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UN TESTIMONE DEL RISORTO - SAN TOMMASO
di Alessandro Conti Puorger

L'APOSTOLO TOMMASO
Nelle pagine seguenti in un certo ordine ho raccolto quanto ho valutato ed elaborato nel tempo che ho dedicato alla figura di San Tommaso nella mia ricerca tra le Sacre Scritture ebraico - cristiane.
Di tale apostolo, uno dei 12 scelti da Gesù Cristo secondo le indicazioni dei Vangeli canonici e degli Atti degli Apostoli nel Nuovo Testamento, mi sono incuriosito e interessato perché mi hanno colpito suoi precipui aspetti, in particolare, il suo coraggio, la sua sincerità e il desiderio di conoscere la verità e come poi fu pronto a dar gloria al Risorto appena questi si rivelò anche a lui, tanto che ha offerto tutta la vita al Suo servizio ed è stato riconosciuto essere stato eletto tra i Suoi Santi da tutte le Chiese cristiane che ne ammettono il culto.
Tommaso, infatti, è un personaggio veramente insolito, messo evidenza dal Vangelo di Giovanni per il suo carattere che lo fa distinguere tra gli altri undici.
Ecco che, attinte le informazioni disponibili e meditando su quanto trovato, il 22 aprile 2018, con grande emozione sono andato a venerare i suoi resti mortali che la Chiesa Cattolica ha riconosciuto essere stati portati dal 1258 a Ortona, città portuale abruzzese, meta di pellegrini specie negli anni giubilari, tanto che nel 1933 le F.S. dovettero fare dei treni speciali per supplire alle richieste del momento.
In questo XXI secolo, però, la sensibilità per le questioni religiose è molto diminuita tanto che tale augusta presenza anche per la maggior parte degli stessi cristiani pare quasi dimenticata per cui ritengo sia importante rinnovare la divulgazione della Sua memoria per suscitare l'interesse per tale Santo i cui resti mortali, come quelli di Pietro e degli altri apostoli, sono d'importanti testimoni della risurrezione di Cristo.
Del resto, per il cristiano visitare i luoghi della sepoltura dei santi apostoli e degli evangelisti, che sono le pietre su cui si fonda la testimonianza della risurrezione di Cristo, è costatare la solidità della propria fede e a tale riguardo ricordo quanto in appresso.
A Roma si trovano i corpi dei seguenti santi testimoni della risurrezione:
  • S. Pietro, basilica di S. Pietro;
  • SS. Simone e Giuda Taddeo, basilica di S. Pietro;
  • S. Paolo, basilica di S. Paolo;
  • SS. Filippo e Giacomo il Minore, basilica dei SS. Apostoli;
  • S. Bartolomeo, basilica di San Bartolomeo, isola Tiberina.
Altri sparsi per l'Italia sono:
  • S. Tommaso a Ortona;
  • S. Matteo a Salerno;
  • SS. Luca e Mattia a Padova, Abbazia di S. Giustina;
  • S. Marco a Venezia, Basilica di S. Marco.
Fuori d'Italia si trovano:
  • S. Giacomo il Maggiore a Santiago de Compostela, Spagna;
  • S. Giovanni a Selcuk, Efeso, Turchia;
  • S. Andrea morì a Patrasso in Grecia e le sue reliquie sono state sparse da Patrasso a Costantinopoli, Roma, Sarzana, Città di Castello, Amalfi, Benevento e anche in Scozia.
Il nome di questo personaggio, "Tommaso", che è la traduzione in italiano dalla lingua greca "" (in Matteo, Atti e Giovanni) o "" (in Marco e Luca), si trova menzionato 11 volte nel Nuovo Testamento, precisamente:
  • 1 volta in ciascuno dei 3 Vangeli sinottici, Matteo, Marco e Luca, quando sono nominati i 12 apostoli;
  • 7 volte nel Vangelo di Giovanni, 11,16; 14,5; 20,24; 20,26-28; 21,2;
  • 1 volta nel libro degli Atti degli Apostoli, 1,13.
Ecco come i Vangeli sinottici presentano l'elenco dei nomi dei 12 apostoli:
  • Marco 3,16-19 - "Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; poi Giacomo di Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì."
  • Matteo 10,2-4 - "I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, che poi lo tradì."
  • Luca 6,14-16 - "Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d'Alfeo, Simone soprannominato Zelota, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore."
Tali elenchi concordemente riportano al 1° posto Simone che Gesù chiamò Pietro, al 5° Filippo, al 6° Bartolomeo, al 9° Giacomo di Alfeo, al 10° Taddeo, chiamato da Luca Giuda di Giacomo, all'11° Simone il Cananeo, chiamato da Luca Simone lo Zelota e come 12° chiudono la lista con Giuda l'Iscariota, mentre gli altri - Andrea, Giacomo, Giovanni, Tommaso e Matteo - in quei tre Vangeli si trovano elencati in ordine diverso, come è chiaro dal seguente prospetto:


In conclusione l'apostolo Tommaso è indicato al 7° posto dal Vangelo di Matteo e all'8° da quelli di Marco e di Luca mentre il libro degli Atti degli Apostoli, scritto dallo stesso Luca, prima della sostituzione di Giuda Iscariota con Mattia, nel presentare il nome degli 11 apostoli indica Tommaso al 6° posto e non all'8° dove l'aveva posto proprio il medesimo Luca nel suo Vangelo.

Atti 1,13 recita, infatti: "Entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano. C'erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e Simone lo Zelota e Giuda di Giacomo."

Luca, quindi, tra i suoi due scritti - Vangelo e Atti - pare aver fatto delle nuove valutazioni non riportate nel Vangelo omonimo che l'hanno indotto a modificare la sua primitiva indicazione.
Il fatto che Tommaso qui in Atti si trova al n° 6 dell'elencazione, quindi, in posizione baricentrica rispetto agli 11 apostoli che erano rimasti, a mio parere rivela una scelta voluta e soppesata.

Il Vangelo di Giovanni è quello che poi in 4 occasioni - capitoli 11, 14, 20 e 21 - fornisce elementi su Tommaso che mettono in luce l'importanza di questo apostolo che, dopo la crocifissione e prima della discesa dello Spirito Santo, pare venire a rappresentare in modo più o meno palese la posizione di tutti gli altri e il loro combattimento vissuto tra ragione e fede.

Tali due modi, che al laico possono apparire in contrapposizione per approcciare la realtà, in effetti, possono pacificarsi come avviene nell'apostolo Tommaso che rappresenta il pragmatico della situazione.
Il Vangelo di Giovanni in particolare in tre di quei quattro episodi, che poi vedremo, precisa "Tommaso, chiamato Dìdimo" in 11,16, "Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo" in 20,24 e "Tommaso detto Dìdimo" in 21,2.

Ora, questa precisazione pare voler sottendere qualcosa di più di una semplice informazione, ma sembra essere un elemento da valutare.
Quel Vangelo, insomma, che come gli altri ci è pervenuto scritto in greco, per Tommaso riporta l'aggiunta di "Didymos", "", quindi "doppio", "gemello", "fratello gemello", termine che poi in anatomia è divenuto sinonimo di "testicolo" essendo questi appaiati, ma non precisa chi sia il fratello con cui fisionomicamente può essere scambiato.
Quel modo, "Tommaso, chiamato Didimo", usato dalla traduzione in italiano, può sviare, in quanto, fa ritenere essere "didimo" un soprannome, mentre è solo la traduzione in greco del nome aramaico o ebraico del termine Tommaso.
Sarebbe risultato, invero, più chiaro se si fosse trovata una traduzione che leggesse: "Tommaso che in greco si dice Didimo".

In questo mio articolo si troveranno interpretazioni di parole ebraiche lette come fossero dei rebus con l'uso dei significati grafici delle 22 lettere di quel alfabeto che sono anche icone in grado di trasmettere messaggi.
Uso tale non solito criterio perché apre la comprensione ad aspetti non immediati.
Al riguardo, si vedano:
Tenendo presente tale peculiarità delle lettere ebraiche, si possono ottenere seconde facce d'interi versetti e capitoli, sempre relative al Messia, finalità nascosta di tutta la Sacra Scrittura giudaica, come si può trovare nei miei numerosi articoli tutti nel mio sito.

Il nome di Tommaso, in effetti, pare essere un derivato di , radicale di un verbo ebraico relativo al "partorire gemelli", ossia "indicati di unica matrice ", da cui si ha "t'omim" o "t'omi" o e oppure in forme difettive per "gemelli", come in Genesi 25,24, 38,27; Cantico 4,5; 7,4 e "appaiati" in Esodo 26,24 e 36,29.

Segnalo anche la forma "t'iymot" in Cantico 4,2 e 6,6: "I tuoi denti come un gregge di pecore tosate, che risalgono dal bagno; tutte hanno gemelli, nessuna di loro è senza figli."

Il nome Didimo ha riscontri classici, infatti, nella mitologia greca "Didima" e "Didimeo" erano gli appellativi dei figli gemelli di Zeus e di Leto, la Latona dei Romani; infatti, erano gemelli Artemide, per i Romani Diana, dea della caccia e Apollo, che traina il carro del Sole, il dio delle arti e della scienza.

Il poeta neoclassico preromantico Ugo Foscolo (1778-1827) usò lo pseudonimo di Didimo Chierico, con cui scrisse nel 1813 una sua opera in 16 brevi capitoli "Notizia intorno a Didimo Chierico" a prefazione della traduzione che presenta del "Viaggio sentimentale" di Laurence Sterne.
Le tesi che possono profilarsi a seguito di quella precisazione ripetuta dal Vangelo di Giovanni con quel "Didimo" sono due, che peraltro possono essere vere entrambe, era un "gemello" e/o era "doppio".
Se si ritenesse che Tommaso fosse un gemello resta in sospeso la domanda: chi è il suo gemello?
Le opinioni al riguardo sollevate sono state tante, alcune anche molto fantasiose, ma la conclusione è che non si riesce a saperlo.
Se poi si segue la tesi del "doppio", questa potrebbe essere un'insinuazione lasciata in sospeso per far meditare il lettore sul fatto che Tommaso, il nome al baricentro della lista degli apostoli negli Atti, aveva un animo diviso come se avesse una doppia personalità, in quanto, di fatto, presenta in se stesso sia lo slancio di un credente, sia i piedi per terra dell'uomo pragmatico.

Del resto disse Mark Twain: "Ognuno di noi è una luna: ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno."

Giovanni in quel modo asserisce che queste due realtà possono coesistere, ossia un pragmatico può essere un cristiano, anzi diviene il prototipo del vero cristiano che ha fatto un cammino che l'ha portato alla fede solida.
Tommaso, insomma, incarna un personaggio che cerca di enucleare l'impulsività e il sentimentalismo e cerca cose da lui comprovate che poi annuncerà perché riconosciute vere.
La conclusione che si può comunque trarre al momento è che la figura di Tommaso, non evidenziata dai Sinottici, assume una connotazione particolare nel Vangelo di Giovanni che vado a esaminare nel paragrafo seguente.
È comunque da premettere che doppio ha per base il numero due che è anche etimologicamente la radice di "dubbio", simile a quello che assale un viandante davanti a un bivio, se non conosce la strada.

TOMMASO NEL VANGELO DI GIOVANNI
Riporto e commento i quattro episodi in cui il Vangelo di Giovanni menziona l'apostolo Tommaso.
Da quei quattro eventi riportati traspare un percorso evolutivo del soggetto, dall'impulsivo emotivo, alla ricerca razionale e teologica, quindi, ai dubbi che frenano per mancanza di certezze, per arrivare, infine, al dono della fede.

