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di Alessandro Conti Puorger
 
 

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DOVE MOSÈ RIVELA LA PROPRIA UMILTÀ
Sul profeta Mosè appena nato in Esodo 2,2 è riferito questo commento sulla madre che era una figlia di Levi: "La donna concepì e partorì un figlio; vide che era bello e lo tenne nascosto per tre mesi".

La mamma si chiamava Iochebed "Iokoboed" che "fu a portarne il peso - la gloria ".
Quel "vide che era bello" che in ebraico è , "vatteroe' 'oto ki tob", si potrebbe tradurre anche che era buono in quanto il termine "tob" lo consente.

Tale dire fa ricordare il momento primo di quando Dio disse "Sia la luce" e in Genesi 1,4 "Dio vide che la luce era cosa buona".
Sorgeva veramente una luce pensata da Dio per rivelarsi nella storia dell'umanità; era l'aurora di un giorno nuovo.

Leggendo poi della storia della chiamata al roveto ardente, degli eventi che portarono Mosè alla guida del popolo fuoriuscito miracolosamente dall'Egitto per intervento divino e dei quaranta anni nei deserti e nelle steppe del Sinai alla guida di gente spesso riottosa e ribelle, si conclude che grandi erano la sua fede in Dio, il suo coraggio e le sue capacità di comando.
Del pari, come abbiamo visto nell'episodio delle mormorazioni di Maria e Aronne contro di lui, quel leader era umile e mansueto, attitudine che manifestò in varie occasioni.

Nel libro dei Numeri al capitolo 11 che precede l'episodio delle mormorazioni di Maria e Aronne contro di lui, si ha un'altra manifestazione di umiltà da parte i Mosè in un breve racconto che si trova prima dell'invio da parte di IHWH delle quaglie "selav" sull'accampamento.
Il popolo era stanco di mangiare solo manna e il Signore, che aveva udito le mormorazioni, disse a Mosè che avrebbe mandato carne in quantità e ordinò di riferirlo al popolo.
Mosè allora radunò settanta tra gli anziani (embrione del futuro Sinedrio) davanti alla tenda del convegno e "il Signore scese nella nube e gli parlò: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose sopra i settanta uomini anziani; quando lo spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono, ma non lo fecero più in seguito." (Numeri 11,25)

Domanda: perché ciò accade proprio appena prima che da Dio venissero inviate le quaglie?
Le quaglie evidentemente erano anche il segno profetico di un evento che avrebbe portato lo Spirito Santo a tutto il popolo e, come vedremo, anche ai lontani; erano ad annunciare la venuta della "carne".
In pratica annunciava "colui che doveva venire" dal cielo che, col suo sangue, prendendo la carne, incarnandosi, e facendosi mangiare dagli uomini, avrebbe ridato dignità a tutta l'umanità riportando nuovamente alla pienezza l'esistenza dell'uomo.

Del resto, un nome riconosciuto dall'ebraismo per il Messia è "shilu" , "colui che" che si trova nella profezia messianica di Genesi 49,10, le cui lettere in ebraico sono simili a quelle di quaglie.
Il profeta Gioele in 2,28 riprende questo evento di Numeri 11 col dire "io (il Signore) spargerò il mio spirito su ogni persona: i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri vecchi faranno dei sogni, i vostri giovani avranno delle visioni".

Il racconto di Numeri 11 continua riferendo che due degli anziani "Eldad e l'altro Medad" ("'Oeledad" "da Dio amato" e Meddad "che è amato") iscritti ad andare erano rimasti nell'accampamento, ma anche loro su di loro si posò lo Spirito e si misero a profetizzare nell'accampamento.
La cosa si riseppe nei pressi della tenda ove erano riuniti e "Giosuè, figlio di Nun, servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza, prese la parola e disse: Mosè, mio signore, impediscili!" (Numeri 11,28)
In tale occasione Mosè manifestò la propria umiltà assieme a lungimiranza e fede e gli rispose: "Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!" (Numeri 11,29)
(Vedi: "Un seme della Torah nella Torah!" in cui c'è la decriptazione di Numeri 11)

È poi da ricordare quanto riporta Esodo 18,13-27 di come in tale occasione: "Mosè diede ascolto alla proposta del suocero e fece quanto gli aveva suggerito." (Esodo 18,24)

