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DAL TRONCO DI IESSE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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LA "FAMIGLIA" DEI CRISTIANI »

MOSÈ PERSONAGGIO O UN MITO
Comincio con il dire che è dibattuta la seguente questione: Mosè, il profeta per eccellenza dell'ebraismo, è stato un personaggio realmente esistito o è una figura opportunamente costruita nell'ambito di un mito?
Tale dilemma ovviamente non si pone per gli aderenti all'ebraismo ortodosso per i quali Mosè è un ebreo, autore ispirato dei cinque libri della Torah, vissuto tra il XIV e il XIII secolo a.C. che Dio utilizzò per trarre fuori il popolo ebraico dalla schiavitù dell'Egitto.

Fu lui l'autore di quegli scritti sacri, detti "ha-Torah" "la Torah" - , un unico rotolo in 5 parti, Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio, il cui testo odierno, praticamente non variato da almeno XXII secoli come risulta provato dai ritrovamenti di Qumran, è formato complessivamente di 304.805 lettere ebraiche.

Per l'ebraismo fu proprio lui, Mosè, l'autore del primo nocciolo di quei testi che contengono la parte scritta della rivelazione originaria che come raccontano quelle scritture, ricevette in due volte 40 giorni e 40 notti sul Sinai ove colloquiava faccia a faccia col Signore e da cui ebbe direttamente le Tavole con le Dieci Parole o Comandamenti, tavole del patto di alleanza con Dio.
È, infatti, ritenuto che tale rivelazione fu da lui riportata in forma scritta in un primitivo testo e in forma orale a profeti eletti della sua scuola; infatti, non fu certo lui a riportare in quel testo gli eventi della propria morte.
È, quindi, anche da ritenere che quel primo nocciolo, per mano dei Re di Giuda e dei Sacerdoti che manutenevano il testo sacro, ha ricevuto rivisitazioni e apporti attribuiti dalla tradizione comunque alla stessa scuola di Mosè in quanto sviluppo della medesima rivelazione.
È certo poi che l'ultima edizione dopo di cui la Torah fu stabilizzata è quella rivisitata ai tempi di Esdra e Neemia ossia nel V secolo a.C..

Alcuni storici, da un secolo e mezzo a questa parte, in mancanza di certe tracce storiche, non curanti della tradizione di quel popolo che studia quei testi nelle scuole e in università rabbiniche o "Yeshivah Gadol" da almeno XXVI secoli, hanno aperto la disputa sull'autenticità del personaggio Mosè, come poi del resto hanno fatto pure per quella di Gesù e, pur se sono stati portati in spiegazione molteplici argomenti, anche negli ultimi decenni c'è chi è tornato a sollevare dubbi.
I credenti cristiani però non hanno dubbi sulla figura di Mosè come gli ebrei su quella di Gesù, perché i fedeli di entrambi tali "credi" sanno bene quanto sia forte la tradizione orale in campo biblico che sta dietro a tutta la formazione delle Sacre Scritture e come è propria di quella tradizione l'arte di utilizzare per la ricerca teologica ed etica la forma del "midrash" e della parabola in racconti a sfondo allegorici indotti comunque da eventi reali ricordati e trasmessi appunto per via orale di padre in figlio, metodo capace di superare i secoli e le lacune della storia scritta che invece non può che appoggiarsi su reperti che possono anche essere andati perduti.
Del resto i cristiani, che credono appunto in Gesù, non trovano nei Vangeli che ne riportano gli insegnamenti alcun dubbio da parte del grande "Rabbi" Gesù sull'esistenza del personaggio storico Mosè, come pure gli ebrei nel Talmud non sollevano dubbi sull'esistenza storica di Gesù pur se Questi viene presentate sotto angolature che risentono di una diatriba allora in corso, ma che non ne nega l'esistenza.
Vi sono poi storici che sono perplessi davanti ai miracoli della Bibbia e considerano alcuni racconti essere solo delle pie forzature, ma invero non cadono nella prevenzione intellettuale di quelli più radicali che relegano nel mito quei personaggi.
È vero non sono stati trovati, finora, documenti che ci parlano di Mosè nell'epoca in cui si dice sia vissuto, ma è anche vero che:

