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ATTESA DEL MESSIA...

 
L'ELEZIONE DI DIO PASSA PER LA MADRE

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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LA MOGLIE PRENDE LE REDINI »

GIACOBBE VIENE BENEDETTO
Rebecca allora chiamò il figlio Giacobbe e gli ripete quanto ha sentito e il testo precisa: "Rebecca disse al figlio Giacobbe: Ecco, ho sentito tuo padre dire a tuo fratello Esaù: Portami della selvaggina e preparami un piatto, lo mangerò e poi ti benedirò alla presenza del Signore prima di morire" (Genesi 27,6-7).

Rebecca ripete esattamente le parole di Isacco, ma aggiunge qualcosa di fondamentale che era nell'aria che Isacco non aveva detto, ma che lei sapeva bene, quel "ti benedirò alla presenza del Signore".

Aveva capito bene: quella era una benedizione che, per l'alleanza, sarebbe stata vincolante per gli uomini e per la divinità suprema.
Sarebbe disceso su Giacobbe lo spirito profetico e la benedizione sarebbe stata irrevocabile per cui una volta benedetto Esaù, Giacobbe sarebbe stato per sempre secondo al fratello, così commenta Ramban (Moshe ben Nahman Girondi, rabbino, filosofo, medico catalano del XIII secolo).

Rebecca fu perentoria "Ora, figlio mio, dà retta a quel che ti ordino" (8), e ancora più letteralmente gli disse: è il tempo, figlio mio, che ascolti la mia voce su questo che ti ordino.

Implicitamente c'è già un inizio di discolpa nei riguardi di Giacobbe, in quanto, è chiamato a rispettare l'ordine della madre che fu, "Va subito al gregge e prendimi di là due bei capretti; io preparerò un piatto per tuo padre, secondo il suo gusto. Così tu lo porterai a tuo padre, che ne mangerà, perché ti benedica prima di morire." (9-10)

In Pirké Derabbi Eli'ezer 32, sul fatto dei due capretti Rashi, annota; "era giorno di Pesach, un capretto era destinato al sacrificio pasquale e l'altro al pasto festivo".

Del resto nel testo c'è Rebecca che chiede "due bei capretti" e bei = buoni è "tobim" con cui Rebecca pare evidenziare che la carne proveniente dalla selvaggina, in effetti, non sarebbe stata idonea allo scopo e intende dare anche una giustificazione legata ai riti pasquali in uso tra i pastori.

Anche Rebecca parla della possibilità che il padre poteva morire, il che significa che Isacco in quel tempo aveva qualche malanno che stante l'età sembrava veramente lo potesse portare alla morte, comunque era allettato, così viene rappresentato nella iconografia.

A questo punto e da aprire una parentesi.
Si sta profilando quello che molti hanno letto come un inganno verso il padre, prendendo occasione della sua cecità.
Giacobbe se così fosse avrebbe ricevuto la benedizione che sarebbe stata confermata e sigillata dal Dio della Verità grazie a un inganno, il che non è possibile, Dio non si mischia con gli ingannatori.
Non essendo ciò ammissibile c'è, quindi, qualcosa che non è stato esplicitato. Forse Isacco stava proprio male, avrà avuto un'indisposizione e tutti credevano veramente che stesse per morire, visto che comunque aveva già una bella età e forse non era neppure più tanto lucido in quel frangente; ecco che la madre supplisce alle carenze del marito.
Rachele, infatti, non lo dice, ma con quel te l'ordino a Giacobbe sottintende, io:

