "si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava."
Prevedendo la tentazione del demonio chiede anche agli apostoli di pregare perché, rafforzati spiritualmente, potessero accettare la storia e non si scandalizzassero, ma fossero pronti spiritualmente al suo arresto... ma non vi riuscirono.

Vi sono poi i due versetti 43 e il 44: "Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta (agonia), pregava più intensamente e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra" che non si trovano in alcuni manoscritti antichi, quindi, l'autenticità nel XIX secolo fu messa in discussione, ma invero i maggiori Padri della Chies, Ireneo di Lione, Giustino, Ippolito di Roma, Eusebio di Cesarea, Epifanio di Salamina, San Girolamo, Agostino d'Ippona, li considerarono autentici, ma non Marcione, Clemente di Roma, Origene di Alessandria. È plausibile che quei due versetti siano una nota originale di Luca non riportata nelle primissime edizioni; peraltro, quel Vangelo in 4,13 è l'unico che dice che il demonio poi sarebbe tornato a tentarlo al momento opportuno, appunto al Getsemani e mentre Matteo 4,11 nelle prime tentazioni dopo il Battesimo al Giordano parla di angeli che servivano Gesù, Luca non ne parla, ma poi riporta quella nota sugli angeli nella tentazione finale in quel giardino.

Solo una volta, secondo Luca, Gesù sveglia i discepoli dicendo: (46) "Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione."

Poi quando venne l'Iscariota, (48) "Gesù gli disse: Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell'uomo?"

Si parla anche qui della spada (50-51) "E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l'orecchio destro. Ma Gesù intervenne dicendo: Lasciate! Basta così! E, toccandogli l'orecchio, lo guarì", poi Gesù conclude l'episodio con un (53) "questa è l'ora vostra e il potere delle tenebre."

Il fatto delle spade secondo Luca nel cenacolo prima di uscire fu preceduto da un discorso di Gesù evidentemente allegorico e allusivo alle Scritture che i discepoli non compresero e in cui li avvertiva di un prossimo combattimento: "Poi disse loro: Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa? Risposero: Nulla. Ed egli soggiunse: Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra gli empi. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento. Ed essi dissero: Signore, ecco qui due spade. Ma egli disse: Basta!" (Luca 22,35-38)

Luca, insomma, che è il collaboratore di San Paolo - fariseo, dotto, grande cultore della Parola - pone particolarmente in evidenza, ancor più di Marco, l'aspetto del combattimento; si parla di spada e di sangue che esce evidentemente dall'orecchio staccato di un soldato che lo vuole arrestare e di quello sudato da Gesù nel combattimento spirituale in forma di gocce di sudore.

Il sudore in ebraico è "zea't" e la prima volta si trova nella Bibbia è in Genesi 3,19, "Con il sudore del tuo volto mangerai il pane finché non ritornerai alla terra...", per cui conoscendo la mentalità dell'esegesi dell'epoca nello "scrutare" le Scritture questo è da raffrontare e ha attinenza certamente alla notazione che Gesù sudò gocce di sangue.

Tenuto conto che il pane "loechoem" ha le stesse consonanti di "lechoem" "combattimento" e sono il radicale di "combattere, guerreggiare" le lettere ebraiche di questo versetto di Genesi 3,19 si prestano a una lettura particolare:



"Dentro per colpirlo nel tempo dell'Unico il Verbo sarà in un retto . Chi indicò di mangiare (dell'albero della conoscenza del bene e del male) lo combatterà , all'eternità ritornerà retto a Dio dal mondo l'uomo - l'Adamo che uscì ."

Del pari, la prima volta che si trova "gocce" "nitepì" è in Giobbe 36,27 "Egli attrae in alto le gocce ("nitepì" ) dell'acqua e scioglie in pioggia i suoi vapori", ove è l'unica volta in cui si ritrova il termine "vapori" "'ed" usato in Genesi 2,6 per dire di una "polla d'acqua" che usciva dalla terra dopo la creazione (Vedi: "Nascere dall'alto") ed, allora, quelle gocce di sangue di Gesù sono "energie che dal cuore del Verbo sono ", allusive in quel giardino paradisiaco del Getsemani del combattimento e del sudore del nuovo Adamo per preparare la nuova terra del Regno dei cieli, la nuova Gerusalemme.

Del parallelo brano in Matteo 26,36-56 non trovo nulla di particolare da segnalare rispetto a Marco e Luca se non sulla questione della spada.

Gesù disse a quel suo discepolo che l'aveva usata: "Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?" (52-54)

E poi, conferma: "Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti. Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono." (56)

La testimonianza su questi fatti di Giovanni 18,1-12 che di seguito riporto integralmente completa il quadro generale.

"Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c'era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: Chi cercate? Gli risposero: Gesù, il Nazareno. Disse loro Gesù: Sono io! Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro Sono io, indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: Chi cercate? Risposero: Gesù, il Nazareno. Gesù replicò: Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano, perché si compisse la parola che egli aveva detto: Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato. Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo? Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono..."

Vi sono quindi delle informazioni aggiuntive rispetto ai Sinottici, precisamente:
  • Gesù va incontro spontaneamente ai sopraggiunti - Giuda con un gruppo di soldati e guardie, con lanterne, fiaccole e armi - e per primo chiede: "Chi cercate?" e alla risposta "Gesù il nazareno" si presenta dicendo "Io sono", termine denso di significato, in quanto, così si presenta Dio nell'Antico Testamento al roveto. Gesù lo ripete tre volte, e alla seconda volta "indietreggiarono e caddero a terra", in quanto quel dire che allude al Tetragramma del Santo Nome IHWH, già da solo esplica il potere di vincere \ i più agguerriti; quindi, se avesse voluto, gli sarebbe stato facile fuggire.
  • Tutti i Vangeli parlano di uno dei venuti ad arrestarlo che da parte di un discepolo ebbe un orecchio tagliato da una spada, ma qui è fatto il nome sia del discepolo, Pietro, sia del ferito Malco, poi in 18,15 viene precisato che Simon Pietro lo aveva seguito con un altro discepolo conosciuto da Caifa, ma non precisa che quegli fosse quello che Gesù "amava".
  • In Giovanni 18,26s infine è citato un parente di Malco, pure servo di Caifa, che riconosce Pietro nel cortile della casa del sommo sacerdote, il che porta l'apostolo a rinnegare Gesù per la terza volta.
IL DISCEPOLO CHE GESÙ AMA
Il libro del profeta Isaia nel complesso presenta 24 "Oracolo del Signore" e particolarmente interessanti sono i seguenti su Sion, la nuova Gerusalemme e sull'umanità riunita dal Messia in un nuovo unico Israele:
  • Isaia 54,5 - "...tuo sposo è il tuo creatore, Signore degli eserciti è il suo nome; tuo redentore è il Santo di Israele, è chiamato Dio di tutta la terra."
  • Isaia 54,13 - "Tutti i tuoi figli saranno discepoli del Signore, grande sarà la prosperità dei tuoi figli..."
  • Isaia 66,9 - "Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria."
In definitiva, dice il profeta Isaia, accadrà una novità, verrà il Signore per un matrimonio (54,5), tutti diventeranno figli di Sion, discepoli del Signore (54,13) e sarà portato avrà successo il proselitismo, sì che tutte le genti, ossia tutti i popoli ne saranno coinvolti (66,9) e quest'ultima è la promessa fatta da Dio ad Abramo in Genesi 12,3: "...in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra."

Ora, "discepolo" in ebraico è "limmud" dal verbo "imparare, insegnare, spiegare, formare" LMD da cui viene anche il termine "Talmud".

Accade che il discepolo è da considerare certamente uno che ricerca ed è pieno di domande come i bimbi nella notte di Pasqua durante il Seder... perché stiamo svegli?... perché abbiamo digiunato? Che c'è di diverso questa notte? E allora "Limmud" "ai perché () portare aiuto " ed ha anche il senso di come presso "il Potente a vivere ci si porta alla porta "; questa, infatti, è la situazione di un discepolo del Signore, quella del Salmo 84,11: "Per me un giorno nei tuoi atri è più che mille altrove, stare sulla soglia della casa del mio Dio è meglio che abitare nelle tende degli empi".

Quel giorno, in effetti, è "il buon giorno", com'è scritto nel testo ebraico, e "nei tuoi atri" sono i "bachatzeroeyk" cioè nel recinto - cortile , sottinteso del Tempio (Esodo 27,9 e seguenti per 7 volte; 38,9 e seguenti per 10 volte; Isaia 1,12; Geremia 19,14; Ezechiele 40,14) quindi, in un luogo chiuso ancora da un perimetro esterno, mentre anche sono lettere che indicano un recinto, ma in luogo aperto.

A questo punto è utile evidenziare che la frequenza di presentazione di "discepolo - discepoli" in C.E.I. 1975 è di 272 volte, ma nei testi dell'Antico Testamento oltre Isaia 54,14 solo altre 2 volte si trova "discepoli", (1Cronache 25,8; Isaia 8,16), mentre le altre 269 volte sono nel Nuovo Testamento, scritti tutti nel I secolo d.C. dopo le vicende di Gesù di Nazaret.
Ecco che la profezia di Isaia 54,13 sui discepoli pare proprio essersi avverata con la prima venuta del Messia, Gesù di Nazaret per la carne, ma Figlio Unigenito di Dio, morto, risorto e asceso al cielo, di cui alle Sacre Scritture cristiane, riflesso della fede delle prime comunità che ha prodotto con successo un grande proselitismo in tutto il mondo conosciuto e che dura da 2000 anni.
(Anche per il Talmud, peraltro, la redazione organizzata ebbe inizio dopo gli eventi del Cristo nella diaspora d'Israele seguita alla guerre giudaiche 66-135 d.C..)

