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RICERCHE DI VERITÀ...

 
LA LUCE DEL DIO UNICO - UN BAGNO NEL NILO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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I CHERUBINI DELL'ARCA
Nell'ebraismo la "Sapienza" di Dio, a Lui coeterna, guidava i Suoi disegni e la Sua mano nella creazione, praticamente personificata in Proverbi 8,22-31, infatti: "Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all'origine. Dall'eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull'abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell'abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo."

Un ombra di quella Sapienza, nella formazione che ha provocato ordine nel caos del Nun della cosmologia egizia è Maat che, come abbiamo visto, per gli Egizi era la dea della misura e dell'ordine, quindi, della matematica e della geometria.
Maat è una divinità astratta del panteon egizio ispirata dalla dea Iside, madre di Horus e sposa di Osiride; infatti, ha la stessa iconografia di Maat con la sola variante che sul capo al posto della piuma di Maat ha un trono .


Iside e Maat

Maat opera nei cieli e nel cosmo, nei mondi superiori e inferiori, così in cielo come in terra; in greco è ""; dal suo "Nome - e "noma" in greco è uguale a "Legge" - vengono i termini MATeMATica, "mathesis", "mathema" "" scienza, disciplina, quindi fa intendere fa intendere l'Ordine di Maat, l'Ordine Matematico dell'Universo; inoltre, si ha METodo, ossia "Meta hodos", in greco "Grande Via", insomma, ha alcune caratteristiche attribuite nel monoteismo abramitico alla "Sapienza" del "Creatore".

La duplice caratteristica di "Maat", cosmica ed etica, presenta, alcune affinità con la Sapienza personificata descritta in alcuni brani dell'Antico Testamento ed è possibile ipotizzare l'influenza di questa nell'ebraismo: "Maat assicura l'ordine cosmico e l'armonia... figura della Sapienza in Proverbi 8 è forse parzialmente ispirata a quella di Maat, ma non senza che una purificazione radicale sia stata operata: la Sapienza non è una dea." (Maurice Gilbert in "Sapienza", con Pietro Rossano. Gianfranco Ravasi, Antonio Girlanda in Nuovo Dizionario di Teologia Biblica - E. Paoline 1988)

La rivelazione cristiana, del resto, ammette una gradualità, per cui "nella pienezza dei tempi" (Galati 3,24), il Figlio di Dio si è incarnato onde l'idea "Maat" assieme il "logos" ellenista sono "gradini" che hanno preparato l'uomo all'avvento della pienezza con Gesù di Nazaret.
A tale dea che idealizza l'ordine che s'oppone al caos col roteare ordinato delle stelle, delle stagioni, delle piene del Nilo e all'osservanza dei suoi principi era attribuito l'ordine millenario e giusto dell'Egitto, collaudato dalla saggezza del tempo e delle tradizioni.
I suoi principi - regola di Maat - dovevano essere presenti nel cuore degli uomini, un riferimento morale di tutti, dal faraone all'ultimo dei servi, in special modo se delegati a comando, responsabilità e a giustizia nel regno.
La dea Maat nell'iconografia egizia in definitiva ha queste caratteristiche:
  • piuma della verità e della fede sul capo;
  • nella sinistra la croce "anch" della vita;
  • nella destra lo scettro di papiro "Uadj", il gambo stilizzato di papiro, simile a una colonna papiriforme, scettro con cui da la giusta misura al tutto.
Nella rappresentazione iconografica della dea la lunghezza dello scettro è pari all'altezza del suo corpo dai piedi fino alla spalla, esclusa la testa.
Pur se può avere in misura qualsiasi lunghezza quel che conta è la proporzione rispetto a quella figura che rappresenta la lunghezza del corpo di Maat che da luogo alla costruzione del rettangolo detto aureo.
La lunghezza del suo scettro A-A' è pari alla larghezza esatta della sua figura rappresentata dall'iconografia egizia che rispetta sempre tali proporzioni.


Metà scettro è pari all'altezza dai piedi al disopra della croce che tiene in mano.
Il culmine della sua testa sotto la piuma, è di bastone più in alto, quindi, l'altezza è pari a 1,25 A per cui se A fosse lungo 2 cubiti celesti l'altezza del simulacro della dea sarebbe di a 2,5 cubiti e una cassa per contenerla dovrebbe avere la misura di tali 2,5 cubiti o 2 cubiti celesti senza la testa.

