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LETTERE EBRAICHE E CODICE BIBBIA...

 
DECRIPTARE LE LETTERE PARLANTI
DELLE SACRE SCRITTURE EBRAICHE

di Alessandro Conti Puorger

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L’IDEA »

PERCHÉ CERCO UN SEGRETO
Questa parola disse Gesù di Nazaret agli Ebrei del suo tempo ed oggi, tramite i Vangeli, è rivolta ai Cristiani (ed ai Cattolici, che dal Concilio Vaticano II sono invitati a considerare le Scritture dell’A.T., sacre come i Vangeli):

"Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene,
sono proprio esse che mi rendono testimonianza." (Gv 5,39)

Il messaggio di Gesù contenuto in quel versetto è preciso; si può incontrare il Messia atteso nei libri che la tradizione, confermata da Gesù, attribuisce scritti da Mosè (cioè nella Torah - Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio - in senso stretto e, per estensione, in tutta la Bibbia ebraica), a condizione di credere in Mosè.

Quel Vangelo, infatti, prosegue:

"Se credeste, infatti, a Mosè, credereste anche a me; perché di me ha scritto"

e continua:

"Ma se non credete ai suoi scritti, come potete credere alle mie parole?" (Gv 5,46s)

cosicché ci s’attende di trovare nella Torah profezie sul Messia, sulla sua missione, sulla resurrezione dei morti, sui tempi a venire e sui segni che compirà chiaramente riferibili a Gesù di Nazaret.

Leggendo quei testi sono poche, però, le pagine relative a quelle profezie di tipo messianico certe e piene che Gesù attesta, tant’è che non tutti quegli ebrei - che pur le leggevano e pensavano di credere a Mosè - credettero in Gesù; ed oggi, pur leggendole, restano della loro idea, oppure hanno individuato altri come Messia.
Spesso, infatti, attraverso quegli scritti l’esegesi cristiana perviene a profezie su Gesù-Messia con esegesi, allegorie, raggruppamenti di testi, con la "reductio ad absurdum" d’interpretazioni giudaiche e l’adattamento di passi biblici che fanno riferire i singoli passi ad eventi dell’economia cristiana stessa, ma in modo velato.

Vari sono poi gli aspetti degli insegnamenti dell’A.T. non in linea con lo spirito del Cristo dei Vangeli - sui cibi puri e impuri, sui sacrifici d’animali, sull’atto di ripudio alla moglie, sulla lapidazione, sulla legge del taglione e dell’occhio per occhio, sui rapporti con i lebbrosi e con i gentili, sull’impurità nel contatto con donne mestruate e cadaveri, sul riposo del sabato interpretato in modo rigido - tanto che Gesù in più occasioni si discostò dai precetti di Mosè, come i Vangeli rilevano, col risultato che alcuni ebrei si scandalizzarono.
L’annuncio del Regno di Dio predicato da Gesù, riportato dai Vangeli, sembra opporsi in alcuni punti alla Legge ed agli insegnamenti rabbinici tradizionali, pur se la Torah per Gesù resta fondamentale.

Eppure, nel Vangelo di Giovanni, ai Giudei che volevano lapidarlo perché s’era dichiarato Figlio di Dio: "Rispose loro Gesù: Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: Voi siete dèi? (Sal 82,6). Ora se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio, e la Scrittura non può essere annullata..." (Gv 10,34s).

Per Gesù, a quali scritti di Mosè è da credere ed a quali no e come si conciliano i distinguo col suo assioma sulla Scrittura che "non può essere annullato"?
Forse non è da fermarsi alle parole; ma allora a cosa si deve guardare?
Lui asserisce (Mt 5,17ss) che non è "venuto per abolire la legge e i profeti ... In verità vi dico: finché non sia passato il cielo e la terra, non passerà neppure uno iota o un segno della legge senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di quei precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli." e quale entità minima della lettura, qui viene citata la singola lettera e non la parola, iota o segno, come a dire che nella Torah sono da guardate (anche) le singole lettere (ciò è conforme all’idea che tuttora sussiste nell’ebraismo, che se viene a mancare anche una sola lettera il rotolo è invalido per l’uso liturgico).