La profezia di Isaia 54,5 e 66,9 del Signore Dio sposo e redentore che verrà in persona, leggasi dunque il Messia, in pratica equivale all'annuncio che vi sarà da parte del Signore una nuova alleanza con valenza di patto matrimoniale, nuova alleanza nel suo sangue versato per redimere tutti gli uomini.
Nell'ultima cena Gesù sigillò l'inizio del tempo di questo patto nuziale che si sarebbe compiuto nella Sua carne e nel Suo sangue col sacrificio pasquale e gli apostoli con cui sugellò quel patto, erano al momento tutto ciò su cui puntava il Signore per avere la "sposa".

Come dice il Cantico dei Cantici 8,8 "Una sorella piccola abbiamo, e ancora non ha seni"; questa era la situazione del nucleo di quei primi discepoli, una sorellina, una fidanzatina da cui verrà la sposa.
Ora, il Vangelo di Giovanni (90-100 d.C.), tardivo rispetto ai sinottici (55-70 d.C.), è l'unico che riferisce di un discepolo che Gesù "amava", il che da adito a pensare a un pensiero, attribuito al Signore, dedotto maturato dal meditato della comunità cristiana come sviluppo teologico sugli eventi accaduti.

Del resto "il Signore è giudice e non v'è presso di lui preferenza di persone" (Siracide 35,12) per cui quel discepolo appare essere la personalizzazione e la proiezione di quella "sorellina" che deve crescere per passare dal discepolo amato, desiderato e diventare "la sposa".
Nel Vangelo di Giovanni, infatti, a partire proprio dall'ultima cena dove sappiamo Gesù istituì la nuova alleanza patto di matrimonio nel suo sangue, per sei volte si trova quel dire che nel mondo laico ha aperto ogni tipo di fantasia, sul discepolo amato, in:
  • Giovanni 13,23 - "Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù", e il fianco ricorda Adamo dal cui fianco uscì la sposa, infatti, in greco, osserva in nota la Bibbia di Gerusalemme, è "nel seno di Gesù", essendo usata la stessa parola "kolpo" di Giovanni 1,18 quando si legge "nel seno del Padre"; questa citazione, perciò, è rivelatrice su questa figura;
  • Giovanni 19,26 - nel riportare la citazione parto dal versetto 25, "Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Cleope e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna, ecco tuo figlio! Poi disse al discepolo: Ecco tua madre! E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé". Ora, nel versetto 25 non è citato il discepolo che qualche tradizione suggerisce come Giovanni, ciò in quanto si trovano tracce di Maria a Efeso, ove c'era una comunità cristiana, la prima delle 7 Chiese dell'Asia minore richiamate nei capitoli 2 e 3 del libro dell'Apocalisse attribuito a Giovanni con Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea. Non è poi da ritenere fosse Maria di Magdala per quanto diremo in seguito;
  • Giovanni 20,2 - nel riportare la citazione parto dal versetto 1 "Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!", quindi quel discepolo non era Maria di Magdala;
  • Giovanni 21,7 - è il momento della pesca miracolosa dopo la risurrezione di Gesù, "Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: È il Signore! Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare"... solo la sposa riconosce lo sposo;
  • Giovanni 21,20 - "Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: Signore, chi è che ti tradisce?" e ricorda la prima citazione, quella di 13,23;
  • Giovanni 21,24 - Il discepolo che Gesù ama deve attendere il ritorno del Messia e dichiara essere l'autore del IV Vangelo attribuito a Giovanni, infatti: "Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: Signore, chi è che ti tradisce? Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: Signore, che cosa sarà di lui? Gesù gli rispose: Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi. Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera." (Giovanni 21,20-24) "Noi sappiamo" al plurale, come se questo discepolo non fosse uno solo, ma la "Chiesa" adulta, 60 anni dopo la risurrezione.
È un fatto comunque che questo discepolo per il Vangelo di Giovanni è citato come presente nelle vicende solo dal momento della sancita nuova alleanza della Santa Cena, evidentemente seguì Gesù nel giardino del Getsemani, indi sotto la croce, al sepolcro e alla pesca miracolosa, pur se, di fatto, gli altri Vangeli sottolineano che tutti l'abbandonarono.
Tale discepolo peraltro è utile a far presente il pensiero del cristiano della Chiesa adulta nel guardare a quegli eventi con una visione retrospettiva.
Questo pensiero frutto d meditazioni della Chiesa primitiva sul mistero di Cristo, elaborato grazie allo Spirito Santo sui fatti accaduti, s'incarna in un'immagine, nella presenza costante di una figura che solo gli occhi di Cristo vedono in anticipo, una fanciulla meravigliosa, l'essenza idealizzata del progetto che ha per i suoi discepoli, "il discepolo che Gesù amava".

Questo discepolo è presente sulla barca con Pietro al momento della pesca miracolosa dopo la resurrezione di Gesù di cui dice in Giovanni 21, quando erano 8 in tutti, compreso Gesù risorto che appare sulla riva del lago, come Noè i 3 figli e le 4 mogli quando scende dall'arca e l'8 numero della pienezza tra cui c'è quel discepolo fa pensare alla visione escatologica della Chiesa tutta intera.
Diversi autori moderni mettono in discussione l'attribuzione, pur se riconosciuta dagli antichi Padri, del testo del Vangelo a Giovanni, apostolo del Signore e pensano a una "Scuola giovannea" sorta intorno alla figura di Giovanni apostolo.

Chi ha scritto queste testimonianze nel Vangelo detto di Giovanni, del pari, verso la fine del I secolo d.C. ha scritto l'Apocalisse, pare proprio essere un discepolo anonimo che in questo ultimo libro si definisce col nome di Giovanni, ma sarebbe allora un fratello di una comunità cristiana dell'Asia.
Che l'autore celi il proprio nome dietro di quello di un personaggio del passato, del resto è tipico della letteratura apocalittica... si pensi al libro di Enoch.
Il succo di quanto penso possibile in definitiva è che, dal momento dell'alleanza di promessa matrimoniale dell'ultima Cena in poi, Gesù ritenne il gruppo dei discepoli la sua "fidanzata" e questo gruppo solo in visione retrospettiva, divenuta la sposa di Cristo, si rese conto d'essere stata come tale considerata.
Sangue e acqua usciti dal cuore di Cristo in croce attestano quali i prodotti residui di un parto la nascita, appunto, di una nuova creatura che poi verrà rivelata dallo Spirito Santo essere proprio la Chiesa.

IL GIARDINO E LA SIEPE
Guardo ora con rinnovata attenzione la frase con cui il Vangelo di Giovanni inizia il racconto dell'episodio al Getsemani.
Questa è densa di significati, di sottintesi stati d'animo e di pathos del momento che subito non vengono colti.

Quella frase, "Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c'era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli", va inquadrata, infatti, nel contesto della narrazione delle vicende che riguardano i giorni terreni finali della vita di Gesù di Nazaret.

In primis, le parole d'inizio, "Dette queste cose", suggeriscono di tener presente quanto accaduto prima, ossia l'ambiente, la tensione spirituale e il lungo discorso di Gesù agli undici apostoli rimasti dopo l'uscita di Giuda alla fine dell'ultima cena, in quanto, lo spirito che circolava in quei momenti aiuta certamente a vivere più vicini alla verità quell'episodio.

Quel discorso, peraltro, terminò con le seguenti parole di Gesù: "Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro" (Giovanni 17,25s)

In definitiva il Figlio Unigenito (Giovanni 1,18) chiede al Padre di associarli tramite lo stesso Spirito Santo che li lega.
Da quel momento in avanti, tutto quanto riportato da quel Vangelo il Signore compie va, quindi, traguardato attraverso questo rapporto istauratosi tra Gesù e i discepoli.
Di fatto sta istruendo all'amore e "lo farò conoscere" a quanti ha chiamato perché amino Lui e il Padre.

L'amore di Gesù, come vedranno poi gli apostoli, va oltre la vita che il Signore donerà sulla croce, per cui con l'esempio insegnerà il significato di: "Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l'amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina!" (Cantico dei Cantici 8,6)

Come abbiamo visto, poi l'evangelista nel seguire le vicende del Signore in quella notte, dice che era un giardino... "nel quale entrò", insomma era una proprietà privata certamente recintata con una siepe in cui c'era un accesso preciso.
Gesù stava portando con sé in quel giardino il suo tesoro, la fidanzata, che stava curando per trovarla poi pronta al suo ritorno, il nucleo da cui sarebbe nata la sua Chiesa, la sposa dell'Agnello (Apocalisse 21,9).
Così era Gesù stesso per i suoi apostoli, una siepe.

Del resto l'aveva detto: "In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce... disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro... Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore." (Giovanni 10,1-11)

Nei riguardi di Giobbe, giustificato, considerato dal Signore "uomo integro e retto, timorato di Dio" disse satana al Signore "Non sei forse tu che hai messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quello che è suo?" (Giobbe 1,10)

La siepe lì è detta "saket" dal radicale "cintare, recingere, porre una siepe" come se Dio attorno a Giobbe avesse posto una barriera, un cerchio di fuoco portata a coppa = ossia a guisa di protezione.
Uno stesso accorgimento prese Gesù per gli apostoli "accese come un confine " un "roveto ardente" attorno a loro, un luogo spirituale in cui poteva stare con gli apostoli, accese un amore non terreno, un amore che non si consuma.
In definitiva, da quegli apostoli sarebbero nati i discepoli che avrebbero formato la Chiesa che Gesù avrebbe amato, quindi, li proteggeva dall'attacco del maligno.
Gesù in fondo aveva lasciato la casa del Padre proprio per cercare sulla terra quel "aiuto che gli corrisponda" (Genesi 2,18) quello che Dio intendeva offrire di aiuto ad Adamo, la sposa.

Sotto questo aspetto San Paolo coglie la situazione in Efesini 5,31-33 ponendo in evidenza il matrimonio Cristo-Chiesa.

Ricorda, in primo luogo Genesi 2,24: "Per questo l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne" poi conclude "Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!".

Il Vangelo di Giovanni presenta l'amore del Rabbì per i suoi discepoli e presenta Gesù che con autorità si pone davanti a coloro da cui poi si lascerà maltrattare per salvare... la fidanzata, presentando l'insormontabile siepe di protezione di "Io sono" e quando questi si presentò a Mosè per la prima volta fu proprio al roveto ardente.
Dico questo per far comprendere che veramente un recinto di fuoco innalzò Gesù a difesa dei suoi discepoli.

