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VINCERE IL RIFIUTO
di Alessandro Conti Puorger

LA CREAZIONE E I VANGELI
Il primo libro del Pentateuco o "Torah" dell'Antico Testamento detto "Genesi", il cui originale è in ebraico, e il Vangelo di Giovanni del Nuovo Testamento, scritto in lingua greca, iniziano rispettivamente con "Ber'ashit", e con "'En archè", che si traducono in italiano nello stesso modo, "In principio...":
  • Genesi 1,1 - "In principio Dio creò il cielo e la terra";
  • Giovanni 1,1-3 - "In principio era il Verbo...tutto è stato fatto per mezzo di lui..."
Tale accostamento da parte dell'autore del Vangelo al Genesi pare l'invito a cogliere le idee sull'interpretazione meditata da parte della Chiesa cristiana primitiva di quel testo ebraico con inizio dalla "creazione", opera ripresa da parte del "Verbo" con gli eventi narrati nel Vangelo, il , che, appunto, creò "il cielo e la terra".

Tra i due scritti si era verificato l'evento della Buona Notizia di Gesù di Nazaret di cui i Vangeli recano la "Luce" che chiarisce definitivamente il mistero della vita e della storia facendole uscire dalle tenebre del caos e del caso.
Lui, il Cristo, è la pietra su cui si basa tutta la creazione (Giobbe 38,6 e Efesini 2,20s); pietra angolare (1Pietro 2,4-80) di svolta della storia, sì che il tempo ormai da più di XX secoli è diviso in prima (a.C.) e in dopo (d.C.) di Lui, ma anche d'inciampo per molti dei suoi correligionari e non solo.
Il Nuovo Testamento, insomma, chiede d'essere letto alla luce dell'Antico e nello stesso tempo invita a rileggere l'Antico alla luce di Gesù Cristo; ciò è in sintesi quanto propone il Vangelo di Giovanni iniziando con quel dire: "In principio...".

Quando San Paolo in 2Corinzi 3,14 propone "...le loro menti furono indurite; infatti, fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, quando si legge l'Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato", sostiene la cecità degli ebrei e che provò lui stesso, davanti alla luce di Cristo, vale a dire un'incapacità di rilettura dell'Antico Testamento che è portato a compimento dallo splendore dell'evento Gesù di Nazaret.

Del resto, in conclusione del Vangelo di Luca 24,44-47 Gesù risorto ebbe a dire: "Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi. Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme."

Nello stesso Vangelo, poco prima, ai "discepoli di Emmaus" il Risorto aveva anche detto: "Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui." (Luca 24,26s)

Tutto ciò, ossia la profezia della sua storia è in tutte le Sacre Scritture ebraiche, anche nel loro intimo, addirittura nelle stesse singole lettere, fatto che nel "discorso della montagna" in Matteo 5,17s Gesù stesso accenna col dire: "Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto."

Ne consegue che la lettura di quei testi, se tradotti, esclude scorci e messaggi importanti di quelle Sacre Scritture che invece sono solo intrinsechi all'alfabeto di 22 lettere usato che i sapienti ebrei ritengono far parte delle 32 "Sefirot" promanate dal Creatore stesso con doni e doti particolari.

Tale avviso l'ho preso in modo radicale e, prima di inoltrarmi nelle successive considerazioni, avverto che, com'è mio solito di quelle 22 lettere dell'alfabeto ebraico, tutte e solo consonanti, userò anche la particolare proprietà connessa al loro grafismo che dà loro l'aspetto di icone.
Come ho ampiamente verificato queste sono atte a trasmettere concetti come fossero mini-geroglifici, quindi, sono in grado di spiegare l'essenza di parole ebraiche, da leggere tipo rebus, e così di mettere in grado di decriptare interi versetti e capitoli facendo emergere la profezia dell'epopea gloriosa del Cristo.

Al riguardo, si vedano le schede di tali lettere, cliccando sui loro simboli a destra delle pagine di questo mio Sito, indi le regole di decriptazione in "Parlano le lettere" e "Le 22 sacre lettere - appunti di un qabalista cristiano".

Da tale metodo nel procedere di questi pensieri attingerò a piene mani, avendone ormai provato l'efficacia a partire dal 1996, con decriptazioni che danno inesauribilmente alla luce pagine di secondo livello della Tenak o Bibbia ebraica, letta alla luce dei Vangeli.
(Vedi: "Indice brani decriptati")

Ciò premesso, come propone l'inizio del Vangelo di Giovanni, mi riferisco in primis ai tempi della creazione riconsiderati alla luce dell'avvento nella storia del Messia, il Cristo, venuto come "servo di IHWH" nella persona di Gesù di Nazaret, morto e risorto, che tornerà nella gloria alla fine dei tempi per terminare il progetto e associare l'umanità consenziente, alla divinità.
Ecco, come il libro del Genesi1,3-5 presenta i primi atti della creazione:

"Dio disse: Sia la luce! E la luce fu.
Dio vide che la luce era cosa buona e
Dio separò la luce dalle tenebre.
Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte.
E fu sera e fu mattina: giorno primo."

Dio, quindi, ebbe a compiere le seguenti azioni:
  • disse, "i'omoer" , cioè parlò con autorità, sì che quanto voluto si compì;
  • vide, "ir'a" , fece delle considerazioni e valutò "buona" "tob" la luce;
  • separò, "iaveddel" quindi, fece una scelta;
  • chiamò, "iqr'a" (due volte) e diede le definizioni di "luce" "'or" , "giorno" "iom" , "tenebre" "cheshoek" e "notte" "lailah" .
Indi il testo marca questa prima fase con i termini "sera", , "o'eroeb", inizio delle tenebre, e "mattina", , "boqoer", inizio della luce.
Ora, le lettere ebraiche di quanto definito in quei tre versetti si prestano a descrivere parole dell'attività usuale giornaliera umana, infatti:
  • luce, "'or" , "iniziano a portarsi i corpi ";
  • mattina, "boqoer" , "da casa si versano i corpi ";
  • giorno, "iom" , "sono a portarsi i viventi ";
  • sera, "o'eroeb" , "si rivedono i corpi a casa ";
  • tenebre, "cheshoek" , "nascondere il sole con la mano a coppa ", "nascondere il fuoco in un vaso ";
  • notte, "lailah" , "per me la potenza esce ".
SULLE "TENEBRE"
In ebraico il tri-lettere di tenebre è il radicale di due famiglie di verbi:
  • con la lettera centrale come "sin", con un puntino sulla prima fiamma, significa "trattenere, riservarsi, risparmiare, inibire", quindi, "nascondere, impedire, fermare, arrestare" e "rifiutare".
  • con la lettera centrale come "shin", con un puntino sulla terza fiamma, significa "oscurarsi, rabbuiarsi, spegnersi, essere nero, offuscarsi".
"Sin" e "Shin"

Il termine "tenebre" sembra allora discendere dalla seconda famiglia, mentre se venisse dalla prima delle due si parlerebbero di ciò che impedisce, nasconde e tenta di fermare la luce o comunque non viene messo in luce.
Ora, ai tempi di Gesù nei libri liturgici, come quelli della Tenak, le 22 lettere ebraiche consonanti erano senza puntature usate oggi per indicare le vocali da associarsi alle lettere, puntature che non erano state ancora ideate o perlomeno rese d'uso generale nei testi liturgici.
Le lettere ebraiche, in effetti, è riconosciuto, sono 22 e una sola è la lettera , la 21a; quindi, non vi era differenza tra le lettere "sin" e "shin", altro che per una lieve diversa pronuncia, per cui quelle tre lettere potevano riguardare entrambi i suddetti radicali e più ampi erano i significati che potevano attribuirsi a tali tre lettere di Genesi 1,5 che aprivano la mente a commenti particolari.
Mentre il testo ebraico lascia libero ogni interpretazione, il testo in greco dei Settanta, che non aveva valore sinagogale in Palestina, propendeva verso la soluzione 2a di con la "shin" e così poi ci è pervenuto ed è prevalsa la versione "tenebre".

C'è, peraltro, un accenno nel Vangelo di Luca in cui Gesù pare collegare il concetto delle "tenebre" con qualcosa di "riservato" come "ciò che avrete detto all'orecchio", quindi, alla soluzione 1a; infatti, dice: "Pertanto ciò che avrete detto nelle tenebre, sarà udito in piena luce; e ciò che avrete detto all'orecchio nelle stanze più interne, sarà annunziato sui tetti." (Luca 12,3)

Le stesse lettere ebraiche di tenebre e di scuro insomma servono anche per dire nascondere, mettere in serbo, rifiutare.
Con il "no" a tali lettere inizia la salvezza del Messia che verrà dalla discendenza di Abramo grazia alla sua fede che nulla rifiutò al Signore.
Tutto iniziò al momento del sacrificio di Isacco in Genesi 22 quando:
  • Genesi 22,1-2 - 'Elohim "mise alla prova Abramo" dicendogli: "Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò.";
  • Genesi 22,12 - L'angelo di IHWH "...disse: Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito."
  • Genesi 22,15-17 - "L'angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare..."
Quel "non mi hai rifiutato" e "non hai risparmiato" nel testo ebraico sono scritti nello stesso modo "l'o chasheket" , quindi, derivanti dal 1° modo del radicale del verbo , ove = a fine parola.

Abramo fu il primo uomo di cui racconta la Bibbia che con i fatti alla prova dimostrò, con l'essere pronto a lasciare la casa di suo padre (Genesi 12) e il figlio (Genesi 22), di essere un fedele e verace seguace di Dio e si comportò proprio come un discepolo di Gesù di Nazaret che asserì: "Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà." (Matteo 10,37-39)

Dio con i fatti ebbe a dirgli, come tu Abramo, uomo di fede, non ti sei riservato, non mi hai risparmiato e non mi hai rifiutato o negato il tuo unico figlio che ami, così io non terrò nascosto il mio Unigenito Figlio che amo.
Del resto le tenebre non sono solo assenza di luce fisica, ma della Luce vera.

Luce e tenebre del primo giorno sono qualcosa di diverso e di più complesso.
La "Luce", insomma, è la prima pietra della costruzione, anche angolare, perché comporta una svolta, una scelta: stare con lei o rifiutarla.
Gli astri, infatti, in particolare sole e luna, non erano stati ancora creati, i giorni fisici non si potevano ancora contare, eppure in quei tre versetti Genesi 1,3-5 il testo già parla di sera, mattina, notte e giorno, quindi, di un tempo diverso da quello conosciuto e connesso all'astro della Luce vera che è il Cristo.

Questo tempo la C. E. I. lo traduce come il "giorno primo".
Del resto, come si evince da Genesi 1,14s, il misurare i tempi in giorni e anni, come si contano, fu possibile solo dalla quarta tappa della creazione, quando: "Dio disse: Ci siano fonti di luce nel firmamento del cielo, per separare il giorno dalla notte; siano segni per le feste, per i giorni e per gli anni e siano fonti di luce nel firmamento del cielo per illuminare la terra."

Il racconto del progetto complesso di Dio è però portato avanti con una descrizione che usa termini semplici per farli intendere al lettore d'ogni tempo, quindi con un'allegoria con il giorno materiale conosciuto dal lettore.
È da considerare che quanto la C. E. I. traduce "giorno primo" l'ebraico di Genesi 1,5 che non lo riporta come , "iom r'ashon", ma con le lettere , "iom 'oechad", traducibili come "giorno unico ".

