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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
VEDRANNO LA MIA GLORIA

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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UN OGGI PARTICOLARE
Il capitolo Esodo 24 dopo che presenta Mosè con i 70 anziani che si avvicinano al monte della rivelazione, riferisce del giorno dell'alleanza col Signore, e al versetto 7 racconta che Mosè "...prese il libro dell'alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto."

Il popolo aderisce ma, in effetti, non aveva visto nulla di concreto, solo tuoni e fulmini su un monte e il racconto degli anziani e di Mosè.
Questo è il modo che assicura a chi fa così di avere la consolazione di vedere la "gloria" del Signore che corrisponde a vedere "i cieli aperti", ossia la prova inequivocabile come ebbero Mosè e i 70 anziani sia dell'esistenza di Dio, sia che questi si interessa e ama l'uomo, "gloria" che in quel capitolo è ricordata ai versetti 16 e 17.
L'episodio per certi versi fa andare il pensiero a San Tommaso che in un primo momento non credette ai Dieci che avevano visto nel Cenacolo la "gloria" Cristo risorto, ma che comunque rimase con loro e la vide la settimana successiva.

Vedendo il Risorto disse Tommaso "Mio Signore e mio Dio!" e Gesù gli rispose "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!" (Giovanni 20,28-29)

L'ebraismo, com'è giusto, infatti, annette importanza a quella sequenza, "fare - ascoltare", peraltro, inusuale rispetto al modo di rispondere da parte dell'uomo a alle richieste, in quanto il normale comportamento prevede l'udire, indi l'ascolto, nel senso di adottare una decisione al riguardo, poi agire se pare giusto; insomma l'uomo in genere prima ode, poi comprende, quindi agisce.
L'udire, infatti, è solo atto fisico, mentre l'ascoltare implica un'adesione della psiche e dello spirito a quanto udito.
Entrando in rapporto di fede e di alleanza con Dio, invece, avendo udito quanto vuole secondo la Bibbia occorre, appunto, affidarsi alla Sua Sapienza e a quella della Chiesa, quindi, agire subito, poi cercare di approfondire e chiarirsi quel suo volere.
Del resto così fece Abramo, il padre della fede, alla richiesta di Dio sacrificare il figlio, l'amato (Genesi 22).

Il trattato di Shabbat 88a-b del Talmud insegna che quando Dio udì gli ebrei pronunciare quelle parole "lo eseguiremo e vi presteremo ascolto" disse: "Chi ha rivelato ai Miei figli il segreto che gli Angeli usano per loro?"

Il commentatore Bet HaLevi e altri, infatti, propongono "lo eseguiremo" equivale l'osservanza di quanto richiesto, ossia quello di che chiamano il soddisfare le "mitzvot", e "vi presteremo ascolto" come lo studio della Torah.
Del resto se si entra nel cammino della fede appoggiandosi a Dio, si deve anche dare per scontato che si è a una scuola di conoscenza di Lui per cui, pur se al momento non lo capisce, l'uomo non è autorizzato a non osservare quanto ha udito; questo, infatti, fu la radice del primo peccato di Adamo.
Quindi, parlo per me, guai se non osservo Torah e Vangeli e prendessi piacere, solo nello studiarli, e per gli altri è un invito a scrutare le Sacre Scritture per approfondire la conoscenza di Colui che amano col rispettare la Sua parola.

A questo punto il racconto in Deuteronomio 5 nel seguente modo riprende in parte quei fatti di Esodo 24: "Sul monte il Signore disse, con voce possente, queste parole a tutta la vostra assemblea, in mezzo al fuoco, alla nube e all'oscurità. Non aggiunse altro. Le scrisse su due tavole di pietra e me le diede. Quando udiste la voce in mezzo alle tenebre, mentre il monte era tutto in fiamme, i vostri capitribù e i vostri anziani si avvicinarono tutti a me e dissero: Ecco, il Signore, nostro Dio, ci ha mostrato la sua gloria e la sua grandezza, e noi abbiamo udito la sua voce dal fuoco; oggi abbiamo visto che Dio può parlare con l'uomo e l'uomo restare vivo. Ma ora, perché dovremmo morire? Questo grande fuoco infatti ci consumerà. Se continuiamo a udire ancora la voce del Signore, nostro Dio, moriremo. Chi, infatti, tra tutti i mortali ha udito come noi la voce del Dio vivente parlare dal fuoco ed è rimasto vivo? Accostati tu e ascolta tutto ciò che il Signore, nostro Dio, dirà. Tu ci riferirai tutto ciò che il Signore, nostro Dio, ti avrà detto: noi "lo ascolteremo e lo faremo". (Deuteronomio 5,22-27)

