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IL CUORE DELL'UOMO
di Alessandro Conti Puorger

UN ANIMALE RAGIONEVOLE
L'unica specie vivente del nostro genere, quella dell'"Homo" - dal latino "humus" "terra" - quindi terrestre, è l'"Homo Sapiens" e tale specie per la scienza la considera appartenente al regno animale.
Ciascun di questo genere, peraltro, è una persona specifica e irripetibile, ossia un essere indivisibile.
Per questo motivo è definito individuo, cioè in-dividuo ove "in" è privativo e "dividuus" ha valore di "diviso", vale a dire, non-diviso; insomma, ognuno è come un atomo - "àtomos" - corrispondente a indivisibile, unione di - a - alfa privativo + - "témnein" - tagliare, vale a dire non tagliabile.

Per la filosofia, però, l'uomo è animale razionale; in greco da Aristotele fu definito uno "zòon logihikòn".
È animale, in quanto, animato, dotato di anima, ossia di respiro, di bisogni, capace di sentire di captare in qualche modo le realtà esterne e farsene delle immagini con rudimenti istintivi atti a fargli superare le necessità primarie.
Sotto tale aspetto, poi, è considerato il "top", il grado più altro del genere animale per le capacità che gli sono precipue e che lo portano a dominare ogni altro essere della terra.
È però anche razionale, in quanto, connette le immagini e i pensieri in catene di cause ed effetti e arriva a conclusioni tramite ragionamenti, quindi, razionalizza la realtà che lo circonda ai propri usi e consumi, sia nel campo fisico, sia negli altri, quali l'intellettuale e lo spirituale.

La definizione aristotelica dell'uomo quale "animale ragionevole", insomma, è ancora accettabile.
"Animale ragionevole" vuol dire che l'uomo, come tutti gli altri animali appartiene al genere animale, ossia è un vivente dotato di vita sensitiva, ma è animato da un'anima razionale, ossia intellettuale.

San Tommaso, alla luce delle Sacre Scritture giudeo-cristiane, conclude che l'uomo ha anche un'anima spirituale ed immortale.
Rispetto agli altri animali, quindi, oltre ad un'anima sensitiva l'"Homo Sapiens" ha un'anima razionale che cerca di evadere dal solo campo fisico, ma si proietta in altri campi, onde, si conclude, anche che ogni uomo è un'unità inscindibile di corpo, anima e spirito.

La sensibilità dell'uomo è conosciuta dai suoi simili che l'hanno provata in se stessi e a cui sono noti i comportamenti che manifestano l'"animus" interiore quali pianto, risa, grida, movimenti di stizza, rossore del viso, causati, in genere, da muscoli che si muovono in modo involontario senza che il soggetto riesca a camuffarli, perché sfuggono del tutto dal controllo personale anche nelle persone più attente.
Sono involontari, infatti, i muscoli dell'apparato digerente, dei vasi sanguigni, dei bronchi, dell'utero, della vescica, come infine il muscolo cardiaco, attivati tutti da mediatori chimici liberati all'estremità delle fibre nervose motrici del sistema nervoso simpatico o parasimpatico.

Ciascuno sa che sentimenti forti e improvvisi provocano palpitazioni alcune volte con reazioni incontrollabili come tremori, sudorazione, respiro accelerato e vertigini con crampi allo stomaco.
È come se dentro di noi vi fosse una molla che ha un comando indipendente che apre una scatola dove sono tenuti i sentimenti che cerchiamo di razionalizzare, ma che in alcuni tempi affiorano prepotenti e indomabili.
L'uomo quindi presenta una fragilità ed è come se non si conoscesse completamente.
In definitiva è come se in lui abitasse anche un altro essere che in certi momenti appare e cerca di prendere le redini.
L'uomo completo perciò non è solo la persona, ossia la maschera con cui si presenta, ma è di più.
Ne consegue che per conoscere bene un uomo va tenuto conto anche dei suoi comportamenti in condizioni limiti, quando possono apparire gli aspetti incontrollabili.

Su tali fatti, peraltro, si basa il funzionamento della "macchina della verità", strumento che misura e registra diverse caratteristiche fisiologiche di un individuo come pressione sanguigna, battiti del polso, respirazione... sul soggetto sotto interrogatorio e tenta, pare riuscendoci, ad accertare quando il soggetto sotto esame risponde mentendo.
È, quindi, comprensibile come nell'antichità, sede dei sentimenti e del subconscio era in genere ritenuta essere il cuore.
Questo, appunto, è il primo organo interno che con i battiti accelerati, improvvise aritmie e con brusche variazioni della pressione del sangue è causa di improvvisi pallori e rossori della pelle del viso e segnala le sensazioni forti ancor prima che possano essere razionalizzate dall'io.

IL CUORE PER GLI EGIZI
Ecco che per le principali culture antiche - mesopotamica ed egizia - la sede delle emozioni e dell'intelletto era ritenuta non essere il cervello, ma il cuore, mentre la sede della vita era ritenuta essere nel sangue tanto che l'organo centrale della circolazione era considerato il fegato che ne provoca la formazione.
Pur tuttavia è detto nel papiro di Ebers (1550 a.C.) che "il cuore parla ai vasi di ogni membro", vale a dire era riconosciuto essere anche l'organo che pompa sangue a tutto il corpo e sapevano misurare il battito cardiaco dal polso.

È però opportuno comprendere il pensiero egizio sulle componenti spirituali dell'uomo che riassumo qui di seguito:

- L'"Ah" o aurea divina, tutta e solo spirituale, che tornava alla divinità alla morte dell'individuo ed era rappresentata da un "ibis".


- Il "Ba" era la parte spirituale, riconducibile all'idea di anima della persona; questa usciva dal corpo del defunto e vi ritornava a mummificazione avvenuta. Era destinata a compiere il viaggio nell'aldilà e riceveva il premio o la punizione.


Era rappresentato da uno "jabiru", la grande cicogna africana, o da un uccello con testa umana preceduto da una lampada accesa che si sarebbe poi aggiunta al complesso delle stelle e, infine, per i più "spirituali", da un ariete.

- Il "Ka", invece, esprimeva "l'essere, la persona, l'individualità", la forza vitale di ciascun individuo, destinata a restare col corpo e a custodirlo nella tomba.
Per avere la vita dopo la morte il "Ka" aveva bisogno del corpo e per poterlo conservare gli egizi ricorrevano alla tecnica della mummificazione.


È rappresentato da due mani aperte.
Il simbolo del "Ka" con quelle due mani aperte, come in preghiera, fa trapelare l'idea che nell'uomo c'è la tensione insita a desiderare e a cercare il cielo.
Pare che il "Ka", infatti, rappresentasse la proiezione ideale pensata dagli dei per quel vivente, a cui deve tendere nella propria vita.

- "Ib", il cuore, era la sede della coscienza che seguiva l'uomo nell'aldilà e sede anche della memoria del comportamento del bene e del male compiuto in vita, Il simbolo del cuore è un vaso e come vedremo per gli egizi aveva una parte importante nel giudizio che doveva subire il defunto.

Dopo morto, il "Ba" usciva dalle narici e con forma di uccello con testa umana, volando, si allontanava sulle montagne della necropoli e restava in attesa di congiungersi alle altre parti del corpo dopo il giudizio.
Anche la "Shut", l'ombra, separata dal corpo, restava in attesa e s'aggirava di notte, arrecando terrore e danno, mentre l'"Ib", il cuore, doveva raggiungere il tribunale per essere giudicato.

L'uomo dell'antico Egitto, infatti, dopo la morte doveva affrontare con successo un giudizio per poter poi raggiungere i campi dei Giunchi o delle Canne, detti i campi Iaru, collocati nel cielo, a oriente appena sopra l'orizzonte terrestre, vicini alla porta da cui il sole saliva in cielo e iniziava il suo viaggio da oriente a occidente.
Il giudizio consisteva nella pesatura del cuore o "psicostasia" descritta in una specie di guida del mondo dell'aldilà - il Libro dei Morti-, libro che veniva posto nelle tombe di personaggi importanti anche per suggerire al defunto le parole adatte da dire al giudici del tribunale di Osiride.