Ora, in effetti, dal momento degli inizi a quando il mondo in avvenire finirà, vale a dire tutta la durata del tempo, è considerata un'unica entità, dimensione fuori dall'Eternità creata da Dio per l'uomo per fargli accogliere il Suo progetto, legata perciò a una specifica esigenza e situazione, quindi, del tutto contingente.
In definitiva il termine "questo oggi" è da considerare come un unico giorno.
Ecco che, allora, le sei successive tappe della creazione non sono altro che sotto-fasi, direi "ore" in senso lato, di quell'unico giorno ancora in corso.
Prima della creazione esisteva solo Dio nel proprio ambito di cui sono ignote le dimensioni che lo definiscono, per cui del divino, con riferimento alle nostre conoscenze spazio temporali, sappiamo solo balbettare... eterno e infinito.
Solo dopo i primi atti creativi ci fu la definizione delle dimensioni in cui si è a vivere, lo spazio - tempo, com'è segnalato con la parola "giorno" che poi troverà il senso fisico di tempo, divisibile e misurabile in successivi spazi temporali.

Ora, appena inizia, per come la racconta la Bibbia, la creazione si attua grazie a una potenza uscita da Dio, il Potente per antonomasia, in ebraico "'El" , che appunto si può definire come "il primo potente ", "l'origine della potenza ", "il primo per potenza ", chiamato dall'ebraismo anche "'Elohi" "dal primo per potenza esce l'esistenza ".

Allo spuntare della potenza creatrice, che intende affermare la volontà di portare all'esistenza un qualsiasi ente, appare un opporsi, la "non esistenza" che sembra far resistenza, come se la volesse trattenere.
È come la rottura del guscio di un uovo per far uscire la nuova vita e dilatare le strette della "non esistenza", quindi, superare le doglie del parto di cui parla San Paolo: "Sappiamo bene, infatti, che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto". (Romani 8,22)
Sono queste le doglie del Messia.
(Vedi: "La nuova creazione" in particolare "Progetto in corso d'opera")

La potenza, graficamente la avversa simile a un serpente, che pare opporsi al disegno di Dio per l'uomo nel "midrash" di Genesi 3 è proprio impersonata dal "serpente", il "nachash" .
Ora, i termini ebraici sia di "tenebre" "cheshoek" , sia di "serpente" "nachash" , contengono il bi-letterale "nascosto alla luce " per cui, ecco che il serpente si rivela proprio essere allegoria di una "energia che nasconde la luce ", perciò negativa - ribelle, pari a un angelo negativo, perché specchia e scimmiotta al negativo l'opera di Dio e il suo parallelo, il serpente terreno, preferisce vivere nascosto in anfratti della terra.
Della parola "tenebre", "cheshoek" , avendo lette come sopra le due lettere , resta da chiarire il significato simbolico della lettera finale che è la forma a fine parola dell'11a dell'alfabeto ebraico, la "kaf" , lettera che ruotata ha l'aspetto di un vaso , come il palmo di una mano a conca vista dall'alto.
Ecco allora che quel serpente è come se volesse mantenere chiusa, nascosta, la luce che viene dal particolare vaso di cui sto per dire.
Questa potenza negativa, presentata nell'allegoria generale come "serpente", sembra riuscire a vincere alcune battaglie, perché accolta dallo spirito bestiale dell'uomo che fa parte del regno animale, ma è ineluttabile che alla fine sarà vinta dal Creatore che riuscirà a far aderire l'uomo al progetto divino per farlo entrare nel Regno dei Cieli.
Tutto ciò senza cadere nel manicheismo che crede nella competizione di due dei, quello del bene e quello del male, ma di un fenomeno legato alla crescita che comporta un tempo e uno sforzo necessari per l'affermazione della pienezza dell'esistenza nei riguardi della mancanza di questa.
Ne consegue che male è il rifiuto di Dio cui aderisce l'uomo e non un altro dio che si oppone al bene.
Del resto l'uomo per essere come Dio lo desidera e l'ha pensato, a Sua immagine e somiglianza, occorre che nella libertà che è a lui lasciata implicante la possibilità del rifiuto, accetti il progetto, altrimenti resta fuori dalla divinità cui è destinato.
L'effetto di scegliere la "verità" offerta dall'angelo incarnato nel serpente "nachash" corrisponde ad aver scelto le tenebre e quella, purtroppo, fu agli inizi la scelta dei progenitori dell'umanità.
Questo serpente, infatti, è ritenuto un angelo ribelle ed è un falso portatore di luce in quanto, nello stesso tempo:
  • sembra luminoso "l'angelo si nasconde di luce propria";
  • ma, invero, "l'angelo nasconde la luce vera".
San Paolo, infatti, dice: "Satana si maschera da angelo di luce." (2Corinzi 11,14)
Il Vangelo di Giovanni, ricordando Caino che sotto il suo influsso uccise Abele, propone rispetto a questo tentatore: "Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna." (Giovanni 8,44)

Dalla terra, ecco che il sangue di Abele grida verso Dio e parla dell'odio da parte dell'uomo verso la sua luce perché si sono dirazzati, sono diventati razza del serpente, quindi, "razza di vipere".
Ne consegue ciò che dice il profeta Isaia agli inizi del suo libro: "Udite, cieli; ascolta, terra, perché il Signore dice: Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me... Guai, gente peccatrice, popolo carico d'iniquità! Razza di scellerati, figli corrotti! Hanno abbandonato il Signore..." (Isaia 1,2-4)

Le lettere ebraiche sono le seguenti:
  • di "Razza di scellerati", " "della razza del malvagio che sta nei viventi .
  • di "figli corrotti" , "il Figlio sarà tra viventi l'unto , sarà a finirne l'esistenza dai viventi ".
Il Signore, nel proprio immenso amore ha pensato di risolverle l'odiare , ossia il peccato nell'uomo, con una nuova occasione per lui, vale a dire gli propone di "rinnovare () l'origine " e di ricominciare da capo.
(Vedi: "Odio e amore")

Ai figli "corrotti" Dio risponde con il Messia e al serpente "nachash" contrappone il Messia "Meshiach" .

Del resto entrambi per le lettere ebraiche hanno stesso valore, infatti:
  • "nachash" = ( = 300) + ( = 8) + ( = 50) = 358
  • "Meshiach" = ( = 8) + ( = 10) + ( = 300) + ( = 40) = 358
Mosè, come racconta Numeri 21,9 innalzò un "serpente di rame" un "nachash nachash" nel deserto (rame - bronzo hanno le stesse lettere di "nachash") per salvare gli Israeliti dai morsi dei serpenti velenosi e, Gesù, in Giovanni 3,14-15 rivolse ai propri eventi la profezia del serpente innalzato, garanzia di libertà e di salvezza dal potere delle tenebre.
(In 2Re 18,4 Acaz fece distruggere quel serpente di bronzo fatto fare da Mosè chiamato "Nechushtan" , "serpente dragone ", cui in modo idolatra erano offerti sacrifici.)

I due soggetti, luce e tenebre, sono complementari, esprimono la libertà dell'uomo e le tenebre esistono solo se Dio lo permette, essendo padrone anche delle tenebre che lui separa dalla luce, quindi Dio ha fatto in modo di accettare la decisione dell'uomo anche se opera perché cambi idea.
Del resto, da parte di ciò che ha fatto Dio, non tutto è palese all'uomo, anche Lui tiene all'oscuro, riserbate e nascoste delle realtà.

A tale riguardo si trova nel libro di Giobbe 38,1-2: "Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all'uragano: Chi è mai costui che oscura il mio piano con discorsi da ignorante?" indi ciò che "oscura" , quindi "tenebra", di cui ha le stesse lettere, è ciò che si oppone al Suo piano creativo.

Dopo quel passo il Signore enumera vari misteri del suo creare che Giobbe non può conoscere e in 38,22-23 dice: "Sei mai giunto fino ai depositi della neve, hai mai visto i serbatoi della grandine, che io riserbo per l'ora della sciagura, per il giorno della guerra e della battaglia?" assieme a quel "Io riserbo" con le lettere di "tenebre", essendo tenute nascoste, il Signore rivela che ha pronto un piano per il "giorno della guerra e della battaglia", la guerra finale quando tutto il Suo piano sarà chiarito e sarà vinta ogni remora.

Ciò avverrà attraverso chi rovescerà le tenebre, il il "Meshiach", il Messia, un "retto" che ha le lettere stesse di "che oscura" ma disposte in modo diverso.
Sulle lettere di "Meshiach" propongono:
  • + "dai viventi angustiato " come in Salmo 42,6.7.12; 43,5 e "i viventi l'abbatteranno " come in Salmo 44,26 e Lamentazioni 3,20;
  • () + "rivivrà dalla fossa ()";
  • + + "a salvare () sarà dalla tomba ";
  • + + "per i viventi un dono nascosto " come in Matteo 13,44: "l regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo."
  • "ai viventi illumina ciò che è Nascosto ", i misteri del regno rivelati con le catechesi battesimali che sono un'illuminazione, pari a una risurrezione;
  • "i viventi a risorgere sarà dalle tombe ", risurrezione finale.
Il Messia è il "Figlio" che Dio "Padre" si è riservato e conservato per gli ultimi tempi per la guerra finale contro Gog e Magog di cui parla Ezechiele 38 e 39 e in Apocalisse 20,7-8.

TENEBRE FISICHE E TEMPO
Le tenebre fisiche sono legate al tempo, e in assenza di tempo, non vi sono tenebre, ma solo Dio che è solo luce; quindi, alla fine dei tempi spariranno.
Dio è come il sole a mezzogiorno all'equatore.
Si trova, infatti, nella prima lettera di Giovanni, "Dio è luce e in lui non ci sono tenebre" (1Giovanni 1,5) e poi in Luca 1,79b.s Dio "...verrà a visitarci dall'alto" come "un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte"; il tutto altri non è che una descrizione delle lettere di "Santo", "Qadosh" da leggere come ( + ) ossia al "qod" vertice ("è" verbo sottinteso) il sole "shoemoesh" indicato con la lettera iniziale, sole che è da considerare il Nome "Shem" che salva () come coglie il "Benedictus" nel versetto sopra riportato di Luca 1,79b.s.

Del resto, l'oscurità può solo dileguarsi all'espandersi della luce che è il bene, ma perché l'uomo non fosse da relegare in un robot obbediente per costituzione, la scelta della non esistenza gli è messa a disposizione come il contrario di Dio, quindi, non eterno, ma temporaneo, onde l'uomo possa esercitare la propria libertà e scegliere anche di cambiare natura.
Dice, infatti, al riguardo il Siracide 15,15-17: "Se tu vuoi, puoi osservare i comandamenti; l'essere fedele dipende dalla tua buona volontà. Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà." E la nuova natura comporta solo la vita e non la morte.
Questo pensiero in estrema sintesi comporta che è dato all'uomo il potere di rifiutare Dio, quindi, di annullarlo, il che poi in pratica è avvenuto come raccontato dai Vangeli con il rifiuto a Gesù di Nazaret, in cui Dio si è incarnato, vero Dio e vero uomo; l'uomo morì, ma ovviamente Dio non può essere annullato, quindi l'uomo Gesù risorse.
Dio ha fatto spazio in se stesso per dare la vita.
Si è proposto come utero di una madre, un contenitore che fornisce tutto quanto occorre per vivere - alimento, calore... e amore - e ha aperto la dimensione tempo per marcare un periodo necessario alla gestazione.

Ciò è conforme al pensiero di Paolo in Atti 17,24-28 quando parla ad Atene: "Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene... creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini... ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio perché cerchino Dio, se mai, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo..."

Pur se "viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" nel suo vaso, ossia all'ombra della sua rettitudine, nel suo intimo, nasce nell'uomo una volontà perversa che fa modo d'evitare di far conoscere la luce che solo da Dio promana.

