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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
LA FEDE NELLA "VITA ETERNA"

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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L'ATTESA ESCATOLOGICA »

DANIELE UN NOME "DAVIDICO"
Nel precedente paragrafo sul tema della "Vita Eterna" è emerso nella sua importanza un versetto del libro di Daniele, che il canone della Bibbia cristiana pone tra i profeti maggiori assieme a Isaia, Geremia ed Ezechiele, che fa da cerniera per svoltare dal pensiero ebraico rivolto essenzialmente a conseguire una ordinata vita terrena, all'attesa, dietro l'angolo di questa, di un futuro non noto, ma desiderato.
Di tale libro mi sono interessato in passato con l'articolo "I geroglifici ebraici del libro di Daniele" alla cui lettura ovviamente rimando, di cui ho presentato decriptate tutte le parti in ebraico e aramaico, precisamente:

La seconda dal capitolo 7 al 12, riguarda le visioni apocalittiche:
Tutto ciò secondo le regole di decriptazione del mio metodo di cui in "Parlano le lettere" e con i significati grafici delle singole lettere ebraiche che hanno proprietà di vere e proprie icone o mini geroglifici che ho indicati nelle 22 schede relative che s'ottengono cliccando sui loro simboli a destra delle pagine di questo mio Sito.
Sono tornato a guardare a tale libro perché le sue profezie messianiche, colte dagli Israeliti dei secolo 1°, avanti e dopo, provocarono una forte tensione apocalittica che certamente influì sulle sorti di quel popolo e non solo.
Trattandosi di profezie messianiche mi sono chiesto come tale personaggio, reale o fantastico, si possa connettere col Messia davidico, perché certamente un davidico avrebbe avuto un forte stimolo a investigare il cielo essendo particolarmente in attesa del compimento delle promesse fatte da Dio al padre Davide in 2Samuele 7,12-16; 1Cronache 17,11-14.
Davide, come sappiamo dai libri storici della Bibbia, ebbe molte mogli e concubine, da cui nacquero numerosi figli e figlie.

Delle mogli si conoscono 8 nomi: Mikal figlia di Saul, che non ebbe figli da Davide, Achinoam di Izreel, Abigail di Carmel già moglie di Nabot, Maacà figlia del re di Ghesur, Agghìt, Abital, Egla e Betzabea già moglie di Uria, da cui nacquero:
  • 6 figli maschi nei 7,5 anni che regnò a Ebron;
  • 13 figli maschi nei 33 anni che regnò a Gerusalemme.
Al riguardo, infatti, in 1Cronache 3,1-9 si legge: "Questi furono i figli che nacquero a Davide a Ebron: il primogenito Amnon, nato da Achinoam di Izreel; il secondo Daniele, nato da Abigail di Carmel; il terzo Assalonne, figlio di Maacà, figlia di Talmai, re di Ghesur; il quarto Adonia, figlio di Agghìt; il quinto Sefatia, nato da Abital; il sesto Itream, nato da sua moglie Egla. Sei gli nacquero a Ebron, dove egli regnò sette anni e sei mesi, mentre regnò trentatré anni a Gerusalemme. I seguenti gli nacquero a Gerusalemme: Simeà, Sobab, Natan e Salomone, ossia quattro figli natigli da Betsabea, figlia di Ammièl; inoltre Ibcar, Elisamà, Elifèlet, Noga, Nefeg, Iafìa, Elisamà, Eliadà ed Elifèlet, ossia nove figli. Tutti costoro furono figli di Davide, senza contare i figli delle sue concubine. Tamar era loro sorella."

