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I FIGLI DI ABRAMO ACCOLGONO IL SIGNORE
Vivere in attesa e nella fede per riconoscere il Signore è l'insegnamento che viene da Abramo; al riguardo Genesi 18,1s propone: "Poi il Signore apparve a lui (Abramo) alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra..."

La località delle querce di Mamre, "Mamre'" - ossia "luogo della visione o anche del "modello" dal radicale ebraico di "vedere" - è nei pressi di Ebron, città a 30 Km a nord di Gerusalemme, territorio allora degli Hittiti, ove vicino c'è anche la grotta di Macpela, sepoltura dei patriarchi e di matriarche a cominciare da Sara (Genesi 23).
Qui evidentemente Dio fece intravedere qualcosa d'importante all'amico Abramo (Isaia 41,8) come poi fece vedere a Mosè sull'Oreb.

La C.E.I 2008 traduce quell'inizio del capitolo 18 con un "Poi..." come proseguimento in modo stretto del 17, invece starebbe bene un "Quindi...", in quanto il versetto 18,1 e tutto quanto lo segue intende fornire dettagli e cronaca di ciò che era avvenuto nel precedente capitolo, quando fu istituito il segno della circoncisione nella carne.
Il Signore ivi aveva tra l'altro detto ad Abram:

  • Genesi 17,4 - "Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te."
  • Genesi 17,5 - "Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò."
  • Genesi 17,19 - "Sara, tua moglie, ti partorirà un figlio e lo chiamerai Isacco. Io stabilirò la mia alleanza con lui come alleanza perenne, per essere il Dio suo e della sua discendenza dopo di lui."
  • Genesi 17,21 - "stabilirò la mia alleanza con Isacco, che Sara ti partorirà a questa data l'anno venturo."
  • Genesi 17,22 - "Dio terminò così di parlare con lui e lasciò Abramo, levandosi in alto."
Ora al 18,14, il testo ripete: "Al tempo fissato tornerò da te tra un anno e Sara avrà un figlio." il che dimostra che il capitolo 18 è proprio un chiarimento del 17 visto che avviene nello stesso tempo di quanto asserisce in Genesi 17,21, quindi, trattasi della stessa vicenda.

Come pone in evidenza il testo col dire: "all'ingresso della tenda", certamente c'è un'allusione, vista l'ora e il caldo, al possibile sonnecchiare che era quanto ci si poteva attendere da chi stava nella quiete all'ombra di quelle querce.
Abramo, invece, evidentemente non sonnecchiava, ma ripensava alla propria storia che attendeva una svolta.
Il capitolo 16 che precede questa visione dei capitoli 17 e 18 si era chiuso con Abram che aveva 86 anni, gli era nato Ismaele da Agar, la serva egizia della moglie Sara che essendo sterile aveva proposta ad Abramo per avere un figlio, ma poi l'aveva dovuta cacciare perché Sara era divenuta insofferente e gelosa.
Erano passati altri 13 anni e Abramo aveva 99 anni, come avverte Genesi 17,1: "Quando Abram ebbe novantanove anni, il Signore gli apparve".

Si era sentito chiamare dal Signore quando aveva 75 anni, s'era messo in cammino verso dove non sapeva secondo le Sue indicazioni e attendeva il verificarsi delle promesse, una terra e una discendenza numerosa.
È da ricordare che in Genesi 15 gli era stato proposto dal Signore, come era uso a quel tempo, di dividere degli animali per fare con lui un'alleanza, ma ancora non accadeva nulla.
In tale occasione era avvenuto che: "Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco un oscuro terrore lo assalì" (Genesi 15,12) insomma non vedeva più la luce, infatti per "oscuro" viene usata la parola "chashekah" che contiene le lettere di tenebre .