La sostanza regale di Dio è caratterizzata da una qualità che solo di Lui e che non alligna più sulla terra, qualità infusa nel primo Adamo assieme alla "nishmat" , "l'energia del Nome segno ", l'alito vitale, quando Dio "soffiò nelle sue narici un alito di vita" (Genesi 2,7), ma fu scacciata dal primo rifiuto, avendo Dio rispettato e assecondato la volontà dell'uomo.
La rettitudine è la Sua tiara o corona, com'è immaginato incoronato il rotolo della Torah con il puntale sulla sommità, detta "Keter" , appunto "corona", sintetizzabile con l'iniziale di tale termine, la lettera "kaf" da pensare in questo caso come un casco , ruotata con la concavità in basso, come un vaso capovolto e indica che accoglie, concava, senza scabrezze, liscia come il palmo di una mano aperta che nulla nasconde, espressione della Sua "rettitudine" che è quale segno sulla Sua testa , per cui, appunto, è la corona "Keter" "la rettitudine gli segna la testa ".

Dice il profeta Isaia 59,17: "Egli si è rivestito di giustizia come di una corazza, e sul suo capo ha posto l'elmo della salvezza", ove:
  • elmo è "koba'" , "in un vaso ci si porta dentro per agire ",
  • salvezza è "ieshua'h" , quindi, "Gesù", "è un fuoco a portare alla vista nel mondo ",
  • capo è "ber'ashu" .
Queste lettere di seguito dicono anche "la rettitudine reca dentro nell'agire Gesù per ricrearli ad essergli simili ()".

San Paolo coglie due volte questi pensieri quando parla dell'armatura di Dio:
  • 1Tessalonicesi 5,7-9 - "Quelli che dormono, infatti, dormono di notte... Noi invece, che siamo del giorno, dobbiamo essere sobri, rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza. Poiché Dio non ci ha destinati alla sua collera ma all'acquisto della salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo..."
  • Efesini 6 - "...prendete anche l'elmo della salvezza".
Chi è con Cristo vive nel giorno, quindi nella luce e non nella notte vale a dire nelle tenebre... e si torna alla creazione di Genesi 1,3-5!
Il Creatore, quindi, emette e contiene la vita da cui nasce il vero "vigore" "kocha" , effetto della "rettitudine nascosta ", ossia del restare nel vaso di Dio.
Fuori di Lui nulla esiste, tutto si spegne, infatti, il radicale di "spengere" propone "dalla rettitudine uscire ", il che accade quando per propria scelta l'uomo esce dal vaso, dal manto di Dio e cade nella "non esistenza".
Tornando a quei versetti Genesi 1,3-5 è portato avanti un parallelo tra la luce, "'or" , definita "cosa buona", con quella fisica, emissione nel campo visibile dell'energia emessa del sole "shoemoesh" che da luogo a fiamme di fuoco "'esh" , a calore e luce, concetti rappresentabili con la lettera "shin" o "sin" , con tre fiamme o raggi di sole, energia che fa sorgere il giorno del tempo "iom" , ma se coperta e ostacolata ne viene l'oscurità o tenebre "cheshoek", quindi, la notte "lailah" .

La "notte", come le "tenebre", è in grado di alludere alla figura della "non esistenza", la mancanza degli effetti positivi della creazione, ove la potenza del non essere, personalizzato nel "serpente", resta non vinta finché non verrà il "giorno senza tramonto" che segnerà la fine del progetto e sarà completo al ritorno nella gloria del Messia per portare l'umanità a bearsi per sempre della contemplazione del volto del Padre dopo la notte Pasquale dell'ultimo combattimento vittorioso.
Ancora una volta si scorge l'idea di un giorno unico in sviluppo con inizio dal primo annuncio della luce, durante il quale Dio dona all'uomo, se l'accoglie, la propria stessa vita e questo è il pensiero dell'apostolo Paolo quando nella lettera ai Romani scrive come se i fedeli vivessero proprio in un giorno che sta per finire: "...è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce." (Romani 13,11-12), in quanto vicina è la completa luce del giorno glorioso di Cristo.

Ora, il Vangelo di Giovanni col suo esordio, "In principio...", abbiamo considerato, intende riferirsi proprio ai primi atti creativi descritti dal libro del Genesi e a completamento in 1,1-3 dice: "In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste."

Ecco che in primo luogo precisa che il Creatore ha operato con la propria Parola, la persona del Verbo, "egli parla e tutto è fatto, comanda e tutto esiste." (Salmo 33,9) proclamando con autorità delle "parole" e, dice il Signore in Isaia 55,11, la Parola: "...non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata."

Poi quel Vangelo in 1,4 prosegue: "In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini" per cui suggerisce che il progetto che Dio intende attuare attraverso la Parola, in corso di svolgimento, è proprio il portare la propria vita divina: "In lui era la vita" e " la vita era la luce".

Dove si trova la vita nella parola "luce" "'or" ?
Eppure il Vangelo di Giovanni sostiene che in quella "luce" c'è la vita di Lui.
Tale asserzione viene da una lettura ispirata del testo del Genesi utilizzando proprio le lettere originarie ricordando che a "luce" corrisponde "giorno".
Ciò, in effetti, si profila solo con l'incarnazione di Dio che il Vangelo poi rileva avveratasi, col sottolineare "Veniva nel mondo la luce vera" del versetto 9.
Il Vangelo di Giovanni, pur se scritto in greco, sta seguendo il testo ebraico del Genesi e conferma quanto proposto dal significato grafico delle lettere ebraiche della creazione in Genesi 1,4 quando vi si dichiara che il Verbo "...chiamò la luce giorno".

La luce vera è quella "'or" , di cui in pratica le lettere stanno ad affermare che "l'Unico si porterà nel corpo ", quindi, profezia d'incarnazione, e l'aggettivo "vera" suggerisce che non è la semplice luce fisica, d'altronde, quella fisica ai tempi di Giovanni era comunque a disposizione di ogni uomo.
Ne consegue che la vera "luce" "'or" è pari a "giorno" "iom" .
Tramite la persona del Verbo abbiamo considerato che luce "'or" è pari a "l'Unico si porterà nel corpo " e, allora, rende concrete e compie il messaggio delle lettere di giorno "iom" , ossia "è a recare la vita ".
Soltanto quando ciò sarà avverato, si completa il vero giorno del Signore.

A questo punto è da ricordare che Genesi 1,4 esclama: "Dio vide che la luce era cosa buona", quindi, la luce è "tob" , ossia il Signore con questa luce, il proprio "cuore, amore, utero porta dentro " nel senso che tutto quello che crea lo fa per e con amore.

In "Odio e amore" circa i significati grafici delle lettere di quelle parole "luce" "'or" che era buona "tob" e fu separata dalle "tenebre" "choshoek" ebbi già a commentare che vi è come il "desiderio () di un corpo ", come se l'Unico, appunto, annunciasse l'intenzione di una futura incarnazione e questo fu ritenuto buono "tob" in quanto "l'amore porterà dentro " a ciò che creerà.
La "luce" è messa in contrapposizione alle tenebre "choshoek" , come se qualcuno fosse a "nascondere la luce in un vaso " e non la mette sopra a un lucerniere o candelabro, come dirà Gesù: "Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa." (Matteo 5,14s)

Il giorno "iom" , effetto della luce, è la rivelazione che Dio "sarà a portarsi in un vivente ", mentre la notte, "lailah" , è l'effetto delle tenebre ed è stata interpretata in senso allegorico come "una potenza che fu dal Potente a uscire ", rafforzando l'idea degli angeli ribelli decaduti, come potenza che si ribellò e fu emessa a possibilità di scelta per l'uomo.
Il serpente "nachash" poi, le cui lettere suggeriscono che è "l'angelo che nasconde la luce ", conferma come possa essersi consolidata nel tempo il pensiero di una rivolta angelica prima della creazione.
Ecco, allora, nell'immaginario folcloristico ebraico il personaggio di Lilit, moglie del demonio Sammaele, che si sfrena di notte e ne combina di tutti i colori e, allora, Dio con la propria luce separò, "iveddel" , le "tenebre" affinché "fosse da solo il serpente " a restasse relegato nella "non esistenza" che caratterizza la negazione di Dio.

Dice Giovanni 1,9: "Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo" e la luce del sole, in effetti, illumina ogni vivente, ma non è quella di cui parla, altrimenti non vi sarebbe la specificazione di "vera" e che "veniva".
Pare proprio che con quei "vera" che "veniva" Giovanni sia ad asserire che era quella profetizzata sin dalle origini e che si deduce dando pieno e corretto senso alle lettere di quando fu creata e proclamata per la prima volta in Genesi 1,3, vale a dire quella "Luce" "'or" era il "titolo" del progetto della creazione che iniziava: "l'Unigenito si porterà in un corpo ", cui tutto poi seguirà.

Dio conosce la testardaggine dell'uomo e gli usa benevolenza come si trova in Giobbe 33,29-30 per cui cerca di evitargli la scelta sbagliata e questo lo propone e "... fa Dio, due volte, tre volte con l'uomo, per sottrarre l'anima sua dalla fossa e illuminarla con la luce dei viventi".

Per "illuminarla con la luce" è scritto "b'or le'or" per cui non è luce del sole che tutti i giorni sorge, ma una luce di salvezza speciale.
Questa è la luce vera di cui il Vangelo di Giovanni intende annunciare, la luce che porta alla conversione, ossia al ritorno a Dio e fa uscire dalla corruzione della "fossa".

Il testo di Giobbe, infatti, sostiene che è una luce atta a "sottrarre l'anima sua dalla fossa" e per "sottrarre" scrive "lehashib", in pratica per il ritorno ed è implicito che senza Dio l'uomo è come già nella fossa che sotto l'aspetto fisico lo attende inesorabilmente.
Quella "luce vera" di cui parla Giovanni in ebraico sarebbe "'emoet 'or" per cui le lettere suggeriscono "da primogenito di una madre indica che l'Unico si porterà in un corpo " e dà luogo al "vero giorno" "'emoet iom" quando "l'Unico i morti sarà a riportare in vita ". Il Suo giorno "natale" è stato quando "s'è portato tra i viventi " e si concretizzò un importante fase del progetto iniziato in Genesi 1.
Ecco che lo "iom 'oechad" il "giorno unico", si svilupperà poi quando Cristo dalla croce "sarà a portare la vita per i fratelli in aiuto " e quando "sarà a portare i viventi fratelli per mano " dal Padre.

Tutto questi eventi avvengono nell'unico giorno, il giorno del Signore!
(Vedi: il mio "midrash" "Tempo-eternità")

Dice Gesù a conferma di una tale lettura: "Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo." (Giovanni 9,4-5)

Del giorno fatto dal Signore il Salmo 118,21-24 canta in questo modo: "Ti rendo grazie, perché mi hai esaudito, perché sei stato la mia salvezza. La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d'angolo; ecco l'opera del Signore: una meraviglia ai nostri occhi. Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso", ove:
  • mia salvezza" è "li lishua'ah" "il mio Potente Gesù ", ma anche "dalla notte salvezza "; del resto passerà di notte per fare uscire il suo popolo dall'Egitto, nella notte scenderà nella tomba, entrerà negli inferi e distruggerà la morte, poi nella notte risorgerà.
  • la pietra scartata dai costruttori "'oeboen ma'su habonim" è ricordata in Matteo 21,42, Marco 12,10, Luca 20,17, Atti 4,11 e in 1Pietro 2; le lettere relative suggeriscono: "dell'Unico il Figlio la vita dell'Unico da un foro per un'asta che l'aprirà da dentro porterà l'energia per la vita ".
  • Il giorno fatto dal Signore, infine, è "ha-iom a'shah IHWH" per cui quel Gesù "fuori sarà a portarsi da un seno () alla luce dell'esistenza , si porterà nel mondo ".
    "Nel giorno fatto dal Signore" Lui stesso "al mondo sarà a recare la vita agendo , della risurrezione l'esistenza recherà nel mondo ".
Il Vangelo di Giovanni con l'episodio della risurrezione di Lazzaro pare proprio sottolineare l'avvento del giorno del Messia, il giorno ultimo, infatti si ricava chiaramente dal colloquio di Marta con Gesù: "Marta disse a Gesù: Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà. Gesù le disse: Tuo fratello risorgerà. Gli rispose Marta: So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno. Gesù le disse: Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo? Gli rispose: Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo." (Giovanni 11,21-27)

Era appunto iniziato l'ultimo giorno, era venuto il Cristo!
Nella traduzione in italiano C. E. I. del 1975 della Bibbia si trova per 28 volte l'espressione "giorno del Signore", di cui 20 nell'Antico Testamento e 8 nel Nuovo Testamento.
Si canta nell'inno dell'ufficio delle Lodi nelle Domeniche del tempo ordinario: "giorno primo e ultimo, giorno radioso e splendido del trionfo di Cristo!"