1° episodio
Gesù era andato con i suoi apostoli e i suoi discepoli "al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava" (Giovanni 10,40) ove lo raggiunse un inviato dalle sorelle di Lazzaro di Betania che Gli dette la notizia "Signore, ecco, colui che tu ami è malato" (Giovanni 11,3).

Ed ecco il racconto del fatto in Giovanni 11,4-16: "All'udire questo, Gesù disse: Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato. Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: Andiamo di nuovo in Giudea! I discepoli gli dissero: Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo? Gesù rispose: Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui. Disse queste cose e poi soggiunse loro: Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo. Gli dissero allora i discepoli: Signore, se si è addormentato, si salverà. Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui! Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: Andiamo anche noi a morire con lui!"

Gesù comunque si attarda a partire perché poi sia chiaro che la risurrezione che susciterà a Lazzaro non è un solo un rinvenire da un malore o da un coma, ma proprio il ritorno alla vita di un morto, nel caso specifico ormai di 4 giorni, quando ha ormai inizio la putrescenza della carne specie in zona dal clima che va dal temperato al tropicale come quello in Israele.
In tale occasione di ostilità da parte dei capi d'Israele appare chiaro come il nostro Tommaso sia del tutto razionale con quel suo dire: "Andiamo anche noi a morire con lui!"
Tommaso coglie, infatti, l'essenza della situazione, vale a dire, si rende conto come il credere di cui prima ha parlato Gesù con quel "affinché voi crediate", nel comportare l'aderirgli in pieno implica il morire con Lui, quindi, l'associare con Lui la propria esistenza fino a essergli completamente fratelli di sangue, il che poi, di fatto, varrà per tutti gli apostoli.
L'essere "didimo" diviene allora come essere un doppio di Cristo; del resto "...è sufficiente per il discepolo essere come il suo maestro". (Matteo 10,25; Luca 6,40)

In definitiva Tommaso come un profeta aveva intravisto chiaramente che col seguirlo si può verificare veramente divenire dei "didimi", ossia dei suoi doppi, applicando il senso che suggerisce il radicale ebraico di , di essere gemelli, in tal caso proprio di colui che sarà poi crocifisso , avere cioè col "Crocefisso unica madre o matrice " evento che poi profilerà lo stesso Vangelo di Giovanni 19,25-27 quando Gesù in croce ebbe a consegnare la propria madre al "discepolo che egli amava" e questi alla madre, come a dire che i suoi discepoli erano suoi fratelli del tutto simili a Lui, nati dalla stessa madre.
Poi, avverrà la risurrezione di Lazzaro, come racconta il Vangelo di Giovanni nel prosieguo del capitolo 11; questo sarà l'atto che a provocherà la decisione finale dei capi dei sommi sacerdoti e dei farisei di eliminare Gesù (11,47-53).

2° episodio
Il 2° episodio si verifica dopo "l'ultima cena".
Giuda Iscariota è ormai uscito dal Cenacolo e Gesù si attarda con gli 11 rimasti e pronuncia un lungo discorso, ricordato come il Suo "testamento spirituale", che dal 13,31 al 17,26 comprende ben 125 versetti.
Ivi, all'inizio del capitolo 14 in 1-7, c'è il passo in cui Gesù asserisce che va alla casa del Padre a preparare un posto per tutti loro.

Queste sono le Sue parole: "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: Vado a prepararvi un posto? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via. Gli disse Tommaso: Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via? Gli disse Gesù: Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto."

In tale occasione è evidente che Tommaso esprime il pensiero degli altri 10, ossia diviene l'interprete del loro dubbi.
A nome di tutti, infatti, esclama: "Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?"

Era vero, nessuno poteva conoscere dove Gesù intendesse indicare di andare!
Del resto, anche se potevano immaginare che volesse dire... dopo morto...
sapevano che quando si muore si va nello "Sheol", ma li non c'è il Padre.
Quello che Gesù definisce come il Padre, e dove sta, in effetti nessuno l'aveva mai visto, ma in quest'occasione Gesù in modo esplicito s'identifica con lo stesso Padre, di cui è l'immagine che Dio ha preparato per gli uomini.
Dice, infatti, con chiarezza: "Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto."
Ecco che con questo dire tutta la questione dell'accesso alla realtà divina si sposta a "conoscere" Gesù.

Sappiamo poi che in ambito biblico questo "conoscere" allude a un rapporto nella carne, a un matrimonio, quindi, a un'alleanza concreta, ossia a essere generati o rigenerati da Lui, insomma a un legame familiare, appunto nella carne, ossia far parte della Sua famiglia, un rapporto di sangue.
Grazie a questa domanda di Tommaso Gesù rivela:
  • "Io sono", ossia è lo stesso IHWH il Signore;
  • "la via", il cammino da percorrere;
  • "la verità", "'oemoet" "il primogenito dei morti " e "'amen" "origine della vita angelica ;
  • "e la vita", "chaiim", il datore della vita vera, quella eterna.
Ciò fu sentito da tutti i presenti.
Ciascuno, ovviamente a modo proprio, avrà memorizzato queste parole.
In quel momento, però, come poter intuire tutto quello che sarebbe poi accaduto a Gesù, ossia, la passione, la morte in croce, la prova con la Sua presenza di risorto della vittoria sulla morte e, soprattutto, come poter credere senza l'aiuto divino dello Spirito Santo che ha il potere di consigliare e sigillare nei cuori la certezza d'essere Figli di Dio, tanto che viene spontanea la risposta filiale, "abbà Padre"?
In definitiva, non si poteva pretendere che "credessero", occorreva una rivelazione del Risorto.
Questo è l'unico dei quattro episodi del Vangelo di Giovanni che riguardano l'apostolo Tommaso in cui dall'evangelista il nome di Tommaso non è stato associato all'aggettivo "Didimo"; del resto tutti gli altri erano concordi con lui per cui, di fatto, tutti dubitavano e non avevano ancora chiaro cosa intendesse dire Gesù con tutte quelle parole che per loro al momento rimasero in gran parte oscure.
I Vangeli sinottici non riportano questo lungo testamento di Gesù inserito nel Vangelo di Giovanni come a riprova che quelle parole tornarono alla mente della comunità cristiana dopo una lunga meditazione sulle vicende che in un primo tempo da tutti gli apostoli non erano state comprese a pieno.

3° episodio
Il terzo episodio si verifica dopo la risurrezione del Signore e si sviluppa in due tempi distanti tra loro 7 giorni corrispondenti al periodo che viene detto "l'ottava di Pasqua", ossia gli otto giorni della Pasqua cristiana, dalla domenica di risurrezione alla successiva domenica detta "in albis", come se fosse un unico giorno di cui si trova un embrione d'idea nell'ebraismo con la celebrazione degli Azzimi (Esodo 12,15.19).

Il Vangelo di Giovanni in 20,19-23 riporta che: "La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: Pace a voi! Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi. Detto questo, soffiò e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo. A coloro cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro cui non perdonerete, non saranno perdonati."

I discepoli da Pietro avevano saputo della tomba vuota.
Maria di Magdala poi aveva detto loro che aveva visto Gesù risorto.
Gli apostoli, quindi, quella sera si riunirono nel cenacolo mossi da sentimenti contrastanti, la paura dei Giudei, lo sconforto per la passione e morte di Gesù, la disillusione di tutti i loro "sogni", sorpresi dalla scomparsa del corpo, uniti tutti nello sconcerto per le notizie ricevute.
In loro si agitano comprensibili dubbi, insomma in quel momento tutti, di fatto, hanno sentimenti doppi, perciò sotto tale aspetto sono tutti in se stessi divisi, quindi "didimi".
In questa situazione accade che mentre "erano chiuse le porte" del cenacolo Gesù stette in mezzo a loro.
Su tale questione farò qualche considerazione più avanti.

Ecco che le prime parole che il Risorto dice agli astanti sono quelle del tipico saluto ebraico, "Pace a voi" e dopo aver mostrato le ferite "le mani e il fianco", per la seconda volta ripete loro: "Pace a voi".
Mostrò loro le mani e il costato e questo ricorda la "tsela'" che Dio aprì ad Adamo per far uscire la sposa, la "costola", ossia la donna in Genesi 2,21-22 che il maschio della coppia Adamo, dopo il peccato chiamò Eva.

Ora, le mani e il costato pensate in ebraico sono e tali lettere suggeriscono questo messaggio: "fu per aiutare nell'esistenza dei viventi a riportarsi ; nel mondo scese potente alla vista ".

Il saluto in ebraico che diede loro fu "shalom a'leichem" e il significato usuale di quelle lettere, appunto è "la pace sia su di voi", ma nella fattispecie la ripetizione implica un segnale che impone di fare attenzione per procedere anche a una lettura non usuale di quelle lettere che ovviamente l'evangelista pensa in ebraico.
Queste alla luce dei fatti avvenuti assumono un significato speciale, come il seguente: "Ho fatto la pace con l'Altissimo anelata ()", in definitiva... siete salvati!

Gesù, quindi, soffia su di loro lo Spirito Santo, lo spirito dell'amore divino.
I discepoli, ora, sono stati messi in grado di prendere piena conoscenza di cosa sia il vero amore, quello che fino allora il mondo non aveva mai conosciuto, quello palesato da Gesù.
Questi, pur essendo Dio si è fatto uomo, e ne hanno avuto la prova con un fatto, la risurrezione, mai prima di allora avvenuto, di un vero morto tornato dal cimitero, che ha sofferto pur senza colpa alcuna il massimo delle pene proprio per amore degli uomini.
Chi accoglie quello Spirito, insomma, ha ormai la certezza che Dio c'è e lo ama.
La prima conseguenza è il perdono.
Loro di fatto sono i primi che ricevono la notizia di averlo ricevuto e sono invitati e da portarlo agli altri; infatti, Gesù nel versetto Giovanni 20,23 per quattro volte ripete il concetto "perdono".

A questo punto il racconto continua in Giovanni 20,24-25 con quanto segue: "Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: Abbiamo visto il Signore! Ma egli disse loro: Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo."

Tommaso la domenica precedente si era dissociato dagli altri; aveva razionalmente concluso che la morte aveva messo la parola fine a tutta la vicenda in cui era entrato vincendo ogni ritrosia.
Aveva deciso che era ormai venuto inesorabilmente il tempo di dimenticare quel sogno, insomma di allontanarsi da quella dolorosa esperienza e da tutto ciò che la poteva ricordare ivi compresi i compagni d'avventura.
Gli altri che hanno visto il Signore lo ricercano ed ecco che accade che Tommaso, uomo razionale e sincero, palesa in modo chiaro i sentimenti di sconforto e la disillusione che certamente prima avevano provavano tutti gli apostoli, insomma a coloro che gli riferivano di aver visto il Signore risorto in pratica risponde che ora per credere ha bisogno di prove concrete, in quanto... di chiacchere ne ha ormai sentite tante, mentre i fatti erano quelli che erano stati e di una durezza estrema.
Tommaso d'altronde sapeva bene come i Romani trattavano i crocefissi e grazie ai racconti delle donne sotto la croce evidentemente aveva anche saputo dello squarcio aperto da un legionario con una lancia nel costato del morto, per cui la morte del rabbì Gesù era veramente certa.

In quei versetti se si guarda bene ci si rende conto che c'è una ripetizione che si poteva evitare, infatti, il testo per due volte propone il "segno dei chiodi" che in ebraico è "'ot lemiserim" ed sarebbe scritto come .

Ora, al riguardo abbiamo imparato che la ripetizione può essere un segnale per cui è da porre l'attenzione alle lettere ebraiche pur se il testo fu scritto in greco.
Queste lettere, in effetti, sono una sorpresa; paiono, infatti, proprio rivelare tutta la tensione provata dall'evangelista Giovanni e riferita in 19,25-27 con l'episodio che ho ricordato di Maria sotto la croce.

