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di Alessandro Conti Puorger
 
 

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UNA PARTE DI EREDITÀ
Nei testi dell'Antico Testamento non si trova evidenza dell'uso di un atto predisposto prima della morte definibile come "testamento", in quanto i disposti della Torah sulle proprietà erano a guidare tale questione dopo la morte o anche prima come pare potersi evincere dalla parabola di Gesù detta "del figlio prodigo" (Luca 15,11-31), ove il figlio minore, chiese e ricevette, la sua parte di eredità prima della morte del padre.
In tempo tardivo, I-II secolo a.C., con l'imporsi della cultura greco romana certamente un atto del genere ebbe ad affermarsi, infatti, "testamento" e "testatore" si trovano citati in Galati 3,15-17 e Ebrei 9,16-17.

In ebraico il radicale che riguarda l'azione dell'ereditare è , verbo che nella sezione in ebraico dei libri dell'Antico Testamento è usato per circa 60 volte e riguarda:

  • ereditare, ricevere in eredità, sinonimo di prendere possesso;
  • succedere a un altro, subentrare nel possesso;
  • ripartire e distribuire proprietà;
  • possedere;
  • lasciare in eredità, legare, dare distribuire eredità e beni.
Da tale radicale discende "nachalah" e "nachalat" per "eredità, possesso, retaggio, patrimonio, possedimenti", quindi "beni, fortuna".

Si trova in Esodo 15,17 che il popolo che il Signore ha liberato lo fa entrare e lo pianta sul monte della Sua "eredità , luogo che per tua sede, Signore, hai preparato, santuario che le tue mani, Signore, hanno fondato."

In questo caso si parla di Sion, il monte che predilige, quindi più che di eredità in senso usuale è da intendere come luogo di residenza privilegiato, del suo possesso particolare, "che per tua sede... hai preparato", il luogo, infatti, del Suo Santuario.

Questo luogo è "nachalat" in quanto "l'energia racchiusa del Potente indica ".
Da quel luogo il Signore ha "guidato () con potenti segni " il popolo.
Le stesse lettere del radicale di ereditare e di possedere, con la vocalizzazione di "nachal" significano anche "torrente, alveo di un fiume, fondo valle" sinonimo di "nozel" (usato solo al plurale 16 volte) e parlano di "fluire, defluire", e il termine con questa accezione si trova più di 100 volte nell'Antico Testamento.

Per spiegare con l'uso dei significati grafici delle lettere l'idea di torrente, alveo ecc, ossia di "nachal" si consideri: "invia in luogo stretto la potenza " e "l'energia si placa ()" sfociando in una piana a valle.
Non a caso secondo la visione di Ezechiele 47,9 dalla destra del Tempio, quindi da Sion, sgorga un torrente di acqua.
Secondo il Vangelo di Giovanni 19,34 dal costato di Cristo dalla Croce assieme al sangue esce acqua, "un torrente dalla croce ", ossia rilascia una eredità "nachalat" "l'energia che racchiudeva guizzò dal Crocefisso " e tutto ciò avvisa che chi vuole può raccogliere l'eredità di Cristo.
Il che porta alla mente anche quando Gesù in Giovanni 7,38s esclama: "...chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno. Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui..." e quel "come dice la Scrittura" ricorda il profeta Isaia in 44,3 quando il Signore dice: "Io verserò acqua sul suolo assetato, torrenti () sul terreno arido. Verserò il mio spirito sulla tua discendenza, la mia benedizione sui tuoi posteri..."

In Esodo 33,16s si trova che Mosè dice: "Come si saprà dunque che ho trovato grazia ai tuoi occhi, io e il tuo popolo, se non nel fatto che tu cammini con noi? Così saremo distinti, io e il tuo popolo, da tutti i popoli che sono sulla faccia della terra", rispose il Signore a Mosè: "Anche quanto hai detto io farò, perché hai trovato grazia ai miei occhi".
Questa richiesta che il Signore cammini col suo popolo Mosè la rinnovò, quando il Signore, dopo aver scritto per la seconda volta le tavole, apparve a Mosè e proclamò l'alleanza.

Il libro dell'Esodo racconta: "Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione. Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che ii Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa' di noi la tua eredità." (Esodo 34,5-9)

Quel "fa' di noi la tua eredità" nel testo ebraico è "nechalettanu" e il commentatore ebreo della Bibbia del XII secolo Rashi (ossia "Rabbi Shlomo Itzhaqi") traduce con "concedici particolare favore" ossia distinguici rispetto alle altre nazioni e ciò trova ragione del radicale che tra gli altri significati ha anche quello di "placare, chiedere favore, cercare favore, acconsentire, cedere", che si giustifica con una lettura delle lettere del ciò che "chiuso un potente apra ".

