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RICERCHE DI VERITÀ...

 
LA LUCE DEL DIO UNICO - UN BAGNO NEL NILO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

DIO FA USCIRE DALL'EGITTO E SI RIVELA
Quanto narrato dalla Bibbia nell'Antico Testamento sull'esodo degli Ebrei dall'Egitto lo ritenevo allegorico e profetico della buona notizia nel Nuovo Testamento della prima venuta del Messia per aprire il tempo dell'esodo dell'umanità redenta per la via da Lui aperta per il Regno dei Cieli di Dio; quindi, per me l'Egitto di tali narrazioni era solo l'esempio di una generica condizione di schiavitù da cui il Signore libera.
Della "Torah", origine degli altri vari libri delle Sacre Scritture giudeo-cristiane, il cui nucleo d'origine la tradizione fa risalire proprio ai tempi dell'esodo, in merito all'evidenza che quei testi suggeriscono con l'Egitto, pertanto, non traevo tutte le conseguenze che quella civiltà e la scrittura potevano aver avuto sulla "struttura" della Tenak o Sacre Scritture ebraiche, peraltro, tutte accolte nella Bibbia cristiana.

Nel 1980 quando iniziai la ricerca nella Tenak, tutta ora in questo mio Sito che di continuo implemento, non conoscevo l'ebraico e non avevo mai fatto attenzione alle 22 lettere di quell'alfabeto, che riporto, scritte da destra a sinistra:


Dei racconti dei 5 libri - Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio - del Pentateuco o "Torah" mi aveva colpito che la "storia della salvezza" inizia con il credere a una "voce" da parte di un uomo, Abramo, poi da parte di tutto un popolo.
Dio, uscito dall'anonimato, si era presentato loro in modo efficace e credibile, con la promessa di liberazione da una schiavitù, cui seguì una Pasqua e una miracolosa apertura, quindi, un'uscita, poi, una "rivelazione" su cui un intero popolo incardinò la propria esistenza cui seguirono importanti conseguenze.
Sentivo grande rispetto per quei testi che per XXXIV secoli hanno avuto il potere d'influire in modo rilevante sulla storia il cui riscontro è la grande influenza che hanno avuto stante le vite dedicate alla loro diffusione da parte di tanti profeti, santi e martiri, ma anche re e imperatori.
Attorno ai miei 40 anni, pur se sotto l'aspetto umano - salute, famiglia, lavoro - potevo ritenermi soddisfatto, sentivo una schiavitù esistenziale che mi faceva desiderare una libertà che non conoscevo.
La "parola" dei Vangeli con cui Gesù, il Cristo, in Giovanni 1,39 si rivolge ai primi discepoli, seguaci del Battista, che aspettavano il Messia, destò il mio interesse; infatti, a loro che chiedevano dove abitava, Gesù aveva risposto: "Venite e vedrete".

Con mia moglie mi ero, infatti, riavvicinato alla religione che da anni nella pratica avevo abbandonato e mi ero accorto che la vivevo con spirito nuovo.
Coglievo, peraltro, nelle Scritture particolari mai notati, pur se provenivo da famiglia cristiana ed ero stato alunno in un collegio di Roma ove avevo ricevuto insegnamenti e "premi" in religione.
Ero stato raggiunto da un annuncio dal sapore di Verità e subito ebbero il potere di colpirmi le lettere ebraiche che scorsi in un libretto, "Ordinamento della Pasqua", "Seder le Pesach", che gli ebrei usano per il memoriale familiare di quella festa, libretto che ebbi modo di leggere per prepararmi alla festività cristiana.
Mi dissi, il Messia è nella Sua Chiesa, ma di certo anche nella "Torah", giacché è il frutto annunciato da secoli, atteso da quei discepoli ebrei che ne gioirono con un: "Abbiamo trovato il Messia" (Giovanni 1,41).