Nella parola "chiodi", "misemerim", , ecco che, e non credo che sia una semplice coincidenza, appaiono proprio le lettere di Miriam , ossia del nome di Maria, figura della Chiesa.
La parola "segno" "'ot" poi è allusiva del suo figlio "primogenito portato in croce ".
L'insieme di quelle lettere, allora, , lette tutte di seguito sostengono il pensiero che " dal primogenito portato in croce guizzò con l'acqua dal foro Maria ", ossia nacque la Chiesa.
In quel momento altre due parole pronuncia Tommaso che vale la pena di prendere in considerazione, "il mio dito", in ebraico "'oetsba'i" e "la mia mano" "iadi" .

Queste lettere ebraiche mi paiono rivelare che Tommaso, sentendosi assalito da forti dubbi, ma ricordando anche la dolcezza che aveva provato nell'affidarsi al suo rabbì, ha rivolto forti preghiere all'Unico per avere un aiuto e un chiarimento in questo frangente, in cui era in gioco tutta la propria vita in terra e futura e questa è da ritenere che fosse anche l'esperienza di tutti gli altri.
Le lettere ebraiche di quelle due parole, infatti, ci propongono con i loro significati grafici questi pensieri:
  • "'oetsba'i" "all'Unico salgono le preghiere ";
  • "iadi" "ci sia un aiuto per me ".
Ed ecco la conclusione, una settimana dopo al termine dell'ottava di Pasqua: "Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: Pace a voi! Poi disse a Tommaso: Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente! Gli rispose Tommaso: Mio Signore e mio Dio!" (Giovanni 20,19-28)

In primo luogo a Tommaso è ora da ascrivere a suo merito la buona fede e la disposizione di apertura verso i suoi compagni, infatti, non si chiude in se stesso, ma intende dar loro soddisfazione e si riunisce a loro, e rivela nel suo palesato scetticismo di avere però nell'intimo ancora qualche speranza.
Del resto aveva dato vera fiducia al suo rabbì...
Come la domenica precedente è posto in evidenza che Gesù venne a "porte chiuse", ma la paura degli apostoli che di certo l'avevano non è il motivo che spiega il perché di questa informazione essendo normale che le porte in una riunione privata fossero chiuse.
Ci informa piuttosto su altre questioni:
  • non attendevano altre persone e ormai avevano chiuso;
  • non è detto che Gesù bussò, quindi, è da ritenere che il Risorto apparve carne e ossa nella sala tutto ad un tratto in modo prodigioso.
Se però si pensa che l'evangelista pur se scrive in greco è un ebreo è da considerare che i suoi pensieri più profondi erano in ebraico o aramaico.
Questi è convinto che Gesù è il Signore IHWH e tutti i giorni, mattina e sera, prega la preghiera detta dello "Shema'" che inizia con: "Ascolta Israele il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno solo" ove in ebraico quell'Uno solo, o Unico è definito come "'oechad" ove la grafia delle lettere fa pensare anche al fatto che possa apparire quel "Unico a chiuse porte ", il che spiega quella insistenza nel racconto sulle porte chiuse il perché di quel prodigio.
È da ricordare che il bi-letterale da solo sta per "acuto, aguzzo", quindi, per "apice o vertice" per cui chi è al vertice è "uno, uno solo, unico", "'oechad", vale a dire "inizia il vertice ", o "Uno al vertice ".
Un modo per dire "gioia" viene proprio dal radicale che si usa per "rallegrarsi, gioire e godere" e come rafforzativo di gioia "per colmare... di gioia", ossia essere al vertice all'acme della gioia, e si ha anche "choedah" e "chadvat" per "gioia, festeggiamento".
Ora la prima volta quando Gesù apparve nel cenacolo si trova l'annotazione delle porte chiuse dell'evangelista annota in 20,20 "i discepoli gioirono al vedere il Signore" e questo rivela il pensiero dell'evangelista nei riguardi del riconoscimento del Signore come incarnazione dell'Unico .
In quel termine di "'oechad", Unico, si trovano anche le lettere della parola fratello "'ach" e di mano , quindi, il pensiero va a "un fratello che aiuta ", e mostra la mano .

Tommaso riceve il "Pace a voi!" e diviene credente, ossia ha ricevuto lo Spirito Santo, come gli altri apostoli, infatti, vide e credette!


Caravaggio Gesù e Tommaso

Tutto era iniziato con un invito riassunto dal Battista con: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo" (Marco 1,15).
Gesù aveva poi iniziato il suo testamento spirituale con: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri." (Giovanni 13,34) ed ora gli apostoli dopo gli eventi della passione e la risurrezione sapevano come li aveva amati.
"Pentitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati" è il succo finale della prima predicazione di Pietro in Atti 3,19 e il succo finale è vivere amando Dio e il prossimo alla luce dell'amore di Cristo, fino alla dimensione della croce.

Per l'evangelista Tommaso è il prototipo dell'incredulità che era di tutti gli apostoli; insomma Tommaso è anche gemello di ciascun fedele che è chiamato a divenire fratello gemello di Gesù mediante la fede.

Sant'Agostino (354-430), dottore della Chiesa nel Discorso 88 su tale fatto ha scritto: "La fede dei discepoli del Cristo era talmente vacillante che, pur vedendolo già risorto, per credere alla sua risurrezione, ritennero necessario anche di toccarlo. Non bastava che lo vedessero con gli occhi se non avessero accostato anche le mani alle sue membra e non avessero toccato anche le cicatrici delle ferite recenti; in tal modo il discepolo che dubitava, dopo aver toccato e riconosciuto le cicatrici, subito esclamò: Signore mio e Dio mio! Le cicatrici rendevano manifesto Colui che aveva guarito in altri tutte le ferite. Il Signore non poteva forse risorgere senza cicatrici? Sì, ma egli conosceva le ferite nel cuore dei discepoli, e al fine di guarirle egli aveva conservato le cicatrici nel suo corpo. E che rispose il Signore al discepolo che ormai dichiarava ed esclamava: Mio Signore e mio Dio? Tu hai creduto - disse - perché hai visto: beati quelli che credono senza vedere. Di chi parlava, fratelli, se non di noi? Non di noi soli, ma anche dei nostri posteri. In effetti, poco tempo dopo che si allontanò dagli occhi mortali perché fosse rafforzata la fede nei cuori, tutti quelli che han creduto l'hanno fatto senza vedere e la loro fede ha avuto un gran merito; per avere questa fede accostarono solo il cuore pieno di religioso rispetto verso Dio, ma non anche la mano per toccare."

La fede concreta che arriva a tale dimensione è un dono del Signore, perché comporta un incontro personale con Lui.

4° episodio
Nel Vangelo di Giovanni tre sono le manifestazioni agli apostoli riuniti da risorto da parte di Gesù.
Le prime due volte sono nel cenacolo; la prima nel giorno di Pasqua e la domenica successiva, presente Tommaso.
La terza volta avviene vicino a Tiberiade sul mare di Galilea come riferisce il capitolo 21 di quel Vangelo 21,14: "Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti."
Questo incontro corrisponde al 4° episodio in cui è menzionato il nome di Tommaso ed è la terza volta che questo Vangelo ricorda che tale apostolo è detto "Didimo".

Il capitolo 21 inizia in questo modo: "Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberiade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: Io vado a pescare. Gli dissero: Veniamo anche noi con te. Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: Figlioli, non avete nulla da mangiare? Gli risposero: No. Allora egli disse loro: Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete. La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: È il Signore! Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti, lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: Portate un po' del pesce che avete preso ora. Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di 153 grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: Venite a mangiare. E nessuno dei discepoli osava domandargli: Chi sei? perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce." (Giovanni 21,1-13)

La tradizione indica che questo episodio è avvenuto in località detta Tabga, dove poco sopra, sul monte, ci fu il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci narrata in Giovanni 6,1-15 e dove Gesù aveva camminato sul mare durante la notte come riferisce Giovanni 6,16-21.
(Vedi: "La grande pesca per il Regno dei Cieli")

Di mare, di pane, di pesci, parla anche questo brano ove Cristo risorto appare, ma ormai quegli apostoli sanno che non è un fantasma.
Il Vangelo di Giovanni, infatti, si chiude con la visione dell'attività degli apostoli dopo che avevano ricevuto dal Signore, con la certezza della Sua risurrezione, ogni conferma d'essere nel giusto cammino.
Questa visione li vede a "pescare".
D'altronde aveva detto Gesù: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini". (Matteo 4,19)
Questa volta sono 7, numero che nella Bibbia indica una totalità che, presente Lui, Cristo, porta alla pienezza del n° 8 che allude all'eternità e all'infinito.
Sono presenti, infatti, 7 discepoli:
  • 1 Simon Pietro che l'aveva rinnegato tre volte;
  • 1 Tommaso e ricorda che era "Didimo";
  • 1 Natanaele di Galilea;
  • 2 Giacomo e Giovanni che volevano stare ai primi posti del Regno;
  • 2 discepoli, forse i due di Emmaus che l'avevano riconosciuto tardivamente.
Per questo fatto su San Tommaso Sua Santità Benedetto XVI nell'Udienza Generale di mercoledì 27 settembre 2006 tra l'altro ebbe a dire: "Un'ultima annotazione su Tommaso ci è conservata dal Quarto Vangelo, che lo presenta come testimone del Risorto nel successivo momento della pesca miracolosa sul Lago di Tiberiade (Giovanni 21,2). In quell'occasione egli è menzionato addirittura subito dopo Simon Pietro: segno evidente della notevole importanza di cui godeva nell'ambito delle prime comunità cristiane."

Il fatto che Tommaso fosse detto "Didimo" è qui segnalato solo come un ricordo per far comprendere come questi assieme agli altri di questo episodio sono stati cambiati e sono creature nuove.
Questi 7, ad esempio di tutti i veri discepoli di Cristo, hanno fatto con Lui un cammino e sono stati cambiati dalla "fede" e ora lavorano alacremente per il Regno dei Cieli.
Gesù, è il nuovo e vero Noè della situazione che ha preparato la salvezza per l'umanità.
In definitiva, sono 8 come gli usciti dall'Arca dopo il diluvio, pronti a preparare la generazione di una nuova creazione.
E qui da aprire una parentesi.

Il "venite e vedrete" che aveva detto Gesù ai suoi primi discepoli chiede di fare esperienza di Lui con tutto se stessi, con tutti i propri sensi, con gli occhi e le orecchie non solo del corpo, ma soprattutto dello spirito.
I sensi sono contingenti e solo temporali, perché vengono solo dalla terra, ma lo spirito viene dal "cielo".
Inizia una nuova creazione nell'uomo che dagli occhi e dalle orecchie fisiche assume come nuovi poteri, occhi veri dell'anima e orecchie del cuore.
Il Vangelo di Giovanni, infatti, dopo aver iniziato ricordando la pagina della creazione come nel libro della Genesi - primo giorno... secondo giorno... - (Giovanni 1,29; 1,35; 1,43; 2,1), nelle prime pagine continua a scandire il tempo, perché appunto con la venuta di Gesù, il Messia, il Cristo, si entra nella nuova creazione, che è un ricominciare un tempo nuovo per preparare l'uomo nuovo.