Nella propria vita sulla terra se l'uomo aveva percorso cammini per ricercare giustizia e verità e aveva rifuggito da ciò che provoca danno al prossimo, alle divinità e all'autorità terrena del faraone conservando il cuore non appesantito, ma leggero come una piuma della dea Maat, la dea della giustizia, della verità e dell'ordine universale che, appunto, nei geroglifici è rappresentata da una piuma di struzzo, superava positivamente il giudizio.
Tale dea idealizza l'ordine che s'oppone al caos col roteare ordinato delle stelle, delle stagioni, delle piene del Nilo e all'osservanza dei suoi principi era attribuito l'ordine millenario e giusto dell'Egitto, collaudato dalla saggezza del tempo e delle tradizioni.
I suoi principi - regola di Maat - dovevano essere presenti nel cuore degli uomini e in teoria dovevano essere il riferimento morale di tutti, dal faraone all'ultimo dei servi, tanto più se delegati a funzioni di comando, di responsabilità e di giustizia.

La più famosa rappresentazione di "psicostasia" è nella tomba del nobile Hennefer, sovrintendente del bestiame dei possedimenti di Sethy I, ma se ne trovano molte altre, anche nei libri dei Morti che i faraoni e i potenti d'Egitto si facevano scrivere e disegnare su papiri da portare nelle proprie tombe.
L'episodio in tali immagini di solito è "narrato" come in un film, ma tutto in una stessa unica immagine.


La psicostasia "tomba di Hennefer" sopra e nel libro dei morti Museo di Torino sotto


In alto, nella psicostasia di Hennefer il defunto implora 14 giudici, 7 dei quali recano l'Ankh, il segno della vita, mentre in quella del Libro dei Morti di Torino i giudici sono 42 a cui il defunto doveva confessare la propria adesione ai 42 consigli di Maat, ma pare che avessero concluso bastasse essere innocente di almeno sette di quei quarantadue peccati per scongiurare la fine infausta.
Il defunto si discolpava con una confessione detta "negativa" basata sulla negazione d'aver commesso ingiustizie o atti malvagi.

I 42 precetti sono estratti dal Capitolo CXXV del Libro dei Morti nel papiro di Ani della XVIII dinastia dell'Antico Egitto il più conosciuto del Libro dei Morti; si trova nel British Museum.
Delle varie traduzioni di quei precetti riporto quella che mi sembra più' verosimile.

Non ho detto il falso; Non ho commesso razzie; Non ho rubato; Non ho ucciso uomini; Non ho commesso slealtà; Non ho sottratto le offerte al dio; Non ho detto bugie; Non ho sottratto cibo; Non ho disonorato la mia reputazione; Non ho commesso trasgressioni; Non ho ucciso tori sacri; Non ho commesso spergiuro; Non ho rubato il pane; Non ho origliato; Non ho parlato male di altri; Non ho litigato se non per cose giuste; Non ho commesso atti omosessuali; Non ho avuto comportamenti riprovevoli; Non ho spaventato nessuno; Non ho ceduto all'ira; Non sono stato sordo alle parole di verità; Non ho arrecato disturbo; Non ho compiuto inganni; Non ho avuto una condotta cattiva; Non mi sono accoppiato (con un ragazzo); Non sono stato negligente; Non sono stato litigioso; Non sono stato esageratamente attivo; Non sono stato impaziente; Non ho commesso affronti contro l'immagine di un dio; Non ho mancato alla mia parola; Non ho commesso cose malvagie; Non ho avuto visioni di demoni; Non ho congiurato contro il re; Non ho proceduto a stento nell'acqua; Non ho alzato la voce; Non ho ingiuriato dio; Non ho avuto dei privilegi a mio vantaggio; Non sono ricco se non grazie a ciò che mi appartiene; Non ho bestemmiato il nome del dio della città.

Occorre ora aprire una parentesi.
Per gli egizi il dio-sole del mattino è detto "Khepri", "Colui che viene al mondo", in quanto in egizio "kheper" significa nascere o divenire.
È questo segno del dio creatore e ordinatore Atum che dona la vita.
Era rappresentato dal simbolo dello scarabeo sacro, animale coprofago - "Scarabaeus sacer aegyptiorum" - che, appunto, si chiamava "kheperr".


Questo animale secondo il pensiero egizio opera nel mondo, in modo allegoricamente simile a quanto in grande fa il sole, perché da cose immonde come lo sterco trae la vita dei suoi figli, come fa il sole con il faraone che è nella carne che si putrefà l'Horo vivente, incarnazione del figlio di Osiride, onde lo scarabeo era considerato come segno del cuore magico del creatore, centro della forza divina.
Il cuore dell'uomo, che aspira al cielo e al mondo degli dei, centro della sua spiritualità, nella mummificazione non era conservato con gli altri organi interni nei vasi detti "canopi", ma era lasciato nel corpo mummificato.

Dalla XVIII dinastia apparve un amuleto, detto "lo scarabeo del cuore", che veniva posto sul petto della mummia perché donasse al morto il potere di proteggerlo dai pericoli del cammino notturno nel mondo dei morti verso i Campi di Iaru e soprattutto lo aiutasse nel momento del giudizio.


Scarabeo del cuore

La formula, recitata dai sacerdoti durante il rito funebre, bloccava il cuore che non poteva manifestare ostilità e gli impediva di testimoniare contro il defunto al cospetto di Osiride e delle 42 divinità nella "Sala delle due verità" durante la psicostasia.
Ecco che nella parte inferiore dell'amuleto posto sulla mummia, era inciso in geroglifici il testo detto "Formula dello scarabeo del cuore" simile alla seguente:
"O mio cuore... non sorgere contro di me come testimonio, non creare opposizione contro di me nel tribunale, non essere contro di me al cospetto degli dei..."

Proseguendo con la descrizione delle psicostasie, il morto era condotto per mano da Anubi, dio dell'imbalsamazione, verso una bilancia.
Su un piatto è posto il cuore del defunto, il cui geroglifico è simile a un vaso e sull'altro c'è una "piuma", simbolo della verità e giustizia della dea Maat.

Il dio Thoth, rappresentato sotto forma di un uomo con la testa di un ibis, dio della scrittura, della parola e del pensiero, scriba sacro del regno terreno di Osiride, patrono degli scribi, dio del computo cronologico e guardiano del calendario, ne registra il risultato. Se il cuore, era appesantito da colpe gravi la bilancia lo avrebbe dimostrato ed in tal caso la sorte era quella di essere divorato dalla dea Ammit.


Immagine della dea Ammit


Era questa Ammit un demone mostruoso, con testa di coccodrillo, corpo di giaguaro e parte posteriore di ippopotamo, preposta alla distruzione totale dello spirito del morto condannato ad essere annullato per l'eternità nel "duat" o regno degli inferi.

IL SIGNORE PESA I CUORI
Nella traduzione in italiano della Bibbia della C.E.I. del 1975 i termini "cuor, cuore, cuori" si trovano per 954 volte, di cui 815 volte nell'Antico Testamento e soltanto 139 nel Nuovo di cui 55 nei Vangeli.
Tale sproporzione dimostra che nella terminologia ebraica che si deduce dai libri dell'Antico Testamento con "cuore" era indicata una realtà variegata e complessa, mentre in greco o in latino quelle realtà furono evidentemente tradotte con termini diversi.
La parola cuore viene dal latino "cor","cordis", derivata forse dal sanscrito "hrd","hrdaya" o da una radice indoeuropea "skar" o "skard", col significato di balzare, onde il dorico "kradía" che equivale al greco "kardía".
Il principale vocabolo che in greco, appunto, è più usato per cuore è "kardia", ma sono anche usati altri termini come "dianoia","splanknon" e "psuche'".

