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RACCONTI A SFONDO BIBLICO...

 
ABRAMO PONTE TRA IL PRIMO E L'ULTIMO ADAMO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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ABRAMO E L'UOMO NUOVO
Abram fu ovviamente chiamato in tal modo al momento della nascita dal padre nella cui casa viveva quando ricevette la chiamata da Dio che, tra l'altro, gli disse: "Vattene... dalla casa di tuo padre..." (Genesi 12,1)
Implicito questo dire è che destò un'attesa, cui Abramo evidentemente si appoggiò, come se quella voce gli avesse anche detto, fidati di me, io l'Onnipotente, e tutto è possibile a Dio, ti farò da padre e da casa, sarò io la tua parentela.
Abram andò via dalla casa del padre che aveva 75 anni, come chiosa Genesi 12,4: "Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran".

Dopo tante peripezie, promesse e fatti, trascorsi quasi 25 anni, il tempo di una generazione, ecco che avviene quanto si sviluppa nei racconti di Genesi 17 che inizia in questo modo : "Quando Abram ebbe novantanove anni, il Signore gli apparve e gli disse …"

È, peraltro, da tenere presente che poi Genesi 18 riprende quanto accaduto e narrato di quell'incontro in Genesi 17 che di fatto avvenne alle querce di Mamre come ho detto nel paragrafo "I figli di Abramo accolgono il Signore" in "Vincere il rifiuto", alla cui lettura rimando in quanto premessa importante a quanto sto per dire.

Dopo essersi presentato col nome di Onnipotente, il Signore confermò ad Abram l'alleanza e nel promettergli nuovamente la discendenza gli disse: "Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo." (Genesi 17,5)
Più avanti il Signore aggiungerà ad Abramo: "Quanto a Sarai tua moglie, non la chiamerai più Sarai, ma Sara." (Genesi 17,15)

Ora, che Dio abbia a chiamare e soprattutto ad attribuire direttamente il nome a qualcuno, per questi è certamente garanzia di vita.
Quelli, di Abramo e Sara divengono allora i nomi dei progenitori di una generazione nuova e sono certamente ai primi posti tra coloro di cui Dio ha scritto il nome sul "libro della vita".
È qui da aprire una parentesi sul "libro della vita" o "Sefer HaChaim" su cui la tradizione, appunto, ritiene che Dio scriva i nomi di chi destina al mondo a venire, ossia alla vita eterna con Lui.
Il Talmud babilonese su Rosh Hashanah 32b riporta che il saggio Rabbi Abbahu diceva: "A Rosh haShana il Re siede sul trono del giudizio e i libri dei viventi e dei defunti sono aperti davanti a Lui."

Ciò trova forza in Esodo 32,31-33 ove è scritto: "Mosè ritornò dal Signore e disse: Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d'oro. Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato... Altrimenti, cancellami dal tuo libro che hai scritto! Il Signore disse a Mosè: Io cancellerò dal mio libro colui che ha peccato contro di me."

Il "libro della vita" che è ricordato nel Nuovo Testamento in Filippesi 4,3 e 5 volte nel libro dell'Apocalisse 3,5;13,18;17,8; 20,15; 21,27 corrisponde a quello delle "memorie" menzionato da Malachia 3,16.

Ora, come appare chiaro dal testo di Genesi 17,5 e 15 Abram diviene Abramo e Sarai diviene Sara .
Tra le lettere di Abram viene aggiunta una lettera "he" = e accade che "uno che dentro il corpo vive " si trasforma in un uomo nuovo, Abramo, "Abraham" "uno cui da dentro il corpo uscirà la vita ".
Dalle viscere di Abramo nascerà la "vita vera", colui che assicurerà all'uomo la vita eterna, il Verbo di cui il Vangelo di Giovanni 1,4 dice: "In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini..."
Sarai poi diviene Sara ove la lettera "he" = va a sostituire la finale di Sarai e a mio parere allude al fatto che da lei un "illuminato corpo - popolo uscirà " e pensando ai Vangeli, è profezia che da lei "di un risorto il corpo uscirà ".