A questo punto in ordine per la successione al trono di Davide si presentavano:
  • 1° da Achinoam, Amnon, da fede , "il Fedele"
  • 2° da Abigail, Daniele, "Il mio giudice è Dio ";
  • 3° da Maacà, Assalonne, "Il padre (è) in pace";
  • 4° da Agghìt, Adonia, "il Signore IH(WH).
Nell'elenco di 1Cronache 3,1-9 è nominata anche una figlia, Tamar, perché poi si viene a sapere che subì violenza dal fratellastro, il primogenito Amnon e per vendetta il terzogenito Assalonne, fratello di Tamar, lo uccise (2Samuele 13,21-29); poi lo stesso Assalonne, rivoltatosi al padre, fu ucciso da Ioab generale di Davide.
Ecco che, morti il 1° Amnon e il 3° Assalonne, Daniele, il secondogenito, risultava in "pole position" per il trono, ma inopinatamente di questi la Bibbia non parla più, forse anche lui perito nelle faide per il trono, mentre la Bibbia parla poi di Adonia, il 4°, fatto uccidere da re Salomone designato a regnare da Davide a seguito degli intrighi della moglie favorita, Betsabea e di Natan, il profeta di corte.
Quel Daniele in 2Samuele 3,3 è detto Chiliab , nome profetico di uno che è "tutto il Padre ", ma anche "un retto , rifiuto di casa ", quindi, un principe buono che sarebbe dovuto essere re, ma che, di fatto, non lo fu e forse fu spodestato per cui gli calza bene il nome Daniele visto che ricorda che Dio è giudice , pensiero di grande conforto per chi ha fede e subisce ingiustizie in questo mondo e, seguendo tale pensiero, viene alla mente la figura di un davidico, Gesù di Nazaret, certamente rifiutato dai suoi contemporanei per seguire le proposte rivoluzionari di violenti.

Quel secondogenito a Davide nacque dalla moglie "Abigail di Carmel", già moglie di Nabal (lo stolto) di cui al racconto in 1Samuele 25, la quale con il suo accorto comportamento riuscì a evitare che l'ira di Davide contro l'ingrato marito fosse a tradursi in una tragedia.

Abigail nell'incontro in cui recò a Davide i generi di conforto che il marito aveva negato ebbe a dire: "Ora, mio signore, per la vita del Signore e per la tua vita, poiché il Signore ti ha impedito di venire al sangue e farti giustizia con la tua mano, siano appunto come Nabal (lo stolto) i tuoi nemici e coloro che cercano di fare il male al mio signore." (1Samuele 25,26)

E Davide rivolto ad Abigail esclamò: "Benedetto il Signore, Dio d'Israele, che ti ha mandato oggi incontro a me. Benedetto il tuo senno e benedetta tu che mi hai impedito oggi di venire al sangue e di fare giustizia da me. Viva sempre il Signore, Dio d'Israele, che mi ha impedito di farti il male..." (1Samuele 25,32-34)

