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ESSERE UMILE E MITE
Passiamo a vedere nei libri in ebraico della Tenak o Sacre che fanno parte dell'Antico Testamento della Bibbia cristiana alcune parole inerenti il tema della umiltà e simili.
Come i verbi o i termini che servono per descrivere l'azione di "alzarsi" sono impiegati per definire la superbia, quelli che riguardano l'atto che "abbassa"
portano al contrario della superbia, quindi, all'umiltà.
Si è già incontrato "shach"
che è uno dei modi in ebraico per dire "umile", derivato dal radicale
e/o
di "piegarsi, curvarsi, abbattere e soggiogare", forse originariamente connessi al far scemare un fuoco coprendolo "fuoco
chiudere
"
da cui viene anche "umilmente, con sottomissione" "shachucha"
e "fossa"
"shachute", quindi, un tenere bassi i toni.
Quelle due lettere paiono definire uno che è schivo, che "dalla luce
si nasconde
"
o anche chi il proprio intimo "fuoco
nasconde
"
e sono le stesse lettere finali di "nachash"
,
ma invertite.
Un radicale importante che apre al concetto di umiltà poi è
"ove le lettere ci parlano di un "fuoco
che da una bocca
guizza
"
e provoca terra bruciata tutto intorno e, allora, ciò che resta è veramente una miseria perché ha perso tutto il suo precedente vigore e, appunto, è un radicale che si usa per "essere basso, abbassare, essere abbattuto", ma anche per "essere umiliato", infatti "shafal" è basso, abbassato, spianato, umile e modesto.
Del resto
è il radicale di "distinguere, separarsi" per cui
porta all'idea di "col fuoco
separare - dividere
()".
C'è anche un radicale
che con:
- la lettera "shin" per
è il radicale di "essere brullo, mettere a nudo, mettere allo scoperto" e conferma il fatto di un "fuoco
soffiato
su un campo
";
- la lettera "sin" per
da luogo alla parola "sefah" il cui significato è labbro, per traslato "linguaggio e lingua", ma si usa anche per bordo, margine, orlo e porta pensare l'umile come quello che è messo a "margini
()
dai potenti
".
Al riguardo propongo i seguenti esempi:
- Giobbe 5,11 - "Egli esalta gli umili e solleva a prosperità gli afflitti;" ove umili sono gli "shefalim"
,
e a fine versetto quel dare "prosperità" è scritto con le lettere del nome di Gesù
.
- Isaia 57,15 - "Poiché così parla l'Alto e l'Eccelso, che ha una sede eterna e il cui nome è santo. In un luogo eccelso e santo io dimoro, ma sono anche con gli oppressi e gli umiliati, per ravvivare lo spirito degli umili e rianimare il cuore degli oppressi".
Qui gli oppressi o miserabili sono i "dakka'"
"dalla polvere
originati
"
e gli umiliati sono gli umili di spirito "i shefal ruach"
,
ossia gli abbassati di spirito, quelli delle beatitudini del "Discorso della montagna" i "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli." (Matteo 5,3)
- Salmo 137,6 - "Perché eccelso
è il Signore, ma guarda verso
l'umile;
il superbo invece lo riconosce da lontano." Qui, trattandosi del Signore
è tradotto come "eccelso", ma si fosse trattato di un uno qualsiasi sarebbe "altezzoso"; ad esempio il nome Abram
può anche voler dire di "padre eccelso" per dire di alto lignaggio, ossia di nobili origini.
Altro termine che riguarda la sfera dell'umiltà è dell'essere mite si trova nel radicale
che ha due rami di significati:
- rispondere, replicare, intervenire e simili, usato anche in campo legale per ribattere, accusare, denunciare in cui è compreso "o'nah" per definire i "diritti coniugali" e la "coabitazione";
- essere sventurato, essere afflitto, essere umiliato, sottomettere, assoggettare, dominare... fino a fare penitenza.