Le Sacre Scritture ebraiche comprese nei 24 libri detti della Tenak, infatti, sono state accolte integralmente dalla Bibbia cristiana, ma nella versione in greco dei 70 e in latino della Vulgata e successive.
Nelle Sacre Scritture Ebraiche o Tenak il vocabolo per cuore "lev" o "leb" ricorre 598 volte e nella forma "levav" o "lebab" 252 volte; in aramaico in Daniele si rinviene 1 sola volta come "lev" e 7 volte come "levàv" onde quanto si traduce "cuore" lo si incontra complessivamente 858 volte.
Di queste 26 volte si parla del "cuore" di Dio.
Si tratta comunque di concetto usato quasi esclusivamente per l'uomo e soltanto 5 volte si presenta con riferimento all'animale, ma quattro volte in paragone col cuore umano, precisamente in:
  • 2Samuele 17,10 - "Allora il più valoroso, anche se avesse un cuore di leone, si avvilirà, perché tutto Israele sa che tuo padre è un prode e che i suoi uomini sono valorosi."
  • Osea 7,11 - "Èfraim è come un'ingenua colomba, priva d'intelligenza" e per "privo di intelligenza" scrive "'ein leb" , ossia "senza cuore", per dire senza cervello.
  • Daniele 4,13 - parlando di Nabucodonosor: "Si muti il suo cuore e invece di un cuore umano gli sia dato un cuore di bestia..."
  • Daniele 5,21 - ancora su Nabucodonosor: "Fu cacciato dal consorzio umano e il suo cuore divenne simile a quello delle bestie..."
Ora, per le Scritture il cuore, raramente è il muscolo cardiaco, ossia l'organo fisico motore della circolazione del sangue, ma è la sede degli affetti e dei sentimenti, sia di tutto ciò che è caratteristico dell'uomo, intelletto, volontà, di tutte le facoltà mentali - ragione, intuizione, consapevolezza, ricordo, sapere, riflessione, giudizio, orientamento - e spirituali.
Il cuore, insomma, riguarda tutto l'uomo interiore in contrapposizione alla carne, la parte esteriore e tangibile dell'uomo.
In ebraico cuore e "leb" o "lev" e "lebab" o "levav" .

Avendo l'opinione che le parole ebraiche, per la proprietà d'icona delle singole lettere, si possono anche leggere come un rebus formato da tante immagini quante sono le lettere della stessa parola, la prima domanda che mi viene spontanea è: quale è l'immagine che richiamano le due lettere ?
Si è osservato che la caratteristica del cuore è che quando si è emozionati si fa sentire dentro di noi e lo sentiamo battere più forte e più veloce.
Orbene, egli, il cuore "guizza dentro " e se "guizza dentro casa " o "guizza nell'intimo ".

C'è poi un sinonimo di cuore, "qereb" , termine che per gli animali è sinonimo d'interiora, spesso è tradotto come "in mezzo", "fra", "parte verso l'interno del corpo umano", quindi, come cuore, sede del pensiero e di emozioni.

Tenendo conto di ciò, il testo in italiano versetto 1 del Salmo 82 che recita: "Dio presiede l'assemblea divina, giudica in mezzo agli dei", ove per quel "in mezzo" è in ebraico è usato , si potrebbe invece tradurre "Dio presiede l'assemblea divina, giudica il cuore degli esseri divini".

Tale Salmo è molto importante ed è stato richiamato da Gesù nel Vangelo di Giovanni per il versetto "Io ho detto voi siete dei" (Salmo 82,6) confermando che gli uomini potenzialmente fanno parte di "'Elohim" ossia degli esseri divini.
Di tale breve Salmo in Appendice riporto la decriptazione secondo i criteri di "Parlano le lettere".

Quell'idea di Dio che giudica gli "dei" pare un chiaro riferimento al pensiero egizio del giudizio di Osiride, ma in chiave monoteistica.
Per contro c'è l'evidente riferimento alla paternità di Dio.
Implicito, quindi, nel pensiero giudaico cristiano, d'altronde, c'è l'idea dell'influenza del proprio operare nelle sorti finali dell'uomo, come sinteticamente chiarisce il profeta Daniele quando scrive: "Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre." (Daniele 12,2s)

Altre due chiare conferme di questo tema, ma molto più esplicite sul pesare i cuori, si trovano nel libro dei Proverbi:
  • Proverbi 21,1-2 - "Il cuore del re è un corso d'acqua in mano al Signore: lo dirige dovunque egli vuole. Agli occhi dell'uomo ogni sua via sembra diritta, ma chi scruta i cuori è il Signore" e l'edizione C.E.I. del 1975 quel "ma chi scruta i cuori è il Signore" traduce "chi pesa i cuori è il Signore".
  • Proverbi 24,12s - "Se tu dicessi: Io non lo sapevo, credi che non l'intenda colui che pesa i cuori? Colui che veglia sulla tua vita lo sa; egli renderà a ciascuno secondo le sue opere. Colui che veglia sulla tua vita lo sa; egli renderà a ciascuno secondo le sue opere."
Del resto anche il profeta Geremia esprime analogo concetto: "Più fallace di ogni altra cosa è il cuore e difficilmente guaribile; chi lo può conoscere? Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori, per rendere a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni." (Geremia 17,9s)

A questo punto pare possibile cercare di fare un parallelo tra le parti costitutive dell'uomo secondo il "midrash" della creazione di Genesi 2,7 e quelle dell'uomo egizio secondo quanto descritto nel precedente paragrafo.

Per l'Adamo biblico, oltre al corpo ricavato dalla polvere della terra e alla sua ombra sono essenziali:
  • l'anima vitale "noefoesh";
  • il soffio di Dio nelle sue narici "nishmat" dello spirito di Dio "ruach".
Lo spirito di Dio nel parallelo con le anime dell'uomo egizio è l'"Ah" rappresentato dall'ibis, che se ne va dal corpo appena l'uomo muore, ma secondo la Bibbia cristiana si deduce che ciò accade non solo quando muore fisicamente, ma anche col peccato grave e il suo simbolo del pari è un uccello, la colomba.
Nell'uomo Dio riversò la sua caratteristica, quella che definisco rettitudine.

Usando quella proprietà delle lettere ebraiche, che accennavo, come mini geroglifici, cioè d'icone che portano anche graficamente predicati delle parole leggibili come rebus di più lettere, la lettera ebraica che caratterizza la rettitudine è la "Kaf" , numerale 20, la cui forma ricorda le due mani aperte, lettera che in egiziano era una tazza, e così pare anche se girata, insomma, una coppa, liscia fuori ed internamente, è un vaso, la cavità di una mano, la cavità di un trono e ci parla di pulizia, di lindore, di rettitudine, è la Sua essenza è l'essere retto.


(Vedi: "Parlano le lettere")

Questa attitudine divina della rettitudine, come un ospite delicato, fugge a causa del peccato; dice, infatti, il libro del profeta Isaia: "Ma le vostre iniquità hanno scavato un abisso fra voi e il vostro; i vostri peccati gli hanno fatto nascondere il suo volto così che non vi ascolta." (Isaia 59,2)
"Meditano iniquità, attuano le loro trame: un baratro è l'uomo e il suo cuore un abisso" (Salmo 64,7), mentre lo stesso Salmo più avanti, al versetto 11, dice "...i retti di cuore ne trarranno gloria." Dio
Retto è "isher" e la rettitudine "è la luce del corpo " quella che brilla anche nelle tenebre e fa si che i retti saranno come stelle, altro pensiero egizio, come, abbiamo visto.

Si trova in:
  • Daniele 12,3 - "...coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre";
  • Giobbe 18,5 - "certamente la luce del malvagio si spegnerà e più non brillerà la fiamma del suo focolare";
  • Siracide 32,16 - "Quanti temono il Signore troveranno la giustizia, le loro virtù brilleranno come luci".
La "nishmat" che tende a Dio in un certo senso è come il "Ka" e il "noefoesh", che oscilla tra l'animalità e la vita eterna, può essere assimilato al "Ba".
La sede di tutto ciò pare essere "nel mezzo" "qereb" del corpo dell'uomo, il "leb" o "lev" o "lebab" o "levav", quello che gli egizi, abbiamo visto, definiscono l'"Ib".

L'uomo fu creato libero e il suo cuore fa da contenitore dei suoi sentimenti che possono essere secondo Dio o no.
Il racconto della creazione nel libro della Genesi al capitolo 3, quello detto della "caduta", precisa però che quel processo creativo trovò una sosta.
Proprio per creare l'uomo libero occorreva che la nuova creatura potesse scegliere.
Dio però è uno solo - è l'unico Essere - o accettarlo o non esistere!
Perché fosse libero Dio dovette presentargli la possibilità di una scelta, "il non essere", ossia il Suo opposto, quello che Lui ha scelto di non essere.