Accadde che Dio come "un braciere fumante e una fiaccola ardente" (Genesi 15,17) passò tra gli animali divisi e fece alleanza con Abram (Genesi 15,18).
Ecco che l'attesa del compimento in lui era ben viva ed era attento a ogni segno, certo che il mistero gli sarebbe stato svelato, perché la storia lo superava e la realtà, 99 anni e moglie sterile, erano grandi impedimenti... ma "El Shaddai", come lo chiamava, era veramente onnipotente.
Sì, era attento, Dio, pur se puro spirito invisibile, gli si poteva presentare in qualsiasi momento e modo, ma si sarebbe fatto riconoscere, perché ormai da 24 anni Abramo si era reso conto che proprio "El Shaddai" era autore, con lui consenziente, della storia portata avanti fino allora e ora, a 99 anni gli si presentano "tre uomini in piedi" come dice Genesi 18,2 in un'ora insolita per viaggiare in quella regione.
Li accolse con grande ospitalità e uno di quei tre prese la funzione di "Parola", parlò come si ricava da Genesi 17,1 e disse: "Io sono Dio onnipotente (El Shaddai): cammina davanti a me e sii integro".
Questi che parla è da porre in stretto collegamento con Quegli di Genesi 18,1 "...il Signore..." che "...apparve a lui alle Querce di Mamre"; era IHWH, proprio il Signore in forma umana!

Abramo, insomma, accolse subito il Signore che era il suo alleato anche perché per farsi riconoscere il "viaggiatore" glielo ricordò.
Solo Dio, poteva sapere il fatto del "braciere fumante e una fiaccola ardente" quindi dell'alleanza, ed ecco che in 17,4, quel viaggiatore nel presentarsi disse "Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te".

Ora le lettere ebraiche di quel dire sono e sono tali che riescono a spiegare perché Dio gli si presenta come un uomo, infatti, trapela questo pensiero: "Sono io , ecco , dentro un corpo sono , ho scelto , sarò a venire () in un (uomo) retto ".

Abramo, allora, fu pronto ad accoglierlo e a credere che fosse proprio "El Shaddai", il Signore.
Sappiamo bene che Dio fu fedele e l'alleanza fu gradualmente in attuazione, provocò lo sviluppo degli eventi successivi.
Da Isacco, poi da Giacobbe - Israele, nacque il popolo che al tempo di Mosè Dio fece uscire dalla schiavitù d'Egitto, gli diede la Torah, l'introdusse con Giosuè nella terra promessa, ne fece un grande regno, con Davide, ma il popolo però non fu fedele, subì punizioni ed esilio fino ai tempi di Gesù, quando i romani avevano occupato la Palestina e perse l'indipendenza.

In quel tempo il Battista invita tutti quelli che si definivano "figli di Abramo" al battesimo di penitenza e dice loro: "Fate dunque frutti degni di conversione, e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre." (Matteo 3,8s)

Il riferimento è preciso non basta essere figli di Abramo nella carne occorre esserlo nello spirito, non è questione di circoncidere il membro, ma accogliere il Signore che viene nella figura anche di Servo per servire.
Gesù, che si presenta loro come uomo che viene da Dio Padre, però non è accolto da quelli che si definiscono figli di Abramo.
Ecco che disse loro: "Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro! Gli risposero: Il nostro padre è Abramo. Rispose Gesù: Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! Ora invece cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo non l'ha fatto." (Giovanni 8,38-40)

San Paolo poi ai Galati in 3,6s dice: "Fu così che Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia. Sappiate dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede" e poi asserisce in 1Corinzi 7,19: "La circoncisione non conta nulla, e la non circoncisione non conta nulla; conta invece l'osservanza dei comandamenti di Dio."