  • non abbiamo a disposizioni gli archivi dei faraoni Ramseti, quando gli ebrei lavoravano per costruire la città di Pi-Ramses;
  • quanto riferito al riguardo dalla Bibbia non presenta sbavature storiche rispetto alle vicende note della storia egizia e cananea.
E vero anche che non sono stati trovati documenti che confermano la fuoriuscita massiva tutta in un colpo degli ebrei dall'Egitto che riporta la Bibbia, ma a tale riguardo è da considerare che le Sacre Scritture che ci sono pervenute sono testi dalle mille sfaccettature che sì, riguardano fatti visti con gli occhi di un fedele, descritti con l'intento di mostrare i segni e prodigi fatti da Dio, ma sostanzialmente poggiano su fatti realmente avvenuti.
I fatti dell'Esodo cioè non sono pura cronaca storica, ma storia religiosa che interpreta e colloca i fatti nel disegno intessuto da Dio che progressivamente si rivela e si fa conoscere.
Al riguardo, infatti, è da ricordare che l'Egitto fu una potente calamita che attraeva popoli del medio oriente di etnie indoeuropee e semitiche come gli Hyksos, che invasero il Basso Egitto nel XVIII secolo a.C. e in più secoli si susseguirono ondate di afflusso e riflusso anche di tribù semite nomadi e di genti cananee.
Ci fu così un esodo continuo di esuli dall'Egitto a partire dalla cacciata dei re pastori con i loro seguiti, gli esili provocati da Akhenaton nei riguardi dei più contrari alla sua visione monoteistica, poi degli stessi seguaci di quel re "eretico", infine pure fughe in massa di schiavi, specie di Habiru da cui forse il termine "Ebrei", insieme di tribù semitiche nomadi che vivevano ai margini del territorio egiziano ritenuti dagli egizi stranieri attratti dalle ricchezze d'Egitto, alcuni accolti come lavoratori saltuari e spesso respinti nelle zone desertiche dove si davano al brigantaggio.
La presenza di ebrei, scacciati, fuggiti dall'Egitto è comunque attestata proprio nel tempo attribuito all'esodo dalla stele di Merenptah, il faraone successore di Ramses II sulla cui iscrizione elogiativa del re, tra i popoli vinti compare anche un gruppo denominato Israele.

In questo via vai di esuli non si possono escludere "fughe" di un consistente gruppo dall'Egitto verso l'Asia che costituì il nocciolo duro che formò poi una nazione in Canaan sotto la guida di un Mosè il cui nome in ebraico "Mosheh" vuol dire uno "che trae fuori", come del resto spiega la Bibbia stessa in Esodo 2,10.
Anche le singole lettere con i loro intrinseci significati grafici suggeriscono per Mosè "dalle acque sorge fuori ".

Dice il libro dell'Esodo in 12,37s che: "Gli Israeliti partirono da Ramses alla volta di Succot, in numero di seicentomila uomini adulti, senza contare i bambini. Inoltre una grande massa di gente promiscua partì con loro e greggi e armenti in mandrie molto grandi."

Questi seicentomila sommati alle donne ai bambini e agli altri fuoriusciti con le mandrie al seguito, certamente sono una massa insostenibile da tenere unita e foraggiare per quaranta anni in deserto, il che porta a considerare meglio quel numero che in ebraico è stato indicato come:
  • "shesh" sei
  • "me'ot" centinaia
  • "'eloef" di migliaia .
In definitiva, il testo esalta il miracolo, che pur c'è stato di un popolo schiavo sfuggito da un popolo potentissimo che lo schiavizzava.

È da tener presente che le 22 lettere ebraiche oltre che segni alfabetici solo consonanti che divengono fonemi con aggiunta di vocali non indicate nei testi originari (inserite nella Tenak o Bibbia ebraica solo alcuni secoli dopo Cristo quando la diaspora cominciava a far perdere l'uso di una lettura tradizionale) sono anche numeri e immagini per cui leggere quei testi da una traduzione solo come gli usuali altri libri può trarre in inganno.

Ad esempio "ha-Torah" "la Torah" - ha anche il valore del numero:
  • se si considera l'articolo ( = 5) + ( = 200) + ( = 6) + ( = 400) + ( = 5) = 616
  • se non si considera l'articolo ( = 5) + ( = 200) + ( = 6) + ( = 400) = 611
A questo punto il numero delle lettere della Torah che abbiamo visto essere 304.805 per il doppio aspetto che possono assumere quelle lettere hanno un valore complessivo almeno di 2x304.805 = 609.610 numero che a meno delle migliaia che si può leggere "Dio parla " è come il valore numerico della stessa Torah.
Quel numero 600.000, insomma, guarda caso è praticamente il doppio del numero delle lettere che costituiscono la Torah come a ricordare di sommare alla rivelazione scritta quella orale e che si possono avere rivelazioni a più livelli.
Quel numero poi ricorda un 600 e un 1000 che a questo punto sono da ritenere numeri allusivi.