Secondo quel racconto la prima coppia, risulta che, in effetti, scelse il "non essere", onde gli fu preclusa la vita eterna.
Segnale di ciò è sintomatico quel "polvere tu sei e in polvere ritornerai" (Genesi 3,19) che Dio disse ad Adamo.
Ci fu però, nonostante tutto, anche una profezia con la speranza di salvezza, quando Dio disse al serpente: "Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno." (Genesi 3,15)

Chi è questa Donna?
Eva o un'altra da cui verrà la stirpe santa?
Il problema, infatti, è legato a quel "peccato" nel senso che, dopo ci sono state due stirpi una buona e una cattiva o il testo intendeva dire che un bel giorno ci saranno due stirpi, di cui una, la buona, era da venire?

La dottrina cattolica propone che ci fu una sola stirpe, in quanto tutti i nati sono soggetti al peccato d'origine.
Questo "peccato d'origine o originale" invero si estese a tutti gli uomini e rese tutti gli uomini comunque mortali.
La domanda che viene spontanea: per il racconto, essendo Adamo l'unica coppia umana, da lei potevano nascere un figlio buono e uno cattivo?
Il fatto dei primi due figli Caino e Abele, rappresentino il cattivo e il buono, potrebbe far cadere in errore, ma il vero significato del nome in ebraico Abele "Haboel" è "colui che svanisce".
Quanto invero ci annuncia quel racconto è: il buono e il bene sono uccisi dal male e proprio per quel nome "colui che svanisce" prefigura che a causa del male qualsiasi "bene" dell'uomo si perde.
In definitiva Abele è figura di chi doveva venire, e anche questi, parlo di Gesù Cristo, come ben sappiamo, verrà ucciso a causa dei peccati degli uomini.

Del resto poi così inizia il capitolo 5 dello stesso libro della Genesi: "Questo è il libro della discendenza di Adamo. Nel giorno in cui Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e diede loro il nome di uomo nel giorno in cui furono creati. Adamo aveva centotrenta anni quando generò un figlio a sua immagine, secondo la sua somiglianza, e lo chiamò Set." (Genesi 5,1-3)

Il testo pare proprio voler sottolineare che mentre Adamo era a immagine e somiglianza di Dio il figlio Set, ormai, stante il peccato, in effetti era a somiglianza solo di Adamo nella nuova condizione in cui si era messo.
L'esempio dei genitori ha, infatti, grande influenza sui figli e il nascere in un ambiente tarato nel senso morale comporta frutti cattivi o comunque facilmente corrompibili.
Non ci si può attendere una discendenza random di buoni e di cattivi.
Secondo la Bibbia gli uomini successivi alla prima coppia sono nati tutti da quella, quindi, tutti comunque sono nati dai cacciati dal Paradiso, tarati, perché hanno scelto il non essere.

Del resto, al riguardo, non è da dimenticare che se la coppia dei progenitori era nel peccato e che: "Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero, infatti, si riconosce dal suo frutto". (Luca 6,43s)

Si trova poi in un Salmo questo pensiero: "Sono traviati i malvagi fin dal seno materno, sono pervertiti dalla nascita i mentitori". (Salmo 58,4)

È vero che quel Salmo si rivolge ai giudici iniqui, ma il versetto successivo recita: "Sono velenosi come un serpente, come una vipera sorda che si tura le orecchie..." (Salmo 58,5)

Razza di vipere, poi, è epiteto ripetuto nei Vangeli Matteo 3,7; 12,34; 23,33; Luca 3,7 che accomuna la generalità senza distinzione dei non ancora chiamati dal Signore.

Allora, da dopo gli eventi narrati da Genesi 3 fino al momento della venuta di una stirpe speciale, unica di fatto è stata la stirpe, la stirpe del serpente, una stirpe di vipere.
Ciò, appunto, fino alla venuta del Messia, il Salvatore, che nasce senza alcuna comunione col peccato, da madre anch'essa immacolata; questa è la fede della Chiesa Cattolica.

Risulta però che Dio, nel cammino che stava preparando per la salvezza dell'uomo, volta per volta ha scelto alcuni investendoli in modo speciale col suo Santo Spirito giustificandoli, cioè rendendoli giusti, come nel caso di Noè (Genesi 6,9 e 7,1) al fine di preparare la redenzione per tutti.

Nell'Antico Testamento di fronte alla giustizia di Dio nessuno è giusto, quindi il "giusto" va considerato per confronto in relazione al diverso grado delle colpe, cosicché un uomo può essere più giusto, perché meno carico di colpe di un altro.
In quei libri del resto Noè è l'unico che è definito giusto da Dio.
Solo in futuro, nella pienezza dei tempi ci sarebbe stata una nuova stirpe che avrebbe schiacciato la testa al serpente!
E la buona notizia di ciò è quella riportata dai Vangeli.

SUL "CUORE", DALLA GENESI
La Genesi, detta in ebraico "Bereshit", che secondo i biblisti è la parte più tardiva dell'edizione pervenutaci della Torah, è un libro essenziale per quanto attiene la ricerca dei significati autentici dei termini biblici, perché esprime il pensiero meditato degli autori ispirati sui concetti base che poi si sviluppano nel prosieguo delle Sacre Scritture che tutte nella Torah e nei suoi racconti trovano origine.

Verifichiamo quali sono le prime volte che in tale libro e, quindi, nella Bibbia, vi si parla di cuore nei suoi tre termini di cui abbiamo prima detto, cioè di "leb" o "lev", di "lebab" o "levav" e di "qereb" .

Beh, la prima volta che il termine "leb" o "lev" si trova nella Bibbia è in Genesi 6,5-6 ove, in modo estremamente chiaro, ci viene detto quanto pensa Dio del cuore dell'uomo, infatti: "Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre. E il Signore si pentì di aver fatto l'uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo."

Subito dopo, ai versetti 8 e 9 la Bibbia ci dice: "Noè trovò grazia agli occhi del Signore... era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio", di fatto, era una eccezione, infatti, solo lui fu salvato dal diluvio, e grazie a lui la sua famiglia, otto in tutto figura della pienezza dell'umanità che sarà salvata alla fine.

Noè, quindi, è figura di chi doveva venire a salvare tutta l'umanità dalla morte, ma poi anche lui morì come del resto muoiono tutti gli uomini; "Noè visse, dopo il diluvio, trecentocinquanta anni. L'intera vita di Noè fu di novecentocinquanta anni, poi morì." (Genesi 9,28)

Dio, pur preso atto che "...ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall'adolescenza" (Genesi 8,21) con Noè, scelto come nuovo progenitore, unilateralmente istituì una prima alleanza, anticipo della futura alleanza eterna con i suoi discendenti.

Il racconto del "diluvio", in effetti, è un "midrash", ma è profezia di un tempo in cui ci sarà un diluvio di grazia in virtù di un uomo, unto dallo Spirito di Dio, il Messia, che Dio invierà onde tutta l'umanità sia salvata dalla morte.
Come Noè salvò la sua famiglia grazie all'arca che aveva costruito, il Messia non solo salverà dalla morte fisica, ma da quella eterna, e prova sarà la risurrezione di quel primo uomo in anticipo della risurrezione finale per tutti.

La prima volta che invece è usato il termine "lebab" o "levav" è in Genesi 20,5-6 nell'episodio di Abramo a Gerar.
Là si stabilì tra Kades e Sur nel Negheb e soggiornò da straniero a Gerar ove regnava Abimelec che cercò di unirsi con Sara la moglie di Abramo; i due, peraltro, avevano celato d'essere sposati.

Il racconto riferisce che il Signore impedì che Abimelec riuscisse nel suo intento e apparve in sogno al re che si difese in questo modo: "Non è stato forse lui (Abramo) a dirmi: È mia sorella? E anche lei ha detto: È mio fratello. Con cuore retto e mani innocenti mi sono comportato in questo modo. Gli rispose Dio nel sogno: So bene che hai agito così con cuore retto e ti ho anche impedito di peccare contro di me: perciò non ho permesso che tu la toccassi."

Per quanto riguarda poi il termine "qereb" si trova per la prima volta in Genesi 18,12 nel racconto dell'annuncio della nascita d'Isacco.
In tale occasione, Sara da dentro la tenda aveva sentito il colloquio dell'angelo con Abramo e si trova il commento che: "Sara rise dentro di sé e disse: Avvizzita come sono, dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!" ossia Sara rise "dentro di sé " vale a dire rise in "in cuor suo".