Del resto l'eredità implica un testatore che sia morto, quindi, solo in senso profetico passando alla natura umana presa dal Signore con Gesù di Nazaret si può accettare la traduzione "come tua eredità " della C.E.I..
Nel senso profetico, infatti, la Chiesa è l'eredità il lascito del Messia, morto e risorto in attesa del Suo ritorno nella gloria.

Subito dopo "Il Signore disse: Ecco, io stabilisco un'alleanza: in presenza di tutto il tuo popolo io farò meraviglie, quali non furono mai compiute in nessuna terra e in nessuna nazione: tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l'opera del Signore, perché terribile è quanto io sto per fare con te." (Esodo 34,10)

"io stabilisco un'alleanza" è "'anoki koret berit" che letto con i significati delle lettere dice anche "Io stesso , agnello crocifisso , dentro col corpo sarò in croce ".

La risposta alla richiesta fatta da Mosè di benevolenza, quindi di essere eredità di Dio, Dio stesso la collega strettamente all'alleanza che fu in definitiva la promessa di un legame che sarà poi completo con l'ulteriore passo della incarnazione come, infatti, lascia intendere Gesù per adempiere al suo compito che rivela nel discorso della montagna "Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento". (Matteo 5,17)

L'eredità è espressione di concretizzazione di un favore connesso a un legame unico con chi lascia il bene che è elargitore di una benevolenza; il lascito, in definitiva, è un segno concreto da interpretare come un pensiero d'amore.

Le lettere di sotto l'aspetto grafico dicono che un "lascito" di un padre è "un'emissione che racchiude potenza ", e se viene da un morto, questi emette un suo ricordo come fosse un torrente, di cui come vedremo ha le stesse lettere, "invia dalla tomba una potenza ".
Se si pensa poi a un possedimento che lascia Dio, questo è garanzia di avere "un'energia racchiusa dal Potente nel mondo ", quindi, "una energia nascosta dal Potente uscita " e che ti "guida () il Potente nel mondo ".

Dio possiede tutti i popoli come dice il Salmo 82,8 "Alzati, o Dio, a giudicare la terra, perché a te appartengono tutte le genti!" tra questi ci sono i suoi fedeli.

Spesso si parla di Israele come eredità di Dio ad esempio in Deuteronomio 9,26 "Pregai il Signore e dissi: Signore Dio, non distruggere il tuo popolo, la tua eredità, che hai riscattato nella tua grandezza, che hai fatto uscire dall'Egitto con mano potente", ma eredità in pratica è "possesso" e "proprietà".

Ecco poi che eredità, il possesso che il Signore destina ai suoi fedeli, sono:
  • una terra, che avranno per sempre, come precisato in Esodo 32,13 quando Mosè disse al Signore: "Ricordati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre".
  • le sue "parole", come dice il Salmo 119,1: "Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti, perché sono essi la gioia del mio cuore."
In Ezechiele 46,16-18 si legge: "Così dice il Signore Dio: Se il principe darà in dono a uno dei suoi figli qualcosa della sua eredità , il dono rimarrà ai suoi figli come eredità . Se invece egli farà sulla sua eredità un dono a uno dei suoi servi, il dono apparterrà al servo fino all'anno della liberazione, poi ritornerà al principe: ma la sua eredità resterà ai suoi figli. Il principe non prenderà niente dell'eredità del popolo, privandolo, con esazioni, del suo possesso; egli lascerà in eredità ai suoi figli parte di quanto possiede, perché nessuno del mio popolo sia scacciato dal suo possesso."

Per "anno della liberazione" in questo brano di Ezechiele 46,16-18 si trova l'anno "deror" le cui lettere vogliono dire anche "rondine", quindi "l'anno della rondine" cioè del ritorno a casa, del reintegro dei possessi originari in occasione dell'anno di Giubileo, quando ogni possesso sulle terre tornava al titolare originario se non era stato ricomprato o riscattato prima (Levitico 25,13-24).

Tale disposto riguardava anche le case se non in una città munita di cinta muraria, case che erano considerate parte della campagna.
Per le case di città il diritto di ricompra dopo vendita durava solo un anno, dopo di che diventavano definitivamente proprietà del compratore, mentre per le case in città levitiche il diritto di ricompra era a tempo indefinito, in quanto, i leviti non avevano eredità di terreni (Levitico 25,29-34).