Quelle Sacre Scritture o Testi Sacri scritti con le lettere ebraiche sono, infatti, un corpo vivo in cui circola uno "spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, mobile, penetrante, senza macchia, terso, inoffensivo, amante del bene, acuto, libero, benefico, amico dell'uomo, stabile, sicuro, senz'affanni, onnipotente, onniveggente e che pervade tutti gli spiriti intelligenti, puri, sottilissimi" (Sapienza 7,22s) che presenta vari aspetti, che una traduzione, che è solo una fotografia di quel corpo, non può esautorarne la descrizione, in quanto, il significato vero forse va preso sotto un'altra prospettiva tanto più che le lettere ebraiche hanno anche dei significati grafici intrinseci e possono dar luogo a significati criptici.

È da tener presente che le 22 lettere ebraiche oltre che segni alfabetici solo consonantici che divengono fonemi con aggiunta di vocali non indicate nei testi originari (inserite nella Tenak o Bibbia ebraica solo alcuni secoli dopo Cristo quando la diaspora cominciava a far perdere l'uso di una lettura tradizionale) sono anche numeri e immagini per cui leggere quei testi da una traduzione solo come gli usuali altri libri può trarre in inganno.
Per accedere a quei Sacri Testi occorre un'iniziazione un vero battesimo nelle lettere ebraiche!
L'affrontare quei testi senza un retroterra d'iniziazione è come uno che anziché ritenere quei testi una persona viva da incontrare li considera un corpo su cui fare un'autopsia.

Nachmanide Moses, mistico spagnolo ebreo (1194-1270 d.C.), commentatore biblico, disse: "Noi possediamo una tradizione autentica secondo cui la Torah è formata dai Nomi di Dio. Le parole che vi leggiamo possono essere infatti anche suddivise in modo completamente diverso, componendo Nomi... L'affermazione per cui la Torah fu scritta in origine con fuoco nero su fuoco bianco, ci conferma nell'opinione che la sua stesura avvenne con tratto continuo e senza suddivisioni in parole, cosa che permise di leggerla sia come una sequenza di Nomi, sia, nel modo tradizionale, come un resoconto storico ed un insieme di comandamenti divini. Ma Egli la ricevette anche, nello stesso tempo, sotto forma di trasmissione orale, come lettura di una sequenza di Nomi.", ammette così che la Torah orale ricevuta da Mosè è anche un testo interno alla Torah scritta e ciò, fu oggetto di ricerca della Cabbalah, (Vedi: G. Scoolem, "Il nome di Dio e la teoria cabbalistica del linguaggio") che non ha trovato messaggi, ma solo spunti mistici.

Rendendomi conto di negative reazioni all'idea di avvicinare testi sacri ad approcci che non operano nei limiti dell'usuale razionalità, mi proposi d'operare con la massima obiettività, evitando vie esoteriche.

Al riguardo Marc-Alain Ouakn in "Le Dieci Parole" argomenta che: "Una tradizione sostiene che Mosè scrisse tutta la Torah dalla prima all'ultima riga senza alcuna parola compiuta, come un susseguirsi ininterrotto di lettere. Ciò viene chiamata 'Torah Hashem', la Torah di Dio. È come una sorta di nome unico di Dio... È come una scrittura prima delle parole, senza interruzione, punteggiatura, senza ritmo, senza il minimo spazio bianco. La scrittura fluisce senza interruzioni dalla bet, prima lettera della Torah, fino alla lamed, l'ultima lettera. È un in-finito non-senso."

Che l'originale ebraico delle Sacre Scritture abbia peculiarità intraducibili nelle altre lingue, si deduce anche dal "midrash " tratto da Megillah 9, in cui si parla di come la Bibbia fu fatta tradurre in greco da Tolomeo II (Filadelfo - 308-247 a.C. "La lettera di Aristea" 150-100 a.C. narra come nel III secolo a.C. fu tradotta la Bibbia in greco).

Racconta che ai 72 traduttori mandati da Gerusalemme "il Santissimo - sia gloria a lui - diede nel loro cuore un medesimo pensiero acciocché tutti concordassero in un identico progetto di versione... Dopo 72 giorni le traduzioni... tutte concordavano tra loro in modo sorprendente, parola per parola, insieme con tutte le omissioni e le aggiunte; così sorse la traduzione dei 72, insomma dei 70, detta Septuaginta" da cui si deduce che quel re credeva d'avere la Bibbia degli ebrei in greco, invece aveva solo un progetto di versione con omissioni ed aggiunte, confermando l'idea dei mistici dell'ebraismo e dei rabbini, i quali affermano che il testo in ebraico è importante e, senza i segni originali, si perde un peculiare aspetto e si ha solo un'impronta dell'originale.

Il Talmud 'Eruvin 13b dice: "La Torah ha settanta volti; queste e quelle sono le parole del Dio vivente"; perciò la Torah per gli ebrei non è un testo fisso, ma è lasciata libera la possibilità di più interpretazioni.