Sara rise perché non credeva alle parole che aveva sentito, pensando che fossero semplicemente una cortese benedizione dell'ospite e non un messaggio divino.
Sara pensava che un simile miracoloso ringiovanimento sarebbe stato un prodigio grandioso quanto la risurrezione dei morti, che solo Dio stesso può realizzare (Radk Sforno).

PARE PROPRIO CHE NON SIAMO LIBERI
È, quindi, il cuore nell'intimo dell'uomo un luogo, una tenda, la casa abitata da un potente , ma questi può essere il Potente in assoluto o qualcuno che ha preso il suo posto, e la Bibbia suggerisce che questo sia lo spirito del male che si presentò come il serpente del "midrash" di Genesi 3.

È quello un racconto istruttivo, perché intende suggerire che sin dall'origine i progenitori dell'umanità preferirono non seguire Dio, Lo rifiutarono per seguire le proprie voglie e ascoltando un serpente tentatore.
Il pensiero che suscitò il tentatore, appunto il diavolo, ossia il divisore fu, Dio non vi ama e non vuole la nostra felicità, prova ne è che vi ha parlato di morte, quindi, è da cercare di fare il bene a se stessi nel breve tempo della vita che ci rimane.
Come domato, l'uomo ha perso la libertà e condannato a schiavitù è nell'impossibilità d'essere diverso, chiuso nell'egoismo per paura di morire a se stesso e quindi, di fatto, mette in gioco solo quanto ritiene non essenziale e ciascuno di ciò ha una misura diversa, ma pur sempre contenuta.

Quando il proprio cuore vuole aprirsi, infatti, prova che subito trova un limite all'altruismo, perché il proprio idolo egoista teme di perdere qualche cosa che gli sia necessario.
I Vangeli evidenziano che questa problematica ovviamente era ben presente in Gesù, il quale agli inizi della sua predicazione fu ben chiaro, ed avvertì "Si quis vult venire post me abneget semetipsum."

Avvertì che ciascuno si sarebbe trovato nella condizione di dover andare contro se stesso, perché tutti, di fatto, siamo contrari alla volontà di Dio, infatti: "Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà." (Marco 8,34s)

Abbiamo visto che nel racconto dell'annuncio della nascita del figlio Isacco, Sara rise "dentro di sé ", vale a dire rise in "in cuor suo".
Quel "rinneghi se stesso" che dice di Gesù corrisponde al suggerimento che fa a ciascuno di non ascoltare quanto suggerisce il proprio cuore, vale a dire di non ascoltare il serpente che vi abita.

Del resto, questo concetto che ogni uomo è falso davanti a Dio e deve cambiare completamente il proprio cuore per seguirlo corrisponde a quello di "nessuno è buono" che espliciterà al giovane ricco in Marco 10,18.
Sinteticamente la missione di Cristo riguarda proprio il liberare l'uomo dalla schiavitù del peccato d'origine che condiziona tutti gli uomini alla stregua di una modifica del sangue, quindi genetica nel DNA, come chiarisce sinteticamente la lettera agli Ebrei quando dice: "Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita." (Ebrei 2,14s)

Al riguardo Sant'Agostino in Sermo 330 sottolinea che l'uomo si allontanò da Dio e andò perduto amando disordinatamente se stesso, quindi non potrà avvicinarsi a Dio e salvarsi, se non rinnegando se stesso: "Amando enim se homo perdidit se, negando se inveniet se".

San Paolo nella lettera ai Romani poi sintetizza chiaramente la questione nei seguenti termini: "...nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mia ragione, servo la legge di Dio, con la mia carne, invece la legge del peccato." (Romani 7,23-25)

Abbiamo in noi, insomma, un uomo vecchio da rinnegare ed è da assumere l'uomo nuovo che Cristo propone per riceverlo assieme alla sua grazia, ossia dobbiamo far morire il nostro amor proprio, rinunciando alle opere della carne. (Colossesi 3,9)

Gesù nel discorso della montagna - in Matteo 6,4; 6,6 e 6,17 - ricorda che il Padre "vede nel segreto" perciò scruta l'interno del cuore dell'uomo che è la vera "camera" in cui l'uomo deve entrare per pregare, infatti: "...quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà."

Del resto si può pregare in ogni luogo perché quella camera segreta è sempre a nostra disposizione, ma non lo è sempre per Lui se è occupata perennemente da un altro.
Occorre una conversione ad opera dello Spirito Santo che ci può essere donato se lo chiediamo con insistenza nella verità e col cuore.

Al riguardo dice San Gregorio di Nissa (IV secolo): "Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate" (2Corinzi 5,17) del resto ha chiamato nuova creazione l'in-abitazione dello Spirito Santo che rende il cuore puro, senza colpa e libero da ogni malizia, cattiveria e vergogna. Quando un'anima si converte, odia il peccato, si dedica con tutto l'impegno al bene, accoglie in sé la grazia dello Spirito Santo e diviene un essere completamente nuovo. Si avvera allora la parola della Scrittura: "Togliete via il lievito vecchio per essere una pasta nuova" (1Corinzi 5,7) e anche questo detto: "Celebriamo la festa non con il lievito vecchio, ma con azzimi di sincerità e di verità" (1Corinzi 5,8). Queste affermazioni, dico, concordano con quanto è stato detto della nuova creazione. Il tentatore tende molti lacci alla nostra anima, e la natura umana è troppo debole per poter riportare vittoria su di lui. Per questo l'Apostolo ci raccomanda di armarci con le armi celesti: Rivestitevi con la corazza di giustizia e calzate i vostri piedi per annunziare il vangelo della pace, e cingete i vostri fianchi con la verità (Efesini 6,14). (Da "La vita cristiana" di san Gregorio di Nissa, vescovo)

L'INCLINAZIONE BUONA E L'INCLINAZIONE CATTIVA
Il neonato, figlio d'uomo, è destinato a crescere nel mondo oltre che in forza delle proprie potenziali doti intrinseche, i famosi geni, in relazione anche alle condizioni esterne - famiglia, società, nazione, educazione, religione, ideologie e situazioni contingenti - in cui si trova a vivere e tutto ciò favorirà inevitabilmente alcune inclinazioni e me tarperà altre.
I racconti biblici della creazione e in particolare il versetto Genesi 2,7 informano che i progenitori dell'umanità furono formati direttamente da Dio.

Genesi 2,7 - "Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente."

Il testo ebraico per la parte di versetto che ho evidenziato in grassetto usa le seguenti lettere:



Il primo verbo che appare è quel plasmò YTzR , verbo specifico usato per le operazioni di vasaio nella formazione di un vaso.

In ebraico la parola "yetzoer" con quelle stesse lettere sta anche a indicare "carattere, temperamento, tendenza, inclinazione e istinto"; quindi, si può concludere che Dio dette a "'Adam" una inclinazione assoluta che possiamo definire il libero arbitrio, proprietà divina con cui se ben indirizzata con l'insegnamento giusto, cioè acquisendo discernimento alla scuola di Dio, poteva superare la problematica del bene e del male, del cui albero aveva, infatti, ordinato di non mangiare.

Considerata la giustizia divina, quell'albero, l'unico del giardino di cui l'uomo non poteva mangiare, tenendo conto la rettitudine di Dio, è da considerare che la sua presenza fosse proprio necessaria, altrimenti, sarebbe stata solo una trappola per gli uomini.
Il comando di non mangiarne ovviamente era il primo insegnamento delle norme di vita che come padre e madre Dio avrebbe dato agli uomini che intendeva completare nella formazione, ma il corso alla sua scuola certamente avrebbe comportato l'insegnamento di tutto quanto sarebbe servito per vivere nel mondo in modo corretto, per scegliere il bene ed evitando il male, per godere in pienezza del dono della vita.
L'albero in questione è strano, capace di dare frutti doppi, del bene e del male, quindi il mangiarne, in ebraico , "'akol" implica il fare una unità del tutto "kol" , cioè non discernere, vale a dire, mangiandone, prendere come un'esca che nasconde un amo, bella e buona alla vista, ma malefica all'interno.

Come riferisce il libro della Genesi al capitolo 3, accadde che la prima coppia che Dio aveva eletto per elevarla alla propria dignità trasgredì e mangiò di quei frutti doppi e ciò provocò l'inquinamento del cuore dell'umanità.