Questo, quindi, fu il motivo per cui Davide e Abigail d'accordo scelsero per il loro primo figlio il nome Daniele "Il mio giudice è Dio".
Quel nome, Daniele, quindi, è da ritenere che rimase in uso tra i discendenti di Davide e divenne anche un nome usato fuori dalla famiglia e fu il nome di un personaggio, con spirito profetico, che le cui gesta si trovano nel libro, appunto, del profeta Daniele.
Si trova poi un Daniele in Esdra 8,2 e in Neemia 10,6.
L'inimicizia tra fratelli, peraltro, è un tema ricorrente nel libro della Genesi, si pensi a Caino e Abele, a Esaù e Giacobbe, alla storia di Giuseppe venduto dai fratelli ed ecco che nel libro di Daniele la figura del protagonista presenta varie analogie con quella di Giuseppe figlio di Giacobbe - Israele, infatti, entrambi:
  • sono condotti in schiavitù;
  • sono cortigiani potenti di un re straniero;
  • sono di bell'aspetto, con una catena d'oro;
  • lo spirito di Dio è con loro;
  • interpretano sogni con l'aiuto di Dio;
  • Dio fa loro conoscere il futuro.
Quanto narrato in Daniele e in Genesi su Giuseppe prepara altri due parallelismi:
  • il ritorno del popolo ebraico nella terra promessa dall'Egitto o da Babilonia;
  • il regno di Davide per Giuseppe e del Figlio d'Uomo per Daniele.
Il parere degli studiosi è dibattuto, infatti, alcuni pensano che Daniele del libro omonimo sia un personaggio letterario, altri che sia storico per i molti particolari nel libro stesso.
Il testo del resto ha parti in ebraico, in aramaico e in greco come se scritto in più tempi e alcune parti rivelano una redazione tardiva rispetto agli altri racconti in particolare per i capitoli 7 e 11 su Antioco Epifane con dettagli che superano ogni credibilità di una eventuale possibilità profetica e presentano particolari storici riferibili alla guerra tra Seleucidi e Lagidi.
Gli esperti lo pensano edito nel II secolo a.C. attorno al tempo dei Maccabei, ove il quel libro pare menzionato in quanto 1Maccabei 2,60 ricorda gli episodi dei tre giovani nella fornace e di Daniele salvato dalla fossa dei leoni cui si riferisce pure la lettera agli Ebrei 11,33.
E scritto in tre lingue:
  • in ebraico i versetti da 1,1 al 2,4 e i capitoli 8-12;
  • in aramaico, la lingua della diaspora, i versetti dal 2,5 al 7,28;
  • in greco, ha l'inserimento al capitolo 3,24-90 dei Cantici "di Azaria nella fornace" e "dei tre giovani", nonché aggiunte e testo variato nei capitoli 4-6 e le appendici capitoli 13 e 14 della storia di Susanna e la storia di Bel e il drago.
Solo una parte del libro è scritta in prima persona 7,2-9,27; 10,2-12,12; come se parlasse il profeta stesso, mentre le altre sono in terza persona.

Nella parte in aramaico si fa distinzione tra gli "dèi", gli "'elahin" e gli "dèi santi" "'elahin qaddishin" che si trovano citati in 4,5-6.15 e 5,11.14 e sono gli "'Elohim" in ebraico della creazione.

È stato osservato che le parti relative al popolo ebraico sono scritte in ebraico, quelle sugli altri popoli in aramaico, lingua commerciale e diplomatica del tempo e le aggiunte postume in greco, anche se sono stati trovati di queste anche manoscritti in aramaico.
Le parti in greco non sono contenute nel canone ebraico, quindi, sono considerate "apocrife" dalle chiese protestanti; ma canoniche dalla chiesa ortodossa e cattolica, che le inserisce fra i testi deuterocanonici.

Daniele, in effetti, secondo i racconti del proprio libro fu contemporaneo del profeta Ezechiele, nato da famiglia sacerdotale nel 620 a.C. nel regno di Giuda, deportato a Babilonia nel 597 a.C. assieme al re Ioiachin vissuto nel villaggio di Tel Abib sul fiume Chebar ove ebbe delle visioni riportate nel libro omonimo scritto nel V secolo a.C. su oracoli di quel profeta.
I due però tra loro non si citano anche se Daniele si trovano espressioni che paiono riferimenti alle visioni sul fiume Chebar di Ezechiele e al carro di fuoco:
  • ha visioni su un fiume;
  • su un "figlio dell'uomo";
  • in 10,5.6 ha la visione di "uomo vestito di lino, con ai fianchi una cintura d'oro di Ufaz; il suo corpo somigliava a topazio, la sua faccia aveva l'aspetto della folgore, i suoi occhi erano come fiamme di fuoco, le sue braccia e le sue gambe somigliavano a bronzo lucente e il suono delle sue parole pareva il clamore di una moltitudine";
  • ha la visione del trono di Dio in 7,9: La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente." di Ezechiele.
In Ezechiele, invero, si trova un "Daniele", ma non è il profeta che ci interessa; le tre volte, infatti, che vi è nominato è in 14,14.20 e al 28,3 ove Ezechiele si rivolge al principe di Tiro paragonandolo ironicamente a "Daniele" come figura proverbiale di un saggio, "Noè, Daniele e Giobbe, essi con la loro giustizia salverebbero solo se stessi, oracolo del Signore Dio" (14,14), quindi, essendo stato posto assieme a Noè e a Giobbe lo fa presumere personaggio antico di grande fama, da tempo noto anche fuori d'Israele.
Alcuni studiosi comunque non escludono che Ezechiele s'ispiri anche al Daniele biblico, ritenuto personaggio reale. (H.H.P. Dressler, "The Identification of the Ugaritic DNIL with the Daniel of Ezekiel", "Vetus Testamentum", 1979)

Questo, peraltro, nei testi più antichi della Tenak, si trova riportato scritto in ebraico senza la "yod" intermedia, e non .