E questo tutto che dice la Legge ed i Profeti dove si legge?
I testi canonici ebraici, soprattutto della Legge, sono parchi di visioni escatologiche, mentre hanno pagine interminabili d’elencazioni, di nomi, numeri e genealogie, assieme a norme e prescrizioni che paiono ora improponibili.
Per contro la cultura ebraica contemporanea a Gesù è ricca di scritti escatologici; e questi da dove originano?
Gesù, però, non cita scritture apocrife, dice di dar credito a Mosè, però spesso lo contraddice, alcune volte stravolge i suoi insegnamenti, ma nel contempo asserisce che non cambia quanto Mosè ha scritto ed incita con lo "scrutate le Scritture ... sono proprio esse che mi rendono testimonianza" (Gv 5,39) a cercare le prove che Lui rispetta ogni iota o segno della Legge e sembra che tale scrutare sia un'esperienza che supera la semplice lettura, ma è un’attività che deve tendere alla ricerca di un secretum che non appare al leggere normale.
Nello scrutare, infatti, è insito il concetto di procedere con un’investigazione particolare che sembrava implicita a quei tempi.
Volendo dar credito a Gesù, che dice di credere agli scritti di Mosè alla lettera (iota/segni), e che quei testi gli danno testimonianza - ma poco sembrano parlarne - dovrebbe concludersi che Mosè dice anche altre cose che si ricavano dallo scrutare proprio le lettere e lì vi dovrebbero essere profezie relative al Messia.
Così anche di quelle pagine poco interessanti, che fanno però parte della Torah, si deve compiere ogni iota o segno ed allora, scrutandole, si potrebbero rivelare importanti. Tra l’altro, proprio per la libertà che offre un’elencazione di nomi e di numeri, chi la scrisse, se voleva farlo, sarebbe stato facilitato a sviluppare un eventuale messaggio di secondo livello senza che ne soffrisse molto il testo esterno.

Dopo la prima intuizione, quel loghion di Gesù, - Voi scrutate le Scritture ... ebbene sono proprio esse che mi rendono testimonianza - che chiede una risposta personale, mi ha guidato nella ricerca alimentata dall’innata curiosità ed ho così cercato il significato fondante antico dei segni della scrittura, incuriosito e gratificato dal gioco enigmistico e questo scrutare m’ha portato a sperimentare che le Scritture veramente riportano l’epopea del Messia.
A risultato di questo ricercare ho pagine e pagine di testi dell'A.T. tradotti in un modo del tutto particolare che classifico nello scrutare, e questo scrutare è necessario, perché gli scritti della Torah sono criptati.

Quegli scritti sostengono di sé d’essere stati prodotti da Mosè nell'area tra Egitto e impero Babilonese (Palestina, Siria, Fenicia, Sinai) alla cerniera delle concezioni delle scritture dove passava, peraltro, la comunicazione tra quei due mondi (sede di invenzione dei messaggi criptati) e dove, tra l’esodo degli ebrei dall’Egitto ed il regno di Salomone (XIII-X sec. a. C.), si produsse un cambiamento del modo di scrivere.
Là, da scritture ideografiche più antiche, evocanti il concetto con immagini (si vedeva un segno, indicava una casa e si diceva casa), si passò a scritture moderne basate su segni che evocano nella mente i suoni della parola usata (si vedono i segni di 4 lettere c a s a che evocano il suono della parola casa, si legge casa e si pensa al concetto d’una casa).

I libri del Pentateuco (con gli altri della Bibbia ebraica) mi si sono rivelati messaggi con due facce come un tappeto, l'esterna della normale lettura, i cui elementi sono le singole parole e l'interna, segreta, solido supporto dell'ordito e della trama teologica, con regole precise in cui l'elemento minimo è l’immagine della singola lettera.
In definitiva per me in quegli scritti c’è la seconda faccia ed ho pianificato ragionamenti, regole e risultati di decriptazione a prova del ritrovamento e sto predisponendo un testo per divulgarlo; ovviamente all'idea sono arrivato per gradi con traduzioni a spot e poi, ad elementi consolidati, ho proceduto a tappeto.

Per la ricerca mi sono affidato solo alla Bibbia canonica ebraica, che sembra descrivere un mito incredibile, ed ho seguito quanto vuole dire secondo la traduzione corrente, anche quando ciò è umanamente incredibile, considerando ciò che dice di sé traccia per la caccia al tesoro nella Scrittura; e così, volendo credere che il pentateuco sia scritto da Mosè (o comunque da una scuola che a lui si riferiva), s’interpreta che la Bibbia in pratica sta dicendo che l’unica scrittura che avrebbe potuto usare quel Mosè, di cui la Torah racconta che fu alla corte dei Faraoni e poi in esilio nella penisola del Sinai nel XIII sec. a.C., era per immagini, come le lettere delle consonanti usate dagli Egiziani, migrate con segni stilizzati nell'area sinaitica.
Ho quindi anche rinvenuto nella Bibbia, (soprattutto nell’Esodo e Genesi) tracce che portano ai geroglifici e ciò mi ha dato l'idea di cercare tra quei segni tracce di forma delle lettere ebraiche e, seguendo l'evolversi nel tempo di quei segni, ho trovato il significato grafico di ciascuna delle 22 lettere tanto che, prova per me, che i pittogrammi ritrovati sono gli originari è che, rinvenuti tutti, la combinazione a 22 numeri del forziere biblico è scattata ed il testo sigillato mi si è aperto.
Ogni versetto tradotto è un ritrovamento che mi dà emozioni analoghe a quelle che penso può provare un archeologo all'apertura di stanze intatte da millenni.