Nel racconto del diluvio, in due occasioni, all'inizio in Genesi 6,5, ma anche alla fine dell'episodio in Genesi 8,21, accade che Dio nei riguardi degli uomini costata che "...ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male" e viene usato nuovamente, per la seconda e terza volta il che non è casuale, ma è da considerare voluto proprio quel ; infatti per quel "...ogni intimo intento del loro cuore" sono usate le lettere
per dire in definitiva che ogni inclinazione dei pensieri del loro cuore era indirizzata al male, era stato ormai formato da un altro vasaio.
Vale a dire l'aver mangiato dell'albero dalla doppia inclinazione faceva sì che il male aveva avuto già sin da quei tempi antidiluviani la totale prevalenza sul bene.


In conclusione l'ebraismo insegna che gli esseri umani nascono con il libero arbitrio e con una "yetzer hatov", "inclinazione al bene", "la buona inclinazione", tendenza alla bontà e all'amore verso il prossimo e con una "yetzer hara'", "l'inclinazione al male", "la cattiva inclinazione", tendente verso il male, all'idolatria, alla cattiveria, al piacere dei sensi, al possesso, al potere e all'egoismo.

Il libero arbitrio darebbe però il potere di scegliere tra le due inclinazioni.
Questa idea viene tratta dalla frase che Dio disse a Caino in Genesi 4,7: "...il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo", ma si era agli inizi del processo del dilagare del male e poi ci fu la duplice costatazione di Dio che il male aveva ormai senza rimedio invaso in modo ineluttabile l'umanità tutta intera.
Dai risultati, infatti, ancora oggi si deve in definitiva costatare che in generale la scelta da parte del libero arbitrio degli uomini del mondo dà risultati pessimi, tanto che sorge il dubbio che una vita senza peccati sia una pia illusione, tant'è che non c'era e non c'è uomo che non pecchi.

Insito poi nel pensiero dell'ebraismo è che l'inclinazione cattiva è indispensabile per la vita in questo mondo, essendo il motore dello sposarsi, dell'avere bambini, di costruire una casa e di fare affari e commerci.
Eppure, il comando di crescere e moltiplicare, di aver figli e d'avere una casa propria ci fu da parte di Dio prima del peccato di Adamo quando "Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo" che ...abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne." (Genesi 2,22-24)

L'inclinazione cattiva, In effetti, s'è rivelata come un lievito che ha fatto lievitare tutta la pasta ed è da considerare alla pari di un invitato che entrato nel cuore "leb" dell'uomo comportandosi da serpente vi abita e ha preso il posto del padrone di casa.

Prendendo spunto dal racconto di Genesi 3, essendo questa inclinazione di fatto contraria al volere di Dio e subentrata per scelta da parte dell'uomo, il fatto viene catalogato alla stregua della presa di domicilio, anzi di presa di residenza di satana nel cuore dell'uomo come del resto propone Gesù nel Vangelo di Luca: "Quando lo spirito immondo esce dall'uomo, si aggira per luoghi aridi in cerca di riposo e, non trovandone, dice: Ritornerò nella mia casa da cui sono uscito. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui ed essi entrano e vi alloggiano e la condizione finale di quell'uomo diventa peggiore della prima ". (Luca 11,24-26)

Pare proprio poi che più importante diviene una persona, maggiori sono le tentazioni e più grande tende a divenire in lui lo "yetzoer hara'".
Tutti, così, sono soggetti a questa inclinazione che lasciata a se stessa ha portato l'odio e la guerra nel mondo e tutti i mali connessi.

Nel discorso tenuto il 24 settembre 2015 all'assemblea plenaria del congresso degli Stati Uniti d'America il Santo Padre Francesco ha parlato tra l'altro del monaco cistercense Thomas Merton che fu una fonte di ispirazione spirituale e una guida per molte persone e ha ricordato che nella sua autobiografia scrisse:

"Sono venuto nel mondo. Libero per natura, immagine di Dio, ero tuttavia prigioniero della mia stessa violenza e del mio egoismo, a immagine del mondo in cui ero nato. Quel mondo era il ritratto dell'Inferno, pieno di uomini come me, che amano Dio, eppure lo odiano; nati per amarlo, ma che vivono nella paura di disperati e contraddittori desideri."

Dice il Salmo 81: "Non ci sia in mezzo a te un altro dio" (Salmo 81,10) e conclude il Talmud: "Qual è il dio straniero che si trova nel corpo umano? È la cattiva inclinazione". (Shab. 105b)

La cattiva inclinazione, sostiene l'ebraismo, è combattuta dall'apprendimento della Torah, ed ecco che dall'ebraismo è ritenuto che mentre l'inclinazione cattiva ha la stessa età dell'uomo (il peccato originale), la buona inclinazione invece ha 13 anni di meno, perché inizia a svilupparsi solo alla "bar mitzvah" quando si diviene adulti per la comunità, perché solo da allora comincia ad avere effetto cosciente e attivo l'alleanza con Dio.

La cattiva inclinazione comincia, nel giovane infatti, a essere imbrigliata dall'adesione volontaria ai precetti della Torah che provoca le buone azioni e il servizio a Dio e al prossimo.
In ciò forse sta la radice dell'idea dell'uomo vecchio che ha la cattiva inclinazione e dell'uomo nuovo quello in cui inizia a svilupparsi la buona inclinazione quando appare al suo orizzonte lo spirito della Torah e di cui si attende la piena statura adulta e la sua nascita di cui parla Gesù in Giovanni 3 con Nicodemo.

La preghiera fondamentale dell'ebraismo è lo "Shema' Ishrael" tratta da versetti della Torah e il cui inizio richiama il versetto Deuteronomio 6,4s che recita appunto "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo."

E prosegue:

"Tu amerai il Signore tuo Dio
con tutto il cuore, con tutto il tuo intimo, pensieri e sentimenti;
con tutta l'anima, con tutto il tuo respiro, con tutti i desideri
e con tutte le forze." con tutte le forze, i tuoi poteri e tutte le tue possibilità.

Per i maestri dell'ebraismo l'amare Dio con tutto il cuore significa amarlo sia con l'istinto buono sia con quello cattivo!
E non può essere che così; infatti, cercando di rispettare il comando "amerai... con tutto il tuo cuore" si vuole dimostrare, per primi a noi stessi, d'essere pronti in ogni circostanza a combattere le nostre cattive inclinazioni e a rinunciare ai nostri desideri, per esaudire la volontà di Dio.

"Amerai Dio con tutta la tua anima", afferma il Talmud, significa amerai il tuo Dio "perfino se prende la tua anima" (Berakhot 54a), perché la nostra anima è dono di Dio e, come ci è stato insegnato, "dobbiamo essere pronti a restituirla a chi ce l'ha donata in qualsiasi momento Egli ce la richieda" (Berakhot 61b).

Con il comando "con tutte le tue possibilità", afferma il Talmud (Berakhot 54a), lo "Shema'" ci insegna che non dobbiamo limitarci ad amare Dio solo con lo spirito, ma anche materialmente: ciò significa con le nostre azioni e con i nostri averi; in altre parole anche con tutto ciò che possediamo materialmente, usando i nostri beni a favore di chi ne ha bisogno, o per scopi culturali e religiosi, o per la diffusione della fede.
Alla venuta del Messia Dio distruggerà l'inclinazione cattiva.
La prima alleanza del Sinai ha portato la legge in cui circola lo spirito Santo che rende sensibili al peccato; il peccato è, infatti, come un anestetico, perché ha il potere di rende insensibile l'uomo, ma Dio ha promesso una seconda alleanza (Geremia 31,31) che porterà alla liberazione di Cristo.

Scrive, infatti, al riguardo San Paolo nella lettera ai Galati: "prima che venisse la fede, noi eravamo custoditi e rinchiusi sotto la Legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. Così la Legge è stata per noi un pedagogo, fino a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Sopraggiunta la fede, non siamo più sotto un pedagogo. Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c'è Giudeo né Greco; non c'è schiavo né libero; non c'è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa." (Galati 3,23-29)

Per il cristianesimo il battesimo nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, per i meriti del sacrificio di Cristo fa rientrare l'uomo nell'alleanza e il battezzato, cui si chiede coerenza e si dà possibilità di perdono, diviene per Lui coerede del regno.