"Una tecnica esegetica usata dai rabbini nel Talmud (tradizione orale del I secolo a.C. - I secolo d.C.) per dare al testo non vocalizzato della Bibbia una diversa vocalizzazione o una diversa forma ortografica rispetto alla forma usuale è 'al tikrei non leggere. L'uso dell''al tikrei non esclude in ogni caso la lettura originaria del testo e, perciò, si può più correttamente definire come non leggere questo passo solo in modo usuale, ma anche in altro modo. Questo procedimento permette così una nuova interpretazione, perfino quando le leggi della grammatica e della sintassi rendono necessaria la sola lettura tradizionale. L'uso di questa tecnica trae origine dal versetto: 'Dio ha detto questo una volta, ma io ho ascoltato questo due volte.' (j 62,12) e cioè che le parole della Bibbia si prestano a significati diversi di quello tradizionale."
(Dizionario di usi e leggende Ebraiche di Alan Unterman-Laterza)

Si trova nel libro del profeta Isaia 29,11s "Per voi ogni visione sarà come le parole di un libro sigillato: si dà a uno che sappia leggere dicendogli: Per favore, leggilo, ma quegli risponde: Non posso, perché è sigillato. Oppure si dà il libro a chi non sa leggere dicendogli: Per favore, leggilo, ma quegli risponde: Non so leggere" che conferma la possibilità di due tipi di lettura, che per avere risultato efficace accanto alla usuale presenta la necessità anche della lettura di un "sigillato".

Stante questo brano che poi riprenderemo, nasce la necessità di decriptare le pagine della Torah che, ne consegue, possono presentare enigmi in quanto i testi sono prodotti con una mentalità enigmistica, connessa con gli egizi, visto che le lettere usate sono interpretabili anche come numeri e icone (vedi: Edipo e la Sfinge).

Ecco che ormai dal 1996 ho concretizzato un mio metodo "al tikrei" che apre ad una delle letture possibili, in stretta corrispondenza biunivoca col testo è con regole sempre rispettate.
È mio uso utilizzare i significati grafici delle lettere ebraiche per aprire parole e ottenere significati di secondo livello versetti delle sacre scritture decriptandoli con le regole di "Parlano le lettere" e al proposito si vedano:
Al riguardo, prendiamo proprio la parola "ha-Torah" - che significa "l'insegnamento", "l'istruzione" nome con cui sono definiti dall'ebraismo i libri che la tradizione attribuisce a Mosè.
In quel termine oltre all'articolo nella parola si rinviene una e una assieme alla lettera che numericamente è pari a 400 e alla lettera che come valore numerico è pari a 200.
Dal punto di vista grafico le lettere e stanno a indicare un corpo completo - intero e le lettere e un portare fuori .
A questo punto il rebus enigmistico della parola Torah risulta indicare che Dio un "intero ha portato un corpo - popolo fuori "... ha fatto nascere... ha fatto uscire... dall'Egitto... gli ha aperto le acque.
La parola poi che in ebraico indica mille, una miriade è che significa anche "istruire ammaestrare".

Quei seicentomila allora ecco che suggeriscono il messaggio che c'è tutto un popolo ammaestrato dall'insegnamento della Torah, non solo i fuoriusciti di quel momento, ma tutto il futuro Israele o popolo di Dio, anche quelli che dovevano nascere dai quei fuoriusciti sono di fatto stati in quel cammino dell'Esodo con Mosè.

Questa è proprio la conclusione a cui perviene l'ebreo Paolo di Tarso, apostolo di Cristo, in 1Corinzi 10,1-4 "Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo."

Proviamo ancora a leggere con l'uso delle lettere come immagini quanto abbiamo trovato in ebraico in Esodo 12,37 per i seicentomila che abbiamo visto scritto come "shesh me'ot 'eloef" e si ottengono questi due pensieri:
  • "del 6° (giorno della creazione) per i viventi l'Unico portò la fine , Dio riparlò ", ossia Dio che nel sesto giorno aveva smesso di parlare con l'uomo ricominciò a parlare tramite Mosè con quel popolo di fuoriusciti... era iniziato il periodo ultimo ancora attuale del settimo giorno;
  • "li illuminò il Nome (ove = ) con segni Dio riparlò ".
Dopo gli accenni di cui sopra spero si comprende come la questione assume una rilevanza molto superiore all'esito della disputa iniziale su Mosè, e faccia intravedere come sia importante passare all'interesse di investigare a fondo quei Sacri Testi che presentano una sapienza nascosta che certamente supera il personaggio Mosè e implica la questione fondamentale dell'uomo: c'è Dio e la mia vita ha un senso?

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