A Ugarit in Fenicia presso Tiro in località Ras ash-shamrah, "collina del finocchio" si trovò un testo in caratteri cuneiformi del XIV secolo a.C. (ora al Musée du Louvre) su un antico mitico eroe detto Danel (senza la "yod"), saggio e giusto: "Ecco Danel, l'eroe che sana, si alza, si siede dinanzi alla porta, sotto l'albero magnifico, presso l'aia, presiede il processo della vedova e giudica il caso dell'orfano". (Leggenda di Aqat V, 1-10 ANET 151) della razza dei "Refa'im", un leggendario popolo pre-cananeo di uomini immortali, quasi semidei, popolo di alta statura (Genesi 14,5 e 15,20 nonché 2Samule 21,15) e nel libro apocrifo di Enoch si parla di un angelo Daniele che ha aspetti simili al saggio Daniele di quei testi.

Del resto "'El" era anche un dio cananeo, quindi, , "'El" "giudice" .

Di un Danel come suocero di Enoc parla l'apocrifo dell'Antico Testamento "Libro dei Giubilei" della fine del II secolo a.C. citato nel "Documento di Damasco" utilizzato dagli Esseni assieme ai libri apocalittici di Enoc del I secolo a.C., trovato a Qumran.
Su Enoc nel "Libro dei Giubilei" in 4,17-24 infatti, si legge:

Giubilei 4,17 - Egli fu il primo, fra gli uomini nati sulla terra, ad imparare la scrittura, la dottrina e la scienza...
Giubilei 4,18 - Egli fu il primo a scrivere le testimonianze e le fece ascoltare alla umanità...
Giubilei 4,19 - Egli vide il passato ed il futuro in visioni notturne, in sonno, e quel che accadrà all'umanità, alle sue generazioni, fino al giorno del giudizio...
Giubilei 4,20 - E nel dodicesimo giubileo, nel settimo settennio, prese in moglie una donna chiamata Edena, figlia di Danel... e costei... gli generò un figlio ed egli lo chiamò Matusalemme...
Giubilei 4,21 - e stette, poi, sei giubilei con gli Angeli di Dio e gli mostrarono tutto quel che era in terra e nei cieli...
...
Giubilei 4,23 - Ed egli fu preso di tra i figli dell'uomo e noi lo portammo, per la grandezza e la gloria, nel giardino di Eden ed eccolo, colà, a scrivere il giudizio e la condanna del mondo e tutta la malvagità dell'umanità.
Giubilei 4,24 - E (il Signore), a causa sua, mandò il diluvio su tutta la terra di Eden, poiché colà egli fu posto come segno per testimoniare contro tutti i figli dell'uomo (e) per dire tutte le azioni delle generazioni fino al giorno del giudizio".

Danele - Edena - Eden - Den mettono in evidenza un processo mentale in cui le lettere evocano altre parole e idee che collegano a profezie per il ritorno al giardino di delizie, il "Gan Eden" delle origini, al "Paradiso" tanto desiderato.