I veri figli di Abramo sono quelli che sono figli suoi nella fede; questi, di fatto, sostengono i Vangeli hanno accolto Gesù.
La maggior parte degli ebrei, peraltro, sin dalla prima gioventù era istruita a leggere le Sacre Scritture e certamente al tempo di Gesù, come oggi, era ed è possibile una lettura della Tenak da cui si possa attendere la venuta nella carne in due tempi del Messia, prima come servo sofferente e poi nella gloria, il che spiega come molti ebrei credenti, sacerdoti, rabbini, farisei del tempo accolsero il cristianesimo dopo la predicazione degli apostoli.
Il libro degli Atti degli apostoli al riguardo propone:
  • Atti 5,34-39 - che Gamaliele, dottore della Legge, maestro dello stesso Paolo di Tarso (Atti 22,3) non escluse la possibilità che l'evento Gesù di Nazaret fosse nel disegno divino: "...se infatti questo piano o quest'opera fosse di origine umana, verrebbe distrutta; ma, se viene da Dio, non riuscirete a distruggerli. Non vi accada di trovarvi addirittura a combattere contro Dio!"
  • Atti 6,7 - che: "la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede."
Arnold Fruchtenbaum, un ebreo, autore nel 1983 di "Hebrew Christianity: its Theology, History, and Philosophy", pur senza uscire dal l'ebraismo si professa credente nel Messia Gesù, scrive: "Durante la formulazione del Talmud, i nostri rabbini hanno fatto studi approfonditi circa le profezie messianiche. Essi sono giunti alla conclusione che i profeti parlavano di due diverse figure messianiche. Il Messia che doveva soffrire e morire era definito Messia, figlio di Giuseppe (Mashiach ben Joseph). Il secondo Messia che sarebbe venuto dopo il primo era definito il Figlio di David (Mashiach ben David). Questo secondo Messia avrebbe risuscitato il primo Messia e avrebbe stabilito il regno messianico di pace sul la terra. Che il Tenakh presentasse questi due tipi di profezie messianiche era qualcosa che i rabbini dei primi secoli riconoscevano. Il Tenakh non afferma con chiarezza che ci sarebbero state due figure messianiche. Infatti, molte descrizioni paradossali si trovano l'una accanto all'altra negli stessi brani, in cui sembra che tutti i riferimenti siano a un'unica persona."

Il brano dei Magi di Matteo 2,1-12, peraltro, fa comprendere che tutta una frangia dell'ebraismo dell'epoca, contrariamente a quello odierno, riteneva che il Messia fosse proprio "Figlio di Dio" e "Figlio dell'uomo".
Vi si trovano, infatti, questi versetti:
  • Matteo 2,2 - i Magi chiedono: "Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo."
  • Matteo 2,8 - Erode "...li inviò a Betlemme dicendo: Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo."
Per un ebreo, infatti, la parola adorare può essere accettata solo nei confronti Dio Unico che s'era loro rivelato e, Erode il Grande, che si professava ebreo, sarebbe caduto in grave eresia se per gli ebrei di quel tempo nell'idea comune non ci fosse stato il pensiero che il Messia non fosse stato ritenuto uomo e Dio.
Mi sono chiesto come si dica in ebraico biblico adorare e ho trovato Isaia 2,12.20 ove si parla del giorno ultimo: "Poiché il Signore degli eserciti ha un giorno contro ogni superbo e altero, contro chiunque s'innalza, per abbatterlo... In quel giorno ognuno getterà ai topi e ai pipistrelli gli idoli d'argento e gli idoli d'oro, che si era fatto per adorarli..."; di conseguenza Lui solo è da adorare, ove "adorarli" è "shettachot" la cui interpretazione considerata da raddoppiazione vocale di della intermedia potrebbe essere + e in Giobbe 41,17 = sta per "maestà, sublimità" e, allora, alla sua "maestà sottomettersi".

Si trova pure Isaia 44,14-15: "Egli si taglia cedri, prende un cipresso o una quercia che aveva fatto crescere robusta nella selva; pianta un alloro che la pioggia farà crescere. L'uomo ha tutto ciò per bruciare; ne prende una parte e si riscalda o anche accende il forno per cuocervi il pane o ne fa persino un dio e lo adora, ne forma una statua e la venera." ove "adora" e ancora come sopra, mentre "venera" come "prostrarsi" è "sagad" con l'intento nascosto superstizioso di avere "piena fortuna ".