Sul papiro della regina Kamara nel Museo del Cairo si trova una strana figura che lega la testa di Maat a un rettangolo e fa pensare alla geometria, ma anche ad una cassa speciale.
Ora, il rettangolo che delimita la sagoma corporale pari allo scettro della dea è identico al rettangolo simbolo di Maat emerso da quel papiro "Kamara".


Maat nel papiro di Kamara

Tale immagine ha mosso tante idee e pensieri che hanno fornito spunti sulle conoscenze geometriche degli egizi, deducendole in particolare dalle tre principali piramidi di Giza, con l'analogia della loro posizione in pianta alla disposizione delle stelle della cintura di Orione, e alla costruzione di rettangoli aurei che si trovano frequenti nella loro iconografia e infine con la conoscenza pratica del "Pi" greco 3,14156, come ora vedremo, facendo rotolare un cilindro.
Prima di proseguire, infatti, è opportuno che apra una parentesi sulle misure di lunghezza degli egizi.
Un cilindro disposto con la generatrice a terra con diametro di lunghezza campione pari a 2 cubiti egizi invece di quel 2 in verticale generava un percorso in orizzontale di 6,28312 cubiti.
Il cubito rappresentava la lunghezza dell'avambraccio del faraone, dal gomito alla punta del dito medio, detto cubito piccolo, circa 44,7 cm, lungo pari a 6 palmi, usato per le misurazioni quotidiane e il cubito "mh" regale "niswt", utilizzato in architettura era di un palmo più lungo, quindi, circa 52,36 cm, diviso in 7 palmi di 7,48 cm, a loro volta divisi in 4 dita di 1,87 cm.
Per le misure verticali usavano pertiche e per le orizzontali rotolavano un odometro - cilindro del diametro di due cubiti - per cui un cubito orizzontale era 3,14 volte un cubito verticale.
Le piramidi avevano un rapporto tra l'altezza e il lato di base che era di 4 cubiti orizzontali a un cubito verticale quindi 4:3,14 con angolo conseguente di circa 51° e le meno ripide di 3:3,14 con angolo di 41°.
Ne consegue che secondo il pensiero egizio la dea con il suo agire opera nel mondo superiore e inferiore facendo "ordine" e in tal modo domina Apopi o Apofi, il dio del disordine.
A questo punto è importante ricordare che Apopi o Apofi ha nel suo geroglifico ha proprio due pietre cubiche , le lettere P=F, che unite formano in prospetto proprio quel rettangolo che si vede sul papiro della regina Kamara.
La lettera P in ebraico è la "pe" che graficamente allude a una bocca che parla, la Parola, il Verbo.
Apopi agisce per dividere, ed ecco le due pietre , quindi ha due parole e ricorda il serpente di Genesi 3.
Maat agisce per unire e porta a volere una pietra sola e non una parola doppia.


Geroglifico di Apopi

Nella Bibbia non si trova un termine esplicito che porti alla dea Maat, ma nella genealogia di Gesù di Luca 3 in 26 si legge: "...Naggai, figlio di Maat, figlio di Mattatia, figlio di Semein" e più avanti in 29 "... figlio di Gesù, figlio di Elièzer, figlio di Iorim, figlio di Mattat, figlio di Levi..." e nel testo originario in greco "Maat" è "" e Mattat è "".
Questo porta proprio ai tempi di Levi, antenato di Mosè, perciò un nome dato da Levi a un figlio nato in Egitto o comunque che ricorda quel mondo.
Alla luce di questi pensieri, quando in ebraico si trovano i bi-letterali e ci si dovrebbe domandare se non c'entri in qualche modo anche il concetto di ordine di Maat.
Potrebbero, infatti, alludere a lei:
  • bastone, "matteh" di Mosè, datogli da Dio "Mosè prese nella sua mano il bastone di Dio." (Esodo 4,20) e al miracolo dell'apertura del mare Dio gli disse "Ti intanto alza il bastone..." in tale conteso pare come se Dio avesse dato il potere della Sapienza a Mosè per "ordinare" la storia e gli elementi in favore della preparazione della Sua rivelazione.
  • la verità "'oemoet" .
un'arca di legno di acacia: avrà due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza, un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d'oro puro: dentro e fuori la rivestirai e le farai in torno un bordo d'oro. Fonderai per essa quattro anelli d'oro e li fisserai ai suoi quattro piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull'altro. Farai stanghe di legno di acacia e le rivestirai d'oro. Introdurrai le stanghe negli anelli sui due lati dell'arca per trasportare con esse l'arca. Le stanghe dovranno rimanere negli anelli dell'arca: non verranno tolte di lì. Nell'arca collocherai la Testimonianza che io ti darò."