Tornando a Giobbe in 38,10s riguardo al mare, che in forma allegorica in quel momento sta a rappresentare il male, si legge: "Poi gli ho fissato un limite e gli ho messo chiavistello e porte e ho detto: Fin qui giungerai e non oltre e qui s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde" e conformemente in Matteo 16,18 Gesù promise: "E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa".

Nel libro ebraico del Talmud - dal verbo imparare LMD - scritto per i "tolemid" i discepoli della Torah, si legge nel trattato della Mishnah "Pirkeh Avot", 1,1: "Mosè ricevette la Legge dal monte Sinai e la trasmise a Giosuè; e Giosuè agli anziani; e gli Anziani ai Profeti; e i Profeti la trasmisero agli Uomini dell'assemblea di Israele. Essi solevano dire tre cose: Siate cauti nel giudizio, allevate molti discepoli; e fate una siepe attorno alla Torah" e Gesù si era comportato con i discepoli proprio come un Rabbi e in tal modo era chiamato da loro.
A questo punto nasce la domanda: che significava per il Signore quel giardino in cui andava spesso con i suoi discepoli?

Il Signore Dio aveva posto Adamo in un giardino per insegnargli la Torah, ossia istruirlo sull'amore, volendo essere Lui stesso a dargli la piena e giusta conoscenza senza intermediari falsi e bugiardi, così a Gesù piaceva ritirarsi in luoghi appartati come il Getsemani con i suoi discepoli.
Gesù il Rabbi' il "maestro dei maestri" della Torah che conosceva alla perfezione tutte le Scritture aveva certamente ben presente il Cantico dei Cantici.
Ecco che quel "giardino" del Getsemani, nella storia terrena del ministero del Signore, con lo sguardo sulla "fidanzata", rende concreto, in tutti i suoi aspetti, il giardino di quel Cantico quando il testo in 4,12 scrive: "Giardino chiuso tu sei, sorella mia, mia sposa, sorgente chiusa, fontana sigillata."

"Gan na'ul 'achoti kalla gal na'ul ma'ian chatum"



Quel giardino chiuso "na'ul" per il Signore rappresenta la "sposa" "kalla", la sorella "'achoti" che lascerà agli uomini, la sorgente "gal" chiusa "na'ul" , il seno , la fontana sigillata "chatum" che farà zampillare vita eterna.
Queste lettere nascondono il perché della tensione verso il giardino e la sposa.
Quelle lettere ebraiche, peraltro, consentono una lettura "profetica" di quel versetto, adatta alle attese del Cristo sulla sposa: "Scapperà per l'energia l'angelo (ribelle) del peccare (). Il rifiuto a strapparlo via () sarà dalla sposa . Scorrerà la potenza . Sull'angelo (ribelle) agirà . Recherà al serpente dal seno () l'opprimere (), lo strapperà via (), riporterà la vita ."

È questa l'attesa della vittoria della "Donna" sul serpente di cui in Genesi 3,15: "Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno."
Tutti gli altri riferimenti al "giardino" del Cantico li ho qui raccolti:
  • Cantico dei Cantici 4,16 - "Alzati, vento del settentrione, vieni, vieni vento del meridione, soffia nel mio giardino, si effondano i suoi aromi. Venga l'amato mio nel suo giardino e ne mangi i frutti squisiti."
  • Cantico dei Cantici 5,1 - "Sono venuto nel mio giardino, sorella mia, mia sposa, e raccolgo la mia mirra e il mio balsamo; mangio il mio favo e il mio miele, bevo il mio vino e il mio latte. Mangiate, amici, bevete; inebriatevi d'amore."
  • Cantico dei Cantici 6,2 - "L'amato mio è sceso nel suo giardino fra le aiuole di balsamo, a pascolare nei giardini e a cogliere gigli."
  • Cantico dei Cantici 6,11 - "Nel giardino dei noci io sono sceso, per vedere i germogli della valle e osservare se la vite metteva gemme e i melograni erano in fiore."
In Cantico dei Cantici 5,2 l'amata dice "Mi sono addormentata, ma veglia il mio cuore" come, in effetti, è accaduto con gli amati discepoli al Getsemani.
Gesù con i discepoli addormentati vede compiersi sotto i suoi occhi quanto nel Cantico dei Cantici, perché questo canto d'amore subito dopo il versetto sopracitato 5,1 prosegue in 5,2 e 5,3 con: " Mi sono addormentata, ma veglia il mio cuore. Un rumore! La voce del mio amato che bussa: Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba, mio tutto; perché il mio capo è madido di rugiada, i miei riccioli di gocce notturne. Mi sono tolta la veste; come indossarla di nuovo? Mi sono lavata i piedi; come sporcarli di nuovo?"

Il Vangelo di Luca, abbiamo visto, ha evidenziato che il sudore di Gesù era come gocce di sangue e lì è scritto "il mio capo è madido di rugiada" ove "rugiada" nel testo ebraico è "tal" come qualcosa che "guizza dal cuore ", quindi, simile al sangue.
Poi il Vangelo di Giovanni evidenzia l'episodio detto della "lavanda dei piedi".
A questo punto tante sono... le combinazioni!
Certamente quella profezia d'amore del Cantico dei Cantici fu concretizzata dalle vicende accadute al Getsemani.
È evidente la tensione di Gesù che vive quei momenti veramente una storia d'amore e gli evangelisti evidentemente avevano compreso e goduto di tutto questo e proposero quei riferimenti allusivi alle antiche profezie allora molto più evidenti che ora a noi.

LA VIGNA E IL TORCHIO
I Vangeli sinottici - Matteo 21,33-46; Marco 12,1-12; Luca 20,9-19 - riportano la parabola detta dei "vignaioli omicidi".

Questa è la traduzione C.E.I. 2008 del brano di Marco: "Si mise a parlare loro con parabole: Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote... poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero. Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: Avranno rispetto per mio figlio! Ma quei contadini dissero tra loro: Costui è l'erede. Su, uccidiamolo e l'eredità sarà nostra! Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri... E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro."

Beh! Di fatto quel Figlio lo catturarono proprio nel posto dove c'era un torchio nel giardino del Getsemani!
Ora quella parabola certamente che si rifà al "Canto della vigna" nel libro del profeta Isaia 5,1-7 di cui riporto il testo C.E.I. 2008:

Isaia 5,1 - Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d'amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle.

Isaia 5,2 - Egli l'aveva dissodata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva costruito una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva; essa produsse, invece, acini acerbi.

Isaia 5,3 - E ora, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna.

Isaia 5,4 - Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi?

Isaia 5,5 - Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata.

Isaia 5,6 - La renderò un deserto, non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia.

Isaia 5,7 - Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa d'Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi.

Il primo versetto di quel cantico di Isaia dice, infatti, in ebraico che è per "ididi" "il mio diletto - il mio amato" , personaggio peraltro tante volte richiamato nel Cantico dei Cantici (vi si trova 33 volte "amato"), ma poi Isaia ripete "il mio diletto" "dodi" "il mio amato" e scrive come nel Cantico in cui le lettere possono anche indicare il nome di David.

Questo diletto di Isaia, allora, è multiforme, in quanto allude al diletto del Cantico di Salomone e a David come se veramente parlasse di una vigna di quel re.
Il Getsemani, peraltro, era proprio immediatamente a nord - est dell'Ofel (punto 7 della Mappa di Gerusalemme prima presentata) ove era la reggia di Davide.
Quel giardino del Getsemani forse era stato proprio del re Davide e ai tempi di Gesù ancora era il podere di persone che conosceva, forse anche loro di origine davidica!

Con "un fertile colle" traduce C.E.I. 2008 quanto Isaia scrive come "qoeroen boen shamoen" le cui lettere, senza le puntature vocaliche, possono anche leggersi "del figlio oliato - unto " quindi appare la parola olio "shoemoen" , perciò, il tutto pare proprio alludere sia al Messia, figlio di David, sia al Getsemani.

È chiaro che tutto ciò fa comprendere come sia calzante e poggiata sulla realtà la parabola di Gesù sui vignaioli omicida e getta luce sullo stesso episodio del Getsemani.

Al versetto Isaia 5,2 si parla di vino pregiato, il vino rosso "soreq" , usato da Gesù nell'ultima cena come si può concludere in base agli elementi portati con nell'articolo "La vite vera" e di un tino "ioeqoeb" i grado di definire anche torchio e frantoio similmente a "get" della parola Get-Semani.

Mi pare poi importante segnalare la parola siepe di Isaia 5,5. Sì, è proprio così, evidentemente quel giardino del Getsemani aveva una siepe, una "mesukat" come si trova appunto in Isaia 5,5, ma questa parola è tutto un programma se letta con i significati di icona delle lettere "per salvarli () si porterà pur retto in croce " e Gesù così fece!

Nell'articolo "Dal deserto al giardino" ho tra l'altro decriptato il capitolo 5 di Isaia e ne riporto i 7 versetti del Cantico della vigna" perfettamente intonati al tema che stiamo sviluppando.

Isaia 5,1 - La Donna - Chiesa fu dal corpo ad uscire. Inviata da Dio fu la diletta. Fu alla luce. Fu dal corpo in croce dell'amato. Fu in cammino dall'alto portata dall'Agnello Vivente. A uscire fu al mondo. Del Potente è aiuto forte, una protezione. Fu la rettitudine da dentro il corpo con gli apostoli; da dentro al soffio l'inviò. (Giovanni 19,30b-"E chinato il capo, spirò.")

Isaia 5,2 - Portatisi in azione, i ceppi si aprono e portatori sono della pienezza versata dal Potente al mondo e ne recano a esistere la carità nell'agire. Aprono luce alle menti - teste per sperare. Sono dentro inviati ai viventi nel cammino per aiutare. Nel cuore il Crocefisso recono, la rettitudine portano, e in cammino il Vivente è versato nelle assemblee. A scendere nell'intimo lo portano e ne sono la voce che si sente. Luce recono del Crocefisso agli afflitti che dentro sono alle acque portati. Sono nell'agire illuminati dentro. La moglie - Chiesa sono del Vivente.