NON VOLER NASCERE
Dopo i primi quattro versetti, in sintonia con i versetti del Genesi relativi alla creazione della luce, il "Prologo" del Vangelo di Giovanni esclama: "la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta." (Giovanni 1,5)

La "luce" vera, di cui parla il Vangelo di Giovanni come discende da una possibile lettura del rebus formato da quelle tre lettere ebraiche che la definiscono e portano al pensiero "dell'Unico che si porta in un corpo ", è l'evento dell'avvenuta incarnazione che asseriscono i Vangeli, atto compiuto dalla persona del Figlio di Dio per servire nella carne come Emmanuele - Dio con noi - l'umanità nella persona di Gesù di Nazaret.
Il fine è far sorgere in terra il corpo - popolo - Chiesa , che si estenderà in tutti i popoli per annunciare e preparare il Suo ritorno nella gloria a conclusione delle vicende creative con cui Dio intende estendere la propria natura all'uomo, la creatura pensata perfetta per cui tutto ha creato e che vuole elevare a partecipare del dono della divinità.
Dell'adozione a figli, dono della fede in Gesù Cristo, ne parla San Paolo in:
  • Romani 8,23 - questa porta "alla redenzione del nostro corpo".
  • Romani 9,4-8 - Gli Israeliti "...possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa" ma "non tutti i discendenti di Israele sono Israele", Abramo infatti, ha avuto tanti figli, ma figlio della promessa è solo Isacco, che ebbe fede come il padre al momento del sacrificio in Genesi 22, in cui fu sostituito dall'ariete, figura di Cristo.
  • Galati 4,4s - "Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli".
Questo corpo è il nuovo Israele e segna una fase successiva a quella del primo Israele che aveva avuto la funzione di preparazione della luce vera, come fu la figura di Giovanni Battista per Gesù.
La luce vuole ovviamente espandersi e incontra le menti, i cuori, le condizioni di vita e gli interessi delle persone che senza di Lui sono tenebre da illuminare, da accendere e incorporare nella luce.
Tutti gli uomini del mondo, anche i trapassati, visto che il Cristo scende fino agli inferi, si sono trovati, si trovano o si troveranno davanti alla Sua luce, diretta o riflessa, e fanno ancora parte delle tenebre se per loro è ancora "nascosta la luce della rettitudine " di Dio.

Vi sono anche le "vere" tenebre, coloro che volontariamente si nascondono o fanno aperta o celata opposizione all'apparire di quella luce, in quanto, hanno precisa volontà di non venire alla luce, non vogliono nascere alla vita "vera", al 100% sono restati ancora figli della "non esistenza" e nel Regno dei cieli entra solo l'uomo nuovo, quanto in vita ognuno ha accolto di esistenza vera.

Il motivo di questo diniego è spiegato dallo stesso Vangelo in Giovanni 3,16-21 quando è detto: "Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque, infatti, fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio."; non vogliono nascere, perché amano le tenebre e odiano la luce.

E il Vangelo propone che ciò avviene "perché le loro opere erano malvagie", quindi, per una scelta di campo, in quanto, non credono in Dio e nel suo amore, eppure anche per amore verso di loro il Padre ha dato il Figlio Unigenito.

In tal modo quelli sono pervicaci nell'errore dei progenitori di cui al "midrash" della caduta in Genesi 3 e portano lavanti la propria vita senza avere mai ricevuto la gioia di conoscere d'essere stati veramente amati dal proprio Creatore che s'è fatto uomo e ha dato anche per loro la propria vita.
Questa luce che s'espande è circondata dalle tenebre "choeshoek" .

Ora, nel libro dei Numeri al capitolo 33,50-56 Dio diede disposizioni a Mosè per istruire gli Israeliti circa la futura occupazione della terra promessa che poi si concreterà sotto il comando di Giosuè.
Il popolo di Dio in quel momento era la luce "l'Unico portava il suo corpo - popolo " e i nemici erano le tenebre da cacciare e vincere.
Ora, in quell'episodio Dio tra l'altro dice: "...se non caccerete dinanzi a voi gli abitanti della terra, quelli di loro che vi avrete lasciati saranno per voi come spine negli occhi e pungoli nei fianchi e vi tratteranno da nemici nella terra in cui abiterete." (Numeri 33,55)

Di questo versetto, visto com'è nel testo ebraico della Tenak, mi hanno colpito i seguenti termini.

"non caccerete" "l'o torishu" le cui lettere si prestano:
  • a una lettura antica del "Potente Unico la Torah - Legge () sarete da luce a portare ";
  • altre ispirate dai Vangeli, "la potenza dell'Unico dalla croce porterà dal corpo , gli saranno simili ()" o ancora "il Potente verrà () a portare un corpo - popolo - Chiesa che sarà la luce a recare ".
"spine" che lì sono "shikkim" , quindi, e al singolare "shek" il che suggerisce una lettura di tenebre come "stretto da spine " e ne conseguono i seguenti pensieri:
  • l'ariete che al momento del sacrificio è presentato dall'angelo di Dio in sostituzione di Isacco è con le corna impigliato in un cespuglio (Genesi 22,13);
  • a Mosè, Dio per la prima volta si presenta in un roveto (Esodo 3,2);
  • Matteo 27,29, Marco 15,17 e Giovanni 19,2 evidenziano l'offesa di spine sulla testa di Gesù, questa è il casco , la corona "Keter" della "rettitudine che segna la testa " che gli spetta, emette raggi di luce e coloro che lo respingono rispondono come spine concrete che lo trafiggono e divengono la Sua corona di spine.
Secondo il Vangelo di Giovanni il solo fatto d'essere un nato da madre terrena e d'essere vissuti in questo mondo per un tempo breve o lungo non è sufficiente ad assicurargli la vita "vera", quella divina ed eterna.
Per l'individuo la nascita fisica comporta solo l'essere entrato nella fase della gestazione alla vita "vera"; dopo ci sarà la prima morte, quella fisica, cui seguirà la risurrezione e il giudizio di Dio sulla vita vissuta che riguarderà tutti e che ripagherà sofferenze e vite incolpevoli.
A conferma di tali pensieri, il libro dell'Apocalisse, attribuito dalla tradizione a Giovanni, ritenuto anche autore del IV Vangelo canonico, per ben quattro volte - 2,11, 20,6.14 e 21,8 - cita l'esistenza di una seconda morte.
Ora, la prima morte, è quella naturale che riguarda tutti, ma la seconda non è per tutti, come dice in 20,6 non è per coloro "...che prendono parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo, e regneranno con lui per mille anni."

Questi regneranno sulla terra con Cristo per i mille anni in quanto è da ricordare il pensiero in 2Pietro 3,8 "...davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo", perciò questi mille anni sono proprio figura del "giorno del Signore".

La prima risurrezione, non riguarda tutti, ma solo quelli che sono illuminati dallo Spirito Santo, quelli che entrano a far parte del corpo di Cristo in terra, la Chiesa, gli entrati nella Sua luce , vale a dire "dell'Unico si portarono nel corpo - popolo - Chiesa ", infatti, l'entrare nella luce di Cristo è aprirsi alla vita nuova, è come un risorgere, il nascere una seconda volta dal fonte battesimale della Chiesa, nostra madre e Sua sposa.
Questo è il tema portato avanti da Gesù con Nicodemo nell'episodio narrato dal Vangelo di Giovanni poco prima dei versetti sopra citati del capitolo 3.
Si trova poi nella Bibbia:
  • 2Maccabei 7,9 - "...ma il re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna".
  • Romani 6,4 - "Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova."
A questo punto tornando al prologo di Giovanni in 1,10-11, prosegue incalzante: "Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto".

Il mondo non lo riconobbe, del resto Gerusalemme era una città in cui convenivano genti da tutto il mondo conosciuto e i "suoi", i giudei, che lo attendevano, non lo accolsero se non in pochi, mentre: "Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: Davvero costui era Figlio di Dio!". (Matteo 27,54)

La conclusione però è che la luce che viene dalla croce di Cristo non torna indietro senza effetto, si diffonde nel mondo come esemplificativo nel famoso mosaico absidale della Basilica di San Clemente a Roma e tale luce produce illuminati, i neofiti, i battezzati, che per grazia sono assunti a figli di Dio.

Quel prologo, infatti, ai versetti seguenti 12-14 continua in questo modo: "A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità."

GESÙ ESORCISTA
Il mondo si oppone al riconoscimento del Figlio Unigenito essendo sotto il potere delle tenebre, "il principe di questo mondo" come lo chiama Gesù in Giovanni in 12,31 "...ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori" e in 6,11 "...il principe di questo mondo è stato giudicato."

Questi ha dirazzato gli uomini che hanno rifiutato Dio e senza accorgersene operano come figli di tale potenza delle tenebre.
I Vangeli, peraltro, hanno tanti riferimenti a persone soggette a spiriti immondi, gli ossessi o indemoniati, in cui il possesso di tale potenza è più evidente, ma per i peccati il potere del demonio si fa sentire in tutti.
Gesù, Figlio di Dio, il Messia ha però il potere di cacciare il demonio e questa attitudine lo dovrebbe far riconoscere da Lui viene il pieno potere dell'esorcista.
L'umanità, di fatto, è un'assemblea di "illegittimi" davanti a Dio, perché nati sotto il medesimo influsso che ha portato alla nascita dei primi figli di Adamo, nati tutti fuori dal "Gan Eden" o paradiso terrestre dopo la rottura del loro patto con Dio, fuori, quindi, dell'alleanza della prima coppia col Signore.
Ecco l'attesa di un primo figlio legittimo, il Figlio dell'Uomo e di Dio che libererà tutti restituendo la paternità di IHWH che hanno perduto con l'origine.
Gli uomini, di fatto, sono "indemoniati" e sono riscattati solo da Gesù e della Sua Chiesa cui a dato il potere di "diventare figli di Dio" (Giovanni 1,12).
Ecco che Gesù liberà dai demoni, quindi, è Lui il Messia.