Per la tesi della lettura per pittogrammi delle lettere delle Sacre Scritture, sono a favore i seguenti elementi:

  • il testo dell'A.T. ebraico e le relative lettere sono restati congelati nella forma attuale prima dell’ignoranza dei geroglifici (perdurata dal IV a fine XIX sec. d.C.);
  • le lettere sono soltanto consonanti, come in egiziano;
  • nei testi antichi non c'erano i segni delle vocali;
  • le parole non erano separate tra loro;
  • le lettere erano spaziate tutte egualmente tra loro;
  • non c’erano forme particolari per indicare lettere di fine parola;
  • non vi era indicazione di versetti.
Sulla base di tali fatti, nei tentativi di tradurre sono emerse naturali regole da rispettare per ottenere la traduzione corretta, di cui la prima, basilare, comporta d’attribuire al Messia o ha fatti dell’economia della salvezza quanto si legge, come dice Gesù "sono proprio esse che mi rendono testimonianza", altrimenti cambiando soggetto si può far dire ciò che si vuole, perché i segni di per sé sono scene asettiche che si animano in favore del soggetto che riguardano.
Così io trovo che i libri del pentateuco, indipendentemente da quando furono scritti (vale a dire se parti ai tempi di Mosè od elaborati o rielaborati più tardi), furono prodotti sigillati, cioè criptati (con regole, note ai Leviti e questi fecero scuola ai successivi profeti), cosicché tutti i libri del canone ebraico della Bibbia hanno tale proprietà.

Molte sono le profezie evocate da Gesù, indicate come note nei riguardi del Figlio dell'Uomo o del Cristo - il tradimento, le sofferenze, la morte per mano dei potenti, la sepoltura e la risurrezione dopo tre giorni - che nei testi esterni dell’A.T. non si trovano con la chiarezza che Lui propone, ma che poi trovo ricche nel testo sommerso fonte, ispiratore, ritengo, anche di tante scritture apocrife.
Tracce di queste profezie sono proprio nel testo ebraico dei versetti dell'A.T., che i Vangeli citano alcune volte con ridondanza e che letti, attingendoli dal testo canonico ebraico, le mostrano con la lettura segreta o rimandano ad altri versetti in cui si trovano, e i testi nascosti sono allineati alla teologia accettabile per ebrei e cristiani all’epoca di Gesù Cristo. Infatti i primi credenti in Cristo erano ebrei che avevano creduto all’attuarsi in Gesù di Nazaret delle profezie sul Messia e non esistevano ancora le due religioni.

Pur con una sì grande idea ed il lavoro già fatto attorno a questa, il senso critico m’imponeva il silenzio, non avendo ancora adeguata dimostrazione della tesi.

M’imbattei allora a leggere che il testo d’una faccia nascosta della Bibbia è nella tradizione ebraica e fu oggetto di ricerca, in quanto circola tra gli Ebrei l’idea che Mosè ricevette una rivelazione, non leggibile nel testo esterno delle Scritture, tramandata poi ad un’élite. Poteva, così, anche essere che alcuni farisei fossero capaci di leggere un testo segreto; ciò era un’apertura a favore dell’idea che la Torah avesse in sé la proprietà non palese alla semplice lettura in quanto, collaterale alla tradizione orale, vi poteva anche essere una lettura segreta insegnata da Mosè.
Questa lettura profetica, compresa da farisei del più alto livello della loro società segreta, da scribi e rabbini più dotti, poteva essere nota ai cultori della parola di quei tempi, agli esseni di Qumran e, in campo cristiano, oltre che a Gesù, a Giovanni Battista, ad alcuni discepoli iniziati, tra cui Giovanni evangelista, a S. Paolo (allievo di Gamaliele, nipote di Hillel il Vecchio, che esercitò il suo ministero tra il 30 ed il 50 d.C.), agli evangelisti Matteo e Marco (detto Giovanni - At 12.12 proveniente dalla circoncisione - Col 4,10), non fu più applicata dopo la diaspora del 70 d.C.. I giudei cristiani, che ne avevano conoscenza, per l’enorme afflusso dei pagani, furono esautorati, essendo inutile introdurre tale esegesi troppo raffinata.