Isaia 5,3 - E si sente indicare al mondo che è stata portata la risurrezione dentro Gerusalemme. Si è portato un primo che è stato risorto in Giudea. Al Risorto un soffio nel cuore ha recato energia; dal Padre è stata inviata. Fu a riportarsi a casa ove c'erano gli apostoli. Per la rettitudine nel corpo a rivivere fu.

Isaia 5,4 - Dalla madre rientrò, potente alla vista, risorto il portato in croce. Da testimoni camminare col corpo vivo fu a portarsi. Del Potente Unico si vide lampante essere il segno. Furono in casa il riportato ad interrogare. La speranza era finita. Furono (invece) la potenza a vedere del Risorto riportatosi dalla croce. Lo videro gli apostoli che in casa stavano con la madre che si recava forte, alla vista luminoso da dentro. L'Unigenito risorto è il Vivente!

Isaia 5,5 - E nel tempo esce la conoscenza al mondo inviata dall'Unico. Inizia l'indicazione che per la rettitudine in vita venne di quel primo risorto il corpo; dall'Unico inviato era stato. Con l'azione della risurrezione (appunto nel tempo) uscirà il serpente bruciato nei corpi dei viventi. Sarà a rientrare la pienezza per il rettile portato dalla rettitudine alla fine. E a portarsi fuori sarà il serpente. L'arderà la Parola che in un corpo scese in cammino per le generazioni (dai morti) riportare all'esistenza che il serpente i viventi con un verme riempì.

Isaia 5,6 - Portò con una donna a esistere l'indicazione al mondo. Recò da dentro il Crocifisso al mondo il rifiuto che sarà a colpire l'essere ribelle. Per recare al serpente guai è per l'Eterno un corpo - popolo - Chiesa a portare. L'innalzato, il Risorto, che vivo è, un corpo recò alla luce. Fu dalla croce a recarla, dall'innalzato si vide. Dentro fu con l'acqua originata. Su un'asta l'aprì, con l'acqua uscì la madre, nel cuore gli stava. Dal corpo la compagna il Potente fu a recare con acqua di rugiada.

Isaia 5,7 - Retto è l'Agnello Vivente, il Signore! Giù dentro dell'Unico ha portato l'indicazione. Dagli abitanti è stato crocefisso (ma) ne è stato risorto il corpo. Dio e Uomo fu al mondo. Portandosi, la porta ha aperto. Ha inviato il Cuore in azione; la preferita è stato a portare. Ed è stata versata per l'asta del serpente. Con l'acqua alla luce soffiò il Cuore e fuori gli apostoli uscirono ai viventi. Illuminarono le trappole del serpente. La rettitudine al mondo portarono. Usciti, ecco scese l'oppressione dal mondo.

Della vigna Isaia parla anche nella parte del libro definita come l'Apocalisse di Isaia che si sviluppa nei capitolo 24-27, precisamente in:
  • Isaia 24,7 - "Lugubre è il mosto, la vigna languisce..." e più avanti si parla in 24,10 della città del nulla" "qirat tohu" . Del resto grazie a quel "tohu" parola tradotta come "informe" in Genesi 1,1 per definire la terra in quel momento nasconde il senso di "segnata dalla perversità ()". (Vedi: "Il midrash della pesca gloriosa")
  • Isaia 27,2-5 - e il relativo decriptato, pure intonato all'epopea del Messia, si trova in "L'Arcangelo Michele lotta con Basilisco e Leviatano"; infatti prima di questi versetti della vigna c'è la profezia della vittoria sul Leviatano: "In quel giorno il Signore punirà con la spada dura, grande e forte, il Leviatan, serpente guizzante, il Leviatan, serpente tortuoso, e ucciderà il drago che sta nel mare. In quel giorno la vigna sarà deliziosa: cantatela! Io, il Signore, ne sono il guardiano"
Vedremo nel seguito del presente studio come quest'Apocalisse di Isaia troverà uno sviluppo al capitolo 63 dello stesso Isaia.
In effetti, il profeta che per primo parlò di Israele come una vigna fu Osea in 10,1-2a: "Vite rigogliosa era Israele, che dava sempre il suo frutto: ma più abbondante era il suo frutto, più moltiplicava gli altari; più ricca era la terra, più belle faceva le sue stele. Il loro cuore era falso..."

I riferimenti storici che si ricavano dal "libro del profeta Osea" intendono collocare lo scritto nel VIII secolo a.C., ai tempi di Geroboamo II e successivi re, prima comunque della vocazione del profeta Isaia Dal mio articolo "Sul libro del profeta Osea" in cui lo portato integralmente decriptato estraggo il risultato di quei due versetti:

Osea 10,1 - In cammino di persona alla desolazione si versò in Israele. Il Verbo nel corpo fu. Fu dai simili, la potenza recò della rettitudine alle moltitudini. Quella potenza il soffio nei corpi sarà a riportare. Il serpente quel vivente sacrificò portandolo in croce. La rettitudine dal cuore portò a casa del serpente. Dell'Unico dal corpo i precetti uscirono. Dal cuore sono stati da dentro portati ai viventi, giù da dentro li portò il crocefisso.

Osea 10,2 - Sul calvario il serpente dentro al seno lo segnò. Ad uscire fu la luce della vita. Un bastone un'aperturà portò nell'Unigenito. Si vide dal corpo soffiata - spirata la vita. Colpito, dentro dal chiuso portò dalla croce acqua che fu alla luce per aiutare col sangue. Giù`, da dentro portò il Crocefisso la vita.

Anche il profeta Geremia in più brani dice della vigna 2,21; 5,10; 6,9; 12,10, ma con termini analoghi a Isaia ne parlò 2,21:

"Io ti avevo piantato come vigna pregiata, tutta di vitigni genuini; come mai ti sei mutata in tralci degeneri di vigna bastarda?"




La "vigna pregiata" anche qui è "soreq" genuina ossia "kullo zoere' aoemoet" "tutta aperta al seme della verità " si è mutata in "vigna bastarda" e per bastarda usa "nakeriiah" " uno straniero fu ad entrare " e questi fu "l'angelo (ribelle per cui la) rettitudine dai corpi fu ad uscire " o anche fu "guastato () il corpo di Iah ".

Di questo versetto ho parlato in "La vite vera".
Qui di seguito dò la decriptazione con dimostrazione di questo versetto; poi in Appendice presento la decriptazione dei 37 versetti di Geremia 2.

Geremia 2,21 - E l'Unigenito , ucciso () che fu , inviò dal cuore nel tempo a stare la rettitudine . Un fuoco dal corpo versò . La sposa uscì per colpire il male . L'Unico agli uomini portò l'Unigenito da cui fu della rettitudine l'energia a uscire , sgorgando () dalla croce . A guizzare fu dal foro per un'asta che al corpo fu a entrare . Scorse dalla persona (); per uno straniero fu a uscire .

In definitiva, Una Donna che gli era simile dal corpo versò; dal nuovo Adamo esce la nuova Eva, la comunità dei discepoli che Lui ama, la sposa!

Il che conferma in modo nascosto che il discepolo che amava era ancora nel cuore di Gesù nell'ultima cena e sgorgò dalla croce.
Un dire sulla "vigna Israele" di cui s'attende la restaurazione c'è anche nel Salmo 80,9-17 che nell'articolo "I Cherubini annunciano la venuta dell'Agnello" ho pure presentato decriptato.
Infine anche Ezechiele toccò questo tema in 15,1-8; 17,3-10; 19,10-14, ma parlarne sarebbe allungare troppo e darebbe luogo a ripetizioni.

VESTITO DI ROSSO
È il momento di parlare dell'importante brano Isaia 63,1-6 che è una evidente profezia, una visione apocalittica calzante sia per il momento del combattimento di Gesù al Getsemani, sia per quello alla fine dei tempi.
Questa "agonia" del Getsemani in definitiva è l'inizio del combattimento conclusivo del Messia contro il male che terminerà con la sua seconda venuta nella gloria.
Un combattimento finale, peraltro, è profilato sia dall'ebraismo, sia dal testo cristiano dell'Apocalisse.
Per l'ebraismo, infatti, nel periodo precedente alla venuta del Messia (la venuta finale nella gloria, aggiungerebbe un cristiano) vi sarà una grande guerra di Gog e Magog contro Israele (il nuovo Israele aggiungerebbe pure quel cristiano) derivante dalla profezia di Ezechiele 38,2.
(Vedi: "Il combattimento finale: Gog e magog")

Del resto anche la Regola della Comunità dei monaci di Qumran parla della vittoria finale contro il male.
Allora, cosa collega questo brano di Isaia al Getsemani?
Il brano dice di un torchio, di un tino, di sangue, di essere lasciato solo e in modo celato, ma ripetuto, come vedremo, parla anche di tradimento e di altro e il tutto che ci porta a quel giardino del Getsemani e alle vicina valle del Cedron ritenuto quale luogo del giudizio finale, immaginato da Zaccaria 14,4 e di cui ho detto alla fine del primo paragrafo di quest'articolo.
Di questo brano di Isaia 63 riportai una decriptazione, che suona benissimo, relativa all'epopea del Messia in "Mangiare dell'albero della vita" e in "Spirito Santo e Santità. La grazia portata dal Messia", ma ora l'ho integralmente rivisitato.

Del resto la Parola di Dio ha 70 facce come un prezioso diamante, infatti, il "taglio radiante" per tali preziosi può avere anche forma quadrata o rettangolare, con un numero di sfaccettature che va da 62 a 70.


In Esodo 34,27, infatti, "Il Signore disse a Mosè: Scrivi queste parole, perché sulla base di queste parole io ho stabilito un'alleanza con te e con Israele."
Quanto in grassetto "perché sulla base di" è "ki a'l pi" , si può leggere "cosi fu coperta - rivestita - camuffata quella che è "... la mia alleanza.

Allora, qual è in verità tale alleanza?
Quelle poche lettere già la rivelano.