Aggiunsi, è strano che appena ho pensato di avvicinarmi al Messia, sono stato colpito da quelle 22 lettere, trama e ordito delle Sacre Scritture in cui, di certo, circola il Suo Santo Spirito che le ha ispirate.
Folgorato dall'espressività di quelle lettere di cui intuii l'esistenza anche di messaggi grafici, partii ai miei approfondimenti dopo aver acquisito l'importanza di questi tre elementi caratteristici presentati della "Torah":
  • (A) una rivelazione autentica di Dio;
  • (B) l'indicazione del tempo in cui fu ricevuta;
  • (C) il prendere atto che la rivelazione fu in favore di chi usciva dall'Egitto.
Mi sorpresi che le 22 lettere dell'alfabeto ebraico erano solo consonanti - come poi appresi era anche per l'egiziano antico - e associai ciò alla valutazione (C).

Pur se oggi mi pare semplice e chiaro, mi occorsero vari anni per valutare il pieno peso di tali questioni; ero, infatti, molto preso dal mio lavoro professionale d'ingegnere e dalle relative responsabilità, compresi però che (A), (B) e (C) erano pietre fondamentali di cui si deve tener conto per le conseguenze che comportano nell'inoltrarsi in quei testi scritti cui dovevo guardare anche nei modi originari, il più vicino possibile a come erano stati scritti.
Partendo dai testi tradotti, pur se necessari, mi dissi, potrei perdere parti importanti del nocciolo di quanto intendono e non coglierne il pieno senso; del resto, per seguire bene un dramma teatrale, occorre guardare anche le quinte e i fondali di scena in cui gli atti dell'opera si svolgono.
Per mio carattere e attitudine quella rivelazione chiedeva d'approfondire conoscenza e ambiente culturale da cui quei testi indicavano provenire, perché pur se ispirati, erano pur sempre prodotti da uomini, quelli della scuola di Mosè che quel mondo egizio descrivevano come vissuto, per cui erano filtrati attraverso una specifica cultura, data per scontata, che a chi leggeva poteva tornare utile tener presente come scenario dell'atto fondante proprio mentre si sviluppava.

Del resto, in Deuteronomio 29 si trova:
  • Deuteronomio 29,1 - "Mosè convocò tutto Israele e disse loro: Voi avete visto quanto il Signore ha fatto sotto i vostri occhi, nella terra d'Egitto..."
  • Deuteronomio 29,9.11 - "Oggi voi state tutti davanti al Signore... per entrare nell'alleanza del Signore, tuo Dio..."
  • Deuteronomio 29,13 - "Non soltanto con voi io stabilisco quest'alleanza..."
  • Deuteronomio 29,14 - "...ma con chi oggi sta qui con noi davanti al Signore, nostro Dio, e con chi non è oggi qui con noi."
L'alleanza era con tutti quelli che la volessero accogliere e il pragmatismo mi suggerì che per come desideravo cogliere in profondità quei testi era utile che fossi proprio come un contemporaneo presente con quei fuoriusciti dall'Egitto, assieme a quel popolo, con lo stesso sentire per comprendere a fondo cosa evocavano le parole dell'alleanza.
Dovevo, infatti, attingere idee, sentimenti e conoscenze che quei libri potevano dare per scontati per annoverarmi, non solo per bisogno di libertà, tra i testimoni di quei momenti in cui avvennero le "prove grandiose che i tuoi occhi hanno visto, i segni e i grandi prodigi" (Deuteronomio 29,2) e dire: anch'io c'ero!

Del resto, San Paolo in 1Corinzi 10,1-4 insiste con un "tutti", quando dice: "...i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo."