Ed ecco che nel capitolo 18 viene ben chiarito il colloquio che apre alla nascita di Isacco e poi alle vicende della distruzione di Sodoma e di Gomorra e comincia in questo modo "...il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui." (Genesi 18,1-2)

Certo che è strano: "il Signore apparve a lui" e vide "tre uomini" vicino a lui.
Riconobbe subito il Signore!
Nel recente articolo che ho prima citato ho fornito un motivo per cui Abramo riconobbe subito che era il Signore, ma anche nel famoso numero "trecento diciotto" del versetto 14,14, che in ebraico ricordo essere "shemonah a'shar weshelish m'eot" dalla decriptazione si trova un'altra possibile spiegazione di quell'immediato riconoscimento "dal Nome angeli usciranno alla vista per illuminare la mente ; tre viventi l'Unico porterà da segno " e Abramo attendeva quel segno!

Dopo la profezia della nascita del figlio Isacco da Sara novantenne e da Abramo centenne, che solo la vera fede può rendere credibile, ecco da parte di Dio questo commento: "Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti io l'ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui a osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore compia per Abramo quanto gli ha promesso." (Genesi 18,17-19)

Il Signore fu allora che gli disse cosa voleva fare alle città di Sodoma e di Gomorra, in quanto: "Il grido di Sodoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave." (Genesi 18,20)

Ci fu, quindi, la contrattazione i cui Abramo intercedette col Signore per evitare quella distruzione se vi si trovava almeno 10 "giusti".
Questi angeli del Signore certamente alludono anche ai cherubini messi a guardia del Giardino dell'Eden per evitare l'accesso all'albero della vita di cui dice Genesi 3,24: "Scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante, per custodire la via all'albero della vita."

Il primitivo disegno di Dio di educare Adamo nel giardino era stato superato, ora il piano del Signore prevedeva ben altro paradiso per l'uomo, ma era giusto precisare il fatto ad Abramo, che ormai era degno di rientrare in quel giardino, che quel piano era radicalmente mutato; infatti, Abramo era alla diretta scuola dell'Eterno.
(Vedi: "I Cherubini alla porta dell'Eden")

Nasce Isacco, passano gli anni, le vicende di Abramo sono ancora tante finché si arriva con Genesi 22 all'episodio detto del "sacrificio d'Isacco", quando Abramo messo alla prova, fu pronto a sacrificare "il figlio che amava" quello della promessa, ormai certo che Dio lo amava e che se gli chiedeva quello, pur se non lo comprendeva, era per il suo bene.
La lettera agli Ebrei 11,19 peraltro sostiene "Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere dai morti" il che abbiamo visto come ormai per Abramo era credibile.

La prova era stata superata e "...l'angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: Abramo, Abramo! Rispose: Eccomi! L'angelo disse: Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito..." e "...Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce." (Genesi 22,115-18)

E San Paolo in Romani 8,32 conclude con Dio "...non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?"

Ormai le vicende della via della "salvezza" sono legate alla famiglia di Abramo, Isacco, Giacobbe e tutti quelli che seguono i suoi insegnamenti e principi.

Il Signore, poi circa quattro secoli dopo si manifestò a Mosè e si qualificò come: "Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe". (Esodo 3,6)

Gesù in Marco 12,26s rispose in questo modo autorevole ai sadducei che non credevano nella risurrezione: "A riguardo poi dei morti che devono risorgere, non avete letto nel libro di Mosè, a proposito del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe? Non è un Dio dei morti ma dei viventi!"

Il Vangelo di Luca 16,19-31 nella parabola detta del "ricco epulone" pone Abramo pur se morto vive in posizione privilegiata, come alle porte del Regno dei Cieli, considerato che i morti meritevoli, come il povero Lazzaro, vengono portati nel suo seno in attesa della risurrezione: "piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto."

Ah, faccio notare che il nome Lazzaro è una volgarizzazione di Eleazaro o Eliezer il che fa intuire come nella tradizione era ormai ritenuto che attraverso Abramo passava "l'aiuto di Dio" e che questi era un sacerdote dell'Altissimo.

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