"Ki a'l pi" "con la rettitudine spazzerà () il serpente il mio Verbo " o anche "perché dall'alto il mio Verbo sarà "... nella carne.

Nel Talmud su questo versetto dell'Esodo, in effetti, c'è una certa tensione come trapela da questo commento: "Rabbì Chaggai, in nome di Rabbì Shemuel bar Nachman, dice: Sono state dette delle parole oralmente (letteralmente "per bocca") e sono state dette delle parole per iscritto. Noi non sappiamo quali siano, delle due, le più preziose. Ma per il fatto che sta scritto: Perché sulla base (letteralmente "per bocca") di queste parole io ho contratto un'alleanza con te e con Israele (Esodo 34,27), si deve dire che le più preziose sono quelle orali." (j.Peah 2, 4; 17a)

Il commento è perfetto, solo che "Pi" è il mio Verbo, incarnatosi secondo il credo cristiano in Gesù di Nazaret.
Lui il quale è la vera Torah orale che da il compimento a quella scritta come dice nel "Discorso della montagna": "Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge (Torah) o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti (che dà Lui oralmente) anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli." (Matteo 5,17-19)

I saggi del Talmud insegnano che la Torah e poi il Tanak, racchiuda significati più profondi di quanto traspaia superficialmente dalla rivelata o Nigleh, infatti, affermano, potrebbero essere scritte storie più articolate, e quella descritta è una veste del vasto significato recondito o Nistar.
Lo "Zohar" testo della tradizione ebraica conta 70 differenti facce della Torah corrispondenti alle 7 Sefirot successi ve alle prime tre del "Keter" o corona, ciascuna delle quali presenta nuovamente tutte le 10 Sefirot.
Del resto esistono 4 livelli esegetici individuati nell'acronimo della parola "Pardes":"Peshat","Remez","Darash" e "Sod".
(Vedi: "Tensione dell'ebraismo ad una Bibbia segreta" e il mio metodo di decriptare può rientrare nel tipo di esegesi "Sod" = Segreto)

Il brano Isaia 63,1-6 nella traduzione C.E.I. 2008 di Isaia 63,1-6 è il seguente:

Isaia 63,1 - Chi è costui che viene da Edom, da Bosra con le vesti tinte di rosso, splendido nella sua veste, che avanza nella pienezza della sua forza? Sono io, che parlo con giustizia, e sono grande nel salvare.

Isaia 63,2 - Perché rossa è la tua veste e i tuoi abiti come quelli di chi pigia nel torchio?

Isaia 63,3 - Nel tino ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me. Li ho pigiati nella mia ira, li ho calpestati nella mia collera. Il loro sangue è sprizzato sulle mie vesti e mi sono macchiato tutti gli abiti,

Isaia 63,4 - perché il giorno della vendetta era nel mio cuore ed è giunto l'anno del mio riscatto.

Isaia 63,5 - Guardai: nessuno mi aiutava; osservai stupito: nessuno mi sosteneva. Allora mi salvò il mio braccio, mi sostenne la mia ira.

Isaia 63,6 - Calpestai i popoli con sdegno, li ubriacai con ira, feci scorrere per terra il loro sangue.

C'è molto rosso, sangue d'uva e sangue dei popoli pestati, calpestati dall'ira e dalla collera; una vicenda truculenta ove, pare aver lavorato la spada.

Non dimentichiamoci chela lotta è spirituale come dice la lettera agli Efesini 6,12 "La nostra battaglia, infatti, non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti" e come conferma Gesù a Pilato durante il processo (Giovanni 18,36) e la spada che ha lavorato è, allora, la parola di Dio, "Infatti, la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio" (Ebrei 5,12) e la parola spada in ebraico "choeroeb" ricorda l'Oreb il monte inciso e la teofania di IHWH.

Più volte la "spada", allusiva di un combattimento esce nei Vangeli alla fine dell'ultima cena e nel racconto dell'agone di Gesù al Getsemani.

In Isaia 34,6 si legge "La spada del Signore è piena di sangue, è imbrattata di grasso, del sangue di agnelli e di capri, delle viscere grasse dei montoni, perché si compie un sacrificio al Signore a Bosra, un grande massacro nella terra di Edom" e il discorso sulla spada ci riporta all'Apocalisse di Isaia di cui ho detto e ai versetti sulla vigna 24,7 relativo a "qirat tohu" , la città del nulla o del caos e 27,2-5 sulla sconfitta del male... il Leviatano.

Un abitante, un uomo della città del nulla sarebbe definito come "'ish qirat" e visto in tal modo pare addirittura alludere a Giuda lscariota!
L'attenzione poi va portato sul "pigiare", verbo che nel brano si ritrova 3 volte come ho evidenziato in rosso, una volta nel versetto 2 e due volte nel 3.
Il verbo usato per "pigiare" è che significa anche camminare, calpestare e da cui viene "doeroek" "strada, via, cammino".
Al riguardo viene dubito in mente che in Giovanni 14,6 disse Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita"... quindi quel pigiare viene da Lui.
Vediamo come dice in ebraico nei due versetti e commentiamoli alla luce di Gesù Cristo:
  • Isaia 63,2 - "come quelli di chi pigia nel torchio " "kedorek begat" e leggendo le singole lettere "nella retta via dentro camminando col Crocifisso ";
  • Isaia 63,3a - "Nel tino ho pigiato" "porah deraketti" "Il Verbo porterà un corpo nel mondo in cammino ; tutti Saranno ";
  • Isaia 63,3b - "pigiati nella mia ira" "'itti ve'oederekem bapi'" "verrà () ad essere portata del magnifico la rettitudine ai viventi , dentro a ricominciare per il Verbo sarà ".
Questo personaggio di Isaia 63,1 pare venire da: "Edom da Bosra con le vesti tinte di rosso".
E, IHWH che viene a Sion per regnare come dice poco prima lo stesso Isaia in 62,10ss "dite alla figlia di Sion: Ecco arriva il tuo salvatore (Gesù )" ove per salvatore è proprio scritto Gesù .

IHWH alla fine dei tempi, dice Isaia, verrà da Edom e precisamente da Bozra e si recherà a Sion per regnare e farà un giudizio su tale popolo e contro tutti i popoli, che hanno rifiutato di associarsi a Lui.
Dò per scontato quanto è stato detto su Edom popolo e territori che ricorda l'inimicizia di Esau detto Edom il rosso e Giacobbe - Israele e Bozra che era una città dove erano vissuti vari re di Edom (Genesi 36,31-43) e tutta la tensione di inimicizia che evoca quel territorio e quel popolo verso gli Israeliti.
La Bibbia spiega in due modi il nome "Edom" per Esaù:
  • Genesi 25,25 - al momento della sua nascita: "Uscì il primo, rossiccio e tutto come un mantello di pelo, e fu chiamato Esaù";
  • Genesi 25,30 - per la minestra di lenticchie che da Giacobbe fu barattata con la primogenitura, infatti, Esaù: "Disse a Giacobbe: "Lasciami mangiare un po' di questa minestra rossa, perché io sono sfinito - Per questo fu chiamato Edom."
Dalla Bibbia il popolo di Edom è fatto derivare dalla discendenza di Esaù ed è il nemico di sempre, il nemico perpetuo secondo Amos 1,11.12: "Così dice il Signore: Per tre misfatti di Edom e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché ha inseguito con la spada suo fratello e ha soffocato la pietà verso di lui, perché la sua ira ha sbranato senza fine e ha conservato lo sdegno per sempre. Manderò il fuoco a Teman e divorerà i palazzi di Bosra."
il nemico escatologico, finale Isaia 34,5.6 e Abdia 1,17-21.
Il paese degli Edomiti era a sud d'Israele e di Moab verso la penisola del Sinai; giungeva a Eilat, il porto sul Mar Rosso (Deuteronomio 1,2 e 2,1-8) un territorio ove sono predominanti rocce di colore tendente al rosso per cui Edom = Rosso.
L'antica capitale di Edom, infatti, era "Botzrah" (Genesi 36,33)
I discendenti di Esaù s'insediarono in queste terre dopo averne cacciato gli Hurriti ed era detta "terra di Seir".


Mappa della Palestina nell'800 a.C.

Questa vendetta di IHWH contro gli Edomiti avverrà a causa della loro slealtà verso gli Israeliti quando si rallegrarono della distruzione di Gerusalemme da parte di Babilonia e si unirono a depredare il popolo fratello.
Si legge, infatti, nei seguenti passi:
  • Salmo 137,7 - "Ricordati, Signore, dei figli di Edom, che nel giorno di Gerusalemme dicevano: Spianatela, spianatela, fin dalle fondamenta!"
  • Ezechiele 25:12 - "Così parla il Signore, Dio: Poiché quelli di Edom si sono crudelmente vendicati della casa di Giuda e si sono resi gravemente colpevoli, vendicandosi di essa."
  • Ezechiele 35,15 - "Siccome ti sei rallegrato perché l'eredità della casa d'Israele era devastata, io farò lo stesso di te: diventerai una desolazione, o monte Seir, tu e Edom tutto quanto; e si conoscerà che io sono il Signore".
  • Abdia 10-13 - "A causa della violenza fatta a tuo fratello Giacobbe, tu sarai coperto di vergogna e sarai sterminato per sempre. Quel giorno tu eri presente, il giorno in cui gli stranieri portavano via il suo esercito, e i forestieri entravano per le sue porte e tiravano a sorte su Gerusalemme; anche tu eri come uno di loro. Ah! non gioire per il giorno della sventura di tuo fratello. Non ti rallegrare per i figli di Giuda nel giorno della loro rovina. Non parlare con tanta arroganza nel giorno dell'angoscia. Non passare per la porta del mio popolo il giorno della sua sventura ; non gioire, anche tu, della sua afflizione il giorno della sua sventura; non metter le mani sul suo esercito il giorno della sua sventura."
Tornando al Getsemani, ossia al tema d'interesse del mio studio, sono da evidenziare alcune parole importanti:
  • c'è un termine insolito, "chamutz" usato per "tinto di rosso" che si trova solo qui e nella forma e "chamotz" per "oppressi" in Isaia 1,17, termine che viene dal radicale di "fermentare, inacidire"...
  • il torchio "get" si trova alla fine del versetto 2 e porta al Getsemani;
  • il tino "purah" al versetto 3, plausibile che vi fosse anche in quel podere;
  • nel testo si trovano due tipi di vesti "begadim" - "bagadi" - (versetti 1,2 e 3) e "lebusho" (versetti 1,2 e 3)
  • due volte, versetto 1 e 5 c'è verbo salvare nella forma "hoshia'" che ricorda il nome di Gesù .
  • angue "netzach" ricordato con tale significato solo in questo brano nei versetti 3 e 6 è evidentemente un sangue particolare essendo usato solo qui da Isaia, un fiotto di energia, un nettare divino, un fiotto di sangue come vino spremuto da un grappolo pigiato da cui esce il succo dell'uva rossa, appunto, "energia che scende se stretto ", ossia altre volte ha il senso di gloria, splendore (Isaia34,10) forza, vigore e anche eternità (Salmo 74,3), in eterno, per sempre e la Bibbia dei LXX scrive "informazione di sangue"
Ora, m'interesso delle lettere ebraiche con cui sono state scritte le prime parole di Isaia 63,1 che riporto senza puntatura delle vocali:

"Edom da Bosra con le vesti tinte di rosso".