Trovai pure che Nachmanide Moses, mistico spagnolo ebreo (1194-1270 d.C.), commentatore biblico, disse: "Noi possediamo una tradizione autentica secondo cui la Torah è formata dai Nomi di Dio. Le parole che vi leggiamo possono essere infatti anche suddivise in modo completamente diverso, componendo Nomi... L'affermazione per cui la Torah fu scritta in origine con fuoco nero su fuoco bianco, ci conferma nell'opinione che la sua stesura avvenne con tratto continuo e senza suddivisioni in parole, cosa che permise di leggerla sia come una sequenza di Nomi, sia, nel modo tradizionale, come un resoconto storico ed un insieme di comandamenti divini. Ma Egli la ricevette anche, nello stesso tempo, sotto forma di trasmissione orale, come lettura di una sequenza di Nomi.", ammettendo così che la Torah orale ricevuta da Mosè è anche un testo interno alla Torah scritta e ciò, fu oggetto di ricerca della Cabbalah, (Vd. G. Scoolem, "Il nome di Dio e la teoria cabbalistica del linguaggio") che non ha trovato messaggi, ma solo spunti mistici.

Rendendomi conto di negative reazioni all’idea di avvicinare testi sacri ad approcci che non operano nei limiti dell'usuale razionalità, mi proposi d'operare con la massima obiettività, evitando vie esoteriche.

Che l’originale ebraico delle Sacre Scritture abbia peculiarità intraducibili nelle altre lingue, propongo il midrash tratto da Megillah 9, in cui si parla di come la Bibbia fu fatta tradurre in greco da Tolomeo II (Filadelfo - 308/247 a.C. "La lettera di Aristea" 150-100 a.C. in greco racconta come nel III sec. a C. fu tradotta la Bibbia in greco). Racconta che ai 72 traduttori mandati da Gerusalemme "il Santissimo - sia gloria a lui - diede nel loro cuore un medesimo pensiero acciocché tutti concordassero in un identico progetto di versione ... Dopo 72 giorni le traduzioni ... tutte concordavano tra loro in modo sorprendente, parola per parola, insieme con tutte le omissioni e le aggiunte; così sorse la traduzione dei 72, insomma dei 70, detta Septuaginta." da cui si deduce che quel re credeva d’avere la Bibbia degli ebrei in greco, invece aveva solo un progetto di versione con omissioni ed aggiunte, confermando l'idea dei mistici dell'ebraismo e dei rabbini, i quali affermano che il testo in ebraico è importante e, senza i segni originali, si perde un peculiare aspetto e si ha solo un’impronta dell’originale.

Il Talmud 'Eruvin 13b dice: "La Torah ha settanta volti; queste e quelle sono le parole del Dio vivente"; perciò la Torah per gli ebrei non è un testo fisso, ma è lasciata libera la possibilità di più interpretazioni e la mia è una delle letture possibili, in stretta corrispondenza biunivoca col testo è con regole sempre rispettate.

"Una tecnica esegetica usata dai rabbini nel Talmud (tradizione orale del I sec. a.C. - I sec. d.C.) per dare al testo non vocalizzato della Bibbia una diversa vocalizzazione o una diversa forma ortografica rispetto alla forma usuale è 'al tikrei' non leggere. L’uso dell’'al tikrei' non esclude in ogni caso la lettura originaria del testo e, perciò, si può più correttamente definire come 'non leggere questo passo solo in modo usuale, ma anche in altro modo'. Questo procedimento permette così una nuova interpretazione, perfino quando le leggi della grammatica e della sintassi rendono necessaria la sola lettura tradizionale. L’uso di questa tecnica trae origine dal versetto: 'Dio ha detto questo una volta, ma io ho ascoltato questo due volte.' (j 62,12) e cioè che le parole della Bibbia si prestano a significati diversi di quello tradizionale." (Diz. Usi e leggende Ebraiche Alan Unterman-Laterza).

Il metodo che uso è l’al tikrei a tappeto, in cui ogni lettera può anche leggersi a se stante, in base al disegno che effettivamente reca e che ritengo d’aver individuato con una stretta rosa di significati.
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