Il libro del profeta Daniele inizia raccontando in 1,1-7: "L'anno terzo del regno di Ioiakìm, re di Giuda, Nabucodònosor, re di Babilonia, marciò su Gerusalemme e la cinse d'assedio. Il Signore diede Ioiakìm, re di Giuda, nelle sue mani, insieme con una parte degli arredi del tempio di Dio, ed egli li trasportò nel paese di Sinar, nel tempio del suo dio, e li depositò nel tesoro del tempio del suo dio. Il re ordinò ad Asfenàz, capo dei suoi funzionari di corte, di condurgli giovani israeliti di stirpe regale o di famiglia nobile, senza difetti, di bell'aspetto, dotati di ogni sapienza, istruiti, intelligenti e tali da poter stare nella reggia, e di insegnare loro la scrittura e la lingua dei Caldei. Il re assegnò loro una razione giornaliera delle sue vivande e del vino che egli beveva; dovevano essere educati per tre anni, al termine dei quali sarebbero entrati al servizio del re. Fra loro vi erano alcuni Giudei: Daniele, Anania, Misaele e Azaria; però il capo dei funzionari di corte diede loro altri nomi, chiamando Daniele Baltassar, Anania Sadrac, Misaele Mesac e Azaria Abdènego."

Sono qui da segnalare alcune imprecisioni, come se l'autore seguisse una trasmissione orale il che pare confermare che il vero autore del testo di fatto è ignoto, infatti, Nabucodonosor divenne re di Babilonia nel 605 a.C. e regnò fino al 562 a.C., l'assedio di Gerusalemme per conto di Nabucodonosor ci fu nel 597 a.C., quando re non era Ioiachim, ma ormai da tre mesi suo figlio Ioiachin, e Daniele fu deportato a Babilonia nel 597.
Nel 598, infatti, il regno di Giuda dovette affrontare una coalizione di moabiti, ammoniti ed edomiti, mentre l'atteso aiuto egiziano non ci fu, e per di più morì il re Joiakim che lasciò il trono al figlio Joiachin, ma dopo tre mesi Nabucodonosor conquistò Gerusalemme, fece prigioniero il re, ne designò uno di sua scelta, fece un abbondante bottino che portò a Babilonia; era il 16 marzo 597 a.C..
Fra i deportati, oltre al re Joiachin e i notabili della città ci sarebbe stato il profeta Daniele, allora giovanissimo, direi tra i 13 e i 16 anni (Daniele 1,3).
Tra l'altro secondo Daniele - cap.4 "Visione dell'albero" - Nabucodonosor sarebbe stato assente da Babilonia per un tempo, come preso da pazzia, causata da una punizione divina, che si sarebbe conclusa con una specie di conversione al Dio del Cielo segnalata in 4,33s.

Nabucodonosor morì nel 562 a.C. e in 2Re 25,27 si legge: "Ora nell'anno trentasette della deportazione di Ioiachìn, re di Giuda, nel decimosecondo mese, il ventisette del mese, Evil-Merodach re di Babilonia, nell'anno in cui divenne re, fece grazia a Ioiachìn re di Giuda e lo fece uscire dalla prigione.", era il 560 a.C..

Al capitolo 5 del libro di Daniele il figlio Baldassar co-reggente del regno di Nabonide o Nabonedo genero di Nabucodonosor, subito prima della conquista persiana di Babilonia aveva profanato gli oggetti di culto del tempio di Gerusalemme, asportati decenni dal nonno Nabucodonosor, ma un dito aveva scritto sul muro della sala del banchetto una profezia (Daniele 5,25-28), "Mene, Tekel, Peres", che annunciava la fine dell'impero Babilonese:
  • "Mene: Dio ha contato il tuo regno e gli ha posto fine";
  • "Tekel: tu sei stato pesato sulle bilance e sei stato trovato insufficiente";
  • "Peres: il tuo regno è stato diviso e dato ai Medi e ai Persiani".
Ciro il Grande, re dei Persiani, nel 539 a.C. conquistò Babilonia senza combattere, ma con la propaganda sfruttando il fatto che, contrariamente al pensiero prevalente del popolo Nabonide aveva preferito al culto del dio Marduk, quello del dio della luna, Ciro si proclamò figlio di Marduk, il popolo allora cacciò l'ultimo discendente di Nabucodonosor e accolse Ciro come salvatore che nel 538 a.C. emise l'editto della fine esilio anche per gli ebrei e l'onore e l'impegno di ricostruire il tempio di Gerusalemme, certo con la mira di conseguire il controllo dell'area fenicio-palestinese.