Mi rendo conto che la prima parola "me'adom" che si traduce "da Edom" la posso pensare anche come scritta + e è "forza", il che e cambierebbe significato "In forza si portarono ...".
La parola "vesti" "begadim" , esalta il radicale del verbo "tradire", allora, "tradito sarà da un vivente ".
Mi rendo poi conto che da Bozra se si scrive + + evidenzia il radicale del verbo "recintare, chiudere serrare" da cui recinto e "ovile" o "recinto sicuro" "batzerah" come si trova in Michea 2,12: "Certo ti radunerò tutto, o Giacobbe; certo ti raccoglierò, resto d'Israele. Li metterò insieme come pecore in un recinto sicuro (batzerah ), come una mandria in mezzo al pascolo, dove muggisca lontano dagli uomini."

Accade però che è anche radicale di verbo che significa "vendemmiare" come in Levitico 25,5 e "batzir" è "vendemmia" in Levitico 26,5 il che dimostra ancora una volta come ogni parola sia studiata attentamente per fare un discorso con vari significati passando dal materiale del vendemmiare allo spirituale del far uscire il loro succo - sangue "natsekam" ossia affinché "dell'angelo (ribelle) scenda il veleno ()".
A questo punto provo a leggere il complesso in altro modo: "In forza si portarono per cancellarlo () dalla vita .
Si portarono su per un tradimento .
Fu di un vivente che viveva nell'ovile ."
A questo punto basta aggiungere degli incisi che appongo in rosso: "In forza, con soldati, lanterne, armi e bastoni, si portarono per cancellarlo dalla vita. Si portarono su al monte degli Ulivi per un tradimento. Fu di un vivente, Giuda Iscariota, che viveva nell'ovile degli apostoli."

Che gioia vedere compiuta in Gesù questa profezia quando alla luce della risurrezione, certamente, cosi la lessero i cultori della parola che cercavano tracce sul Messia in tutta la Tenak.
Che ciò sia avvenuto lo prova il testo in Apocalisse 19 ove si legge: "Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; colui che lo cavalcava si chiamava Fedele e Veritiero: egli giudica e combatte con giustizia. I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi; porta scritto un nome che nessuno conosce all'infuori di lui. È avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è: il Verbo di Dio." (Apocalisse 19,11-13)

Ancora, al versetto Isaia 63,3 "Nel tino ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me", i fatti del combattimento di Gesù durante la "passione" raccontati dai Vangeli hanno confermato l'abbandono da parte dei discepoli.
Al versetto 4, poi quando dice:
  • il giorno della vendetta era nel mio cuore" ove vendetta è "naqam" quindi era nel mio cuore il giorno di "dichiarare innocenti () i viventi ".
  • "è giunto l'anno del mio riscatto", in ebraico "shenat ge'uli ba'ah", ma "riscatto" è "ge'uli" che si può dividere in + , e, allora, "gavah" () è "l'orgoglio, la superbia" per cui accadrà che il Signore "la risurrezione invierà , finirà la superbia - orgoglio (). Il serpente , che è dentro dalle origini , uscirà ".
Un'ultima considerazione: quelle tre volte che viene usata nei primi tre versetti la parola "lebusho" è relativa alla veste del Signore.
Perché il Signore portava quella veste?
Il Signore ha assunto l'umanità con cui ha rivestito la propria divinità per amore, e il suo corpo serviva da veste "lebusho" , ma "nel cuore portava una simile ()", in quanto, il nuovo Adamo aveva in sé la Donna del cuore che uscì dalla croce, la fidanzata che difese al Getsemani!

La profezia in Isaia 65,8s, di cui ho scritto agli inizi e che ripeto, conferma tutto il discorso quando: "Dice il Signore: Come quando si trova succo in un grappolo, si dice: Non distruggetelo, perché qui c'è una benedizione, così io farò per amore dei miei servi, per non distruggere ogni cosa. Io farò uscire una discendenza da Giacobbe, da Giuda un erede dei miei monti. I miei eletti ne saranno i padroni e i miei servi vi abiteranno."

Ora, pensando al "grappolo" Cristo ne viene fuori in tutta evidenza che quella benedizione "berakah" può leggersi "da dentro un corpo - popolo - Chiesa di retti esce "; vi era dentro la Donna - Sposa.
San Paolo nella lettera agli Efesini scrive:
  • Lettera agli Efesini 1,23 - su Cristo che la Chiesa "è il corpo di lui".
  • Lettera agli Efesini 5,32 - "Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!"
Dopo la Sua morte e risurrezione, gli eletti, i nati dalla Chiesa: "Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello." (Apocalisse 7,14)

APPENDICE - DECRIPTAZIONE GEREMIA 2
Riporto il testo C.E.I. 2008 di Geremia 2.

Geremia 2,1 - Mi fu rivolta questa parola del Signore:

Geremia 2,2 - Va' e grida agli orecchi di Gerusalemme: Così dice il Signore: Mi ricordo di te, dell'affetto della tua giovinezza, dell'amore al tempo del tuo fidanzamento, quando mi seguivi nel deserto, in terra non seminata.

Geremia 2,3 - Israele era sacro al Signore, la primizia del suo raccolto; quanti osavano mangiarne, si rendevano colpevoli, la sventura si abbatteva su di loro. Oracolo del Signore.

Geremia 2,4 - Udite la parola del Signore, casa di Giacobbe, voi, famiglie tutte d'Israele!

Geremia 2,5 - Così dice il Signore: Quale ingiustizia trovarono in me i vostri padri per allontanarsi da me e correre dietro al nulla, diventando loro stessi nullità?

Geremia 2,6 - E non si domandarono: Dov'è il Signore che ci fece uscire dall'Egitto, e ci guidò nel deserto, terra di steppe e di frane, terra arida e tenebrosa, terra che nessuno attraversa e dove nessuno dimora?

Geremia 2,7 - Io vi ho condotti in una terra che è un giardino, perché ne mangiaste i frutti e i prodotti, ma voi, appena entrati, avete contaminato la mia terra e avete reso una vergogna la mia eredità.

Geremia 2,8 - Neppure i sacerdoti si domandarono: Dov'è il Signore? Gli esperti nella legge non mi hanno conosciuto, i pastori si sono ribellati contro di me, i profeti hanno profetato in nome di Baal e hanno seguito idoli che non aiutano.

Geremia 2,9 - Per questo intenterò ancora un processo contro di voi - oracolo del Signore - e farò causa ai figli dei vostri figli.

Geremia 2,10 - Recatevi nelle isole dei Chittìm e osservate, mandate gente a Kedar e considerate bene, vedete se è mai accaduta una cosa simile.

Geremia 2,11 - Un popolo ha cambiato i suoi dei? Eppure quelli non sono dei! Ma il mio popolo ha cambiato me, sua gloria, con un idolo inutile.

Geremia 2,12 - O cieli, siatene esterrefatti, inorriditi e spaventati. Oracolo del Signore.

Geremia 2,13 - Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo: ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l'acqua.

Geremia 2,14 - Israele è forse uno schiavo, o è nato servo in casa? Perché è diventato una preda?

Geremia 2,15 - Contro di lui ruggiscono leoni con ruggiti minacciosi. Hanno ridotto la sua terra a deserto, le sue città sono state bruciate e nessuno vi abita.

Geremia 2,16 - Persino le genti di Menfi e di Tafni ti hanno umiliata radendoti il capo.

Geremia 2,17 - Non ti accade forse tutto questo perché hai abbandonato il Signore, tuo Dio, al tempo in cui era tua guida nel cammino?

Geremia 2,18 - E ora, perché corri verso l'Egitto a bere l'acqua del Nilo? Perché corri verso l'Assiria a bere l'acqua dell'Eufrate?

Geremia 2,19 - La tua stessa malvagità ti castiga e le tue ribellioni ti puniscono. Renditi conto e prova quanto è triste e amaro abbandonare il Signore, tuo Dio, e non avere più timore di me. Oracolo del Signore degli eserciti.

Geremia 2,20 - Già da tempo hai infranto il giogo, hai spezzato i legami e hai detto: Non voglio essere serva! Su ogni colle elevato e sotto ogni albero verde ti sei prostituita.

Geremia 2,21 - Io ti avevo piantato come vigna pregiata, tutta di vitigni genuini; come mai ti sei mutata in tralci degeneri di vigna bastarda?

Geremia 2,22 - Anche se tu ti lavassi con soda e molta potassa, resterebbe davanti a me la macchia della tua iniquità. Oracolo del Signore.

Geremia 2,23 - Come osi dire: Non mi sono contaminata, non ho seguito i Baal? Guarda nella valle le tracce dei tuoi passi, riconosci quello che hai fatto, giovane cammella leggera e vagabonda!