Era accaduto che dopo lo scontro con gli Amaleciti di cui è detto in Esodo 17, Ietro, il suocero di Mosè avendo saputo della glorioso miracolo del mare per cui gli Israeliti erano sfuggiti al faraone e alla loro successiva vittoria su Amalek, era venuto da Madian con la figlia Zippora e i due figli di Mosè dove erano accampati gli Israeliti e si incontrò con il genero.
Ietro "...venne da Mosè nel deserto, dove era accampato, presso la montagna di Dio." (Esodo 18,5b)

Ietro era un sacerdote di una divinità, attento ai segni del cielo, conoscitore della scrittura proto sinaitica e dell'animo umano e particolarmente aperto alla novità, come si coglie dal racconto.
Sappiamo che Ietro, era sacerdote di Madian (Esodo 3,1), di un clan definito Kenita in Giudici 1,16, ma non è detto esplicitamente di quale dio fosse sacerdote.
L'unico modo per vivere in quelle zone semi-desertiche è avere degli ovini, ma in quantità` ridotta, in quanto scarsa è la vegetazione bassa vicino ai wadi, torrenti stagionali, in genere sempre in secca, e per l'acqua si scavavano pozzi per cui la vita viene dalla riproduzione degli animali che così forniscono latte, carne, pelli, ossa, unghie, materiale corneo, lana da tessere... e di questi greggi si interessavano le figlie di Ietro che le portavano al pascolo.

In Esodo 2,18 però in luogo di Ietro si trova il nome Reuel, "Rooe'-'ail", forse un aggettivante di Ietro per dire "pastore del dio", ma anche sacerdote di RA MONTONE , forse anche il nome della località`, quindi, era sacerdote di un dio locale in un Nomo o distretto Arabico di cui era il capo.
Era in una zona molto orientale rispetto all'Egitto, ma ancora sotto la sua influenza, vicino evidentemente all'Oreb, il monte inciso, dove Mosè andava a pascolare il gregge, un'altura da cui si poteva osservare prima che rispetto alle steppe circostanti eventi che interessavano legati alle stelle e che era ritenuto sacro anche da Ietro, ma per motivi diversi rispetto a quello per cui lo sarà per gli Israeliti.

Qui si può fare un'ipotesi suscitata da quel riferimento a Ra-Montone, che porta al dio SePDu e alla dea SePDeT, emanazioni d'Ammon-Ra, manifestazione particolare di Horus, la stella Sirio, "Sotis" per i greci, che ogni anno, dopo essere rimasta invisibile, quando avveniva la levata eliaca all'aurora nella costellazione del "cane" si credeva che provocasse l'inondazione del Nilo in Egitto.
In concomitanza di tale evento, infatti, a memoria d'uomo si verificava la grande piena del Nilo che usciva dall'alveo e portava la terra nera, il limo fertile lungo la sua valle e consentiva la vita a tutto il popolo della terra d'Egitto, che appunto, si chiamava la terra nera, "Chemet".
Il segnalare prima possibile quell'evento era importante perché consentiva ai contadini, appena avvertiti dell'inondazione, di predisporre l'apertura dei canali di derivazione, tagliavano le dighe provvisorie delle piane intorno al Nilo per far arrivare le acque anche lontano onde allagassero così le zone basse lontane e depositassero il limo fertilizzante sulle più vaste aree possibili.
Ciò porta a dire che Ietro era un sapiente, attento e uso a scrutare le stelle per anticipare al massimo l'evento; inoltre era in comunicazione con l'Egitto e con i popoli circostanti visto che aveva precise notizie sugli eventi che accadevano tanto che s'era spostato con figlia e nipoti per andare a trovare il genero.
Era anche un ascoltatore attento, cristallino e in buona fede forse critico dell'aumento a dismisura della cosmogonia egizia che non era così vasta ai tempi dei suoi antenati, quindi, avrà meditato sull'esistenza di un Creatore e si sarà fatto domande nelle lunghe chiacchierate col genero ai tempi dell'esilio presso la sua casa.
Ietro, però, non era monoteista, ma quando va per incontrare il genero presso la montagna di Dio, sentito il racconto di Mosè di come il Signore ha liberato il popolo d'Israele e le prodigiose vicende accadute per farlo uscire dall'Egitto "Disse Ietro: Benedetto il Signore, che vi ha liberato dalla mano degli Egiziani e dalla mano del faraone: egli ha liberato questo popolo dalla mano dell'Egitto! Ora io so che il Signore è più grande di tutti gli dei: ha rivolto contro di loro quello che tramavano." (Esodo18,10s)
Si legge poi "Ietro, suocero di Mosè, offrì un olocausto e sacrifici a Dio. Vennero Aronne e tutti gli anziani d'Israele, per partecipare al banchetto con il suocero di Mosè davanti a Dio." (Esodo18,12)
Ietro evidentemente non era venuto a mani vuote, ma aveva portato anche del bestiame di cui offrì alcuni capi in olocausto al Dio d'Israele e alcuni in sacrificio di pace.