In Geremia 10,19 invece è esaltato il radicale interno che si trova in eredità "nachalah", messo in parallelo a malattia e poi porta a indicare qualcosa di incurabile e funesto se riferito a giorno come in Isaia 17,11.

In ebraico vi è poi il radicale di verbo che indica "essere padrone, essere proprietario", ma implica un divenire, vale a dire un'azione che comporta "prendere possesso, possedere", e può comportare anche "l'ereditare e il succedere" in modo regolare, ma più spesso è "occupare, spodestare, espellere, scacciare, espropriare", quindi, un "conquistare e impadronirsi".

Riporto due esempi, entrambi del Deuteronomio:
  • Deuteronomio 2,12 - "Anche in Seir prima abitavano gli Urriti, ma i figli di Esaù li scacciarono (), li distrussero e si stabilirono al posto loro, come ha fatto Israele nella terra che possiede () e che il Signore gli ha dato."
  • Deuteronomio 31,3 - "Il Signore, tuo Dio, lo attraverserà davanti a te, distruggerà davanti a te quelle nazioni, in modo che tu possa prenderne possesso (). Quanto a Giosuè, egli lo attraverserà davanti a te, come il Signore ha detto."
Le lettere di quel radicale esprimono l'idea di "avere qualcosa al sole" quale allusione ad avere qualche proprietà, infatti, le lettere di possono anche fornire la lettura di "essere - stare con un corpo al sole " ove "Sh" = è la lettera iniziale di "shoemoesh" = = "sole".
Per conto si ha il verbo "impoverire" e "essere povero" il cui radicale è = = ove chi sta al sole è proprio il soggetto, quindi, "il corpo è porta al sole ", ossia non ha copertura alcuna; ecco, allora, che "povero" è "rish" , "rush" e "rash" .
Del resto chi subisce un'espropriazione "viene a mancare, impoverisce, sente la mancanza, va in rovina" e come in Genesi 45,11 e Proverbi 20,13 , ossia, "finisce a portarsi povero ".

Possedimento ricchezza, proprietà è "ireshah" e "irusshah" .

Il possesso ereditario era inviolabile e non era soggetto ad alcun tipo d'esproprio da parte dell'autorità, come risulta chiaro dall'episodio detto "della vigna di Nabot" (1Re 21,2-6) in cui Nabot, il legittimo possessore, si rifiuta di cederla al re.
(Vedi: "Racconti messianici dalla vigna di Nabot")

È questo un brano particolarmente espressivo dell'Antico Testamento nell'ambito della storia di Elia, nel 1° libro dei Re, al Capitolo 21.
Tale racconto nella sezione di vicende storiche narrate in quei libri, si dilunga con dovizia, uscendo dai binari della cronaca, trattando con insistenza particolare la narrazione di un fatto da cui si può` trarre la morale della certezza del compimento del giudizio divino.
La narrazione della prevaricazione di quel re presenta somiglianza con quella di Davide nei riguardi d'Uria il marito di Betsabea, e ricorda l'intervento di Natan nei riguardi di Davide (2Samuele 12).
Nel caso di Nabot, il re è Acab, re d'Israele, soggiogato dalla compagna, Gezabele, principessa fenicia, figlia di Et-Baal, re di Tiro e Sidone.
L'assassinato è il contadino Nabot e chi contesta il crimine è il profeta Elia.

In sintesi questa è la storia.
Acab voleva annettere alla sua residenza di campagna in Izreel la vigna del confinante Nabot che rifiutò d'alienarla essendo eredità familiare e proprietà di Dio quindi inalienabile.
Gezabele ideò un piano diabolico e con accuse e testimoni falsi fece lapidare Nabot, così la vigna passò ad Acab; da qui l'intervento di Elia.
Acab e Gezabele mossi ad agire contro il comandamento "Non desiderare la casa del tuo prossimo, né il suo campo!" (Deuteronomio 5,21) compirono assassinio, un furto e suscitarono false testimonianze.
Elia si scagliò con veemenza contro:
  • Acab, "Hai assassinato e ora usurpi! Per questo dice il Signore: Nel punto ove lambirono il sangue di Nabot, i cani lambiranno il tuo sangue!" (1Re 21,19);
  • Gezabele, "I cani divoreranno Gezabele nel campo di Izreel!" (1Re 21,23)
E avvenne in questo modo!

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