In primo luogo salta all'occhio che al versetto 5,27 quella sequenza è proposta al contrario "lo ascolteremo e lo faremo"; del resto questo del Deuteronomio o "seconda legge "è l'ultimo libro della Torah adeguato completamente ai tempi di Esdra e Neemia a fine dell'esilio Babilonese, libro che in pratica parla a una comunità formata in cui la tradizione è ormai già forte e che ha ricevuto e praticato "Ascolta Israele" (Deuteronomio 6,4), mentre l'Esodo racconta i fatti antichi accaduti alla prima comunità che doveva imparare a seguire il Signore.
Israele, per paura di morire incontrandolo chiede che il Signore parli unicamente con Mosè e lo ascolteranno.

C.E.I. 2008 traduce il versetto Deuteronomio 5,24 come "...oggi abbiamo visto che Dio può parlare con l'uomo e l'uomo restare vivo" che è scritto in ebraico:



Allora, se vale quel pensiero, perché avere paura di ascoltarlo direttamente e trasferire tutto tramite Mosè, il discorso è fragile e alquanto illogico.
In pratica il tutto fa trasparire una sfiducia del popolo, un rapporto falso...
ha paura e non timore di Dio, paura che non sia così per lui, allora che Dio parli solo a Mosè.
Narra il libro della Genesi che Giacobbe aveva avuto la stessa paura, ma ebbe anche un sogno premonitore di una scala che saliva fino al cielo da cui scendevano e salivano gli angeli del Signore e Giacobbe chiamò quel luogo Penuel, , "Peni'el", ossia "volto di Dio", "Perché - disse - ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva". (Genesi 32,31).

Del resto anche a Mosè il Signore aveva detto in Esodo 33,20: "nessun uomo può vedermi e restare vivo" e Mosè vide solo le spalle dopo che, passando, il Signore stesso aveva coperto con la propria mano la cavità nella rupe ove l'aveva fatto ricoverare".
Proviamo a leggere quelle lettere in altro modo col mio metodo che è il ritrovamento di "'al-tikrei" totalizzante anche con l'uso grafico delle lettere.
Rabbi Akiva, martirizzato a Tiberiade dai Romani nel 137 d.C., sapiente dell'epoca della "Mishnah", infatti, ritagliava la parola dei testi ebraici proprio in senso fisico con il metodo "'al-tikrei", "leggere in altro modo - non leggere" per dare al testo della Bibbia ebraica non ancora vocalizzato una diversa vocalizzazione o una diversa forma rispetto alla usuale, ma senza alterare l'ordine delle lettere.
L'uso di "'al tikrei" non esclude in ogni caso la lettura originaria del testo, perciò, è un "non leggere il passo solo in modo usuale, ma anche in altro modo".
Tale procedimento permette così una nuova interpretazione, perfino quando le leggi grammaticali e di sintassi proporrebbero lecita la sola lettura tradizionale.
L'uso di questa tecnica trae origine dal versetto: "Dio ha detto questo una volta, ma io ho ascoltato questo due volte." (Salmo 62,12) e si può concludere che le parole della Bibbia ebraica si prestano ad altri significati rispetto al tradizionale" (Dizionari. Usi e Leggende Ebraiche Alan Unterman-Laterza), significati che però rimangono ingessati, quindi, non captabili nelle traduzioni in altre lingue.



La nuova lettura propone un evento futuro:

"Al mondo un giorno ecco in visione tra gli angeli si porterà . Così sarà ! Sarà a parlare Dio venuto () nel mondo all'uomo , per portargli la vita ."

In tal caso però finché non sia venuto quel giorno per tutti, ha senso allora il permanere del timore che vedendo Dio si muore, pur se c'è stata l'eccezione di Mosè.

Il pensiero che parlare con Dio si muore del resto permea l'Antico Testamento come nel caso dell'annuncio ai genitori della nascita di Sansone in Giudici 13,21-23: "Manoach comprese che quello era l'angelo del Signore. Manoach disse alla moglie: Noi moriremo certamente, perché abbiamo visto Dio. Ma sua moglie gli disse: Se il Signore avesse voluto farci morire, non avrebbe accettato dalle nostre mani l'olocausto e l'offerta; non ci avrebbe mostrato tutte queste cose né ci avrebbe fatto udire proprio ora cose come queste."