È significativo il racconto dell'indemoniato nel territorio di Gerasa o di Gadara riportato in Marco 5,1-17 e come paralleli in Matteo 8,28-34 in Luca 8,26-39.
Marco parla di Gerasa, Matteo di Gadara e Luca di Gerasa; sia Gadara che Gerasa erano nel territorio della Decapoli, aldilà del Giordano, ma Gerasa era più importante e conosciuta anche dai non giudei ed era più vicina al mare; forse Gadara fu il risultato di una errata traslitterazione di Gerasa dal primitivo testo aramaico di Matteo.
Riporto succintamente il racconto secondo Marco 5:
  • Marco 5,1-2 - "Giunsero all'altra riva del mare, nel paese dei Geraseni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro."
  • Marco 5,6-9 - "Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? ...Gli diceva infatti: Esci, spirito impuro, da quest'uomo! E gli domandò: Qual è il tuo nome? Il mio nome è Legione gli rispose - perché siamo in molti."
  • Marco 5,12-15 - "Lo scongiurarono: Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi. Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare... la gente venne... videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura."
Pregarono Gesù di andarsene dal loro territorio.
Lo spirito immondo:
  • riconosce Gesù quale "Figlio del Dio altissimo"?
  • si definisce "Legione", anche nel racconto di Luca, e il nome "Legio" al plurale "legioni" ricorda le legioni romane che occupavano il territorio.
  • chiede di entrare in 2000 porci e tutti affogano nel mare, evento che allude agli egiziani che affogarono al miracolo dell'apertura del mare in Esodo 14.
È da tenere conto che in quel tempo, tra il 26-36 d.C., Ponzio Pilato fu il V prefetto di Giudea e disponeva per il controllo del territorio la legione "Decima Fretensis", ove "Decima" ricorda l'invincibile Legio X di Giulio Cesare e "Fretensis" da "fretum", che significa "frattura, stretto" perché formata da legionari del "Fretum Siculum", cioè dello Stretto tra Calabria e Sicilia, i soldati romani citati dai Vangeli nella passione di Cristo.

La legione era costituita da circa 5000 uomini e era acquartierata in più posti strategici per garantire un controllo capillare del territorio, ma sempre in Giudea e non nella Decapoli, ma a seguito della legione si muoveva tutto un indotto di romani e filo romani per l'approvvigionamento e i servizi di qualsiasi tipo, nonché per garantirne il vettovagliamento e le necessità più diverse.

Per gli Israeliti, credenti, era proibito mangiare carne di "chazir" ossia di porco (Levitico 11,7), e quei porci si lanciano nel mare; d'altronde anche le lettere ebraiche lo suggeriscono se si pensano come () + () in quanto è "vedere" e è "lanciare" per cui "si vedono lanciarsi".

Quei porci del racconto evangelico evidentemente erano di allevamenti che garantivano carne ai legionari e agli altri pagani in zona, ma evidentemente allevamenti del genere non erano consentiti in Giudea e, allora, il vicino territorio dei Geraseni, sito in Decapoli, ben si prestava per quella produzione.
Credo che la parola "Legioni", detta dallo spirito che invadeva l'ossesso, se pensata traslitterata in ebraico o aramaico, può fornire una spiegazione.
A tale riguardo, escludendo le vocali che non esistono nelle 22 lettere ebraiche, per "Legioni" ci si riduce a traslitterale le consonanti LGN e in ebraico, da destra a sinistra, si ha che si può pensare come + .
La prima lettera, la "lamed" , graficamente ben indica un serpente, mentre il biletterale "gan" in ebraico significa "giardino".
Ecco che messa in questo modo "Legioni" che evoca + è chiaramente allusivo all'ebreo di quei tempi al serpente che i progenitori in Genesi 3 incapparono nel Gan Eden o Paradiso terrestre da cui venne il male nel mondo.
Con ciò tutto quadra; nell'indemoniato agiva a pieno il "serpente", capo di tutti gli esseri ribelli.
Conclusione, è "indemoniato" chi ha detto sì a quel serpente di Genesi 3, in pratica, tutti i figli di Adamo.
A corollario ne discende che dai patrioti israeliti e in particolare dagli zeloti a quei tempi i romani erano considerati proprio palesemente indemoniati.

RICONOSCERE IL TEMPO DEL MESSIA
Gesù col suo richiamo costante alla concretezza del rapporto con Dio è scomodo e spesso non è riconosciuto.
Il suo richiamo del resto chiede una risposta radicale e di cambiare il modo d'interpretare la propria vita, ma per l'uomo, preso dal proprio trantran e dagli affari, è più facile un atto di rinuncia nei suoi confronti e alla conversione che che comporta, piuttosto che guardare finire il proprio ondivago comportamento.
Nessuno è esente da défaillance in tal senso per cui, distolti dalle cose del mondo, pur senza rasentare l'illecito, anche i migliori perdono di vista l'essenziale e così evidentemente si comportavano molti farisei al tempo dei Vangeli, in teoria fedelissimi alla Torah, ma nella pratica avevano perso il senso essenziale del rispettare l'alleanza, per cui la venuta del Messia per loro ormai era nel mondo dell'utopia.
Gesù ad alcuni farisei che gli chiedevano: "Quando verrà il regno di Dio? Egli rispose loro: Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, oppure: Eccolo là. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!" (Luca 17,20-21)

Nell'episodio della sua entrata in Gerusalemme, accolto festante dai suoi seguaci, lo stesso Vangelo fa presente che Gesù quando fu vicino alla vista della città pianse su di essa, dicendo: "Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata. Entrato poi nel tempio, cominciò a cacciare i venditori, dicendo: Sta scritto: La mia casa sarà casa di preghiera. Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri!". (Luca 19,42-46)

Lui, Gesù, era proprio la via della pace come dice il Vangelo di Giovanni 14,6: "Io sono la via, la verità e la vita".
Del resto il profeta Isaia nel capitolo 59,2.8 rimprovera aspramente il popolo di Dio che ha deviato dai suoi passi nei riguardi del Signore e dice: "Ma le vostre iniquità hanno scavato un abisso fra voi e il vostro Dio... Non conoscono la via della pace, non c'è giustizia nel loro procedere..."

Il Cristo purtroppo fu ed è rifiutato.
Il tempo della vita è quanto ha a disposizione l'uomo per prepararsi all'incontro con Dio, ma e se vive come se Dio non esistesse certamente non può rendersi conto che vive nel Regno di Dio che può chiamarlo in qualsiasi momento per l'incontro faccia a faccia.
Accade che molti, ai tempi di Gesù ed anche ai nostri, ritengono di non aver bisogno del Messia - salvatore o perché atei o, pur se si professano credenti, perché, di fatto, presentano una negazione intrinseca ritenendosi giusti e di meritare la vita eterna, senza il giudizio finale e l'intermediazione del Salvatore rendendo vana per loro l'opera di salvezza del Cristo, venuto per i peccatori.
Eppure, nessuno è senza peccato, come insegna l'episodio dell'adultera in Giovanni 8,1-11 quando Gesù disse "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei" e tutti se ne andarono senza lapidarla.

Altri temono la persecuzione o di non essere più accettati e resistono allo Spirito Santo preferendo ciò che allontana dalla vita eterna.
C'è anche un pericolo per quelli che credono di seguire la via giusta per attenderlo, il pericolo di sedersi compiaciuti guardare il proprio ombelico spirituale, credendosi ormai "figli di Abramo", ossia figli della fede, ma "razza di vipere" li definisce il Battista in Matteo 3,7-9 e in Luca 3,7-9, epiteto che equivale a dire figli del serpente e figli delle tenebre.
Questo epiteto si ritrova poi in bocca allo stesso Gesù in:
  • Matteo 12,34 - "Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? Poiché la bocca parla dalla pienezza del cuore."
  • Matteo 23,33-34 - "Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna? Perciò ecco, io vi mando profeti, sapienti e scribi; di questi alcuni ne ucciderete e crocifiggerete, altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città..."
Per accorgersi della presenza del Regno, insomma, occorre che l'uomo viva con lo spirito disposto a continua conversione in attesa della gioia dell'accoglimento del Messia.
I Salmi insegnano al fedele il segreto della felicità, il senso della vita e il modo di vivere di ogni giorno il proprio rapporto con Dio:
  • Salmo 90,12-15 - "Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore. Volgiti, Signore; fino a quando? Muoviti a pietà dei tuoi servi. Saziaci al mattino con la tua grazia: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni. Rendici la gioia per i giorni di afflizione, per gli anni in cui abbiamo visto la sventura."
  • Salmo 95,7-9 - " È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce. Se ascoltaste oggi la sua voce! Non indurite il cuore come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere."
L'attesa è fruttuosa se resta a contatto con la Sua parola, perché come la goccia che scava la pietra fa intraprendere il doveroso lavoro di ogni giorno nei Suoi confronti per cogliere quanto si è in grado di cogliere della Sua sapienza e cambiare per raggiungere la "sapienza del cuore", vale a dire l'amore verso Lui e il prossimo, necessari per attendere nel modo giusto la Sua venuta.
Tutti e quattro i Vangeli canonici prima di narrare la vita pubblica di Gesù parlano del precursore, Giovanni il Battista.
In particolare il "prologo" del Vangelo di Giovanni dice di questi:
  • Giovanni 6-8 - "Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce."
  • Giovanni 29 - "Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!"
Il Vangelo di Matteo poi prepara quanto dirà Gesù in Luca 17,20-21 con i versetti citati all'inizio del presente paragrafo: "In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea, dicendo: Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!" (Matteo 3,1-2)

Il Battista rende concreto quanto profetizzato dal profeta Isaia 40,3 con: "Una voce grida: Nel deserto preparate la via al Signore", è l'anello che collega l'antica e la nuova alleanza, avverte che con Gesù viene ed è già presente il Regno dei cieli, quindi, invita alla conversione e alla Sua accoglienza.
Gesù è l'Agnello, quindi, il Servo di IHWH, il servo sofferente che non fu accolto nemmeno dai suoi, se non da pochi, l'ariete in sostituzione di Isacco.

I FIGLI DI ABRAMO ACCOLGONO IL SIGNORE
Vivere in attesa e nella fede per riconoscere il Signore è l'insegnamento che viene da Abramo; al riguardo Genesi 18,1s propone: "Poi il Signore apparve a lui (Abramo) alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra..."

La località delle querce di Mamre, "Mamre'" - ossia "luogo della visione o anche del "modello" dal radicale ebraico di "vedere" - è nei pressi di Ebron, città a 30 Km a nord di Gerusalemme, territorio allora degli Hittiti, ove vicino c'è anche la grotta di Macpela, sepoltura dei patriarchi e di matriarche a cominciare da Sara (Genesi 23).
Qui evidentemente Dio fece intravedere qualcosa d'importante all'amico Abramo (Isaia 41,8) come poi fece vedere a Mosè sull'Oreb.

La C.E.I 2008 traduce quell'inizio del capitolo 18 con un "Poi..." come proseguimento in modo stretto del 17, invece starebbe bene un "Quindi...", in quanto il versetto 18,1 e tutto quanto lo segue intende fornire dettagli e cronaca di ciò che era avvenuto nel precedente capitolo, quando fu istituito il segno della circoncisione nella carne.
Il Signore ivi aveva tra l'altro detto ad Abram:
  • Genesi 17,4 - "Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te."
  • Genesi 17,5 - "Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò."
  • Genesi 17,19 - "Sara, tua moglie, ti partorirà un figlio e lo chiamerai Isacco. Io stabilirò la mia alleanza con lui come alleanza perenne, per essere il Dio suo e della sua discendenza dopo di lui."
  • Genesi 17,21 - "stabilirò la mia alleanza con Isacco, che Sara ti partorirà a questa data l'anno venturo."
  • Genesi 17,22 - "Dio terminò così di parlare con lui e lasciò Abramo, levandosi in alto."
Ora al 18,14, il testo ripete: "Al tempo fissato tornerò da te tra un anno e Sara avrà un figlio." il che dimostra che il capitolo 18 è proprio un chiarimento del 17 visto che avviene nello stesso tempo di quanto asserisce in Genesi 17,21, quindi, trattasi della stessa vicenda.