OCCORRE UNA NUOVA CREAZIONE!
L'uomo di fronte a tale stato dei fatti, in effetti, se sente la pesantezza della propria situazione, secondo la Bibbia, può solo sperare che Dio affretti il suo intervento chiedendolo con la preghiera.
È noto il peccato gravissimo del re David e come, conscio della propria situazione di morte spirituale e di schiavitù del potere da parte del male, dopo che il profeta Natan risvegliò la sua coscienza, si rivolse a Dio in preghiera.
Davide, infatti, per perpetrare e nascondere il proprio adulterio commise un omicidio premeditato uccidendo un suo suddito che lo serviva fedelmente, Uria, di cui in modo proditorio, ordinando al suo generale di porlo nel punto ove la battaglia fosse più accesa, provocò la morte dopo avergli rubato la moglie Betzabea dalla quale, come secondo figlio, nacque il famoso re Salomone, mentre il figlio concepito durante l'adulterio morì appena nato.

Il Salmo 51, a David appunto attribuito, detto "Miserere" per la parola d'inizio del Salmo secondo la versione in latino della "Vulgata", "Miserere mei Deus secundum magnam misericordiam tuam Et secundum multitudinem miserationum tuarum dele iniquitatem meam", vale a dire "Pietà di me, o Dio nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità", infatti, al versetto 12 recita: "Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo."

"Cor mundum crea in me, Deus: et spiritum rectum innova in visceribus meis"



È indubbio che questo versetto è relativo proprio all'intimo dell'uomo completo, ossia all'intero complesso di sentimenti intellettivi e spirituali che Dio dovrebbe ricreare.

I due termini, il cuore e l'intimo, il tutto il se stesso, il , infatti, nel testo in ebraico si trovano entrambi in tale versetto e lo aprono e lo chiudono.
Da Davide viene chiesto che Dio ridia il suo Spirito "ruach" che il Creatore aveva dato al primo uomo, quindi, che ricrei completamente l'uomo.
Del resto, lui, David, l'unto del Signore, non era stato preservato dal peccato di morte, il che è segno di un cuore viziato profondamente senza rimedio; sappiamo, infatti, che "un baratro è l'uomo e il suo cuore un abisso" (Salmo 64,7) eppure era secondo il cuore del Signore, come dice Samuele a Saul in 1Samuele 13,14: "Il Signore si è già scelto un uomo secondo il suo cuore", il che implicitamente conferma che il Signore conosce il cuore dell'uomo ed è disposto a perdonare, se il perdono viene richiesto con vero pentimento.

Sì, in Salmo 51,12 è proprio usato il verbo creare "bar'a"; quindi, crei di nuovo Lui, il Signore, il cuore dell'uomo.
Dio così è chiamato a non restare insensibile a questa richiesta d'intervento... che sta a dire, sì l'uomo è colpevole... perché schiavo... ma intervieni Tu con la tua misericordia altrimenti che ci hai creato a fare la prima volta... non comprendevi la nostra fragilità davanti a un così potente consigliere malefico che hai lasciato operare contro di noi?

Del resto se quel versetto 12 del Salmo 51 si va a leggere con le regole del sistema di decriptazione di "Parlano le lettere" le lettere ebraiche, si ottiene:

"Il cuore Puro creato dal Potente fu il maledetto a cambiare , ma la grazia con la rettitudine si riporterà , con energia nuova curerà ; dentro l'esistenza ."

Il Miserere, infatti, è la preghiera con cui la Chiesa accompagna chi si addormenta in Cristo nel sonno della morte e Davide era, infatti, nella completa morte spirituale, onde il perdono è foriero di risurrezione.
La richiesta di un cuore nuovo l'invoca anche il Salmo 86 che tra l'altro recita: "Mostrami, Signore, la tua via, perché nella tua verità io cammini; tieni unito il mio cuore, perché tema il tuo nome." (Salmo 86,11) ove in ebraico quel "tieni unito il mio cuore" in ebraico è "ieched lebbi" , ossia sia unico il mio cuore, perciò non sia doppio o come traduce la C.E.I, nel 1975, "donami un cuore semplice", vale a dire togli da me la duplice inclinazione lasciando ovviamente quella buona.

La richiesta comporta il desiderio d'essere semplificati, direi, quindi, potati dal Signore e risuona a questo punto alla mente la frase di Gesù nel Vangelo di Giovanni:
  • Giovanni 15,1-2 - "Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto."
  • Giovanni 15,5 - "Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla."
Questo spirito che ricrea scorre da Gesù ai suoi discepoli.
La profezia del dono da parte di Dio all'uomo di un cuore nuovo, senza il quale l'uomo non può aspirare all'eternità si trova nel libro del profeta Ezechiele:
  • Ezechiele 11,17-19 - "Riferisci: Così dice il Signore Dio: Vi raccoglierò in mezzo alle genti e vi radunerò dalle terre in cui siete stati dispersi e a voi darò il paese d'Israele. Essi vi entreranno e vi elimineranno tutti i suoi idoli e tutti i suoi abomini. Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne..."
  • Ezechiele 18,30-32 - "Perciò, o Israeliti, io giudicherò ognuno di voi secondo la sua condotta. Oracolo del Signore Dio. Convertitevi e desistete da tutte le vostre iniquità, e l'iniquità non sarà più causa della vostra rovina. Liberatevi da tutte le iniquità commesse e formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo. Perché volete morire, o Israeliti? Io non godo della morte di chi muore. Parola del Signore Dio. Convertitevi e vivrete".
  • Ezechiele 36,23-28 - "Santificherò il mio nome grande, disonorato fra le genti, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le genti sapranno che io sono il Signore - parola del Signore Dio - quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi. Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio."
Per due volte abbiamo visto che il profeta Ezechiele in 11,19 e in 36,26 dice "toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne".

Certo, la prima idea suscitata da tale dire è che si chiede di passare da un cuore duro a uno tenero, il che pare una metafora per indicare il desiderio di passare da una coscienza sorda e morta a uno spirito vivo e intelligente, cioè a un cuore permeabile a Dio e agli altri; ma vediamo le vere lettere ebraiche di quelle parole cosa suggeriscono:
  • Ezechiele 11,19 - "toglierò il cuore di pietra", "leb ha'oeben mibesharam" dal vostro intimo "leb" la pietra "ha'oeben" della vostra carne "mibesharam";
  • Ezechiele 36,26 - "vi darò un cuore di carne" "leb bashar" cioè lo renderò di carne, sottinteso come doveva essere e come era alle origini voluto dal Signore.
Quella pietra "'aoeben" da togliere, allora va interpretata nel senso che deve essere tolta alla radice "la paternità dell'angelo ", sottinteso, ribelle.

Ecco che appare chiara la necessità espressa dal concetto di "circoncidere il cuore", pensiero che appare nella Torah nel libro del Deuteronomio collegato proprio col comandamento dello Geremia Geremia "Schema'", ossia, come abbiamo considerato, dell'amare Dio con tutto il cuore, infatti, dice in 10,12-16: "Ora, Israele, che cosa ti chiede il Signore tuo Dio, se non che tu tema il Signore tuo Dio, che tu cammini per tutte le sue vie, che tu l'ami e serva il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l'anima, che tu osservi i comandi del Signore e le sue leggi, che oggi ti dò per il tuo bene? Ecco, al Signore tuo Dio appartengono i cieli, i cieli dei cieli, la terra e quanto essa contiene. Ma il Signore predilesse soltanto i tuoi padri, li amò e, dopo loro, ha scelto fra tutti i popoli la loro discendenza, cioè voi, come oggi. Circoncidete dunque il vostro cuore ostinato e non indurite più la vostra nuca." (Deuteronomio 10,12-16)

Il profeta Geremia riprende questa espressione della "circoncisione del cuore" per aprirsi al Signore quando dice:"
  • Geremia 4,4 - "Circoncidetevi per il Signore, circoncidete il vostro cuore, uomini di Giuda e abitanti di Gerusalemme";
  • Geremia 9,25 - "...tutte queste nazioni e tutta la casa di Israele sono incirconcisi nel cuore".
Esattamente, in Geremia 4,4 si trova scritto: "Circoncidetevi per il Signore, chimmolu laYHWH e poi circoncidete il vostro cuore" "vehasiru a'relot lebabekoem".