L'arca è di legno di "Shittim", ricorda "Abel-Shittim" o corso d'acqua delle acacie, ossia del legno di quella valle, di cui dice Numeri 25,1; 33,49 presso l'estremità NE del Mar Morto, luogo in cui ci fu l'ultimo accampamento di Israele dopo l'esodo, prima di entrare nella Terra Promessa e ove gli israeliti peccarono con le figlie di Moab.
In Genesi 14,3 invece è ricordata la valle di "Siddim" che chiama proprio Mar Morto e tutto ciò ci porta a Sodoma e Gomorra, quindi, con la mente al peccato e al demonio o spirito maligno "Shed" che è da contenere, combattere e ricondizionare in bene da "scatolare".

Nelle sue lettere (2a) Sant'Agostino scrive: "Dio, che permette il nascere del male, trae dal male il bene per tutti i buoni. Dio inoltre non apparirebbe come l'Onnipotente autore d'ogni bene, se non permettesse l'esistenza del male, benché io non sia in grado di trovare che cosa potrebbe fare servendosi del male. Egli lo ha tuttavia respinto lontano con una separazione immensa dal regno dei beati e perciò, neppure trattandosi del male da lui permesso, Dio ha cessato ogni specie di attività ma ha fatto in modo che non ci fosse alcun male dove ha voluto così. Se invece avesse fatto così dappertutto, non ci sarebbe nel mondo tutto il bene, poiché naturalmente non ci sarebbe stato il bene che egli avrebbe potuto trarre dal male."

Questa Arca, allora, annuncia la presenza della volontà di Dio per l'affermare la giustizia, dell'ordine e della verità nel mondo e contrastare il male.
Passando all'analogia egizia sta ad affermare che l'Arca assicura la Sua presenza per contrastare Apopi, il serpente, che vuol far tornare nel Caos.
In quella descrizione dell'Arca di Esodo 15 si parla di "due cubiti" "'ammatim" e questi ricordano anche la "verità che è vivente " e per chi usciva dall'Egitto, appare chiaramente allusivo del soffio della piuma di Maat.
Nel giudizio della sala del Tribunale di Osiride se il cuore del defunto, era appesantito da colpe gravi la bilancia di Anubi lo avrebbe dimostrato ed in tal caso la sorte era quella di venire divorato dalla dea Ammit. Era questa Ammit il demone mostruoso del regno degli inferi, con testa di coccodrillo, corpo di giaguaro e parte posteriore di ippopotamo che si vede sopra a destra della bilancia del giudizio, preposta alla distruzione totale dello spirito del morto, quindi, una specie di "ira di Maat".


Da "Libro dei Morti" di Hu-nefer
Regno di Sethos I, XIX dinastia, British Museum


Geroglifico di Ammit

In quello stesso versetto con cui Esodo 25,10 descrive dell'Arca si trova ripetuto 3 volte in ebraico "chetsy" che è tradotto come "mezzo" dal radicale di "suddividere, smembrare, spezzettare", infatti, "chets" è "lancia, freccia".

Ora, viene comandato di "Nell'arca collocherai la Testimonianza che io ti darò." (Esodo 25,16) ossia vi va posto il "Nome", la "Legge".
Il decalogo o 10 Parole date da Dio sull'Oreb, divise in due tavole di pietra sulla prime con i 5 comandamenti del cielo verso Dio e sulla seconda i 5 verso gli uomini della terra era il Nome, era la Legge, della Sapienza divina da mettere nell'Arca.
Questa Legge è l'arma che contrasta il male e viene chiusa nell'Arca il cui prospetto rettangolare ricorda quel famoso rettangolo di Maat.