Più nel dettaglio, su quei tre elementi (A), (B) e (C), preciso quanto segue:

(A) La "Torah" che ha poi ispirato tutta la Sacra Scrittura in ebraico della Tenak e ha preparato gli eventi del Nuovo Testamento, sostiene che:
  • la rivelazione di Dio per Israele fu scritta da Mosè;
  • la scrittura sulle due Tavole del Patto fu prodotta dallo stesso dito di Dio.
Lo stesso rotolo in cui circola lo Spirito di Dio, in definitiva, suggerisce che fu proprio Lui l'autore del prototipo di scrittura e pur se ovviamente Dio era capace di varcare l'ostacolo di traduzioni carenti, la mia mentalità mi spingeva alla fonte originaria.
Scorrendo tale rotolo si trova, infatti:

Esodo
  • Esodo 24,4 - "Mosè scrisse tutte le parole del Signore."
  • Esodo 31,18 - il Signore "...finito di parlare con Mosè sul monte Sinai, gli diede le due tavole della Testimonianza, tavole di pietra, scritte dal dito di Dio."
  • Esodo 32,15s - "Mosè si voltò e scese dal monte con in mano le due tavole della Testimonianza, tavole scritte sui due lati, da una parte e dall'altra. Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio, scolpita sulle tavole."
  • Esodo 34,28 - "Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiar pane e senza bere acqua. Egli (il Signore) scrisse sulle tavole le parole dell'alleanza, le dieci parole."
Numeri
  • Numeri 33,2 - "Mosè scrisse i loro punti di partenza, tappa per tappa, per ordine del Signore; queste sono le loro tappe nell'ordine dei loro punti di partenza."
Deuteronomio
  • Deuteronomio 4,13 - "Egli vi annunciò la sua alleanza, che vi comandò di osservare, cioè le dieci parole, e le scrisse su due tavole di pietra."
  • Deuteronomio 5,22 - "Sul monte il Signore disse, con voce possente, queste parole a tutta la vostra assemblea, in mezzo al fuoco, alla nube e all'oscurità. Non aggiunse altro. Le scrisse su due tavole di pietra e me le diede."
  • Deuteronomio 9,10 - "Il Signore mi diede le due tavole di pietra, scritte dal dito di Dio, sulle quali stavano tutte le parole che il Signore vi aveva detto sul monte, in mezzo al fuoco, il giorno dell'assemblea."
  • Deuteronomio 10,4 - "Il Signore scrisse su quelle tavole come era stato scritto la prima volta, cioè le dieci parole che il Signore aveva promulgato per voi sul monte, in mezzo al fuoco, il giorno dell'assemblea. Il Signore me le consegnò."
  • Deuteronomio 31,9 - "Mosè scrisse questa legge e la diede ai sacerdoti figli di Levi, che portavano l'arca dell'alleanza del Signore, e a tutti gli anziani d'Israele."
(B) Nel libro dell'Esodo, si trova ben precisato che la rivelazione che portò il popolo a uscire dall'Egitto ci fu quando "...vennero imposti loro dei sovrintendenti ai lavori forzati, per opprimerli con le loro angherie, e così costruirono per il faraone le città-deposito, cioè Pitom e Ramses." (Esodo 1,11)

L'indicazione reca ai tempi della XIX dinastia dei Faraoni, quella dei Ramseti, quindi, nel XIII secolo a.C.. dopo la XVIII cui apparteneva il famoso Amenophis IV che cambiò il nome in Akhenaton, il faraone additato come "eretico" che azzerò la pletora degli dei egizi sostituendo quel pantheon con il monoteismo del dio Aton e in cui pare scorgersi l'influenza degli ebrei giunti in Egitto, quando Giuseppe, primogenito di Giacobbe-Israele e di Rachele ne divenne viceré secondo i racconti del libro del Genesi 37-50.
Il cambio di dinastia e il sorgere di animosità degli egiziani verso gli ebrei sono segnalati da Esodo 1,8 quando afferma: "Allora sorse sull'Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe."
(Vedi: "Giuseppe vice faraone d'Egitto")