  • tua madre, sono stata scelta dal Signore come unica e sola moglie di tuo padre (Rachele-Isacco è il solo matrimonio monogamico tra i tre patriarchi);
  • Genesi 2,23 - sono la sua donna, "si chiamerà donna, perché dall'uomo è stata tolta";
  • Genesi 2,24 - e tuo padre siamo "un'unica carne";
  • Genesi 2,18 - sono stata posta accanto a lui come "aiuto che gli corrisponda";
  • sono i suoi occhi, sono stata messa accanto a lui, per lui, per aiutarci a vicenda per l'unica finalità, fare al meglio la volontà di Dio;
  • amo tuo padre e non farei nulla che sapessi non fosse anche per il suo bene;
  • non intendo ingannarlo, Dio stesso mi ha dato questo ruolo, il problema quindi, non è tuo, figlio mio, stai in pace, il problema caso mai è solo mio.
Giacobbe comprese quanto intendeva dire la madre e subito s'immedesimò nel proprio ruolo e "Rispose Giacobbe a Rebecca, sua madre: Sai bene che mio fratello Esaù è peloso, mentre io ho la pelle liscia. Forse mio padre mi toccherà e si accorgerà che mi prendo gioco di lui e attirerò sopra di me una maledizione invece di una benedizione." (11-12)

Giacobbe non ha paura che il padre riconosca la sua voce, il che indulge a ritenere che almeno in quei giorni a Isacco anche l'udito non era buono; teme comunque che se il padre si fosse adirato si sarebbe procurato una maledizione; al riguardo però "sua madre gli disse: Ricada pure su di me la tua maledizione, figlio mio! Tu dammi retta e va a prendermi i capretti." (13)

Rebecca non temeva, era certa che non avrebbe avuto la maledizione né il figlio, né lei, perché il Signore era stato chiaro quando le aveva profetizzato in Genesi 25,23 "il maggiore servirà il più piccolo"... lei aveva fede, stava facendo il meglio, tutto secondo la volontà dell'Eterno.

Fu cosi che "Allora egli andò a prenderli e li portò alla madre, così la madre ne fece un piatto secondo il gusto di suo padre." (14)

A questo punto preparò il figlio per la grande occasione, infatti, "Rebecca prese i vestiti più belli del figlio maggiore, Esaù, che erano in casa presso di lei, e li fece indossare al figlio minore, Giacobbe; con le pelli dei capretti rivestì le sue braccia e la parte liscia del collo." (15-16)

Questa nota sui vestiti di Esaù porta con sé le seguenti deduzioni:
  • era veramente un giorno di festa e dovevano essere usati gli abiti migliori, il che rafforza l'idea della Pasqua;
  • nonostante Esaù fosse già sposato i suoi vestiti più belli si trovavano a casa dei genitori, perché presso le mogli idolatre non c'era modo di far festa, mentre almeno in questo il maggiore era ligio, rispettava quanto poteva far piacere al padre che desiderava averlo con sé nei giorni di festa.
Rebecca, "Poi mise in mano a suo figlio Giacobbe il piatto e il pane che aveva preparato." (17) e da questo momento Rebecca sparisce dalla scena, anche se certamente rimase attenta a seguirla e riappare al versetto 42.

A questo punto in 12 versetti, tra 18 e il 29, si sviluppa la scena che presenta Giacobbe con le vesti di Esaù davanti al vecchio Isacco.
Riporto il testo tutto di seguito:

"Così egli venne dal padre e disse: Padre mio. Rispose: Eccomi; chi sei tu, figlio mio? Giacobbe rispose al padre: Io sono Esaù, il tuo primogenito. Ho fatto come tu mi hai ordinato. Alzati, dunque, siediti e mangia la mia selvaggina, perché tu mi benedica. Isacco disse al figlio: Come hai fatto presto a trovarla, figlio mio! Rispose: Il Signore tuo Dio me l'ha fatta capitare davanti. Ma Isacco gli disse: Avvicinati e lascia che ti tocchi, figlio mio, per sapere se tu sei proprio il mio figlio Esaù o no. Giacobbe si avvicinò a Isacco suo padre, il quale lo toccò e disse: La voce è la voce di Giacobbe, ma le braccia sono le braccia di Esaù. Così non lo riconobbe, perché le sue braccia erano pelose come le braccia di suo fratello Esaù, e (poi) lo benedisse. Gli disse ancora: Tu sei proprio il mio figlio Esaù? Rispose: Lo sono. Allora disse: Servimi, perché possa mangiare della selvaggina di mio figlio, e ti benedica. Gliene servì ed egli mangiò, gli portò il vino ed egli bevve. Poi suo padre Isacco gli disse: Avvicinati e baciami, figlio mio! Gli si avvicinò e lo baciò. Isacco aspirò l'odore degli abiti di lui e lo benedisse: Ecco, l'odore del mio figlio come l'odore di un campo che il Signore ha benedetto. Dio ti conceda rugiada dal cielo, terre grasse, frumento e mosto in abbondanza. Popoli ti servano e genti si prostrino davanti a te. Sii il signore dei tuoi fratelli e si prostrino davanti a te i figli di tua madre. Chi ti maledice sia maledetto e chi ti benedice sia benedetto!" (18-29)