Come pone in evidenza il testo col dire: "all'ingresso della tenda", certamente c'è un'allusione, vista l'ora e il caldo, al possibile sonnecchiare che era quanto ci si poteva attendere da chi stava nella quiete all'ombra di quelle querce.
Abramo, invece, evidentemente non sonnecchiava, ma ripensava alla propria storia che attendeva una svolta.
Il capitolo 16 che precede questa visione dei capitoli 17 e 18 si era chiuso con Abram che aveva 86 anni, gli era nato Ismaele da Agar, la serva egizia della moglie Sara che essendo sterile aveva proposta ad Abramo per avere un figlio, ma poi l'aveva dovuta cacciare perché Sara era divenuta insofferente e gelosa.
Erano passati altri 13 anni e Abramo aveva 99 anni, come avverte Genesi 17,1: "Quando Abram ebbe novantanove anni, il Signore gli apparve".

Si era sentito chiamare dal Signore quando aveva 75 anni, s'era messo in cammino verso dove non sapeva secondo le Sue indicazioni e attendeva il verificarsi delle promesse, una terra e una discendenza numerosa.
È da ricordare che in Genesi 15 gli era stato proposto dal Signore, come era uso a quel tempo, di dividere degli animali per fare con lui un'alleanza, ma ancora non accadeva nulla.
In tale occasione era avvenuto che: "Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco un oscuro terrore lo assalì" (Genesi 15,12) insomma non vedeva più la luce, infatti per "oscuro" viene usata la parola "chashekah" che contiene le lettere di tenebre .

Accadde che Dio come "un braciere fumante e una fiaccola ardente" (Genesi 15,17) passò tra gli animali divisi e fece alleanza con Abram (Genesi 15,18).
Ecco che l'attesa del compimento in lui era ben viva ed era attento a ogni segno, certo che il mistero gli sarebbe stato svelato, perché la storia lo superava e la realtà, 99 anni e moglie sterile, erano grandi impedimenti... ma "El Shaddai", come lo chiamava, era veramente onnipotente.
Sì, era attento, Dio, pur se puro spirito invisibile, gli si poteva presentare in qualsiasi momento e modo, ma si sarebbe fatto riconoscere, perché ormai da 24 anni Abramo si era reso conto che proprio "El Shaddai" era autore, con lui consenziente, della storia portata avanti fino allora e ora, a 99 anni gli si presentano "tre uomini in piedi" come dice Genesi 18,2 in un'ora insolita per viaggiare in quella regione.
Li accolse con grande ospitalità e uno di quei tre prese la funzione di "Parola", parlò come si ricava da Genesi 17,1 e disse: "Io sono Dio onnipotente (El Shaddai): cammina davanti a me e sii integro".
Questi che parla è da porre in stretto collegamento con Quegli di Genesi 18,1 "...il Signore..." che "...apparve a lui alle Querce di Mamre"; era IHWH, proprio il Signore in forma umana!

Abramo, insomma, accolse subito il Signore che era il suo alleato anche perché per farsi riconoscere il "viaggiatore" glielo ricordò.
Solo Dio, poteva sapere il fatto del "braciere fumante e una fiaccola ardente" quindi dell'alleanza, ed ecco che in 17,4, quel viaggiatore nel presentarsi disse "Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te".

Ora le lettere ebraiche di quel dire sono e sono tali che riescono a spiegare perché Dio gli si presenta come un uomo, infatti, trapela questo pensiero: "Sono io , ecco , dentro un corpo sono , ho scelto , sarò a venire () in un (uomo) retto ".

Abramo, allora, fu pronto ad accoglierlo e a credere che fosse proprio "El Shaddai", il Signore.
Sappiamo bene che Dio fu fedele e l'alleanza fu gradualmente in attuazione, provocò lo sviluppo degli eventi successivi.
Da Isacco, poi da Giacobbe - Israele, nacque il popolo che al tempo di Mosè Dio fece uscire dalla schiavitù d'Egitto, gli diede la Torah, l'introdusse con Giosuè nella terra promessa, ne fece un grande regno, con Davide, ma il popolo però non fu fedele, subì punizioni ed esilio fino ai tempi di Gesù, quando i romani avevano occupato la Palestina e perse l'indipendenza.

In quel tempo il Battista invita tutti quelli che si definivano "figli di Abramo" al battesimo di penitenza e dice loro: "Fate dunque frutti degni di conversione, e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre." (Matteo 3,8s)

Il riferimento è preciso non basta essere figli di Abramo nella carne occorre esserlo nello spirito, non è questione di circoncidere il membro, ma accogliere il Signore che viene nella figura anche di Servo per servire.
Gesù, che si presenta loro come uomo che viene da Dio Padre, però non è accolto da quelli che si definiscono figli di Abramo.
Ecco che disse loro: "Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro! Gli risposero: Il nostro padre è Abramo. Rispose Gesù: Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! Ora invece cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo non l'ha fatto." (Giovanni 8,38-40)

San Paolo poi ai Galati in 3,6s dice: "Fu così che Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia. Sappiate dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede" e poi asserisce in 1Corinzi 7,19: "La circoncisione non conta nulla, e la non circoncisione non conta nulla; conta invece l'osservanza dei comandamenti di Dio."

I veri figli di Abramo sono quelli che sono figli suoi nella fede; questi, di fatto, sostengono i Vangeli hanno accolto Gesù.
La maggior parte degli ebrei, peraltro, sin dalla prima gioventù era istruita a leggere le Sacre Scritture e certamente al tempo di Gesù, come oggi, era ed è possibile una lettura della Tenak da cui si possa attendere la venuta nella carne in due tempi del Messia, prima come servo sofferente e poi nella gloria, il che spiega come molti ebrei credenti, sacerdoti, rabbini, farisei del tempo accolsero il cristianesimo dopo la predicazione degli apostoli.
Il libro degli Atti degli apostoli al riguardo propone:
  • Atti 5,34-39 - che Gamaliele, dottore della Legge, maestro dello stesso Paolo di Tarso (Atti 22,3) non escluse la possibilità che l'evento Gesù di Nazaret fosse nel disegno divino: "...se infatti questo piano o quest'opera fosse di origine umana, verrebbe distrutta; ma, se viene da Dio, non riuscirete a distruggerli. Non vi accada di trovarvi addirittura a combattere contro Dio!"
  • Atti 6,7 - che: "la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede."
Arnold Fruchtenbaum, un ebreo, autore nel 1983 di "Hebrew Christianity: its Theology, History, and Philosophy", pur senza uscire dal l'ebraismo si professa credente nel Messia Gesù, scrive: "Durante la formulazione del Talmud, i nostri rabbini hanno fatto studi approfonditi circa le profezie messianiche. Essi sono giunti alla conclusione che i profeti parlavano di due diverse figure messianiche. Il Messia che doveva soffrire e morire era definito Messia, figlio di Giuseppe (Mashiach ben Joseph). Il secondo Messia che sarebbe venuto dopo il primo era definito il Figlio di David (Mashiach ben David). Questo secondo Messia avrebbe risuscitato il primo Messia e avrebbe stabilito il regno messianico di pace sul la terra. Che il Tenakh presentasse questi due tipi di profezie messianiche era qualcosa che i rabbini dei primi secoli riconoscevano. Il Tenakh non afferma con chiarezza che ci sarebbero state due figure messianiche. Infatti, molte descrizioni paradossali si trovano l'una accanto all'altra negli stessi brani, in cui sembra che tutti i riferimenti siano a un'unica persona."

Il brano dei Magi di Matteo 2,1-12, peraltro, fa comprendere che tutta una frangia dell'ebraismo dell'epoca, contrariamente a quello odierno, riteneva che il Messia fosse proprio "Figlio di Dio" e "Figlio dell'uomo".
Vi si trovano, infatti, questi versetti:
  • Matteo 2,2 - i Magi chiedono: "Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo."
  • Matteo 2,8 - Erode "...li inviò a Betlemme dicendo: Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo."
Per un ebreo, infatti, la parola adorare può essere accettata solo nei confronti Dio Unico che s'era loro rivelato e, Erode il Grande, che si professava ebreo, sarebbe caduto in grave eresia se per gli ebrei di quel tempo nell'idea comune non ci fosse stato il pensiero che il Messia non fosse stato ritenuto uomo e Dio.
Mi sono chiesto come si dica in ebraico biblico adorare e ho trovato Isaia 2,12.20 ove si parla del giorno ultimo: "Poiché il Signore degli eserciti ha un giorno contro ogni superbo e altero, contro chiunque s'innalza, per abbatterlo... In quel giorno ognuno getterà ai topi e ai pipistrelli gli idoli d'argento e gli idoli d'oro, che si era fatto per adorarli..."; di conseguenza Lui solo è da adorare, ove "adorarli" è "shettachot" la cui interpretazione considerata da raddoppiazione vocale di della intermedia potrebbe essere + e in Giobbe 41,17 = sta per "maestà, sublimità" e, allora, alla sua "maestà sottomettersi".

Si trova pure Isaia 44,14-15: "Egli si taglia cedri, prende un cipresso o una quercia che aveva fatto crescere robusta nella selva; pianta un alloro che la pioggia farà crescere. L'uomo ha tutto ciò per bruciare; ne prende una parte e si riscalda o anche accende il forno per cuocervi il pane o ne fa persino un dio e lo adora, ne forma una statua e la venera." ove "adora" e ancora come sopra, mentre "venera" come "prostrarsi" è "sagad" con l'intento nascosto superstizioso di avere "piena fortuna ".

Solo il Signore IHWH sarebbe stato il "Salvatore" l'aveva detto ben chiaramente il profeta Osea 13,4: "Eppure io sono il Signore, tuo Dio, fin dal paese d'Egitto, non devi conoscere altro Dio fuori di me, non c'è salvatore fuori di me", quindi, il Messia poteva essere atteso anche come Dio.

La maggior parte però degli ebrei del tempo di Gesù, salvo che non avessero trovato il modo di rendere utile il rapporto con i Romani per i loro interessi, sentivano il grande peso dell'occupazione, e sostenuti in senso religioso da una lettura parziale delle loro Scritture, erano tutti tesi ad attendere un liberatore dai Romani con un Messia combattivo e vittorioso, tutto dalla loro parte.
Agitatori facinorosi facevano anche leva su alcune pagine delle Scritture per accendere gli animi, ma i posti conseguiti, gli interessi e gli affari erano una remora soprattutto dei capi e dei potenti al cambiamento.
L'indipendenza era ormai un imperativo nelle loro menti e il desiderio di una svolta storica non consentiva alla maggioranza di pensare a un Messia che non avesse in quel momento questo precipuo scopo.
Del resto, alcune Scritture lasciavano pensare a un capo politico in grado di cambiare con la guerra le sorti del popolo ebraico e farne un regno, al di sopra di tutti gli altri sulla Terra; si pensi a quei ritenuti Messia, Ezechia di Gamala, Atronge e Menachem, di cui parla Giuseppe Flavio e poi Simone bar Kokeba, che causò tra il 132 e il 135 la terza guerra giudaica e portò alla definitiva diaspora degli ebrei, tutti rivoltosi e capi militari.
Una lettura delle Sacre Scritture, come era possibile, meno terrena che facesse emergere la spirito del Servo di IHWH di Isaia e consentisse di prendere in mano la propria vita in modo radicale, con l'attesa di un liberatore dallo spirito del male, era di fatto dimenticata o addirittura respinta come una debolezza.
Questa era la situazione socio politica in cui il Signore Gesù portò avanti la predicazione, agli inizi accolta e forse appoggiata anche da zeloti e facinorosi che vedevano di buon occhio la capacità che aveva di attirare le masse.

Come Dice San Paolo in 1Corinzi 1,22-25: "Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini."