Apopi nel Tempio di Edfu

Nel Tempio di Edfu dedicato al dio Horus, risalente all'Antico Regno e restaurato nel poi Nuovo Regno durante la XVIII dinastia dal III di quei Thutmosi, quindi, conosciuto da Mosè, si trova un bassorilievo raffigurante Apopi trafitto da numerosi coltelli, colpito dalle forze del bene, ossia quelle dispensate da chi opera secondo Maat, che in definitiva l'incatenava che sono poi le armi cui alludono quei "mezzo" "chetsy" che è tradotto come "mezzo", in ebraico quindi le "frecce" di Esodo 25,10 dell'arca ripetuto 3 volte.
Secondo il mito egizio il rossore di sera e mattutino allude al sangue che sgorgava dalle sue ferite che arrossava il cielo.

Quel testo di Esodo 25 prosegue poi in questo modo: "Farai il propiziatorio, d'oro puro; avrà due cubiti e mezzo di lunghezza e un cubito e mezzo di larghezza. Farai due cherubini d'oro: li farai lavorati a martello sulle due estremità del propiziatorio. Fa' un cherubino a una estremità e un cherubino all'altra estremità. Farete i cherubini alle due estremità del propiziatorio. I cherubini avranno le due ali spiegate verso l'alto, proteggendo con le ali il propiziatorio; saranno rivolti l'uno verso l'altro e le facce dei cherubini saranno rivolte verso il propiziatorio. Porrai il propiziatorio sulla parte superiore dell'arca e collocherai nell'arca la Testimonianza che io ti darò. Io ti darò convegno in quel luogo: parlerò con te da sopra il propiziatorio, in mezzo ai due cherubini che saranno sull'arca della Testimonianza, dandoti i miei ordini riguardo agli Israeliti." (Esodo 25,17-21)

Al riguardo, propongo la seguente ricostruzione grafica:


(Vedi: in "L'epopea dell'Arca del patto - Testi nascosti")

Ho trovato, infatti, che nei testi ebraici dell'Antico Testamento ben 10 volte ripete che Dio, che ho rappresentato con un triangolo , siede tra i cherubini, come si trova scritto in 1Samuele 4,4; 2Samuele 6,2; 1Re 6,32 e 19,15; 1Cronache 13,6; Salmo 80,2 e 99,1; Isaia 37,16; Ezechiele 10,10 e Daniele 3,55.

Guardando nelle immagini degli esseri alati rappresentati nelle tombe e nei Templi egizi, l'essere con le ali è tipico in particolare delle dee Iside e Manat e mi ha colpito in particolare un'immagine antica che ripropongo raddoppiata e ribaltata in cui la posizione delle ali pare ispirare i cherubini descritti sul propiziatori dell'Arca.
L'Arca da un punto di vista esoterico è interpretata come il contenitore del sapere superiore, lo scrigno della conoscenza, il vaso della parola perduta, perciò chi la ritrovasse s'impossesserebbe di tale prezioso patrimonio.
L'Arca per come concepita potenzialmente poteva anche risultare una macchina dotata d'energia frutto d'una tecnologia antica, che secondo alcuni gli egizi conoscevano e che Mosè avesse recepito, o addirittura trafugato al faraone... e qui la fantasia si sbizzarrisce... dalla grande piramide di Cheope, insomma un potente condensatore capace di caricarsi di elettricità statica, quindi, di fatto un accumulatore.
Abbiamo visto che l'Arca era una cassa di legno d'acacia, che poteva fungere da dielettrico, rivestita d'oro con un coperchio tutto d'oro con due cherubini con le ali ripiegate quasi a toccarsi.


Nell'immagine egizia sovrastante si vede il cielo - la striscia nera superiore a modo di coperchio - che scarica energia tramite l'"anch" sul segno Zed, su cui troneggia l'albero di vita presenti le dee Iside e la sorella Nefti su sgabelli indicanti il segno dell'oro.

È da ricordare che la Tenda del convegno o Tabernacolo di cui parla il Pentateuco, rappresentava la presenza di Dio tra la comunità.
Questa con tutti gli arredi, fu fatta produrre da Mosè nel deserto con segni terreni a modello del santuario celeste che rappresentava la creazione, la storia del cieli e della terra, quindi anche del futuro messianico che era da venire e da attendersi.

Prendendo coscienza della provenienza egizia di Mosè, è da presumere che quei "cherubini" sull'Arca fossero un modo d'esplicitare con idee egizie un oggetto atto ad ingenerare l'ispirazione a divinità alate.
Divinità del genere erano, infatti, comuni nell'immaginario dell'antico Egitto, ed erano comprensibili da parte dei fuoriusciti da quel paese.
I due cherubini potevano in molti evocare la dea Iside con la figura speculare della sorella Nefti che in quel mito piangevano la morte di Osiride e ne volevano provocare la resurrezione alchemica.
Ora aggiungo anche la "sapienza" la Maat che doveva portare ordine nel mondo come in cielo così in terra quindi duplicata.