Prima della XVIII dinastia ci furono i governatori Hyksos, tra cui forse si deve collocare il "faraone" di cui Giuseppe fu visir.
La cacciata degli Hyksos ci fu tra il 1550 e il 1500 a.C., e segnò l'inizio del tempo del Nuovo Regno 1550-1070 a.C. con Ahmes I, poi Amenofi I e i Thutmosi l della XVIII dinastia, i quali diedero inizio alla maggiore espansione degli egizi, a sud fino alla terza cateratta del Nilo e a est fino all'Eufrate, per cui Canaan e la Fenicia entrarono sotto protettorato egiziano.
Amenofi II poi fece la pace con i Mitanni, Thutmosi IV la consolidò e con Amenofi III ci furono varie opere architettoniche monumentali, quindi, regnò Amenofi IV,1370-1353 a.C., provocò la riforma religiosa monoteistica e la dura opposizione dei sacerdoti di Ammon fino al ritorno all'antica "religione" al tempo di Tutankhamon,1350-1340 a.C., morto molto giovane cui seguì Horemheb, ultimo della XVIII dinastia, un generale sostenuto dai sacerdoti, con doti militari e politiche sotto cui fu ripristinato il culto di Amon e furono costruite importanti opere architettoniche a Menfi, Karnak e Heliopolis; agli inizi di quel regno sarebbe nato Mosè.


Tutmosi I, massima espansione a est e a sud 1500 a.C.

Le frontiere erano minacciate da Hittiti a est, dai libici a ovest e dai popoli del mare ed ecco, attorno al 1310 a.C., sorgere la XIX dinastia fondata da Ramsete I e rafforzata Sethi I.
L'Egitto raggiunse il massimo della potenza militare ed economica con Ramsete II (1290-1224 a.C.) che, riconquistata Canaan, vinse gli Hittiti a Qadesh (1275 a.C.) e trasferì la capitale da Tebe ad Avaris, sul Delta orientale, che ribattezzò Per-Ramsete.
Gli succedette Merenptah sotto di cui ci sarebbe stato l'esodo degli Israeliti dall'Egitto.

Il termine "faraone" che si trova nella Bibbia, "Para'" , le cui lettere ebraiche con i segni dicono "la parola di Ra esce " e lette al negativo propongono "parole dal male escono ", in quanto, per l'ebraismo il male assoluto è "Ra'" = = male, secondo alcuni sarebbe un anacronismo se usato prima della XVIII dinastia, in quanto, a quell'epoca non c'erano ancora i cartigli che riportavano tale nome.
Ora in egizio "Per'o" significa "Grande casa" e indicava il palazzo del faraone, ma prima di quei tempi fino al Periodo Arcaico in luogo dei cartigli era uso scrivere i nomi dei sovrani egizi in una cornice rettangolare detta "serekht" nella quale, in genere, è inserito anche il simbolo che riguardava la facciata del palazzo reale, quindi, ancora... la Bibbia aveva ragione.


Un cartiglio e un "serekht"

Si legge in Genesi 47,5-10 che il faraone che accolse Giuseppe ai tempi degli Hyksos fece risiedere il padre e i suoi fratelli nella terra di Goshen, la parte orientale del fertile delta del Nilo, proprio nel territorio della città di Ramses.
Mosè, l'uomo chiamato da Dio a essere il profeta che fece le Sue veci mentre il fratello Aronne fu la voce, era un ebreo - egiziano fuggito dall'Egitto per aver ucciso un inserviente mentre maltrattava gli schiavi ebrei, si sposò, ebbe due figli, e restò in esilio in terra di Madian oltre la penisola del Sinai per 40 anni, dice la tradizione, finché non morì il faraone da cui era fuggito.

Si trova, infatti, in Esodo 2,23-25: "Dopo molto tempo il re d'Egitto morì. Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. Dio ascoltò il loro lamento. Dio guardò la condizione degli Israeliti, Dio se ne diede pensiero."