Daniele significa "Il mio giudice è Dio".
Anania "IHWH è benigno".
Misaele: "Chi appartiene a Dio?".
Azaria: "IHWH ha aiutato".

Daniele ricevette anche il nome babilonese "Bal-atshu-usur", ripetuto 10 volte nel libro, "proteggi la tua vita" o meglio "Bel proteggi il re"; traslitterato in ebraico come "Beltsh'atzar" ove Bel ricorda il dio di Babilonia e di Nabucodonosor come commenta lo stesso re in 4,5: "Infine mi si presentò Daniele, chiamato Baltassàr dal nome del mio dio, un uomo in cui è lo spirito degli dei santi, e gli raccontai il sogno".

Quell'inciso "di stirpe reale" per Daniele, chiamato in persiano Baltassar (1,3), fa pensare che fosse un davidico, quindi, potenzialmente uno della famiglia "reale" e lo storico ebreo Giuseppe Flavio in "Antichità Giudaiche", X,X,1 asserisce che, appunto era della stirpe davidica, quindi, della stessa della famiglia di Ioiakim e di Ioiakin; della stessa opinione è Girolamo in "Commento a Daniele".
Per tre volte per Daniele nel suo libro si trova la qualifica di "uomo prediletto" in 9,23 e 10,11.19 per bocca dell'angelo Gabriele e della figura d'uomo simile a quella era nel carro di fuoco di Ezechiele 1, vestito di lino e cintura d'oro, di corpo simile a topazio, con viso splendente come folgore, occhi fiammeggianti, braccia e gambe come bronzo lucente e voce potente.
La Bibbia, nella parte in greco in 14,2 nel testo detto dei LXX ha la seguente aggiunta riferita a Daniele "C'era un uomo che era un sacerdote figlio di Abal, amico del re di Babilonia" che non è accettata dall'ebraismo.
Nel testo poi per 8 volte si trova anche il nome del re Baldassàr, "Belsh'atzar", ma questi non è il figlio di Nabucodonosor, bensì di Nabonide, che regnò dal 556 al 539 a.C.; forse il figlio ha co-regnato col padre in preparazione alla successione che non avvenne a seguito del subentro di Ciro a Babilonia.
Altra imprecisione storica si trova quando al capitolo 6 Daniele viene nominato uno dei tre funzionari a capo dei 120 satrapi dell'impero da "Dario il Medo" che "ricevette il regno, all'età di circa sessantadue anni"; ora la storia non conosce un Dario il Medo, e s'ipotizza che "Dario" non sia un nome proprio, ma un titolo reale iraniano e, allora, quegli sarebbe il nome di un governatore messo a capo a Babilonia mentre Ciro era impegnato in altre conquiste.
Daniele e tre suoi compagni alla corte di Nabucodonosor, insomma, furono istruiti e appresero la scrittura e tutta la sapienza dei Babilonesi, quindi, furono ammessi al servizio del re e fu loro affidato il comando della provincia di Babilonia tanto che Daniele sarebbe diventato un visir.
Dopo il crollo dell'impero babilonese, durante il regno dei persiani, ossia al tempo che il libro indica come di Baldassar, Daniele fu reintegrato nel suo incarico e ottenne quell'alta carica al servizio di "Dario il Medo", quindi, di Ciro.
Il fatto d'essere messo a sovraintendere 1/3 delle satrapie fa intendere che Daniele con gli esuli ebrei aveva assunto un potere reale al tempo di Ciro che poi portò all'editto del rientro; quindi presumibilmente furono tra quelli che brigarono per la venuta dei liberatori persiani.
Non sappiamo né quando, né come Daniele morì, ma a guidare la prima spedizione di rientro in Giuda nel 538 a.C. non fu lui, ma Zorobabele, un altro davidico, quindi parente di Daniele.

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