È da notare che c'era "pane e vino" gli ingredienti che accompagnarono la benedizione di Melkisedek ad Abramo, c'era anche il capretto segno di una rito Pasquale, una alleanza alla presenza del Signore!
Giacobbe inizia con "Padre mio", ed era vero!
Il padre non riconosce di chi sia la voce e chiede "chi sei tu figlio mio?"

A questo punto è da citare un'interpretazione di Rashi intesa a evitare una bugia a Giacobbe e suggerisce che alla domanda del padre questi avrebbe dato una risposta ambigua, ma non menzognera.
Il testo ebraico, infatti, lo consente, poiché il verbo essere può restare sottinteso, la risposta sarebbe stata questa: "(Sono) io; Esaù (è) il primogenito. (Io) ho fatto (sempre) come ha comandato a me", ossia "io sono (colui che parla, sottinteso Giacobbe), Esaù è il tuo primogenito. Io sono quello che da sempre rispetta i tuoi comandi".

Il padre resta dell'idea che sia Esaù e osserva che ha fatto presto a trovare la selvaggina e Giacobbe risponde proprio come avrebbe risposto Esaù, il quale era critico nei riguardi della fede del padre: "Il Signore tuo Dio me l'ha fatta capitare davanti".

Isacco lo fa avvicinare, lo toccò e commentò, la voce mi sembrava quella di Giacobbe, ma tutto il resto, la peluria e l'odore dei vestiti gli dicevano di Esaù. Ora gli fa la domanda esplicita "Tu sei proprio il mio figlio Esaù?", ma Giacobbe ancora risponde in modo vero in assoluto, ma che risulta ambiguo, "Sono io".
Ora, tutto è compiuto, e Isacco assaggiò il piatto col il pane, di cui è detto al versetto 17, bevve il vino di cui dice al versetto 25, celebrò la Pasqua con suo figlio, poi lo baciò, segno di pace, preludio al versamento dello spirito Santo e della benedizione, quindi, come atto conclusivo lo benedisse.

Del resto la benedizione e l'elezione di Dio venne e viene riversata alla Chiesa nascente da Gesù, il Cristo, pienamente nell'Eucarestia Pasquale, fonte di tutte le benedizioni.

"Dio ti conceda...", il testo riporta "veittoen leka ha'Elohim" per cui i rabbini si sono domandati, perché inizia con quella lettera che potrebbe considerarsi un sovrappiù; la risposta la da Rashi citando il Midrash (Bershit Rabba 66,6) per cui quella "waw" "indica un'azione continua e ripetitiva; che Dio ti benedica e ti benedica ancora senza interrompersi."
La benedizione porta "rugiada dal cielo, terre grasse, frumento e mosto in abbondanza", quindi, tutti i prodotti del cielo e della terra, materiali e spirituali:
  • la rugiada "tal" allude "all'amore del Potente ", l'olio "shoemoen" "all'energia che viene dal Nome " di Dio.
    (Vedi: "La rugiada luminosa che viene dal Messia")
  • il grano e il vino oltre che essere doni terreni per sostenere la vita e darle piacere, alludono anche allo studio della Torah, pane di vita spirituale necessario per la conoscenza, ma anche vino con le interpretazioni che ne vengono che come il vino allietano cuore, spirito e mente.
È da evidenziare poi che Dio è nominato come "'Elohim", termine che ne evoca l'aspetto della giustizia; quindi, in definitiva, è una benedizione nel Suo Santo, ma Giusto, Nome.

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