Il Vangelo di Matteo al proposito di questo tema riporta queste parole di Gesù: "In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele." (Matteo 19,28)

Questa nuova creazione, rigenerazione in latino e palingenesi in greco, comporta di accogliere un invito:
  • Proverbi 9,5-6 - "A chi è privo di senno essa (la Sapienza) dice: Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate la stoltezza e vivrete, andate diritti per la via dell'intelligenza".
  • Salmo 34,9 - "Gustate e vedete quanto è buono il Signore; beato l'uomo che in lui si rifugia."
La nuova creazione passa attraverso il mistero del cammino pasquale, in cui nutrimento è l'Eucaristia, il cibo dell'uomo nuovo.
Solo man mano crescono i nuovi sensi per vedere, udire, gustare... Dio.
Cristo, infatti, con la sua venuta, non solo si è fatto ascoltare e vedere, ma nutre i suoi seguaci col pane e col vino del sacramento per farli divenire suo corpo e suo sangue e far assumere così il passaggio alla dimensione divina.
Si tratta di mangiare di Lui.
Il cibo che viene da Lui dà la vita eterna.
Questo tema del mangiare risuona spesso in bocca del Signore nei Vangeli, con l'invito di assumerlo come cibo per il proprio spirito, lasciando quello che ci propone il demonio col peccato, il lievito dei farisei.

IL RISORTO NEL CENACOLO SECONDO I SINOTTICI
Sono andato a scrutare nei Vangeli Sinottici eventuale tracce o accenni che prefigurino gli eventi del Vangelo di Giovanni raccontati negli episodi 3 e 4 di cui ho detto nel precedente paragrafo.
Matteo non riferisce circa apparizioni del Risorto nel cenacolo.
Marco ne fa cenno in 16,14-18.
Luca, invece, delle apparizioni del Risorto nel cenacolo parla in 24,36-46 dopo l'episodio dei discepoli di Emmaus.

Matteo
Il capitolo 28 del Vangelo di Matteo racconta i fatti dopo la sepoltura di Gesù.
La mattina del primo giorno della settimana dopo la sua crocifissione, Maria di Magdala e l'altra Maria - Maria di Giacomo - andarono a visitare la tomba (2-7) di Gesù, ma "...vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. L'angelo disse alle donne: Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l'ho detto."

Certamente le donne hanno avvisato i discepoli e il risultato fu il seguente 16-20: "Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo."

In definitiva questo Vangelo non riporta apparizioni del Risorto nel Cenacolo.
Segnala il desiderio di Gesù espresso dall'angelo alle donne di andare in Galilea.
Del pari segnala poi che gli undici dubitavano, quindi erano tutti dei... "didimi".

Marco
Il racconto dei fatti avvenuti dopo la risurrezione riportati al capitolo nel Vangelo di Matteo al capitolo 14 è molto stringato.
Il mattino della Pasqua di Resurrezione Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salomè trovarono la pietra rotolata e il sepolcro vuoto dove era stato sepolto il venerdì sera il corpo di Gesù (5-7): "Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto."

A questo punto iniziano le manifestazioni del Risorto (9-15): "Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Magdala, dalla quale aveva scacciato sette demoni. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero. Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch'essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro. Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura."

In definitiva, secondo Marco le apparizioni del Risorto furono:
  • a Maria di Magdala;
  • a due di loro in viaggio... forse i discepoli di Emmaus di cui in Luca;
  • agli 11 e l'apparizione pare proprio che avvenne nel cenacolo.
Luca
Ecco il racconto in Luca 24,36-46: "Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: Pace a voi! Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho. Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: Avete qui qualche cosa da mangiare? Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi. Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture."

Tutto questo racconto, come del resto quello che lo precede dei discepoli di Emmaus, mette in risalto una necessità che preme a Gesù: "Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture".

Su questo imput le parole che Gesù dice, allora, sono tutte importanti e vanno interpretate cercando i significati allusivi di quelle parole nelle Sacre Scritture e con la scrittura ebraica delle stesse.
La prima parola del Risorto è "Pace a voi!" e al riguardo rimando a quanto già detto nel paragrafo precedente "Tommaso nel Vangelo di Giovanni".
(Vedi: anche "Le parole del Risorto, lettera per lettera")

Gli apostoli credevano di vedere un fantasma come riporta Matteo 14,26 e Marco 6,49 quando era accaduto che Gesù camminò sul mare.
La domanda di Gesù "perché sorgono dubbi nel vostro cuore?" con la parola "dubbi" certamente ha evocato nell'evangelista Giovanni il ricordo dell'episodio del "gemello", Tommaso, il doppio, quello di cui che non si sa se sia lui o suo fratello che racconta in quel 3° episodio in cui rammenta proprio Tommaso che ho commentato.
Altre 4 volte nei Sinottici si trova l'idea del dubitare, in:
  • Matteo 14,31 - Gesù salva Pietro: "E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: Uomo di poca fede, perché hai dubitato?"
  • Matteo 21,21 - "Rispose loro Gesù: In verità io vi dico: se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare ciò che ho fatto a quest'albero, ma, anche se direte a questo monte: Levati e gettati nel mare, ciò avverrà."
  • Matteo 28,17 - "Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono."
  • Marco 11,23 - "In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: Levati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà."
Si ricava che il dubbio era presente in tutti gli apostoli e che Tommaso nel Vangelo di Giovanni diviene la personalizzazione esplicita del dubbio stesso che serpeggia in tutti.

Gesù qui in Luca, invita a guardare "le mie mani e i miei piedi", in ebraico "damim veregalim", che con i loro significati grafici dicono "col sangue mio vi ho cambiato , rivelerete () che sono vivo ".
Giovanni nel suo Vangelo invece propone le mani e il costato e questo ricorda la costola "tsela'" di Adamo.
Qui, invece in Luca Lui dichiara e fa constatare che è vivo in "carne e ossa", in ebraico è "basar vea'tsami" e tali lettere suggeriscono, "a casa il Risorto col corpo si riportò , dal legno a rivivere fu ".
Il tutto però egualmente è allusivo della nascita della Chiesa, la sposa di Cristo, e Lui è il nuovo Adamo, infatti: "da dentro il Risorto un corpo portò alla vista , scese la madre nell'esistenza " oppure" da dentro alla luce un corpo recò dal legno , con l'acqua fu " e infine "a casa il Risorto si saziò (), a rivederlo alzarsi vivo furono ".

Del resto Lui è lo sposo e come nuovo Adamo in pratica disse: "Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall'uomo è stata tolta." (Genesi 2,23)

Quel si saziò, in pratica e concretamente diviene "una porzione di pesce arrostito" le cui lettere ebraiche (Vedi: Genesi 43,34) vengono a dire agli apostoli: "i viventi a illuminare verrò () vi aiuterò nel cammino , da ombra vi sarò ", come se avesse detto: "...io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Matteo 28,20).

TOMMASO - APOSTOLO DELLA TRADIZIONE
Tommaso apostolo, il "Didimo", oltre che dalla Chiesa Cattolica è venerato come Santo anche dall'Ortodossa e dalla Copta.
Il nome originale dell'apostolo pare fosse "Giuda", come segnalano la storia di Abgar, la Didachè e i Siri Taziano e Sant'Efrem.
Secondo la tradizione, Tommaso predicò il Vangelo in Persia e in India ove fondò le prime comunità cristiana e sarebbe morto nel 72 d.C., precisamente a Mylapore, "il paese dei pavoni", oggi quartiere della città indiana di Chennai sulla costa orientale.
La festa di San Tommaso era celebrata sia nel "dies natalis", fissato in lontana data nel 21 gennaio, sia nella ricorrenza della traslazione delle reliquie a Edessa (VI secolo), il 3 luglio, come precisa il Messale Romano.
In "Storia Ecclesiastica" Eusebio di Cesare citando notizie tratte da Origene racconta che Tommaso, già alla guida della comunità cristiana di Babilonia, lasciatovi il discepolo Taddeo, nel 52 d.C.. via mare, dapprima si portò in India sud-occidentale: "Quanto agli apostoli e ai discepoli del Salvatore nostro dispersi per tutta la terra, la tradizione riferisce che Tommaso ebbe in sorte la Partia..."
(Origene, "Commento alla Genesi" riportato da Eusebio di Cesarea in "Storia ecclesiastica", III)

I commercianti romani dall'epoca di Augusto tramite l'Egitto e i porti sul Mar Rosso cominciarono a stabilire collegamenti con l'India meridionale fondarono insediamenti commerciali soprattutto sulla costa occidentale che sopravvissero a lungo anche dopo la fine dell'impero romano.
Il "Periplo del Mar Eritreo" o "Periplo del Mar Rosso" "Periplus Maris Erythraei" è un documento la cui stesura in greco, fatta risalire al l secolo come redatto da un mercante egiziano in epoca romana che descrive le rotte di navigazione dal "Mar Rosso" nell'Oceano Indiano ove sono descritte in 66 capitoletti località portuali del mondo antico come Barbaric, oggi Karachi, Bharuch, Muziris e Arikamedu.


Commercio romano con l'India secondo il "Periplus maris erythraei", I secolo

Certamente molti erano i commercianti fenici ed ebrei che contribuivano a questi commerci e forse il nostro Tommaso s'imbarcò su una nave mercantile romana o fenicia e arrivò a un porto dell'attuale Kerala in India ove sapeva avrebbe potuto trovare ebrei e romani da evangelizzare ed essere introdotto nella regione.


Regione del Kerala

San Nicola Nazianzieno (329-390) e l'apocrifo "Atti di Tommaso" informano che l'apostolo evangelizzò l'India dove morì martire colpito da una lancia a Mylapore ove sul posto c'è ancora una croce con iscrizione in persiano del VII secolo.
Ricerche correlate hanno indicato che a metà del VI secolo un mercante egiziano scrisse di aver trovato nell'India meridionale gruppi inaspettati di cristiani e di aver saputo che il Vangelo fu portato ai loro avi da Tommaso apostolo.
Vi erano già comunità ebraiche stanziatesi su quelle sponde e Tommaso pare che convertì alcuni al cristianesimo poi molti indiani specie delle caste superiori che facilitarono l'evangelizzazione; tra questi furono nominati i primi sacerdoti e fondò comunità cristiane a Maliankara e Kothamangalam.
Secondo la tradizione poi si sarebbe spostato in Cina e al ritorno avrebbe aperto comunità sulla costa orientale dell'India ove morì martirizzato.
Racconta il "Milione", scritto da Rustichello da Pisa dopo il 1295 riportando i racconti di Marco Polo riferisce due fatti su San Tommaso:
  • un miracolo: "Nel 1288 un re del Maabar si trovò ad avere una grandissima quantità di riso e così lo distribuì nelle case dei dintorni, anche nella chiesa di San Tommaso (trasformata in deposito). I cristiani, venuti a conoscenza del sacrilegio, inviarono degli ambasciatori con lo scopo di far revocare l'ordine al re. Ma quello non li ricevette neppure. Fu allora che avvenne il miracolo. La notte stessa del giorno in cui i messaggeri cristiani avevano fatto ritorno desolati alle loro case, il re ebbe la visione di San Tommaso il quale, puntandogli una forca minacciosa alla gola, gli disse: Forza, fa sgombrare subito la mia chiesa se non vuoi morire di mala morte. E intanto che così diceva gli pressava contro la gola le punte acuminate. Il re si svegliò di soprassalto e fece sgombrare la chiesa; da quel giorno in poi egli cominciò a stimare i cristiani e li esentò dal pagamento di tutte le tasse."
  • la morte del Santo: "Un giorno il Santo, uscito dal suo romitorio, se ne andò nel bosco per dire le orazioni e recitare l'uffizio divino. E nell'erba tutt'attorno c'erano dei pavoni che razzolavano. Ma un idolatra della razza dei gavi, con l'intento di colpire, uno dei pavoni prese in pieno il costato dell'apostolo. Così ferito il Santo morì continuando ad adorare Dio. Da quel giorno i pavoni del Santo non cantarono più, quasi per dimostrare il loro profondo dolore. Se uno della razza dei gavi volesse entrare nel luogo dove è conservato il corpo non potrebbe perché una forza miracolosa lo respingerebbe. Dio ha voluto così per punire la razza di colui che ha ucciso l'Apostolo."
La storia locale tramanda che Tommaso sarebbe giunto per mare e sbarcato attorno al 58 d.C. nel Malabar a Muziris, l'odierna Cranganore, e che fu ucciso nel 72 d.C. trafitto da una lancia sul monte Parangi Malai, nei dintorni di Maylapur, mentre si dirigeva verso le zone orientali del sud dell'India.
Secondo Girolamo, San Panteno, filosofo, teologo e apologeta cristiano del II secolo, maestro di Clemente Alessandrino, si recò India tra il 180 e il 190 su invito dei cristiani del luogo per migliorarne la preparazione dottrinale con basi teologico-filosofiche e tornò ad Alessandria con una versione in aramaico del Vangelo secondo Matteo.