Su Talmud Berakhot 64a; Rashi (acronomo di Rabbi Shlomo Yitzhaqi, XI secolo, commentatore della Bibbia) propone: "Al cospetto di Dio, da ciò si impara che colui che consuma un pasto a cui partecipano dei saggi è come se godesse della luce della Presenza Divina."
(Vedi: "Mosè Nascosto" e "Tracce di geroglifici nel Pentateuco - I Parte" e "II Parte")

Ietro, in ebraico che dal radicale vuol dire "più che abbastanza, sovrabbondanza" e anche "eccellenza" viene, quindi, a rappresentare profeticamente i pagani che accoglieranno il Dio Unico e per contro la grande attenzione del profetismo, che poi si riscontrerà in tutti i profeti propensi a considerare la Torah dono di Dio per tutti i popoli dell'umanità, chiamati a uscire dalle tenebre dell'ateismo o dell'idolatria.
La Torah - e Ietro dal punto di vista della gimatria delle lettere ebraiche hanno lo stesso valore, quindi tra loro vi è secondo i criteri esegetici ebraici un grande connessione tra i due nomi, infatti:

  • - = ( = 5) + ( = 200) + ( = 6) + ( = 400) + ( = 5) = 616
  • = ( = 6) + ( = 200) + ( = 400) + ( = 10) = 616
Certo è che se qualcosa fu scritto da Mosè nel XIII secolo a.C. a base della Torah che c'è pervenuta, quanto scritto fu con segni proto sinaitici di una scrittura alfabetica consonantica di tipo lineare-pittografico, una trentina di segni scoperti circa un secolo fa presso Serabit el-Khadin, una miniera di rame e turchese della penisola del Sinai.
Secondo le informazioni che si deducono dalla Torah stessa Mosè certamente le poté acquisire nel suo esilio in Madian, forse proprio dallo stesso Ietro, i cui nome del resto con i valori grafici delle lettere fornisce anche la seguente decriptazione, Ietro "fu i segni nella mente - testa a recare " e se così certo avrebbe avuto un grande ruolo.

Tornando al racconto di Esodo 18, accadde che dopo l'incontro: "Il giorno dopo Mosè sedette a render giustizia al popolo e il popolo si trattenne presso Mosè dalla mattina fino alla sera" (Esodo 18,13)
Ietro si rese conto dell'oneroso lavoro che incombeva sul genero che impiegava molto del suo tempo in giudizio per dirimere questioni giuridiche che sorgevano tra gli individui del popolo e fu molto esplicito: "Il suocero di Mosè gli disse: Non va bene quello che fai!" (Esodo 18,17)
Suggerì a Mosè di delegare parte dei suoi poteri a persone che avesse scelto per i giudizi meno importanti e disse in conclusione "Ora ascoltami, ti voglio dare un consiglio e Dio sia con te!", ossia osserva Rashi in Mekhilta', "che il Nome sia con te mentre ti consiglio; prima di metterlo in pratica chiedi il Suo parere e il Suo consenso."
Mosè accolse con molta umiltà quel consiglio perché lo ritenne buono e da Dio ispirato "...diede ascolto alla proposta del suocero e fece quanto gli aveva suggerito." (Esodo 18,24)
Fu così che scelse "i capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine". (Esodo 18,25b)

Rashi, propone questo conteggio "...poiché gli ebrei nel deserto erano 600.000, vi erano 600 capi di migliaia. Il gruppo di 1000 persone era a sua volta suddiviso in dieci gruppi da 100; i gruppi da 100 erano suddivisi in 2 e vi erano quindi12.000 capi di cinquantine; infine questi ultimi gruppi erano divisi in 5 con dieci persone in ognuno di essi; vi erano quindi 60.000 capi di decine."
(In Appendice riporto decriptati i 27 versetti di Esodo 18.)