Del resto un qualcosa del genere trapela dal Salmo 95,7-9 in cui si parla di un "oggi": "È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce. Se ascoltaste oggi la sua voce! Non indurite il cuore come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere."

L'attesa di quel "giorno del Signore" è tema trasversale in tutta la Bibbia (25 volte di cui 8 nel Nuovo Testamento).
In quel giorno dice il Signore nel libro del profeta Isaia: "Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria." (Isaia 66,18)

L'eccezione per cui l'uomo rivedrà Dio e sentirà la Sua voce come Adamo nel paradiso terrestre sarà, infatti, regola solo in quel "giorno"; quindi, ha senso la richiesta del popolo che Mosè faccia da intermediario.

Una lettura del genere ha certamente fatto Ireneo di Lione quando per Deuteronomio 5,24: "In quel giorno vedremo, perché Dio parlerà all'uomo e questi vivrà" come si evince da questo passo estratto da suo trattato "Contro le eresie": «Quelli che vedono Dio parteciperanno alla vita, perché lo splendore di Dio è vivificante. Per questo colui che è inafferrabile, incomprensibile e invisibile si offre alla visione, alla comprensione e al possesso degli uomini, per vivificare coloro che lo comprendono e lo vedono. Infatti, la sua grandezza è imperscrutabile, e la sua bontà inesprimibile; ma attraverso di esse egli si mostra e dà la vita a quelli che lo vedono. È impossibile vivere senza la vita, e la vita consiste essenzialmente nel partecipare a Dio, partecipazione che significa vedere Dio e godere della sua bontà. Gli uomini dunque vedranno Dio e così vivranno: questa visione li renderà immortali e capaci di Dio. Questo è ciò che era stato rivelato in figura dai profeti: Dio può essere visto dagli uomini che portano il suo Spirito e aspettano senza stancarsi la sua venuta. Così dice infatti Mosè nel Deuteronomio: "In quel giorno vedremo, perché Dio parlerà all'uomo e questi vivrà" (Deuteronomio 5,24)... Colui che opera in tutti, quanto alla sua potenza e grandezza, resta invisibile e inesprimibile per tutti gli esseri creati da lui; e tuttavia non è loro completamente sconosciuto, perché tutti arrivano, attraverso il suo Verbo, alla conoscenza dell'unico Dio Padre, che contiene tutte le cose e a tutte dà l'esistenza, come dice anche il Vangelo: Dio nessuno l'ha mai veduto; "il Dio unigenito che è nel seno del Padre, egli lo ha rivelato" (Giovanni 1,18). Fin dal principio dunque il Figlio è il rivelatore del Padre, perché fin dal principio è col Padre: le visioni profetiche, la diversità dei carismi, i suoi ministeri, la glorificazione del Padre, tutto egli, nel tempo opportuno, ha fuso in melodia ben composta e armoniosa per l'utilità degli uomini. Dove, infatti, c'è composizione, c'è armonia; dove c'è armonia, c'è esatta misura di tempo, e dove c'è tempo opportuno, c'è utilità. Per questo il Verbo si è fatto dispensatore della grazia del Padre per l'utilità degli uomini, in vista dei quali ha compiuto tutta l'economia della salvezza, mostrando Dio agli uomini e collocando l'uomo a fianco di Dio; salvaguardando l'invisibilità del Padre perché l'uomo non arrivasse a disprezzare Dio e avesse sempre qualcosa da raggiungere, e nello stesso tempo rendendo Dio visibile agli uomini con l'insieme della sua economia, per impedire che l'uomo, privato totalmente di Dio, cessasse addirittura di esistere. Infatti, la gloria di Dio è l'uomo vivente, e la vita dell'uomo consiste nella visione di Dio: se già la rivelazione di Dio attraverso la creazione dà la vita a tutti gli esseri che vivono sulla terra, quanto più la manifestazione del Padre attraverso il Verbo è causa di vita per coloro che vedono Dio!» (Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4,20,5-7)

In questo brano si trova questa perla: "la gloria di Dio è l'uomo vivente".
Verificando per la gimatria si trova una stretta equivalenza tra questi termini:

  • - Dio = "'Elohim"
    ( = 40) + ( = 10) + ( = 5) + ( = 30) + ( = 1) = 86
  • "Uomo gloria di IH(wh)"
    ( = 5) + ( = 10) + ( = 4) + ( = 2) + ( = 20) + ( = 40) + ( = 4) + ( = 1) = 86
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