Geremia 2,24 - Asina selvatica, abituata al deserto: quando ansima nell'ardore del suo desiderio, chi può frenare la sua brama? Quanti la cercano non fanno fatica: la troveranno sempre disponibile.

Geremia 2,25 - Fermati prima che il tuo piede resti scalzo e la tua gola inaridisca! Ma tu rispondi: No, è inutile, perché io amo gli stranieri, voglio andare con loro.

Geremia 2,26 - Come viene svergognato un ladro sorpreso in flagrante, così restano svergognati quelli della casa d'Israele, con i loro re, i loro capi, i loro sacerdoti e i loro profeti.

Geremia 2,27 - Dicono a un pezzo di legno: Sei tu mio padre, e a una pietra: Tu mi hai generato. A me rivolgono le spalle, non la faccia; ma al tempo della sventura invocano: Alzati, salvaci!

Geremia 2,28 - Dove sono gli dei che ti sei costruito? Si alzino, se sono capaci di salvarti nel tempo della sventura; poiché numerosi come le tue città sono i tuoi dei o Giuda!

Geremia 2,29 - Perché contendete con me? Tutti vi siete ribellati contro di me. Oracolo del Signore.

Geremia 2,30 - Invano ho colpito i vostri figli: non hanno imparato la lezione. La vostra spada ha divorato i vostri profeti come un leone distruttore.

Geremia 2,31 - Voi di questa generazione, fate attenzione alla parola del Signore! Sono forse divenuto un deserto per Israele o una terra dov'è sempre notte? Perché il mio popolo dice: Siamo liberi, non verremo più da te?

Geremia 2,32 - Dimentica forse una vergine i suoi ornamenti, una sposa la sua cintura? Eppure il mio popolo mi ha dimenticato da giorni innumerevoli.

Geremia 2,33 - Come sai scegliere bene la tua via in cerca di amore! Anche alle donne peggiori hai insegnato le tue strade.

Geremia 2,34 - Sull'orlo delle tue vesti si trova persino il sangue di poveri innocenti, da te non sorpresi a scassinare! Eppure per tutto questo

Geremia 2,35 - tu protesti: Io sono innocente, perciò la sua ira si è allontanata da me. Ecco, io ti chiamo in giudizio, perché hai detto: Non ho peccato!

Geremia 2,36 - Con quale leggerezza cambi strada? Anche dall'Egitto sarai delusa, come fosti delusa dall'Assiria.

Geremia 2,37 - Anche di là tornerai con le mani sul capo, perché il Signore ha respinto coloro nei quali confidi; da loro non avrai alcun vantaggio.

Riporto la decriptazione tutta di seguito e alla fine la dimostrazione.

Geremia 2,1 - E fu nel mondo a stare per aiutare dentro il corpo. Il Signore in un primogenito di notte iniziò a vivere nel corpo.

Geremia 2,2 - Al mondo in cammino si portò al freddo. Venne in una casa da primogenito; questi per i lamenti, fu saziato. Per salvare i viventi dal serpente l'Unigenito viveva in un corpo per spegnere l'origine dell'essere ribelle che era con la perversità entrata in questi. La rettitudine in un corpo finalmente era in cammino, chiusa nei ceppi d'un fanciullo. Fu così che la rettitudine per amore nell'oppressione del serpente si portò per il serpente finire. Essendo tutti così nell'oppressione i fratelli, alla contesa viveva per aiutarli dentro al corpo, nel pozzo sceso per annullare il seme (del negativo) entrato.

Geremia 2,3 - Rovesciatosi in aiuto con il fuoco che è la risurrezione nel corpo, di Dio la potenza, il Signore, nel corpo di una donna s'era finalmente (come) nell' arca portato. Venne nella prigione del maligno a portarsi. Era stato il peccare portato dal cattivo nel mondo a finire dentro per la prima volta dal maledetto. Furono nel mondo i viventi per l'angelo (ribelle) dall'origine a vivere l'esistenza con perversità.

Geremia 2,4 - Brucerà nei viventi il peccare insinuato nei corpi. La forza della perversità da dentro sarà alla fine a spazzare versandola da dentro. E alla sposa che per salvare il Verbo si chiudeva portò l'indicazione. La casa era stata scelta in Israele.

Geremia 2,5 - La rettitudine, entrata con l'Unigenito, il ribelle dal mondo porterà fuori dai viventi, uscirà dai viventi la sozzura portata. Il Padre ha portato alla fine la forza dell'anelata rettitudine a stare in un corpo. Così sarà che dai corpi il racchiuso si verserà portando via il male operare che c'era. E sarà il serpente, dalla rettitudine portato per primo ad ardere, che sarà ad uscire. Uscito da dentro il serpente porterà il carico che l'accompagnò.

Geremia 2,6 - Recò il rifiuto all'Unico l'essere ribelle e guai all'esistenza portò nel mondo ad entrare col male operare. Nel mondo venne ad abitare nei viventi. All'origine in un corpo scese per vivere da nemico essendo dal Vivente uscito reciso, essendogli la rettitudine dell'Unico finita. L'angelo si portò dentro i viventi, s'insinuò nelle moltitudini, dentro la terra tenebrosa portò, uguagliò ad una prigione il mondo. Dentro la terra scese a stare la perversità, l'ombra della morte. Dal pozzo, una preghiera si sentì da dentro le moltitudini uscire all'Unico che fosse la risurrezione a riportare, che il serpente, che dall'origine abita nell'umanità, bruciasse dai viventi.

Geremia 2,7 - Portato dal Padre, fu l'Unigenito a venire con la rettitudine in un vivente, onde la maledizione che all'origine nel corpo scese, entrando nel giardino col serpente mangiato col frutto, uscisse. Si portò nel cuore e, dentro entrando, portò a segnarli dentro col desiderare. E completamente a contaminare portò a venire la terra. Fu a portare l'angelo l'ammalare. A finire fu la luce nei viventi con la purezza. Per il serpente un abominio uscì.

Geremia 2,8 - Entrando la rettitudine, uscendo l'angelo (ribelle) ci risarà la pienezza, ricomincerà la vita nei corpi e i guai dell'esistenza portati dalla perversità finiranno per l'orgoglio che sarà ad uscire. Con la Torah il rifiuto ci sarà che sbarrerà il peccare dell'angelo. Sarà portato a uscire il cattivo che sta nei viventi. Il Verbo brucerà il peccare che dentro c'è e uscirà l'angelo che vi abita con la forza dei guai. La vita inviata da dentro l'Unigenito si riporterà dentro ad abitare. Nell'agire la potenza porterà ai fratelli, nei corpi vi risarà la potenza dell'Unico che sarà a riportare dall'alto e nel mondo a scorrere porterà.

Geremia 2,9 - Con la potenza della rettitudine l'energia eterna dell'Unico nei corpi sarà dentro a venire, così i viventi da angeli inizieranno a vivere col Signore e verranno da figli a stare dentro tra gli angeli. Ci sarà di rettitudine per i viventi dall'Unigenito un'irrigazione da dentro.

Geremia 2,10 - La rettitudine spazzerà da dentro i corpi i portati guai. Sarà così in tutti la forza dell'Essere ai viventi riportata nei corpi. La desideravano si portasse, che si versasse in aiuto, ai poveri il vigore riporterà ed, entrando, finirà dentro bastonato l'angelo che abita nei viventi dall'origine. L'essere impuro si vedrà portato fuori con lamenti. Sarà alla fine a uscire, dalla rettitudine colpito verrà.

Geremia 2,11 - Usciranno fuori dai giorni. Dai corpi l'orgoglio che c'è del maledetto sarà dai viventi portato fuori, con la vita entrata del negativo, con la maledizione che fu nei viventi a recare. Agirà la vita che c'era, uscirà dai viventi la forza che l'indeboliva dentro portata dall'essere impuro che li abita, accompagnata da guai e dalle rovine del serpente.

Geremia 2,12 - Con la risurrezione a strappar via dai viventi la forza del mal operare che li colpisce verrà Gesù. Lo Spirito alle moltitudini porterà per vivere. Col Signore nell'Unico vivi saranno a entrare portati dal mondo.

Geremia 2,13 - La rettitudine sarà con la risurrezione alla fine a cambiare il peccare. Errante, bruciato, uscire si vedrà dai viventi chi era venuto. Spazzati, colpiti da dentro si porteranno la putredine ed i vermi che erano nelle midolla. Sarà nei viventi il serpente ucciso. La potenza rientrerà nei viventi che dentro all'origine i corpi portavano tutti. Dentro per l'Unigenito nei corpi finirà l'angelo, dalla risurrezione mangiato. Risaranno i viventi felici. Dal serpente, dai guai, tutti porterà fuori; la vita risarà nei viventi.

Geremia 2,14 - Nel mondo da servo fu il principe di Dio Unico. Da madre nato, in una casa che era stata scelta Lui visse per l'aiuto portare agendo nell'esistenza per il serpente dentro colpire.

Geremia 2,15 - Dall'alto fu a portarsi onde fosse l'illuminazione dell'Unico inviata portandosi ad espiare lo stato dei viventi, il dono portasse con la voce, nella vita recasse a esistere la risurrezione (quando) fosse in croce portato. L'Unigenito col corpo scese per recarsi dal serpente, che la devastazione da nemico fu a recare, (onde) lo sterco alla fine uscisse dai viventi con la corruzione che vi abita.

Geremia 2,16 - Per camminare con i viventi a casa dell'angelo nell'oppressione il Verbo si recò per portare dalla croce la purezza da vessillo. Sarà al male a portare la rettitudine dal Golgota (cranio).

Geremia 2,17 - Nel mondo dal serpente si portò l'Unigenito per colpirlo. L'Unigenito crocifisso, dalla croce si vide risorto uscire in cammino. Con forza in casa l'affliggerà. A finire sarà la perversità del maledetto. Sarà a spengerlo dal tempo recidendolo; così la rettitudine da sola lo fiaccherà.