I Giudei, infatti, l'attendevano e non l'hanno riconosciuto!
Per questo è stato un sasso d'inciampo, appunto uno scandalo dal greco - "skàndalon", che significa "ostacolo", "inciampo".
Perché questo rifiuto da parte del popolo "eletto"?
Vi è stata un'interpretazione della "Torah" essenzialmente come Legge con prescrizioni da assolvere riducendo il messaggio escatologico e la figura del Messia che vi trapela nell'attesa di mere finalità umane e nazionalistiche.
Lo stesso culto nel Tempio si era ridotto in formalismo e non in luogo di preghiera e d'incontro col Signore, come trapela dall'episodio della cacciata da parte di Gesù dei venditori dal Tempio.
A ciò s'aggiunsero allontanamenti dalla "religione" da parte di classi sociali "emancipate", grecizzate e romanizzate, con illusione di acquisita sapienza e di superiorità che li faceva ritenere d'essere ormai autosufficienti.
Questo della ritenuta acquisita autosufficienza è pericolo degli uomini di ogni tempo, quindi, anche di oggi.
L'uomo di fatto si è convinto in modo radicale che non può riporre fiducia che in se stesso e che nulla possa esservi di utile per la sua "salvezza", che non spera ne attende, e che tutto in definitiva sia riassumibile nella realtà contingente che conosce; insomma i cieli sono chiusi per lui.
Ciò influisce anche sui "credenti" quando praticano più formalismo che interiorità per cui sentono con fastidio voci profetiche che tentano di scuoterli da posizioni acquisite.
Gesù non venne e non viene per confermare ciascuno nelle proprie sicurezze, ma è segno di contraddizione che non può essere accolto con tiepidezza che, di fatto, corrisponde a un rifiuto.

CHI ACCOLSE GESÙ
Dio ad Abramo aveva promesso la benedizione attraverso la sua discendenza, frutto della fede, il farmaco che avrebbe annullato la maledizione, che rovesciata sul serpente in Genesi 3,14, per l'infezione da questi portata, colpisce l'umanità tutta intera.
Alla fede, "'amunah" di Abramo e dei figli che hanno la stessa fede la risposta di Dio è la benedizione, la "berakah" , da benedire , per cui Dio è il "Benedetto" "Baruk" per eccellenza e i Salmi recitano:
  • Salmi 89,53 - "Benedetto il Signore in eterno. Amen, amen."
  • Salmi 106,48 - "Benedetto il Signore, Dio d'Israele da sempre, per sempre. Tutto il popolo dica: Amen."
Il Messia, atteso alla fine dei tempi, è l'Amen della creazione del Padre, il "Cosi sia" finale e costituisce la risposta al rifiuto dell'aver aderito alla catechesi del tentatore che, trovato il consenso, ha inquinato l'umanità tutta intera.

A "l'essere solido e duraturo" che ha per radicale "'amen" "origina vita energica " da cui la "fede" "'amunah" ", che sotto l'aspetto teologico è capace di "originare la vita angelica nel mondo ", la risposta dell'uomo, istigato dal tentatore, è il rifiuto.
Del resto nel cammino dell'Esodo il popolo d'Israele per 40 anni fu nutrito di manna "man" che veniva dal Dio Unico il che in modo allegorico sta per dire che l'intento del Signore era di portarli alla fede .
Il "rifiutare", invece, per radicale ha che ha le stesse lettere di "'amen", ma sconvolte, "vivente che si lamenta () (come in Isaia 3,26 e 19,8)" che corrisponde anche a "vivente nel lutto () (come in Deuteronomio 26,14)".
Rifiuti celebri in cui si trova quel radicale sono in:
  • Genesi 39,8 - di Giuseppe alla moglie di Putifarre, "Ma egli rifiutò e disse alla moglie del suo padrone..."
  • Esodo 4,22-23 - del faraone: "Allora tu dirai al faraone: Dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito. Io ti avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva! Ma tu hai rifiutato di lasciarlo partire. Ecco io faccio morire il tuo figlio primogenito!"
Si trova nei Salmi 45,9 e 150,4 e nel testo ebraico di Siracide 39,15, non inserito nel Tenak, un termine tradotto come strumenti a corda e arpa:
  • Salmo 45,9 - "Di mirra, aloe e cassia profumano tutte le tue vesti; da palazzi d'avorio ti rallegra il suono di strumenti a corda."
  • Salmo 150,4 - "Lodatelo con tamburelli e danze, lodatelo sulle corde e con i flauti."
  • Siracide 39,15 - "Magnificate il suo nome e proclamate la sua lode, con i canti delle labbra e con le cetre, e nella vostra acclamazione dite..."
Tale termine è "minnim" , sempre al plurale, che presuppone per il singolare di "strumento a corde" un .
Per il raddoppio vocale della "n", "minnim" si potrebbe interpretare come + ) quindi, come "destinato a nenie - lamenti ".

Nei Salmi 33,2; 92,4; 144,9, inoltre, si parla di cantare al Signore con "l'arpa a dieci corde" e a questo punto viene a mente che tale modo di dire alluda proprio ancora a "'Amen" e "'amunah" fede come + "all'Unico con strumento a corde (il singolare di "minnim")" quindi, con fede suonare le dieci corde che si riferiscono alle dieci "parole" dei comandamenti.

Gesù di Nazaret, accolto come rabbi, profeta e da alcuni come Messia, come riportano i Vangeli, durante la sua vita pubblica, invero fu ascoltato da grandi folle, ma dopo il processo e la morte in croce i fedeli rimasero pochi.
Del resto, dopo la sua risurrezione e salita al cielo, di seguaci fedeli riuniti a Gerusalemme Atti 1,15 non segnala enormi masse, ma 120 fratelli e San Paolo in 1Corinzi 15,6 informa di 500 persone riunite che lo videro risorto e pare che Gerusalemme fosse una città di 120.000 persone.
La conclusione che in quel momento si poteva trarre era che la Sua missione era fallita; pareva proprio che se Lui era la luce del mondo, avevano vinto tenebre che non l'avevano accolto, ma non fu così!
Come dopo una grande siccità fu la scintilla che dopo una lenta accensione, si propagò e diviene un grande fuoco che dal sottobosco bruciò tutta la foresta.
Lui si definisce fuoco portato in terra: "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!". (Luca 12,49)
È quindi importante seguire come e chi accolse il Signore.
In ebraico per "accogliere" ho trovato questi due versetti dell'Antico Testamento:
  • Giudici 19,15 - "Il levita entrò e si fermò sulla piazza della città; ma nessuno li accolse in casa per passare la notte." ove "accolse" è "m'assef" ;
  • 2Samuele 11,27 - "Passati i giorni del lutto, Davide la mandò a prendere e l'accolse nella sua casa. Essa diventò sua moglie e gli partorì un figlio. Ma ciò che Davide aveva fatto era male agli occhi del Signore." ove "accolse" è "ia'asefah" .
In ebraico vi sono due radicali di verbi molto simili tra loro e con significati pressoché analoghi:
  • il primo per "riunire, raccogliere, cogliere, accogliere, accumulare..." e le lettere suggeriscono "unire in circolo per la bocca " quindi ammassare e accumulare;
  • il secondo per "aggiungere, aumentare, crescere, accumulare..." ove le lettere "sarà a riempire la bocca " parlano di qualcosa che serve per portare alla pienezza.
Da tali radicali certamente viene il nome Giuseppe "yosef".
In questo caso il nome "Yosef" è profetico, in quanto, "sarà a recare alla pienezza il Verbo - Parola ", lo porterà all'età adulta, lo nutrirà in tutti i sensi, fisico, nel mestiere, sociale e passandogli come uomo la fede."
Ecco che spunta chi accolse per primo il Signore!
La Santa famiglia di Nazaret con a capo Giuseppe il "nutrizio".
Il racconto del Vangelo di Matteo 1,18-25 su come fu generato Gesù Cristo poi è sintetico ed efficace.

Giuseppe era un "giusto", era un "tekton", un artigiano, ritengo raffinato e colto, un ingegnere e architetto di quel tempo, virgulto di una famiglia che vantava le sue origini in Davide, e certamente leggeva le Scritture, perché l'angelo, nella visione notturna gli fa meditare il passo di Isaia dell'Emmanuele: "Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi". (Matteo1,23)

A lui, davidico, che conosceva le Sacre Scritture e quanto riguardava la sua famiglia, gli venne in mente tutta la storia dei patriarchi.
Era un figlio di Abramo e attendeva il Messia, tutto era in linea con le Scritture e non poteva rifiutare il potenziale figlio della promessa e accolse, "...prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù". (Matteo1,24s)

Gesù e con Lui "fu il fuoco in azione ".
Maria l'accolse nella carne e Giuseppe nella sua casa e gli fece da padre e l'introdusse ordinatamente come vero uomo nell'ebraismo.
(Vedi: "Giuseppe, padre nella fede del Figlio di Davide")

Secondo quel Vangelo chi poi l'accolse furono i Magi, i venuti dai "Goim", dai pagani, secondo quel racconto che si trova solo in Matteo, di cui ho detto in "I re Magi: un parallelo con la storia d'Abramo", evento profetico del riconoscimento futuro da parte dei popoli pagani di Gesù, il Cristo, che sarà rifiutato dall'ebraismo ufficiale.
Del resto subito dopo il Vangelo di Matteo pone il trasferimento della Santa Famiglia in Egitto per fuggire da Erode.
(Vedi: "La strage degli innocenti e la fuga in Egitto")

Il Vangelo di Luca 2,25-38 propone poi l'accoglienza gioioso nel Tempio di Gerusalemme da parte degli anziani Simeone e Anna.
Poi tutti i Vangeli parlano dell'accoglienza che gli fece Giovanni il Battista, quindi fu accolto dagli Apostoli e da tanti come ad esempio Marta e la famiglia di Lazzaro che risorse dai morti; "Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa." (Luca 10,38)

Il Vangelo di Matteo riporta queste parole di Gesù sul chi accoglie Lui o i sui discepoli: "Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli... "Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa." (Matteo 10, 32-36.40-42)

Ai suoi discepoli ha dato i propri poteri, sono suoi fratelli cui ha attribuito piene funzioni e la possibilità di generare figli di Dio in quanto ha consegnato sia le chiavi del Regno, sia la sua stessa madre, icona della Chiesa per generare nello Spirito Santo figli di Dio:
  • Matteo 16,18s - "E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli."
  • Giovanni 19,26s - "Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna, ecco il tuo figlio! Poi disse al discepolo: Ecco la tua madre! E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa."
Ne consegue che come Gesù fu rifiutato anche i suoi apostoli e i suoi annunciatori sono rifiutati come si legge in 1Corinzi 4,9-13: "Ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all'ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo dati in spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini... Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo percossi, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti, fino a oggi."

Fino ad oggi, dice anche profeticamente San Paolo e lo conferma Benedetto XVI in questo commento esposto il 15 luglio 2012: "Gli inviati di Dio spesso non vengono accolti bene. Questo è il caso del profeta Amos... Pertanto, sia che venga accettato sia che venga respinto, egli continuerà a profetizzare, predicando ciò che Dio dice e non ciò che gli uomini vogliono sentirsi dire. E questo rimane il mandato della Chiesa: non predica ciò che vogliono sentirsi dire i potenti. Il suo criterio è la verità e la giustizia anche se sta contro gli applausi e contro il potere umano."