Solo il Signore IHWH sarebbe stato il "Salvatore" l'aveva detto ben chiaramente il profeta Osea 13,4: "Eppure io sono il Signore, tuo Dio, fin dal paese d'Egitto, non devi conoscere altro Dio fuori di me, non c'è salvatore fuori di me", quindi, il Messia poteva essere atteso anche come Dio.

La maggior parte però degli ebrei del tempo di Gesù, salvo che non avessero trovato il modo di rendere utile il rapporto con i Romani per i loro interessi, sentivano il grande peso dell'occupazione, e sostenuti in senso religioso da una lettura parziale delle loro Scritture, erano tutti tesi ad attendere un liberatore dai Romani con un Messia combattivo e vittorioso, tutto dalla loro parte.
Agitatori facinorosi facevano anche leva su alcune pagine delle Scritture per accendere gli animi, ma i posti conseguiti, gli interessi e gli affari erano una remora soprattutto dei capi e dei potenti al cambiamento.
L'indipendenza era ormai un imperativo nelle loro menti e il desiderio di una svolta storica non consentiva alla maggioranza di pensare a un Messia che non avesse in quel momento questo precipuo scopo.
Del resto, alcune Scritture lasciavano pensare a un capo politico in grado di cambiare con la guerra le sorti del popolo ebraico e farne un regno, al di sopra di tutti gli altri sulla Terra; si pensi a quei ritenuti Messia, Ezechia di Gamala, Atronge e Menachem, di cui parla Giuseppe Flavio e poi Simone bar Kokeba, che causò tra il 132 e il 135 la terza guerra giudaica e portò alla definitiva diaspora degli ebrei, tutti rivoltosi e capi militari.
Una lettura delle Sacre Scritture, come era possibile, meno terrena che facesse emergere la spirito del Servo di IHWH di Isaia e consentisse di prendere in mano la propria vita in modo radicale, con l'attesa di un liberatore dallo spirito del male, era di fatto dimenticata o addirittura respinta come una debolezza.
Questa era la situazione socio politica in cui il Signore Gesù portò avanti la predicazione, agli inizi accolta e forse appoggiata anche da zeloti e facinorosi che vedevano di buon occhio la capacità che aveva di attirare le masse.

Come Dice San Paolo in 1Corinzi 1,22-25: "Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini."

I Giudei, infatti, l'attendevano e non l'hanno riconosciuto!
Per questo è stato un sasso d'inciampo, appunto uno scandalo dal greco - "skàndalon", che significa "ostacolo", "inciampo".
Perché questo rifiuto da parte del popolo "eletto"?
Vi è stata un'interpretazione della "Torah" essenzialmente come Legge con prescrizioni da assolvere riducendo il messaggio escatologico e la figura del Messia che vi trapela nell'attesa di mere finalità umane e nazionalistiche.
Lo stesso culto nel Tempio si era ridotto in formalismo e non in luogo di preghiera e d'incontro col Signore, come trapela dall'episodio della cacciata da parte di Gesù dei venditori dal Tempio.
A ciò s'aggiunsero allontanamenti dalla "religione" da parte di classi sociali "emancipate", grecizzate e romanizzate, con illusione di acquisita sapienza e di superiorità che li faceva ritenere d'essere ormai autosufficienti.
Questo della ritenuta acquisita autosufficienza è pericolo degli uomini di ogni tempo, quindi, anche di oggi.
L'uomo di fatto si è convinto in modo radicale che non può riporre fiducia che in se stesso e che nulla possa esservi di utile per la sua "salvezza", che non spera ne attende, e che tutto in definitiva sia riassumibile nella realtà contingente che conosce; insomma i cieli sono chiusi per lui.
Ciò influisce anche sui "credenti" quando praticano più formalismo che interiorità per cui sentono con fastidio voci profetiche che tentano di scuoterli da posizioni acquisite.
Gesù non venne e non viene per confermare ciascuno nelle proprie sicurezze, ma è segno di contraddizione che non può essere accolto con tiepidezza che, di fatto, corrisponde a un rifiuto.

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