Riferiscono gli scritti, attribuiti dalla tradizione a Mosè, che il Signore gli ordinò di produrre l'Arca e ne diede la descrizione indicando forma, materiali e dettagli che vennero filtrati da un personaggio egiziano-ebreo e tradotti in manufatto assai simile a un prodotto dell'artigianato egizio capace di suscitare l'idea del sacro nella comprensione immediata di tutti quei fuoriusciti dall'Egitto, di cui molti "raccogliticci".
I due cherubini, così, erano a raffigurare creature superiori che con le loro ali proteggevano il contenuto dell'Arca in cui c'era una fonte di vita.

In "Il cuore dell'uomo" riportavo che l'uomo dell'antico Egitto dopo la morte doveva affrontare con successo un giudizio per poter raggiungere i campi dei Giunchi o delle Canne, i campi Iaru, collocati nel cielo, a oriente appena sopra l'orizzonte terrestre, vicini alla porta da cui il sole saliva in cielo e iniziava il suo viaggio da oriente a occidente.
Il giudizio consisteva nella pesatura del cuore o "psicostasia" descritta in una guida del mondo dell'aldilà - il Libro dei Morti - libro che veniva posto nelle tombe di personaggi importanti anche per suggerire al defunto le parole adatte da dire al giudici del tribunale di Osiride.
Questo tribunale ove il cuore è pesato è chiamato anche "sala delle due Maat", intese come verità e giustizia.
Nella propria vita sulla terra se l'uomo aveva percorso cammini per ricercare giustizia e verità e aveva rifuggito da ciò che provoca danno al prossimo, alle divinità e all'autorità terrena del faraone conservando il cuore non appesantito, ma leggero come la piuma della dea Maat, la dea della giustizia, della verità e dell'ordine universale, superava positivamente il giudizio.
Il defunto si discolpava con una confessione detta "negativa" basata sulla negazione d'aver commesso ingiustizie o atti malvagi.

Nel Capitolo CXXV del Libro dei Morti nel papiro di Ani della XVIII dinastia dell'Antico Egitto, il più conosciuto del Libro dei Morti che si trova nel British Museum si trovano 42 "precetti" che dovevano essere rispettati.
Riporto la traduzione che mi sembra più verosimile di cui si trova echi nel Decalogo ebraico: "Non ho detto il falso; Non ho commesso razzie; Non ho rubato; Non ho ucciso uomini; Non ho commesso slealtà; Non ho sottratto le offerte al dio; Non ho detto bugie; Non ho sottratto cibo; Non ho disonorato la mia reputazione; Non ho commesso trasgressioni; Non ho ucciso tori sacri; Non ho commesso spergiuro; Non ho rubato il pane; Non ho origliato; Non ho parlato male di altri; Non ho litigato se non per cose giuste; Non ho commesso atti omosessuali; Non ho avuto comportamenti riprovevoli; Non ho spaventato nessuno; Non ho ceduto all'ira; Non sono stato sordo alle parole di verità; Non ho arrecato disturbo; Non ho compiuto inganni; Non ho avuto una condotta cattiva; Non mi sono accoppiato (con un ragazzo); Non sono stato negligente; Non sono stato litigioso; Non sono stato esageratamente attivo; Non sono stato impaziente; Non ho commesso affronti contro l'immagine di un dio; Non ho mancato alla mia parola; Non ho commesso cose malvagie; Non ho avuto visioni di demoni; Non ho congiurato contro il re; Non ho proceduto a stento nell'acqua; Non ho alzato la voce; Non ho ingiuriato dio; Non ho avuto dei privilegi a mio vantaggio; Non sono ricco se non grazie a ciò che mi appartiene; Non ho bestemmiato il nome del dio della città."

In definitiva, l'interno dell'Arca era rivoluzionario per il mondo, infatti, conteneva:
  • la "Torah" o Legge che serve a imbrigliare lo spirito ribelle del mondo;
  • l'annuncio che la Parola di Dio si sarebbe fatta presente tra gli uomini.
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