DISCORSO SUL RIFIUTO E TRASFIGURAZIONE
Il capitolo 11 di Matteo, proseguimento di quanto prima ha detto Gesù della accoglienza Sua e dei discepoli, è di fatto un accorato invito ai duri di cuori di ogni tempo ad accogliere la Sua predicazione e a convertirsi.
Si divide in cinque parti che hanno tra loro un'intima connessione:
  • Matteo 11,1-6 - "Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città. Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro? Gesù rispose loro: Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!"
    Le opere che Gesù compie attestano che è: "colui che deve venire", quello della profezia della Torah in Genesi 49,10: "Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli."
  • Matteo 11,7-15 - "Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell'Elia che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!"
    Gli Ebrei attendevano, infatti, il ritorno del profeta Elia secondo la profezia in Malachia 3,23: "Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore...", il giorno della venuta del Messia.
    Gesù attesta che Giovanni Battista è l'Elia profetizzato; questi precede e annuncia la sua svolta che porta all'apertura del Regno da parte del Messia.
    C'è un accenno e "violenza e i violenti" che si comprende ricorrendo all'ebraico ove "violenza" è "ionah" che significa anche "colomba" e ricorda la conversione di Ninive ai tempi dell'omonimo profeta Giona e allude allo Spirito Santo che viene assieme al Messia e cambia i cuori degli uomini.
  • Matteo 11,16-19 - "A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto! È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: È indemoniato. È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori. Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie."
    In pratica il tema, è: voi non vi volete convertire!
    Dice, io e Giovanni, ve l'abbiamo cantato in tutti i modi, con durezza e con dolcezza, ma siete rimasti duri d'orecchie e di cuore.
  • Matteo 11,20-24 - "Allora si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsaida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafarnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sodoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sodoma sarà trattata meno duramente di te!"
    Ecco che Gesù pronuncia dure parole nei riguardi delle folle delle citta; in cui Lui e i discepoli inviati in missione ha fatto prodigi, Corazin, Betsaida, Cafarnao e ricorda in pratica il prossimo giudizio e la temibile sorte di chi non coglie l'occasione e non sale sul carro del Messia.
  • Matteo 11,25-30 - "In quel tempo Gesù disse: Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero."
    La critica da parte di Gesù diviene dura.
    Vi credete d'essere figli di Abramo e pensate di avere l'elezione a figli da parte di Dio Padre, ma attenzione, se non accogliete colui vi ha mandato e che dovreste attendere, dimostrate che non conoscete il Padre.
    Chi non conosce il Padre, di fatto, è sotto il giogo di un nemico che certamente opprime; del resto, riconoscetelo "voi tutti che siete stanchi e oppressi".
    Con me viene la "Colomba", "ionah", segno dello Spirito Santo capace di darvi la forza per superare l'attrito e farvi partire sulla via della conversione se dite con il cuore, la mente e le vostre forze un primo "sì".
    Siete tristi e oppressi per causa vostra, non convertendovi vi fate male da soli.
Su ciò, infatti, è veritiero quanto asserisce il Salmo 7,15-17: "Ecco, il malvagio concepisce ingiustizia, è gravido di cattiveria, partorisce menzogna. Egli scava un pozzo profondo e cade nella fossa che ha fatto; la sua cattiveria ricade sul suo capo, la sua violenza gli piomba sulla testa."

Per il vostro bene v'invito a prendere il mio giogo, dolce e leggero.
Frutto della conversione è il perdono dei peccati e voi tutti ne avete estrema necessità.

A questo punto è da ricordare l'episodio della Trasfigurazione di Gesù descritto nei Vangeli sinottici - Matteo 17,1-8; Marco 9,2-8 e Luca 9,28-36 - di cui si trova conferma anche nella 2Pietro 1,17s.

Tutti e tre i Vangeli situano l'episodio sei giorni dopo il riconoscimento di Pietro che ispirato concluse che era il Cristo, il Figlio di Dio che si era portato nel mondo, vale a dire era 'Unigenito portatosi nel corpo , era la Luce "'or" annunciata dal primo giorno della creazione che sarebbe venuta nella carne come Messia per portare l'umanità a Dio Padre nell'ultimo giorno.

In tale occasione annunciò anche la sua passione e Pietro, che voleva distoglierlo, ma fu rimproverato aspramente da Gesù.
Pietro, infatti, non poteva in quel momento ancora accettare un Messia rifiutato, ma solo un Messia vittorioso, come del resto ormai leggeva nelle Scritture la maggioranza degli ebrei, dimenticandosi della figura del Servo di IHWH.
Gesù fu trasfigurato proprio davanti a Pietro accompagnato da Giacomo e Giovanni.
Quei sei giorni passati dall'apparire della prima dichiarazione del Cristo da parte di Pietro pare anche alludere al settimo giorno, quello finale della creazione in cui questa si concluderà e verrà annunciato dal ritorno di Elia.
I Vangeli pongono in evidenza la figura di Gesù apparve splendente.
Il Vangelo di Matteo così lo descrive: "...il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce." (Matteo 17,2)

Apparvero Mosè ed Elia che conversavano con Lui.
Ha rivelato loro che era la "Luce" venuta nel mondo, la Luce vera, quella annunciata nella "Torah" di "Mosè" nel primo giorno di Genesi 1,3 e che porterà a completamento il progetto della creazione l'ultimo giorno quello annunciato dalla "Torah" e dai Profeti, della risurrezione in cui riverrà Elia.

"Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo"(Matteo 17,5); cioè, non rifiutatelo!

COMPIMENTO DELLA CREAZIONE
Quel dire di Gesù in Matteo 5,17: "Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento" è in linea col pensiero che la "Creazione" è un progetto di Dio in "progress", vale a dire in sviluppo, quindi, in "itinere" in cui l'uomo non è solo "creatura", ma è coinvolto e chiamato a essere coprotagonista, tanto che dopo che lo formò in terra e con la terra "Dio li benedisse e Dio disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela" (Genesi 1,28) ossia regnate, e "lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse". (Genesi 2,15)

Come un architetto di questo mondo, Dio ha dato inizio a questa sua grande opera con un progetto ben articolato la Torah, che la tradizione ebraica propone come preesistente alla creazione.
Il Talmud babilonese, Pesahim 54, elenca sette cose create prima della creazione del mondo: "Insegnarono i nostri maestri: Sette cose furono create prima che fosse creato il mondo: la Torah e la conversione, il giardino dell'Eden e la geenna, il tempio, il trono della gloria e il nome del Messia."

Secondo il pensiero biblico la Torah è frutto della "Sapienza" del Creatore come si deduce dal libro dei Proverbi 8,22: "Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all'origine" che non è certo riferito alla Sapienza che è eterna come Dio, ma al progetto redatto dalla Sua sapienza.

Poi in Proverbi 8,23 dice: "Dall'eternità - nei tempi antichi - sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra" e la parte in grassetto in ebraico è: "mer'osh miqqademei 'aroetz" .

Di queste parole, interessa in particolare quel "miqqademei" in cui c'è ( = a fine parola) che significa "davanti, avanti" e "oriente".
Quella parte in grassetto, allora, con l'uso delle lettere come icone propone che "da modello al Nome davanti fu per l'Unigenito che nel corpo scenderà " e si apre la scena del costruttore che guarda i propri progetti prima di erigere quanto desidera.

Il fine di tutto questo progetto lo spiega Dio stesso ed è: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza". (Genesi 1,26)

È quello il fine, ma ha implicito una condizione; se Dio vuole creare l'uomo a propria immagine e somiglianza non può che crearlo simile a se stesso, quindi, un essere libero, perciò l'uomo deve accogliere liberamente la creazione che Dio ha pensato per lui, altrimenti lo stesso Dio dovrà con pazienza attendere che avvenga o cancellare il progetto.
Ne segue che quanto è in Genesi 1,26 nel sesto giorno della creazione è intensione di Dio e non ancora compimento, perché deve passare dal vaglio dell'uomo che di fatto, rifiutò in Genesi 3 ed ecco perché quel dire del "compimento" di Gesù in Matteo 5,17.
Questi era il primo uomo secondo Dio.
Sant'Agostino, in Sermo CLXIX, 13, al riguardo scrive: "Dio, che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te."

Così, ogni uomo può ribellarsi e respingere Dio e dire con i fatti: "Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi" (Luca 19,14), come nella parabola.

Ora, nell'ambito della mistica ebraica, nel sistema delle "Sefirot" e dell'albero "sefirotico" esplicitate nel "Sefer ha-Zohar" o "Libro dello Splendore" edito in Castiglia attorno al 1275, ma che affonda le radici in pensieri antichi, oltre le 22 lettere - numeri dell'alfabeto vi sono altre 10 doti proprie di Dio insite nella creazione per l'uomo sefirotico, emanate come potenziali con l'atto creativo.

Queste 10 "Sefirot", ricavate da 1Cronache 29,11 che a Dio si riferisce così: "Tua, Signore, è la grandezza, la potenza, lo splendore, la gloria e la maestà: perché tutto, nei cieli e sulla terra, è tuo. Tuo è il regno, Signore: ti innalzi sovrano sopra ogni cosa", sono:
  • Grandezza, magnanimità, , "ghedullah",
  • Potenza, potere, , "ghevurah",
  • Bellezza, splendore, , "tiferet",
  • Gloria, vittoria, perennità, , "netzach",
  • Maestà, "hod" ,
  • Tutto, "kol" anche segreto, "sod",
  • Regno , "mamlchah" o , "malcut",
  • Le tre di Sovranità o testa, "r'osh": corona, "Keter" , intelligenza, "binah" , sapienza, "chokmah" .


Albero sefirotico



Spina dorsale dell'uomo nuovo

In tale contesto si parla di un "'Adam Qadmon", essere di luce, modello celeste di uomo, che pare essere il prototipo dell'uomo del progetto (Vedi: "Tensione dell'ebraismo ad una Bibbia segreta") e le cui lettere dicono: "Uomo al vertice della vita portatore d'energia divina, energia che realizza anche le "Sefirot" intesa come "pienezza che il Verbo sarà ai corpi a recare alla fine " del progetto.

L'attesa di un uomo del genere con tutte le proprietà di Dio, pare cogliersi come presente in Palestina già nel I secolo, cioè anche ai tempi di Gesù, come sembra potersi evincere dal versetto in cui Giovanni il Battista, testimoniandolo, proclama: "Egli è colui del quale ho detto: Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me" (Giovanni 1,30) e "avanti" in ebraico è "qadom" , quindi, è Lui il "figlio dell'Uomo", l'uomo davanti, l'"Adam Qadmon", l'alfa e l'omega, il primo e l'ultimo, l'inizio e la conclusione del progetto di Dio.

Nel settimo e ultimo giorno della creazione Dio ha considerato di fare una sosta al suo creare, spettava ormai all'uomo di accogliere il dono e, alla pienezza del tempo di quel giorno, ha inviato il Figlio che incarnava il prototipo e era l'Oriente che portava la Luce per concludere il progetto.
Questi, ha prima mostrato sul monte la conclusione, presentando l'uomo nuovo del "Discorso della montagna" (Matteo 5,6 e 7), quindi si è fatto vedere da alcuni apostoli, ancora su un monte "trasfigurato", facendo intravedere la traiettoria profetica dell'uomo secondo Mosè e i profeti.
È poi morto in croce per tutti anche per chi l'ha rifiutato, li ha perdonati e ha effuso la grazia e creato con la Chiesa il presupposto di affrettare la nascita di un'umanità nuova.
I suoi l'hanno visto risuscitato, quindi asceso al cielo, era il Santo "al vertice la luce " e li ha riempiti di Spirito Santo, così è stato tracciato tutto il percorso da a col risultato: al vertice il Nome .
Così coglie il libro dell'Apocalisse del Nuovo Testamento quando conclude con la visione della sposa dell'Agnello e della Gerusalemme celeste e la Luce al vertice:
  • Apocalisse 21,23 - "La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello."
  • Apocalisse 22,5 - "Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà."
  • Apocalisse 22,20 - "Colui che attesta queste cose dice: Sì, vengo presto! Amen. Vieni, Signore Gesù."
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