Quando i portoghesi giunsero a Mailapur nel 1517 l'antico porto era ormai stato sommerso, ma quelli del posto seppero indicare ove era stato sepolto per la prima volta San Tommaso.
Marco Polo poi nel 1293 riferisce di aver visto cristiani e musulmani visitare quella tomba di Mailapur.
Là c'era la "dimora di San Tommaso", una chiesetta a pianta rettangolare molto antica che i portoghesi trovarono in rovina, ad eccezione della piccola cappella sopra la tomba, con vicine altre tombe e monumenti.
Nel 1523 ricostruirono la chiesa, ma nel 1893 era ormai in condizioni tali che fu conveniente demolirla per costruirvi sopra l'attuale cattedrale.
La ex tomba di San Tommaso era in profondità, infatti, nel 1945 furono trovati mattoni eguali a quelli impiegati in zona negli scavi di una stazione commerciale romana, il attestano l'antichità di quel sito di San Tommaso.
Accadde che nel III secolo nel sud dell'India ci fu una persecuzione anti-cristiana e i fedeli trasportarono i resti di Tommaso a Edessa nella Turchia sud-orientale.
Gli "Atti di Tommaso" e poi Sant Efrem informano che le reliquie di Tommaso furono trasferite a Edessa, forse nel 230; comunque nel 373 una grande chiesa vi fu edificata e dedicata al Santo.
Il 13 dicembre 1144 Edessa fu conquistata dai musulmani, ma in previsione di ciò le reliquie di Tommaso erano state portate dai cristiani nell'isola greca di Chios e qui sotto ho riportato la fotografia della pietra tombale.


Pietra tombale del III secolo già a Chios

Quella pietra riporta l'immagine del Santo e il cavedio rotondo più grande che si vede era per mettervi un vaso di aromi e il piccolo per inserirvi e far bruciare bastoncini d'incenso.
Nel 1258 quei resti mortali furono trafugati nottetempo e portati a Ortona sulla costa adriatica in Abruzzo assieme alla pietra tombale che era a Chios, come attesta una pergamena del 22 settembre 1259.
Secondo il racconto di Giambattista De Lectis, medico e scrittore di Ortona del XVI secolo, il capitano di 3 galee facenti parte della flotta di Venezia al seguito dell'ammiraglio Filippo Chinardo che combatteva per conto di Manfredi principe di Taranto, che vinse la flotta di Genova nello scontro al largo di Acri, appunto nel 1258 trafugò da Chios i resti mortali di San Tommaso e li portò a Ortona ove sono ora deposti nella basilica di San Tommaso.


Sbarco delle reliquie, pietra scolpita del XVI secolo
nel Museo Diocesano di Ortona

In tale occasione sarebbe accaduto il primo "miracolo" a Ortona che la tradizione attribuisce a San Tommaso quando Lucia, la figlioletta di Leone Acciaiuoli, quel capitano che aveva preso le reliquie per portarle a Ortona, cieca dalla nascita, nell'abbracciare il padre acquistò immediatamente la vista come ricorda un piccola scultura raffigurante la bambina vedente installata in uno allo spigolo dello stabile al centro di Ortona.
Un'antica tradizione ripresa dalla raccolta medievale del XIII secolo di biografie di Santi, detta "Legenda aurea" di Jacopo da Varagine, collega Tommaso all'"Assunzione in cielo di Maria" e racconta che quando Gesù accolse la Vergine in cielo la cintura di Lei cadde nelle mani di Tommaso come segno di particolare predilezione.
Si racconta anche che in India Tommaso fu chiamato come architetto dal re indiano Gondofero ed ecco, allora, che è divenuto patrono di architetti, geometri e dell'India; poi per aver voluto vedere la prova prima di credere, è patrono dei giudici e protegge anche dalle malattie degli occhi.
I suoi simboli sono: squadra, lancia e cintola.
In Kerala, stato dell'India sulla costa sud occidentale, dove l'apostolo secondo la tradizione sbarcò per la prima volta, i cristiani sono ancora chiamati i figli di San Tommaso.

Benedetto XVI nella già citata udienza del 27 settembre 2006, tra l'altro ebbe anche a dire: "Ricordiamo infine che, secondo un'antica tradizione, Tommaso evangelizzò prima la Siria e la Persia (così riferisce già Origene, riportato da Eusebio di Cesarea, Hist. eccl. 3,1) poi si spinse fino all'India occidentale (Atti di Tommaso 1-2 e 17ss), da dove infine raggiunse anche l'India meridionale."

Molti si sono recati e si recano sulla tomba del Santo seguendo il "Cammino di San Tommaso" tra cui anche tanti pellegrini cristiani ortodossi che passando da Roma poi vanno a Grottaferrata all'abazia greca di San Nilo, quindi, si recono a Ortona da San Tommaso e proseguono fino a Bari per le reliquie di San Nicola.
Questo "Cammino" come proseguimento del pellegrinaggio fino a Roma sulla via Francigena fu reso celebre da Santa Brigida, reduce da un pellegrinaggio sulla tomba di S. Giacomo a Santiago di Compostela.


Cammino di San Tommaso

Santa Brigida (1303-1373), di rango nobile, nata in Svezia, sposata col governatore, Ulfo di Svezia da cui ebbe 8 figli, compatrona d'Europa (Giovanni Paolo II, 1-10-99), di cui sono note le sue "Rivelazioni" avute da Cristo, ebbe dal Signore stesso il compito di fondare il nuovo Ordine monastico del Santissimo Salvatore, per cui nel 1349 si recò a Roma ove ottenne l'approvazione per l'ordine e vi rimase fino alla morte, quindi, nel 1391 fu canonizzata da Bonifacio IX che ritenne veritiere quelle "Rivelazioni" e concesse l'indulgenza a chi avesse pregato in Ortona sulla tomba di San Tommaso.
Tra il 1365 e il 1370 secondo la tradizione locale, Brigida visitò due volte la tomba dell'Apostolo; a memoria del suo passaggio ci sono un'antica chiesa ad Arielli e un cippo davanti alla chiesa di San Rocco a Ortona.

Santa Brigida udì una voce che diceva: "Io sono il Creatore di tutte le cose e il Redentore... si deve dire e predicare in maniera molto sicura che come i corpi degli apostoli Pietro e Paolo sono a Roma, così le reliquie di san Tommaso mio apostolo sono in Ortona."


Il dito di San Tommaso

Desiderava ardentemente di avere una reliquia dell'apostolo; nel primo viaggio aveva pregato per ottenere questo miracolo e racconta che le apparve San Tommaso che le promise: "Torna qui e io soddisferò il tuo desiderio."

Lei tornò e San Tommaso, apparso di nuovo le disse: "ti darò il tesoro desiderato ormai a lungo da te" e si ritrovò fra le mani un frammento del dito di Tommaso, oggi conservato in un reliquiario nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma.

In Kerala è presente la Chiesa di rito siro-malabarico, detta appunto del Malabar, di antiche tradizioni risalenti a San Tommaso, che i portoghesi al loro arrivo trovarono nel XV secolo e che dal 1599, dopo il sinodo di Diamper, avendo aderito alle conclusioni di fede del Concilio di Trento, è stata integrata nella Chiesa Cattolica.

Il Padre gesuita Matteo Ricci (1552-1610) matematico e cartografo, missionario in Cina dal 1582 al tempo della dinastia Ming, proclamato Servo di Dio il 19 aprile 1984, nella sua opera "Commentario sulla cristiana spedizione di Matteo Ricci presso i cinesi", citando dei passi del breviario della Chiesa malabarica scrisse: "Leggiamo chiarissimamente che dal medesimo apostolo di Cristo (Tommaso) la fede è stata portata nella Sina e che in quel regno furono piantate le Chiese... Per mano di San Tommaso i Sini... si convertirono alla verità... Per mano di San Tommaso il regno dei cieli volò a Sini."

TOMMASO - APOSTOLO DELLA FEDE
Tommaso è l'apostolo cui Gesù dice "...hai creduto..." (Giovanni 20,29), per questo si può definire apostolo della fede.
E sappiamo che chi crede ha la vita eterna.

Dice il Vangelo di Giovanni 1,18: "Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato."

Lui vede, e per essere certo che non fosse un fantasma, tocca un uomo in "carne e ossa".
Sì, vede e tocca un risorto, come del resto certamente lo stesso Tommaso aveva visto e abbracciato anche il risorto Lazzaro, ma il fatto del vedere e toccare nel cenacolo viene a risultare travalicato e trasfigurato; infatti, questa volta Tommaso vede qualcosa che non si può vedere, vede un uomo, ma di fatto "vede" quanto era stato impossibile fino allora agli uomini, infatti, vede Dio.

Gesù dicendogli "hai creduto" sottolinea che quanto è avvenuto a Tommaso non è un fatto umano ma sottolinea che proprio... Lui lo ha rivelato. "Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna." (Giovanni 6,46s)

San Tommaso ha visto il Padre con gli occhi della fede, quindi, ha creduto, ha la vita eterna.
L'apostolo Tommaso, infatti, aveva proclamato quella che Sua Santità Benedetto XVI ha riconosciuto e definisce come: "la più splendida professione di fede di tutto il Nuovo Testamento: Mio Signore e mio Dio!" (Giovanni 20,28)

San Gregorio Magno, con riferimento proprio al fatto che Tommaso volle toccare con mano, osserva: «Che cosa, fratelli, intravvedere in tutto questo? Attribuite forse a un puro caso che quel discepolo scelto dal Signore sia stato assente, e venendo poi abbia udito il fatto, e udendo abbia dubitato, e dubitando abbia toccato, e toccando abbia creduto? No, questo non avvenne a caso, ma per divina disposizione. La clemenza del Signore ha agito in modo meraviglioso, poiché quel discepolo, con i suoi dubbi, mentre nel suo maestro toccava le ferite del corpo, guariva in noi le ferite dell'incredulità. L'incredulità di Tommaso ha giovato a noi molto più, riguardo alla fede, che non la fede degli altri discepoli. Mentre, infatti, quello viene ricondotto alla fede col toccare, la nostra mente viene consolidata nella fede con il supermercato di ogni dubbio. Così il discepolo, che ha dubitato e toccato, è divenuto testimone della verità della risurrezione. Toccò ed esclamò: "Mio Signore e mio Dio! Gesù gli disse: Perché mi hai veduto, hai creduto" (Giovanni 20,28-29). Siccome l'apostolo Paolo dice: "La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono", è chiaro che la fede è prova di quelle cose che non si possono vedere. Le cose che si vedono non richiedono più la fede, ma sono oggetto di conoscenza. Ma se Tommaso vide e toccò, come mai gli vien detto: Perché mi hai veduto, ha creduto? Altro però fu ciò che vide e altro ciò in cui credette. La divinità, infatti, non può essere vista da uomo mortale. Vide dunque un uomo e riconobbe Dio, dicendo: "Mio Signore e mio Dio! Credette pertanto vedendo. Vide un vero uomo e disse che era quel Dio che non poteva vedere.» (Dalle Omelie sui vangeli)