Geremia 2,18 - Si portò nel tempo nel mondo. Tra i viventi entrò in cammino. Nata nel corpo la rettitudine, nell'angustie fu a vivere. Una potente luce da segno si portò. Indicava che in un vivente si era la Luce chiusa recandosi in un corpo per portarsi tra i viventi. Uscirono in cammino potenti per via da Assur (i Magi?) per la potente stella (luce) che l'indicazione portava. Indicava che da una Madre era stato un angelo partorito.

Geremia 2,19 - Il segno era che in pienezza nel corpo l'Agnello nel tempo la rettitudine recava per salvare. Su una casa si portava il segno che c'era la rettitudine. Per scelta si recava così nascosta la rettitudine; si portava per aiutare in azione. Era a portare nel corpo guai con bruciature per il cattivo che aveva recato ai viventi il male. Questi dentro affliggeva tutti con l'esistenza della perversità. Dio nel mondo sarà a spengerlo; del negativo lo spavento finirà l'esistenza. Dio fu la rettitudine a inviare in un primogenito tra i viventi; dall'Unico giudicato è stato che fosse al mondo a portarsi. Al mondo per la discesa da casa dell'Unigenito si portò il segno.

Geremia 2,20 - La rettitudine fu in un vivente nel corpo. Per salvare, dal corpo in croce (quando) fu innalzato la rettitudine inviò a tutti. A versarla dalla croce fu ai viventi, portandola da un foro che al corpo avevano recato in croce. Fu la rettitudine a recare il Crocifisso. Unita con l'acqua dal corpo fu a guizzare. Dall'Unigenito originata, per servire, la rettitudine fu per agire nel cammino da potenza. A scorrere da dentro si vide uscire. Da sopra per un'apertura portata al Crocefisso stretto nell'oppressione al serpente dal legno la compagna con gli apostoli inviò. Venne giù in azione; uscì questa dentro per il mondo.

Geremia 2,21 - E l'Unigenito, ucciso che fu, inviò dal cuore nel tempo a stare la rettitudine. Un fuoco dal corpo versò. La sposa uscì per colpire il male. L'Unico agli uomini portò l'Unigenito da cui fu della rettitudine l'energia a uscire, sgorgando dalla croce. A guizzare fu dal foro per un'asta che al corpo fu a entrare. Scorse dalla persona; per uno straniero fu a uscire.

Geremia 2,22 - Così fu il primo degli uomini (ove) la rettitudine dentro in pienezza stava! Il figlio crocifisso dal corpo la portò in croce alle moltitudini che sono in cammino. Per l'alleanza l'ucciso in croce dal seno la portò inviando la sposa che nella persona gli stava. Con gli apostoli uniti la Madre del Signore era. Furono a uscire per portarsi nel mondo.

Geremia 2,23 - Dell'Unico era la rettitudine che dal Crocefisso per la prima volta i viventi irrigava. Guizzata dall'Unigenito l'energia dal cuore i viventi venivano ad essere fratelli. Dal corpo era uscita da dentro dell'innalzato l'esistenza in pienezza. Nel mondo la potenza della rettitudine dalla croce lanciò l'Unigenito (onde) fosse nella via a spengere l'angelo (ribelle), che s'era dall'origine sbarrato a rovina dei viventi. Nel mondo agisce il dono del Crocefisso primogenito che uscì rovesciandosi guizzante fuori per salvare i fiacchi. Dal Crocefisso l'aiuto dal corpo così fu ad uscire.

Geremia 2,24 - Il soffio dal corpo della divinità nei viventi nel sangue s'insinuerà nelle moltitudini. L'Unico la portò dal Crocefisso (onde) all'angelo superbo portasse la distruzione, il soffio uscisse. Lo Spirito del Crocifisso incontrerà tutti nel mondo i viventi; sarà la forza che accenderà lo stato di figli, entrando in tutti i viventi. Dentro verserà la risurrezione per cui sarà ad uscire il negativo che sarà spazzato; (infatti), il soffio (al Crocefisso) riportò dentro l'Unico. Della risurrezione entrò la forza; vivo si rialzò, le facoltà gli entrarono.

Geremia 2,25 - La Madre con gli apostoli a vedere furono che dal corpo aveva rivelato la rettitudine con l'acqua, che era stato dal chiuso col soffio a portare. A scorrere portò dal corpo l'energia anelando che scendendo sui viventi l'origine della perversità finisse. Dall'Unico l'essere ribelle è stato rifiutato, a strapparlo lo porterà l'Unigenito. La rettitudine sarà con l'amore del Crocifisso la forza che lo colpirà. Dal corpo fu la vita a portare ai fratelli. Dal corpo fu ad uscirgli la Madre con la divina rettitudine.

Geremia 2,26 - Dall'Agnello in croce scorse l'energia, da dentro la rettitudine che c'era fu ai viventi a scendere. Iniziò la rettitudine negli apostoli a entrare, (onde) dentro gli fossero simili. A casa rifù il Crocefisso. Furono da risorto a vederlo. Potente rientrò vivo. Del mondo il re era. Entratovi per salvare, un corpo fu al mondo per la Madre a portare di retti che uscirono inviati per stare nel mondo tra i viventi. Si portano da profeti dove sono nel mondo a vivere.

Geremia 2,27 - Per prima Maria guizzante vide rialzato l'Unigenito che a casa era rivenuto portandosi potente. (Quale) primo figlio che venne rigenerato s'indicò. Ad inviarle fu dalla persona la forza della divinità che fu ad agire nel corpo; col soffio Le recò la potenza che nella persona fu dalla Madre recata dentro al tempo per il male finire nei viventi. La forza dell'Unico nell'acqua ai corpi porta versandoveli e ai viventi la perversità illumina spazzandola con l'energia che reca.

Geremia 2,28 - (Infatti) portato l'Unigenito fu al mondo dalla Donna in un corpo onde ad agire la risurrezione fosse in tutti nel cammino. Per obbedienza si portò tra i viventi e da primogenito la Madre Gesù portò con la rettitudine dentro al tempo per il male finire. Così la rettitudine sta nella Madre per far perire il male che nei corpi sarà spento. Sarà portato il maledetto a uscire con forti bruciature per lo splendore che entrerà.

Geremia 2,29 - Il serpente dai viventi uscirà per il Crocifisso che nella lite recò la divinità con la forza della rettitudine nel cammino dei viventi. Dal superbo che agisce, puri dentro risaranno per l'energia dell'Unico che nei viventi sarà ad entrare che si portò nel mondo.

Geremia 2,30 - Entrata la rettitudine che era del Crocifisso saranno a venire figli (com')erano ad anelare i viventi portandosi la pienezza nei corpi per la potenza della divinità. Riversandola dal chiuso portò l'Unigenito la sposa per rigenerare dentro con la rettitudine i viventi, (onde) l'energia dentro ci sarà dell'Unigenito. Sarà così dai viventi chi li affliggeva nei corpi dall'esistenza ad uscire. Il Messia era il Crocefisso!

Geremia 2,31 - Uscito l'essere impuro nei corpi l'origine pura si vedrà riportarsi. Per aiutare da cibo si portò nel mondo per entrare nei viventi, s'insinuò nei corpi, v'entrò l'essenza che è (propria) del Crocefisso. Fu la potenza a riessergli con la risurrezione nel corpo per la divinità dell'Unico che nei viventi per l'Unigenito nei corpi riscenderà la vita. L'Unigenito meraviglioso riuscì vivo, alla porta si riportò, ne sentirono le parole e lo rividero. Dalla Madre scese con gli apostoli per portargli la potenza. Si portò a incontrarli a casa (ove) si portò l'Unigenito alla vista. Portò per aiutare la divinità che è la rettitudine.

Geremia 2,32 - Uscì dal Crocifisso risorto il vigore, sulla Vergine agì quanto basta per entrare in tutti nel mondo. Legata al Signore sentiranno i viventi che fu il Risorto il vigore a recarle. Con gli apostoli è nei giorni la Madre dell'Unigenito, è inviata ai viventi con le Scritture.

Geremia 2,33 - La Madre che uscì dal Crocefisso gli stava nel cuore, dentro fu per la via. Tutti (quelli) che cercano amore entrano in cammino. Per lo splendore le centinaia tutte rigenera, il peccare finisce, l'insegnamento del Crocifisso è a venire, aiuta i fiacchi con la forza della rettitudine.

Geremia 2,34 - Anche dentro i retti apostoli il soffio ci fu della rettitudine. Inviati ai viventi scesero desiderosi d'aiutarli. Dai viventi l'angelo superbo portavano a finire. l Padre erano riportati dagli apostoli in forza dell'acqua. Il serpente il Padre dai viventi strappava. Corpi puri si rialzavano che venivano a essere nella vita retti essendo il maledetto che si nascondeva guizzato fuori.

Geremia 2,35 - E finita l'origine del ribelle così sono puri completamente essendo stata dall'Unico la rettitudine riaccesa dentro che all'origine col soffio portò. La vita nei viventi degli angeli sarà a rientrare. Per l'energia figli illuminati col soffio nei cuori dell'Unico li riporta. Tutti con la rettitudine dell'Innalzato per la parola della sposa, fratelli, per amore vengono a essere.

Geremia 2,36 - I viventi entreranno nel Crocifisso. Questi in potenza sarà. Le centinaia libere dei risorti ad abitare nel Crocifisso verranno. Per la via da cui la rettitudine scorse con l'acqua i viventi vivi saliranno nel corpo che fu tra i morti. Dentro al Risorto staranno così felici ad abitare i risorti, puri, all'Unigenito simili, con i corpi.

Geremia 2,37 - Beneficati vennero questi nel mondo. Dalla croce giù dell'Unico fu a recare nell'esistenza a sufficienza la rettitudine dall'innalzato corpo. Per primo, risorto dalla rettitudine, così fu. Nei viventi dell'Unico la vita fu. La perversità che abita nei viventi dentro al cuore racchiusa sarà ad ardere col serpente. Verrà arrostito chi s'era nascosto. Sarà il serpente a uscire dai viventi.

a.contipuorger@gmail.com

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