Il secondo di tali modi poi presta il fianco a difficoltà d'interpretazione, in quanto, verbo e derivati sono simili, sia se si considera l'aspetto spirituale - umiltà e mitezza, sia se si guarda quello economico e/o sociale - miseri e poveri che sotto tale accezione divengono definibili col termine
"oe'bion" per "povero, indigente, bisognoso", sinonimo di
"chaser" per mancante.
Al riguardo, propongo i seguenti versetti a conferma di quanto sopra:
- Salmo 22,25 - "...perché egli non ha disprezzato né disdegnato l'afflizione del povero, il proprio volto non gli ha nascosto ma ha ascoltato il suo grido di aiuto" ove quel povero di C.E.I. 2008 nella traduzione del 1975 era "misero" e traduce l'ebraico "a'ni"
.
- Salmo 37,11 - "I poveri invece possederanno la terra e godranno di una grande pace" e questi poveri di C.E.I. 2008 nella traduzione del 1975 erano i "miti" e traducono il termine ebraico "a'navim"
.
- 2Samuele 22,28 - "Tu salvi il popolo dei poveri, ma sui superbi abbassi i tuoi occhi" già citato nel dire dei superbi, ove questi poveri di C.E.I. 2008 nella traduzione del 1975 erano "la gente umile" e traducono l'ebraico "a'ni"
.
In definitiva quel radicale presenta i seguenti termini:
-
"a'navah" per umiltà, modestia, moderazione;
-
"oe'nut" per afflizione, come sopra in Salmo 22,25;
-
"a'nau" e
"a'ni" termini ambigui, intercambiabili, entrambi interpretabili come umile, mansueto, mite, sottomesso, paziente, ma pure oppresso, bisognoso, povero, indigente, bisognoso. Si ha anche "a'nai per afflizione, disgrazia, oppressione e miseria.
È bene far chiara distinzione tra i due concetti di povero e di umile.
Al riguardo è da premettere che i patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe, ebbero grandi ricchezze, insomma non erano "poveri" e Giobbe, ricchissimo, divenuto povero e malato, paziente, riebbe da Dio ricchezza e salute, ciò per dire che nell'Antico Testamento c'è grande tensione verso la dote dell'umiltà perseguita dal soggetto e non verso la povertà che è uno status dell'esistenza non voluta dal soggetto.
Come vedremo tale tensione è passata nel Nuovo Testamento e per i cristiani base essenziale della santità è divenuta l'umiltà che si esplica chiaramente riconoscendosi peccatori davanti a Dio e agli uomini.
Ne consegue che non tutti i poveri sono santi né che tutti i santi sono poveri.
La ricchezza può essere un impedimento al "passare dalla cruna dell'ago", come è chiaro nell'episodio del giovane ricco (Matteo 19,16-22; Marco 10,17-22; Luca 18,18-23), ma la conclusione è che molti sono i Santi e le Sante di famiglie facoltose e rimasti tali pur se prodighi.
Al giovane ricco "Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò..." (Marco 10,21), e l'amore è eterno.
Quando quegli se ne andò triste agli apostoli che gli chiedevano "allora chi può essere salvato?" Gesù ebbe a replicare "a Dio tutto è possibile".
La povertà che si assume a umiltà non sta nell'avere o meno possibilità e un ruolo di successo, ma restare fedele nella dedizione a Dio operando secondo la Sua volontà nel proprio ruolo, come attestano re e regine diventati santi al pari di altri poveri e perseguitati.
Le lettere ebraiche usate come mini geroglifici ci possono spiegare la differenza d'interpretazione ad esempio dello stesso termine
"a'ni":
- povero "si sentono
i lamenti
";
- umile "agisce
da angelo
nell'esistenza
".
L'umile si porta all'altezza dell'altro e cerca di metterlo a suo agio.
Occorre passare per la porta stretta.
Ciò è chiesto dal comandamento dell'amore al prossimo "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa, infatti, è la Legge ed i Profeti. Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!" (Matteo 7,12-14)