Tommaso, insomma, vide un uomo tornato in vita e grazie allo Spirito Santo vide ciò che non è possibile vedere.
San Tommaso apostolo pare dotato di grande intelligenza, è abile nelle attività che gradisce e pare prediligere le attività con le dita, quindi, oggi sarebbe pronto ad attività innovative e digitali.
Me lo sento congeniale, infatti, non ha particolare predisposizione a lavorare in gruppo e risulta fermo nelle proprie scelte, ma rivela la gioia dall'aver avuto in qualche modo un incontro reale con il Risorto, incontro che non può nascere solo dalla via intellettuale, ma ha per radice una rivelazione.
Questo del credere, infatti, è un mistero, un dono dello Spirito Santo.
La vicinanza, l'insegnamento e soprattutto la grazia che Gesù "autore e perfezionatore della fede" (Ebrei 12,2) dona, consentono di intuire che la Sua realtà è più totalizzante del solo vedere.
Aldilà delle complicazioni celebrali di ciascuno e dei dubbi che umanamente possono nascere, come in modo esemplificativo per tutti era accaduto a Tommaso, l'episodio chiarisce che la fede si riceve quando si è riuniti nel "memoriale" della morte e risurrezione del Signore che si fa sacramentalmente presente col soffio dello Spirito Santo a chi, senza porre barriere, vuole riceverlo con umiltà e semplicità di cuore.
Del resto la "fede" non è un deposito che si riceve una volta per sempre, ma è un dono che ha bisogno di un particolare cibo giornaliero come di norma ogni giorno ci si nutre del pane quotidiano.
San Tommaso l'insegna; aveva seguito il Signore, aveva ricevuto la fede, quello era il cibo ricevuto dalle parole del Signore che passava ai discepoli col Suo Spirito, aveva mangiato il Suo corpo e bevuto il Suo sangue come gli aveva assicurato il Suo Gesù nell'ultima cena, ma ora per Tommaso il Signore era morto, non poteva ritenerlo vivo, non riusciva a superare la prova che gli chiedevano l'intelligenza e la conoscenza delle cose fisiche.
Tutto ciò gli impediva di credere.
Del resto l'uomo è un insieme indivisibile di corpo, anima e spirito e come ogni giorno ha bisogno del pane per vivere anche l'anima e lo spirito hanno bisogno di un cibo che non perisce e lui Tommaso stava spiritualmente per perire.

Del resto il popolo d'Israele per 40 anni approssimandosi al Sinai ricevette come dono da Dio il "pane dal cielo" che li nutriva nella carne e nello spirito, la "manna" che durò a inviare fino alla conquista della terra promessa ai tempi di Giosuè.
Questo dono raffigurava la fede "'amunah" che appunto contiene e = con cui Dio li cibava ogni giorno.

Al riguardo disse Gesù in Giovanni 6,32s: "In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo" e prosegui in 6,48-51: "Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo."

E più avanti, per due volte, dice:
  • Giovanni 6,54 - "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno."
  • Giovanni 6,56 - "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui."
Ora quel "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue" in ebraico è "ha'okel baseri vehashit dami" le cui lettere sottintendono con i significati grafici "Nel mondo primo tra tutti gli abitanti risorgerà il corpo mio e aprirò la risurrezione finale ai simili () a me ".

Poi al versetto 6,63 conclude: "È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita."

In sintesi "le mie parole (sono) spirito e vita" e in "si insinuerà () nei corpi il mio Spirito , porterà la vita mia ai viventi ."

La fede deve essere alimentata giornalmente, altrimenti l'uomo nuovo, l'uomo spirituale, quello destinato alla vita eterna non può crescere e rischia di morire.
La fede è un cammino!

Al riguardo, scrive sant'Ireneo, vescovo (130-202) nel trattato "Contro le eresie": "Se la carne non viene salvata, allora né il Signore ci ha redenti col suo sangue, né il calice dell'Eucaristia è la comunione del suo sangue, né il pane che spezziamo è la comunione del suo corpo. Il sangue, infatti, non viene se non dalle vene e dalla carne e da tutta la sostanza dell'uomo nella quale veramente si è incarnato il Verbo di Dio. Ci ha redenti con il suo sangue, come dice anche il suo Apostolo: in lui abbiamo la redenzione e la remissione dei peccati per mezzo del suo sangue (Efesini 1,7). Noi siamo sue membra, ma siamo nutriti dalle cose create, che egli stesso mette a nostra disposizione, facendo sorgere il suo sole e cadere la pioggia come vuole. Questo calice, che viene dalla creazione, egli ha dichiarato che è il suo sangue, con cui alimenta il nostro sangue. Così pure questo pane, che viene dalla creazione, egli ha assicurato che è il suo corpo con cui nutre i nostri corpi. Il vino mescolato nel calice e il pane confezionato ricevono la parola di Dio e diventano Eucaristia, cioè corpo e sangue di Cristo. Da essi è alimentata e prende consistenza la sostanza della nostra carne. E allora come possono alcuni affermare che la carne non è capace di ricevere il dono di Dio, cioè la vita eterna, quando viene nutrita dal sangue e dal corpo di Cristo, al quale appartiene come parte delle sue membra? Lo dice l'Apostolo nella lettera agli Efesini: Siamo membra del suo corpo, della sua carne e delle sue ossa (Efesini 5,30), e queste cose non le dice di un uomo spirituale e invisibile - uno spirito infatti, non ha né ossa né carne (Luca 24,39) ma di un uomo vero, che consta di carne, nervi e ossa, e che viene alimentato dal calice che è il sangue di Cristo e sostenuto dal pane, che è il corpo di Cristo. Il tralcio della vite, piantato in terra, porta frutto a suo tempo, e il grano di frumento caduto nella terra, e in esso dissolto, risorge moltiplicato per virtù dello Spirito di Dio, che abbraccia ogni cosa. Tutto questo poi dalla sapienza è messo a disposizione dell'uomo, e, ricevendo la parola di Dio, diventa Eucaristia, cioè corpo e sangue di Cristo. Così anche i nostri corpi, nutriti dall'Eucaristia, deposti nella terra e andati in dissoluzione, risorgeranno a suo tempo, perché il Verbo dona loro la risurrezione, a gloria di Dio Padre. Egli ci circonda d'immortalità questo corpo mortale, e largisce gratuitamente l'incorruzione alla carne corruttibile. In questa maniera la forza di Dio si manifesta pienamente nella debolezza degli uomini."

GLI APOCRIFI ATTRIBUITI A TOMMASO
È da ricordare che gli apocrifi del Nuovo Testamento in genere sono testi che per contenuto si riferiscono con attribuzione falsa detta pseudo epigrafia a qualche personaggio autorevole e spesso contengono qualche eresia.
La Chiesa antica, infatti, per definire un testo canonico si basò su questi criteri:
  • "Paternità apostolica", quindi, se scritto da apostoli o da loro compagni;
  • "Uso liturgico", cioè se letti nei riti liturgici sin dalle prime comunità cristiane;
  • "Ortodossia" che rispettino le verità di fede della Chiesa.
Sotto il nome di Tommaso sono indicati questi scritti apocrifi:
  • "Vangelo di Tommaso" o "Vangelo secondo Tommaso" o "Quinto Vangelo", una raccolta di detti di Gesù;
  • "Vangelo dell'infanzia di Tommaso" o "Vangelo dello Pseudo-Tommaso", dedicato all'"infanzia" di Gesù;
  • "Libro di Tommaso, il Contendente o l'Atleta", che conterrebbe una rivelazione segreta di Gesù risorto all'apostolo;
  • "Apocalisse di Tommaso";
  • "Atti di Tommaso".
Su tali apocrifi Benedetto XVI nella già citata udienza del 27 settembre 2006, tra l'altro ebbe anche a dire: "In effetti, nel suo nome (Tommaso) vennero poi scritti gli Atti e il Vangelo di Tommaso, ambedue apocrifi ma comunque importanti per lo studio delle origini cristiane."

Vangelo di Tommaso
Contiene 114 detti o "loghia" di Gesù con la forma: "Gesù disse...".
Molti si ritrovano in Marco e quindi nei Sinottici.
Inizia con: "Ecco le parole segrete che Gesù Vivente ha detto e che Didimo, Giuda Tommaso, ha trascritto."

Dagli esperti la datazione della sua redazione è discussa tra la seconda metà del I secolo d.C., prima degli altri Vangeli, e il 140 d.C..
Nel 1945 tra i Codici di Nag Hammâdi è stato rinvenuto un manoscritto copto integro, datato al 340.
Ci si rese poi conto che tra i Papiri di Ossirinco si erano già trovate le seguenti parti in greco del III secolo:
  • Papiro 1 con i loghia 26-30, 77.2, 31-33;
  • Papiro 654: con i loghia 1-7;
  • Papiro 655: con i loghia 24; 36-39.
Per molti studiosi questo apocrifo sarebbe il proto-scritto cristiano su cui si sarebbero basati i testi canonici successivi.
Gilles Quispel, teologo olandese (1916-2006) professore emerito di storia del Cristianesimo all'Università di Utrecht ha provato a dimostrare che il Vangelo di Tommaso s'ispira al vangelo degli Ebrei, scritto in aramaico, ritenuto il vangelo originale di Matteo, del quale restano le citazioni di Padri della Chiesa.
  • Origene (185-254) in Omelia su Luca in 1.233 cita il titolo del Vangelo di Tommaso.
  • Clemente Alessandrino (150-215), parlò dei paralleli tra il Vangelo di Tommaso e il Vangelo degli Ebrei scritto in aramaico e il Vangelo greco degli Egiziani.
  • Papia (70-130) nel 130 parla del Vangelo di Matteo scritto in ebraico.
  • Eusebio (265-340) all'inizio del III secolo in Storia ecclesiastica, VI, XXV, 3-6 cita le parole di Papia: "Matteo raccolse quindi i detti di Gesù nella lingua degli Ebrei" e nel fare riferimento al Vangelo di Matteo riporta le parole di Origene, "per primo fu scritto quello Secondo Matteo, il quale era stato un tempo pubblicano, poi apostolo di Gesù Cristo, nella lingua degli ebrei".
  • Girolamo (347-420) nel suo "De viris illustribus", dice "Matteo scrisse il Vangelo di Cristo nella lingua degli Ebrei, per quelli che s'erano convertiti dal giudaismo" e narra che nel 392 nella biblioteca di Cesarea Marittima esisteva un libro composto da Panfilio martire che i Nazareni di Aleppo gli permisero di copiare che sarebbe stato "l'originale ebraico" e afferma che il vangelo usato da Nazareni ed Ebioniti era ritenuto da molti l'originale di Matteo.
Vangelo dell'infanzia di Tommaso
Il "Vangelo dell'infanzia di Tommaso", detto anche "Vangelo dello pseudo-Tommaso" è uno scritto eretico del II secolo d.C., infatti, la prima citazione di tale apocrifo compare in "Adversus haereses" di Ireneo circa attorno al 185, del resto vi si trovano citazioni proprie che portano ai Vangeli di Luca e di Giovanni, quindi la sua datazione è posteriore al I secolo.
È formato da 19 brevi capitoli in greco che presentano singoli episodi e ha una premessa in latino che ricorda la fuga in Egitto, ma ha esagerati aspetti miracolistici che rendono il testo mitico-fiabesco in quanto propone episodi e miracoli che Gesù avrebbe compiuto tra i 5 e i 12 anni, taciuti dai vangeli canonici, salvo l'ultimo.
Sinteticamente il contenuto è i seguente:
  1. Introduzione pseudo-epigrafica di Tommaso Israelita.
  2. Gesù all'età di 5 anni crea con l'argilla 12 passerotti, batte le mani e volano.
  3. Gesù gioca con l'acqua... e un ragazzo che lo disturba muore.
  4. Un bambino correndo urta Gesù e muore.
  5. Giuseppe rimprovera Gesù che fa diventare ciechi gli accusatori.
  6. Un rabbino, Zaccheo, si offre a Giuseppe come tutore di Gesù.
  7. Questi invita Giuseppe a riprendersi il figlio.
  8. I Giudei consolano Zaccheo; divertimento di Gesù.
  9. Gesù risuscita un suo amico caduto da una terrazza giocando.
  10. Un ragazzo si taglia un piede con una scure e Gesù lo riattacca.
  11. Gesù porta dell'acqua alla madre in un mantello.
  12. Gesù semina un chicco di grano e ottiene un enorme raccolto.
  13. Giuseppe taglia un legno troppo corto e Gesù l'allunga tirandolo.
  14. Gesù i mostra più sapiente di un maestro...
  15. Un maestro rimanda Gesù da Giuseppe.
  16. Gesù guarisce Giacomo dal morso di una vipera.
  17. Gesù risuscita un bimbo malato.
  18. Gesù risuscita un uomo morto nella costruzione di una casa.
  19. A 12 anni a Gerusalemme per la Pasqua, Gesù è ritrovato nel tempio.
Libro di Tommaso
Il "Libro di Tommaso il Contendente" o l'"Atleta" è un vangelo gnostico scritto in copto nella prima metà del III secolo con attribuzione pseudo-epigrafica a Tommaso apostolo.
Tale testo, ritenuto perduto, nel 1945 ne fu trovata una versione tra i Codici di Nag Hammadi riporta "Le parole segrete che il Salvatore ha detto a Giuda Tommaso e che Mathaias ha scritto, mentre stavano camminando, mentre li ascoltava parlare l'uno con l'altro."