Ecco che subito dopo Dio si presentò a Mosè nella visione del "roveto ardente", presso il monte Oreb, come riporta Esodo 3.
In quella XIX dinastia di faraoni ci fu Ramses II che visse "molto tempo" per allora, 90 anni, quindi, per "molto tempo" regnò, circa 65 anni.
Il suo 13° figlio, Merenptah, ricoperti numerosi incarichi nell'esercito, salì al trono, dopo 12 anni di co-reggenza col vecchio padre ritiratosi e regnò per altri 9 anni dopo che quegli morì.
In Merenptah perciò è da individuare il faraone delle 10 piaghe di cui è detto nel libro dell'Esodo:
  • acqua mutata in sangue (7,14-25),
  • invasioni di rane (7,26; 8,11),
  • zanzare (8,12-15),
  • tafani (8,16; 28-7),
  • moria di bestiame (9,1-7),
  • ulcere (9,8-12),
  • grandine (9,13-35),
  • cavallette (10,1-20),
  • tenebre (10,21-29),
  • morte dei primogeniti maschi (12,29-30).
Del resto è sulla stele, detta, appunto, di Merenptah, ora nel Museo egizio del Cairo, che c'è la prima testimonianza extrabiblica del nome Israele.
(Vedi: in "Storia e mito degli ebrei in Egitto", il paragrafo "La schiavitù degli Israeliti")

"Mosè aveva ottant'anni e Aronne ottantatré, quando parlarono al faraone" (Esodo 7,7), quindi, si può ritenere che la rivelazione di Dio sul Sinai fu negli anni venti del XIII secolo a.C. quando i fenici non avevano ancora definito il loro alfabeto, poi esportato in tutto il mondo conosciuto.
I primi ritrovamenti di testi in proto-cananeo o in paleo ebraico datano, infatti, circa 4 secoli dopo; mi riferisco alla stele di "Mesha" con un'iscrizione del IX secolo a.C. di quel re moabita.
(Vedi: in "La Sacra Scrittura annuncia l'incarnazione" il paragrafo "I più antichi reperti di scrittura ebraica")

Ecco che allora mi domandai: con quali segni poteva scrivere a quei tempi un ebreo egiziano di 80 anni vissuto nel Sinai per 40 anni?


Segni sinaitici

La risposta fu immediata: con segni simili a quelli detti "sinaitici".
Fu così che mi avvicinai all'alfabeto ebraico e comincia a cercare nei 22 segni di quelle lettere tracce grafiche per capire se potessero celare anche l'idea e la possibilità per una scrittura ideografica?

(C) La Bibbia in tutte le sue parti evidenzia in modo incontestabile per ampiezza e numero delle citazioni che la rivelazione di Dio nel XIII secolo a.C. fu a gente uscita dall'Egitto.
La parola "Egitto" nell'insieme del Nuovo e Antico Testamento si presenta complessivamente 646 volte, "egiziano - egiziani" 124 volte e "Nilo" 42 volte.
Una ricerca specifica di tali termini nella "Torah" ha fornito i seguenti dati:


Si legge pure nel libro dell'Esodo 12,38 che al partire degli Israeliti da Ramses alla volta di Succot "...una grande massa di gente promiscua partì con loro...".
L'indicazione è precisa: i fuoriusciti erano tutte persone che erano vissute in Egitto, ma non erano tutti e soltanto ebrei, potevano comprende l'egiziano, ma non tutti comprendevano l'ebraico; potevano tutti però cogliere dei messaggi con segni ideografici.
Segni del genere peraltro, come le icone che oggi si usano sui cruscotti delle automobili, hanno la peculiarità di avere un carattere universale che facilita a chi li vede la comprensione immediata di un messaggio e la conservazione mnemonica di quanto deve ritenere.