Poi, non è detto quanto tempo dopo, il suocero tornò in Madian, e se anche il testo in questo momento non lo dice lasciò i congiunti, figlia e nipoti, con Mosè.

Ora in Numeri 10,29-33 si trova: "Mosè disse a Obab, figlio di Reuèl il Madianita, suocero di Mosè: Noi stiamo per partire verso il luogo del quale il Signore ha detto: Lo darò a voi in possesso. Vieni con noi e ti faremo del bene, perché il Signore ha promesso del bene a Israele. Ma egli replicò: Io non verrò; anzi tornerò alla mia terra e alla mia parentela. Mosè rispose: Non ci abbandonare, ti prego, poiché tu conosci i luoghi dove accamparci nel deserto e sarai per noi come gli occhi. Se vieni con noi, tutto il bene che il Signore farà a noi, noi lo faremo a te. Così partirono...", evidentemente Ietro si era portato con se anche il figlio, fratello di Zippora, cognato di Mosè, Obab il cui nome "Chobab" in ebraico dal radicale o di "nascondere" vorrebbe dire favorito "nascosto nell'intimo ".

Perché Mosè lo disse a Obab e non a Ietro?
Ciò fa presumere che Ietro fosse ormai troppo vecchio, quindi, Ietro con Obab tornò al proprio paese, ma Ietro, morì presto, e Obab tornò dagli Israeliti.
Si legge, infatti, nel libro dei Giudici sui figli di Ietro, Obab a cui sono associati i figli di Mosè che ebbero una terra vicino a Gerico:
  • Giudici 1,16 - "I figli del suocero di Mosè, il Kenita, salirono dalla città delle palme con i figli di Giuda nel deserto di Giuda, a mezzogiorno di Arad; andarono e abitarono con quel popolo."
  • Giudici 4,11 - "Cheber, il Kenita, si era separato dai Keniti, discendenti di Obab, suocero di Mosè, e aveva piantato le tende alla Quercia di Saannàim, che è presso Kedes."
Mosè aveva fatto un grande servizio e subito tante pene per assolvervi nei 40 anni e più che erano trascorsi dal momento della visione al roveto ardente di cui Esodo 3, eppure dice Deuteronomio 34,7: "...aveva 120 anni quando morì. Gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno."

Con la propria morte prestò l'ultimo servizio pur se sembrava una punizione e non poteva entrare nella Terra Promessa fisica che ormai era prossima.
Il Signore lo fece salire sui monti detti degli Abarim o dei "transiti", la cui cima più alta è il Nebo (802 metri), gli fece vedere da lontano la Terra Promessa e gli annunciò che sarebbe stato riunito ai padri e non avrebbe potuto entrarvi.
A chiarimento il Signore in tale occasione ricordò i fatti accaduti a Meriba (Numeri 20,1-13) e come Mosè irritato dal popolo andò oltre il comando di parlare alla roccia perché scaturisse acqua, ma la batte due volte col bastone lasciando il dubbio che non fosse un prodigio del Signore, ma un fatto fisico, il ritrovamento di una sorgente.
Mosè accettò tutto ciò senza presentare i propri meriti e il Signore lo usò come esempio per accrescere il riverenziale scrupolo nei fedeli ad assolvere sempre con attenzione le parole del Signore senza modificare alcunché.
Il Signore aveva preparato per Lui però un posto migliore... vicino a Lui.

Lo spirito di servizio, la grande umiltà, unita all'amore per il popolo, indusse Mosè a pregare Dio per avere un successore con queste accorate parole, "...disse al Signore: "Il Signore, il Dio della vita di ogni essere vivente, metta a capo di questa comunità un uomo che li preceda nell'uscire e nel tornare, li faccia uscire e li faccia tornare, perché la comunità del Signore non sia un gregge senza pastore." (Numeri 27,15-17)

Il Signore propose Giosuè: "Trasmetti i tuoi ordini a Giosuè, rendilo intrepido e incoraggialo, perché lui lo attraverserà alla testa di questo popolo e metterà Israele in possesso della terra che vedrai." (Deuteronomio 3,28)

Mosè fece così e: "Giosuè, figlio di Nun, era pieno dello spirito di saggezza, perché Mosè aveva imposto le mani su di lui." (Deuteronomio 34,9)

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