Inizia con un'asserzione di Gesù su Tommaso che fa comprendere come tale apostolo nell'immaginario dei primi secoli era divenuto il tipo del ricercatore della verità che la trova in Cristo che cerca di unire fede e ragione.

"Il Salvatore disse: Fratello Tommaso, affinché hai tempo nel mondo, ascoltami, e io ti rivelerò le cose che stavi pensando nella tua mente. Ora, dal momento che è stato detto che tu sei il mio vero compagno, esamina te stesso, e cerca di sapere chi sei, in che modo tu esista, e come si arriva ad essere. Dato che sarai chiamato mio fratello, non è giusto che tu sia ignaro di te stesso. E so che hai capito, perché avevi già compreso che io sono la conoscenza della verità. Così, mentre cammini con me, anche se non sarai compreso, hai (di fatto) già imparato a conoscerti, e sarai chiamato colui che conosce se stesso. Poiché chi non ha conosciuto se stesso non ha conosciuto altro, ma chi conosce se stesso, al tempo stesso ha già raggiunto conoscenze sulla profondità del tutto. Cosi dunque, tu, mio fratello Tommaso, vedrai ciò che è nascosto per gli uomini, quello che fugge dalla mancanza di conoscenza."

Apocalisse di Tommaso
L'Apocalisse di Tommaso o Visione di Tommaso è un apocrifo del Nuovo Testamento scritto in latino nel IV-V secolo pervenutoci in due versioni una lunga e una corta Descrive la fine del mondo in modo similare al canonico libro dell'Apocalisse giovannea.
Inizia in questo modo: "Ascolta, Tomaso! Io sono il Figlio di Dio Padre e io sono il padre di tutti gli spiriti. Ascolta da me i segni che verranno alla fine di questo mondo, quando giungerà a compimento la fine del mondo, e prima che gli eletti escano dal mondo. Ti manifesterò apertamente ciò che accadrà agli uomini; ma quando avverrà i principi degli angeli non lo sanno essendo loro nascosto."

Atti di Tommaso
Il testo detto gli "Atti di Tommaso" è un apocrifo del Nuovo Testamento del III secolo in lingua siriaca che narra la predicazione di Tommaso apostolo in India e termina col suo martirio, trafitto da una lancia per ordine del re Misdaeus, ossia Vasudeva I.
Il testo è citato da:
  • Epifanio di Salamina, ne riporta l'uso da parte degli Encratiti (Anac. 47.1, 60.1.5);
  • Sant'Agostino dice che era utilizzato dai Manichei (De serm. dom. in monte 1.20.65; c. Adiamantium 17; c. Faustum 14 e 22.79)
LE RELIQUIE DI SAN TOMMASO
Il 21 dicembre 1983, nel quarantesimo anniversario della distruzione nel corso della II guerra mondiale della Cattedrale di San Tommaso di Ortona, monsignor Enzio d'Antonio annunziò che sarebbe stata eseguita una ricognizione delle reliquie, poi fu nominata una commissione di 4 professori di medicina dell'Università di Chieti per stabilire:
  • i segmenti scheletrici sicuramente riferibili al cranio di San Tommaso;
  • attribuzione del sesso, dell'età alla morte e dell'epoca relativa;
  • rilevare eventuali condizioni patologiche;
  • riordinare il materiale scheletrico ai fini di una migliore conservazione.
La ricognizione iniziò con l'estrazione del cranio dell'Apostolo dal busto d'argento custodito nell'urna posta al centro dell'altare della cappella dedicata a San Tommaso, fu aperto il sarcofago e la cassetta contenente le reliquie, e si procedette all'esame macroscopico del cranio e dei reperti contenuti nell'urna metallica.

Il risultato fu di un individuo di statura 160 ± 10 cm, di età scheletrica compresa tra i 50 e i 70 anni, con caratteri sessuali secondari scheletrici di tipo maschile, affetto fra l'altro da una malattia reumatica... mostra le tracce di una frattura dell'osso zigomatico marginali al taglio... come si racconta del martirio di San Tommaso.

Negli Atti di Tommaso, il martirio dell'Apostolo è narrato in questi termini: "Quand'ebbe terminata la suddetta preghiera, disse ai soldati: Su, eseguite gli ordini di chi vi ha inviato. Quelli vennero e lo trapassarono tutt'insieme con le lance. Cadde e morì".


L'assieme delle reliquie di Ortona

Nel Tesoro della basilica di San Nicola di Bari tra vari reliquiari ve n'è uno a forma di braccio con in mano una lancia con dentro un osso, un radio umano, attribuito all'Apostolo Tommaso.
Dall'esame furono tratte le conclusioni: Il valore dell'altezza del soggetto ricostruita con l'osso radio custodito nella Basilica di san Nicola di Bari non ha rilevato una diversità statisticamente significativa con il valore dell'altezza ricostruita con i femori delle reliquie conservate nella Basilica di San Tommaso Apostolo in Ortona; è possibile perciò che l'osso radio di Bari e le Reliquie di Ortona siano appartenute, in vita, allo stesso soggetto.

Del resto la mancanza nelle Reliquie custodite in Ortona dell'osso radio sinistro rende la Reliquia portata a Bari nel 1102 compatibile e complementare con quelle portate in Ortona da Chios nel 1258.

INDULGENZE E PREGHIERE
L'indulgenza, parziale o plenaria, è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi con il Sacramento della Penitenza quanto alla colpa.
Il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista la remissione per intervento della Chiesa che, quale ministra della redenzione, autoritariamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi.
L'indulgenza può essere trasferita anche ai defunti.
Per conseguirla, oltre lo stato di grazia, è necessario che il fedele:
  • abbia la disposizione interiore al completo distacco dai peccati;
  • si confessi sacramentalmente dei suoi peccati;
  • riceva la SS.ma Eucaristia partecipando alla S. Messa;
  • preghi secondo le intenzioni del Sommo Pontefice.
L'indulgenza parziale viene concessa ai pellegrini che in qualsiasi momento devotamente visitano la tomba di San Tommaso pregano per il Sommo Pontefice e recitano il Credo.
La concessione dell'indulgenza plenaria avviene in queste occasioni:
  • Prima Domenica del mese di maggio: festa del perdono;
  • 3 luglio: Festa Liturgica di san Tommaso;
  • 6 settembre: Memoria dell'arrivo delle reliquie a Ortona.
I Papi che concessero l'indulgenza per la visita a San Tommaso a Ortona sono:
  • Innocenzo VI (1359-1362) per primo concesse l'indulgenza plenaria ai fedeli che avrebbero visitato la tomba dell'Apostolo in Ortona e pregato su di essa il giorno 6 settembre di ogni anno.
  • Bonifacio IX la confermò nel 1399.
  • Sisto IV il 5 luglio 1479 con la Bolla "Pastoris aeterni" autorizzò il trasferimento del giorno per lucrarla, dal 6 settembre, anniversario della traslazione delle reliquie dell'Apostolo, alla prima domenica di maggio.
  • Clemente VIII, nel breve del 4 marzo 1596, fissa due giorni per lucrare l'indulgenza: il 15 agosto e il 21 dicembre, festa liturgica di san Tommaso.
  • Benedetto XIV, con il breve del 14 aprile 1742 confermò in perpetuo il privilegio dell'indulgenza plenaria preesistente, quindi fissò il 21 dicembre, festa liturgica dell'apostolo, la prima domenica di maggio più il lunedì e il martedì successivi.
  • Pio XII con bolla del 2 settembre 1949 concede una triplice indulgenza la prima domenica di maggio più i due giorni successivi, il 6 settembre e il 21 dicembre.
L'ultima lettera è di Benedetto XVI diretta all'arcivescovo di Lanciano - Ortona, monsignor Carlo Ghidelli, in occasione del suo giubileo sacerdotale, nel 2008.
Benedetto XVI scrisse: tu custodisci le reliquie di san Tommaso Apostolo... poi invita tutti i cristiani a camminare nella ricerca della verità e a purificarsi nel cammino di conversione.