Fu così che mi avvicinai al mondo dei geroglifici per captarne i rudimenti, con la fiducia che avrei trovato elementi mancanti al quadro dei significati grafici delle 22 lettere dell'alfabeto ebraico, certo della scrupolosa attenzione degli antichi scribi e rabbini nel conservare l'eventuale traccia dei segni d'origine.
Fu così che mi dotai del "Dictionary of Middle Egyptian" di Faulkner Raymond O (Griffith Institute Ashmmolean Museum - Oxford 86) e idealmente feci un bagno nel Nilo.
Mi si disvelò una chiave di decriptazione usando i messaggi delle lettere ebraiche e affinché il metodo, ormai definito, avesse un atto di nascita formale e un autore produssi in poche copie per uso personale, ormai esaurite, e registrai alla SIAE:
  • l'8 Gennaio 1998 un testo "I Segni Sacri ebraici rivelano la Parola";
  • l'8 Febbraio 2000 un testo, più ampio, con esempi di decriptazione "Geroglifici Segni Ebraici - Una rivisitazione delle Scritture".
Non intendendo in alcun modo lucrare su questioni che ritengo sacre, dopo alcuni anni per far conoscere conclusioni e sviluppi, esordii in Internet con "Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche", quindi, con "I primi vagiti delle lettere ebraiche nella Bibbia", poi presentai il metodo "Parlano le lettere" e le schede delle lettere con i loro significati che si ottengono cliccando sui loro simboli a destra delle pagine di questo mio Sito.

Dopo postai i seguenti articoli che, in effetti, avevo scritti prima:
Ora, nello scorrere i testi dell'Antico Testamento della Bibbia ci si rende conto che tante idee, rivestite di nuovi contenuti, possono venire da cultura, miti, religione e usi egizi, quali risultano da questo elenco certamente non esaustivo:
  • l'idea di "come in cielo così in terra";
  • la coincidenza dei tempi di Adamo e del mito di Horus, "poco" prima della 1a dinastia egizia tra 3-4000 a.C.;
  • un grande serpente, l'Apopi in Egitto, idea della menzogna, della tenebra, incarnazione del male, parallelo al serpente di Genesi 3;
  • l'incarnazione di un dio in un uomo;
  • la risurrezione dopo la morte;
  • un giudizio per le anime dei defunti;
  • la legge di Maat e i comandamenti;
  • affinità della creazione secondo miti degli Egizi (firmamento con dea Nut il dio Nun, l'apparire della prima terra... la pietra d'angolo o ombelico del mondo);
  • un dio che muore, Osiride;
  • un dio che risorge dalla morte, Osiride;
  • il monoteismo di Akenaton;
  • l'Inno al sole che ha ispirato alcune idee nei Salmi;
  • la circoncisione che gli egizi praticavano come segno di affiliazione a Ra, (il dio Sole, che aveva circonciso se stesso per dare origine dal sangue sgorgato dalla ferita all'universo e all'esistenza umana - da un libro dei morti);
  • il peccato dell'adorazione del vitello d'oro;
  • mattoni con l'impiego di paglia;
  • tempio e abiti sacerdotali;
  • il rito dell'Effatà nel battesimo cristiano;
  • nelle tombe egizie nei "Libri dei morti" si trovano le dichiarazioni dei defunti per Anubi, "io non ho rubato...io non ho ucciso..." che ricordano molti dei 10 comandamenti sulle tavole chiuse nell'Arca dell'alleanza.
Pure la stessa Arca, i voti di nazireato e la legge del "levirato" paiono trovare in Egitto una rispondenza, come pure il riposo settimanale.
Al riguardo da Ostraca scritti ai tempi dei Ramseti da operai addetti alla costruzione di tombe nella Valle delle Regine risulta che le giornate lavorative erano otto-nove ore, separate dalla pausa di mezzogiorno per il pranzo.
Ogni mese solare contava 24 giorni lavorativi, era diviso in tre decadi, 8 giorni di lavoro e 2 giornate di riposo con varie feste religiose nel corso dell'anno.
Ogni 6 ore di lavoro seguiva una pausa e ciò fu colto nel calendario lunare ebraico basato su 4 settimane in 28 giorni, con pausa di 1 giorno ogni 6.
Nel seguito porterò elementi che confortano quanto ho detto per gli altri punti.

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