Una preghiera a San Tommaso: "Grazie, Signore Gesù, per averci dato san Tommaso! Uno come noi. Uno che non si accontenta delle certezze degli altri e che non accetta - a scatola chiusa - le tranquillizzanti risposte altrui. Uno che non si ritiene soddisfatto per quello che hanno scoperto i suoi amici. Uno che non cade subito in ginocchio. Uno che resiste e che ha delle esitazioni. Uno che tarda ad arrendersi e che ha bisogno della tua infinita pazienza... ma che, proprio attraverso questo lungo e tormentato itinerario - illuminato e guidato dallo Spirito - scopre, alla fine, l'atteggiamento più giusto e trova le parole più semplici e più belle per dire la cosa più grande: Mio Signore e mio Dio! Grazie, Signore Gesù, per questo Santo che vuole vedere, toccare e verificare direttamente; che vuole compiere una sua esperienza personale, senza fermarsi ad una facile sicurezza, ma elaborando, nel cuore e nella mente, una sana inquietudine e un dubbio autentico che lo hanno messo in cammino e lo hanno condotto ad inginocchiarsi davanti a te. Grazie, Signore Gesù, per san Tommaso che ha sperimentato su di sé la tua predilezione per gli ultimi: è giunto dopo tutti gli altri apostoli a riconoscerti ma, anche lui, è arrivato a contemplare i segni dei chiodi, cioè l'evidenza di un amore che arriva fino in fondo e che non viene mai meno. Grazie, Signore Gesù! La protezione e l'intercessione di san Tommaso guidino ognuno di noi alla contemplazione del tuo volto e alla gioia dell'incontro con te perché tutti, insieme con lui, possiamo dire: Mio Signore e mio Dio! Amen"

Un evento strano
Ho trovato narrato il seguente fatto.
In India ove era situata la primitiva tomba ove c'è la cattedrale di San Tommaso è considerato un terreno sacro.
Il 26 dicembre 2004, quando lo tsunami investì vaste zone dell'Asia, la costa Chennai fu una delle aree interessate.
Sebbene la cattedrale di San Tommaso è vicino alla spiaggia, essa non fu colpita, anzi, alcune migliaia di persone vi trovarono riparo per giorni.
Inoltre non morì alcuna persona fra le migliaia di indigenti che vivevano nelle vicine capanne.
L'acqua penetrò profondamente all'interno del territorio e attraversò la strada a nord e a sud del santuario, ma inspiegabilmente non toccò il complesso della chiesa e come per miracolo la gente sfuggì al pericolo.
Gli abitanti di quei luoghi attribuiscono questo evento alla protezione di San Tommaso e raccontano che sul luogo esiste un legno, piantato in tempi remoti fra il luogo della sepoltura e il mare.
La convinzione popolare dice che quel segno fu lì posto dallo stesso Tommaso a significare che "il mare non valicherà questo segnale".
Sarà una leggenda, ma gli abitanti della costa, nelle vicinanze della cattedrale che ospita la tomba del Santo, furono salvati dalla furia delle acque.

LÀ MI VEDRANNO
Nel Vangelo di Matteo alla tomba vuota, come abbiamo visto, l'angelo aveva detto alle due Marie (Matteo 28,7): "Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete" quindi (Matteo 28,16s): "Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano."

È assodato: in Galilea e su un monte!
Quale è questo monte?
Si è pensato che potesse essere il monte delle beatitudini che si trova in Galilea, in pratica quelle che sono la pendici del lago di Genezaret, detto anche di Tiberiade, sopra Cafarnao!

Marco, infatti, al capitolo 3,7.13 cita un monte in Galilea là dove chiamò i dodici: "Gesù intanto si ritirò presso il mare con i suoi discepoli e lo seguì molta folla dalla Galilea... Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle..."

Il Vangelo di Marco parla anche lui di un invito a due Marie e a Salomè: "...andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto". (Marco 16,7)

Si aveva detto proprio detto: "...dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea". (Marco 14,28)

L'idea che sia la Galilea delle genti a nord della Palestina ha avuto grande riscontro perché assicura che il Cristo nella catechesi alle genti li precederà preparando i cuori a ricevere l'annuncio degli apostoli.
Questo è verità ed è l'esperienza di chi annuncia il Vangelo andando là ove le genti non lo conoscono.
Sotto tale aspetto, ecco che il nostro Tommaso accolse pienamente l'invito, andò verso oriente dalle genti che non conoscevano la luce di IHWH.

Il Vangelo di Marco poi però non parla oltre della Galilea e ricorda: "Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato" (Marco 16,14) e la mensa fa andare il pensiero al Cenacolo e a Gerusalemme.

Il Vangelo di Luca poi non solo non parla di Galilea, ma dice: "voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto". "Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia..." (Luca 24,48-52)

Luca in tal modo mette in evidenza che quel monte era verso Betania, quindi, coincideva col Monte degli Ulivi.

Il Vangelo di Giovanni, infine, al capitolo 21 ci porta in Galilea delle genti con l'episodio del Risorto che si presenta a "Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli" sulla riva del mare di Tiberiade, nella località chiamata Tabga che indica la tradizione, ma ciò, sottolinea, solo dopo le apparizioni a Gerusalemme e non in Galilea delle genti, infatti dice il Vangelo di Giovanni 21,14: "Era la terza volta che Gesu' si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti."

Del resto, il monte su cui agli ebrei attendevano che sarebbe venuto il Messia era il monte Sion.
Sul monte di Gerusalemme secondo la tradizione ci fu l'episodio del sacrificio di Isacco sulla legna da lui portata e fu là che IHWH provvide in sua sostituzione un ariete impigliato in un roveto, figura profetica del Cristo sul Golgota sul legno della croce, agnello senza macchia incoronato di spine.
In tale occasione Abramo fece una profezia.

L'ultima traduzione C.E.I. del Genesi 22,14, la più aderente al testo ebraico, dice:
"Abramo chiamò quel luogo"
"Il Signore vede" ;
"perciò oggi si dice"
"Sul monte il Signore (IHWH) si fa vedere" ."

La traduzione del testo ebraico della Tenak che si trova in Sefer Bereshit, cioè Genesi, Edizione Avisahay Namdar di Mamash, è "Avraham chiamò quel luogo Hashem Yiré , da cui oggi si dice: Sul monte Ha-Shem apparirà."
I cristiani hanno riconosciuto che IHWH apparve come Gesù di Nazaret sul legno della croce su quel monte.
Quel monte è il Golgota che sta sul monte Sion e lì, sul quel monte di Gerusalemme, alla fine dei tempi, tornerà Cristo risorto secondo Apocalisse 14,1: "Poi guardai ed ecco l'Agnello ritto sul monte Sion".

Dice il profeta Zaccaria 14,4s: "In quel giorno i suoi piedi si poseranno sopra il monte degli Ulivi che sta di fronte a Gerusalemme verso oriente...Verrà allora il Signore, mio Dio, e con lui tutti i suoi santi."

Gli Atti degli Apostoli in 1,4-5 conformemente al Vangelo di Luca attestano che: "Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l'adempimento della promessa del Padre, quella - disse - che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo."

Al momento dell'ascensione di Gesù sul monte degli Ulivi accadde che gli astanti "...stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand'ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo." (Atti 1,10-11)

Furono solo gli apostoli che l'hanno visto salire al cielo?
Egli altri discepoli i 72?
Erano almeno 120: "In quei giorni (dell'Ascenzione) Pietro si alzò in mezzo ai fratelli - il numero delle persone radunate era di circa centoventi..." (Atti 1,15)

All'evento dell'ascensione peraltro pare sia da riferire quanto dice San Paolo in 1Corinzi 15,3-8: "Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me..."

Perché allora quel dire "uomini di Galilea"?
L'evento stava accadendo nei pressi di Gerusalemme ed è da ritenere che non fu un fatto privato per i soli apostoli provenienti dalla regione del nord della Palestina.
Quei due in vesti bianche con questo discorso ci portano nel filone generale delle attese del compimento delle promesse di Israele che avverranno col ritorno del Messia proprio su quel monte e non in Galilea, ma in galilea = circondario di Gerusalemme sul monte degli Ulivi.
D'altronde Gerusalemme è il luogo del Tempio da cui secondo i profeti doveva uscire acqua, come di fatto uscì dalla costato di Cristo, il cui corpo è il vero Tempio di IHWH, come Lui stesso ha sottolineato nei Vangeli.

Questo ci porta alla profezia di Ezechiele: "Mi condusse poi all'ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quella acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell'altare." (Ezechiele 47,1)

Ora nel libro di quel profeta, più avanti si trova: "Mi disse: Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell'Araba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque." (Ezechiele 47,8)

In quel versetto Ezechiele scrive "'oel haggelilah haqqademonah" ove la C.E.I. traduce "verso la regione orientale" e potrebbe essere anche che dal Tempio scorrono "verso il circondario orientale" di Gerusalemme.

La parola o , infatti, vuol dire circondario, distretto, regione, contrada, anello, dal radicale di rotolare, rivolgere, volgere.

Ora, il circondario, ossia Galilea, che anticamente era composto di 20 città della tribù di Neftali è quello più noto e quel termine diventò il nome con cui lo chiamavano i numerosi pagani che vi abitavano, il circondario dei gentili o delle genti, che poi passò a definire la Palestina settentrionale.
Ci possono però essere anche altre contrade o circondari come quello dei Filistei, la contrada del Giordano, cioè le sue rive e c'era anche un circondario est di Gerusalemme o del Tempio e si poteva dire... ci vedremo sul monte del circondario est... ed era una "galilea", ma non la Galilea che siamo usi a pensare.
In questo senso si potrebbero interpretare le parole di Gesù, "Rimanete in città"... ci vedremo in "galilea", ossia sul monte dove andiamo sempre.

Nel circondario est del Tempio, la zona a oriente della spianata del Tempio di Gerusalemme ove c'era anche il sito detto Betania, il villaggio ove erano andati tante volte, vicino a Gerusalemme (Giovanni 11,18), sul pendio est del Monte degli Ulivi, sulla via per Gerico.
(Vedi: "L'amico Lazzaro e il riposo di Betania")

In definitiva, se si considera quella Galilea una galilea = territorio, una periferia attorno a Gerusalemme, la questione viene a quadrare.
Dirò di più, ancor meglio se indicasse una periferia o circondario est!

Ancora una volta le lettere ebraiche vengono in aiuto in quanto Galilea si può considerare formata da + ove indica la parola "notte" e la 3a lettera dell'alfabeto, la "ghimel" , che pare proprio un piede che fugge, corre, scappa, quindi per + calza bene "fugge la notte ", quindi, un modo allusivo per indicare l'est.

Gesù, peraltro, passava molte le notti sul monte degli Ulivi che essendo a oriente di Gerusalemme e più elevato era il luogo da cui al sorgere del sole pareva fuggire la notte.
Gesù, d'altronde, è il vero sole che fa fuggire le tenebre!

Scriveva Sant'Ippolito di Roma (170-235) in "De paschate, 1-2" ricordato dal Catechismo della Chiesa Cattolica all'articolo 1165: "La vita si è posata su tutti gli esseri e tutti sono investiti da una grande luce; l'Oriente degli orienti ha invaso l'universo, e Colui che era "prima della stella del mattino" e prima degli astri, immortale e immenso, il grande Cristo, brilla su tutti gli esseri più del sole. Perciò, per noi che crediamo in lui, sorge un giorno di luce, lungo, eterno, che non si spegne più: la Pasqua mistica".

Cristo è proprio l'Oriente e nel rito del battesimo il catecumeno si volge a Oriente ove si pone il presbitero che battezza e reca la luce di Cristo significata dal cero pasquale che immerge, benedicente, nel fonte battesimale.

In ebraico "Oriente", "Est" è "qidemah" come in Genesi 2,14 e 4,16 e in Ezechiele 39,11 o "qidemon" , termini che provengono dallo stesso radicale di "andare incontro, andare avanti" da cui "davanti", ma anche "origine di tempo" e "spazio davanti", quindi, antico, primordiale.
A Oriente c'è il "vertice della vita", Cristo pensato da Dio nella carne, il suo figlio primogenito , origine d'ogni somiglianza "demut" da "essere somiglianti - simili" il cui radicale è da cui viene anche la parola "dem" sangue; per cui Cristo è il modello vero di Adamo di cui poi parla Genesi1 e Genesi2 "il primo col sangue ".

Il sangue di Cristo è la luce che dalla croce investe l'uomo e lo rende simile a Lui regalandogli la sua natura e il potere di risorgere.
Lui sulla croce versa il sangue dal suo costato.
Colui che era l'Origine dell'origine, l'Oriente di ogni oriente, lo riversa dalla destra, da , infatti, è da lì che "versa il sangue ", ossia regala la Sua somiglianza per cui l'uomo, così, può godere il dono della natura divina. Tommaso aveva visto sorgere dalla destra del Suo costato la luce vera.
Sentì perciò la chiamata di andare ad annunciare il Vangelo a oriente, almeno fin dove poté, in India e in Cina.

a.contipuorger@gmail.com

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