In effetti, questa seconda parte è "togliete, tagliate dal vostro cuore il prepuzio" e "prepuzio" in ebraico si dice "a'relot" e si scrive .
Tale allegoria ci dice che sul cuore è stato giustapposto un qualcosa che appunto impedisce di aprire completamente il cuore al Signore, vale a dire il cuore dell'uomo è stato incappucciato da dal "nemico serpente ".

Questo pensiero è ribadito in Geremia 9,25 ove per "incirconcisi nel cuore" è scritto vale a dire, un prepuzio è sul cuore.

L'operazione di cercare di liberare il cuore avviene però in due tempi.
Prima occorre che l'uomo si renda cosciente della propria situazione e desideri il cambiamento con tutte le proprie intenzioni.
È necessario, insomma che lo voglia veramente e cominci a lavorarci attorno cercando di mettere in pratica la parola di Dio e gli insegnamenti della Legge, della Torah e delle dieci parole, poi però chi opererà il taglio vero e proprio sarà Lui, il Signore come. infatti, si trova pure nel libro del Deuteronomio al 30,6: "Il Signore tuo Dio circonciderà il tuo cuore e il cuore della tua discendenza, perché tu ami il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l'anima e viva."
E finalmente l'uomo sarà in piena sintonia con quanto dice a parole nello "Shema'".

Del resto il patto del taglio "berit milah" è la prima alleanza che fece Dio con Abramo quando gli disse: "Questa è la mia alleanza che dovete osservare, alleanza tra me e voi e la tua discendenza dopo di te: sia circonciso ( "himmol") tra di voi ogni maschio." (Genesi 17,10)
Tale alleanza è profezia di quanto opererà il Signore stesso che coinvolgerà tutto l'uomo chiamato a rispettare l'alleanza nello spirito, mentre il segno nella carne serve solo per ricordarglielo.

Il profeta Geremia 31,31-34 ribadisce, ripetendo tre volte "oracolo del Signore", che: "Ecco, verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali con la casa d'Israele e con la casa di Giuda concluderò un'alleanza nuova. Non sarà come l'alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d'Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l'alleanza che concluderò con la casa d'Israele dopo quei giorni - oracolo del Signore - porrò la mia legge dentro di loro ("beqirbam"), la scriverò sul loro cuore ("libbam"). Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l'un l'altro, dicendo: Conoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande - oracolo del Signore - poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato."

INDURIRE IL CUORE
Spesso parallelo al concetto di "cuore di pietra" nella Bibbia si trova il pensiero equivalente di indurire il cuore e o la nuca o la cervice.
Il "collo duro", "indurire il collo" e "indurire la cervice" indicano, infatti, nel linguaggio biblico uno spirito ribelle e ostinato, tanto che ai nemici soggiogati si poneva il piede sul collo.
Un pensiero del genere sull'indurire l'abbiamo trovato quando abbiamo citato il versetto Deuteronomio 10,16 "Circoncidete dunque il vostro cuore ostinato e non indurite ("taqeshu" ) più la vostra nuca." ove si associano quei due concetti sul cuore e sulla nuca.
Lì, per "l'indurire" è usato il radicale e "qesh" da solo senza l' è la stoppia, la paglia, la pula, il che porta a pensare anche alla scorza dura del grano.
L'indurire la nuca o cervice si trova 6 volte nell'Antico Testamento in Deuteronomio 10,16; 2Re 17,14; Neemia 9,16-17 e 29; e in Geremia 17,23.
La nuca, parte posteriore della testa all'attaccatura con il collo, è "a'ref" e le lettere ci dicono "si vede la testa (dietro) la faccia ".

Quella parte del corpo ricorda dove gli animali da lavoro, come i buoi, portano il giogo che, nella fattispecie per l'ebreo, in senso allegorico, è la Torah che lega l'uomo al carro di Dio.
Il portare il giogo vuol dire essere docili e malleabili, quindi, utili per il lavoro che vuol fare il padrone.
Gesù stesso ricorre a una tale allegoria quando dice nel Vangelo di Matteo: "Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo, infatti, è dolce e il mio carico leggero". (Matteo 11,29s)

Nella traduzione C.E.I. 1975 della Bibbia ho trovato per 30 volte l'uso del verbo "indurire" nei vari tempi compresi aggettivi e participi e "indurimento" di cui 18 nell'Antico Testamento e 12 nel Nuovo Testamento.
Nei libri del Pentateuco o Torah, oltre quella in Deuteronomio 10,16, indurire si trova altre 2 volte, ma solo relative al cuore del faraone:
  • Pentateuco 4,21 - "Il Signore disse a Mosè: Mentre tu parti per tornare in Egitto, sappi che tu compirai alla presenza del faraone tutti i prodigi che ti ho messi in mano; ma io indurirò il suo cuore ed egli non lascerà partire il mio popolo." ove per indurire è usato il verbo ChZQ radicale usato in genere per "rafforzare, quindi rendere duro... "chiuso questi a piegarsi " il che è come vederlo stretto in vincoli .
  • Deuteronomio 7,3 - "Ma io indurirò il cuore del faraone e moltiplicherò i miei segni e i miei prodigi nel paese d'Egitto", ove per indurire è usato ancora il verbo QShH.
Nella fattispecie Dio pare non volere il pentimento del faraone.
Gli ebrei, infatti, traducono "Rafforzerò il suo cuore... ed egli non li lascerà andare" e si domandano: Come può il Signore punire il Faraone per il fatto che non lascerà partire gli ebrei, quando è Egli stesso a impedirglielo? Come può il Dio giusto, che ha creato l'uomo dandogli il libero arbitrio e che desidera il pentimento e non la morte privarlo del diritto di pentirsi?
Al riguardo non è da dimenticare che qui il faraone rappresenta l'incarnazione del dio Ra, cioè del male assoluto per l'ebraismo, un dio che si oppone al Dio Unico, incarnazione, quindi, di satana che ha fatto la scelta definitiva d'essere opposto a Dio.

Del resto dice uno dei proverbi "Beato l'uomo che teme sempre, chi indurisce il cuore cadrà nel male", ma nel caso specifico il faraone era già il rappresentante del male; non a caso il male in ebraico è "r'a" con lo stesso suono del nome del dio Ra.
Quel "io indurirò" da parte di Dio, è da considerare come se fosse: farò vedere quanto egli è indurito e i prodigi che compirò.

In merito San Paolo nella lettera ai Romani scrive: "Dice infatti la Scrittura al faraone: Ti ho fatto sorgere per manifestare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato in tutta la terra. Dio quindi ha misericordia verso chi vuole e rende ostinato chi vuole." (Romani 9,17-18)

Dio è giusto e misericordioso, ma non si deve abusare della sua longanimità e occorre che ogni uomo si ricordi sempre di temerlo senza sfidare appunto la sua ira.
Si trova nell'Antico Testamento che il pensiero dell'indurire il cuore oltre quelle 3 volte della Torah (di cui 2 del libro dell'Esodo che riguardano il faraone) si trova altre 6 volte, precisamente in:
  • Deuteronomio 15,7 - "Se vi sarà in mezzo a te qualche tuo fratello che sia bisognoso in una delle tue città del paese che il Signore tuo Dio ti dà, non indurirai il tuo cuore e non chiuderai la mano davanti al tuo fratello bisognoso..."
  • Salmo 95,7.8 - "Se ascoltaste oggi la sua voce! Non indurite il cuore come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto..."
  • Proverbi 28,14 - "Beato l'uomo che teme sempre, chi indurisce il cuore cadrà nel male."
  • Isaia 64,17 - "Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità."
  • Ezechiele 2,4 - "Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: Dice il Signore Dio."
  • Zaccaria 7,12 - "Indurirono il cuore come un diamante per non udire la legge e le parole che il Signore degli eserciti rivolgeva loro mediante il suo spirito, per mezzo dei profeti del passato. Così si accese un grande sdegno da parte del Signore degli eserciti."
Un particolare commento merita la nota citazione del Salmo 95,7-8: "Se ascoltaste oggi la sua voce! Non indurite il cuore..."
(Vedi:. "Ritorno al Sinai").

È questo versetto a ricordare un momento fondamentale.
Tutto ciò iniziò in questo modo: "Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all'Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa." (Esodo 19,3-6)

Le Dieci Parole, "'aseret hadevarim" che nel cristianesimo sono chiamati "i Dieci Comandamenti o Decalogo", furono date a Mosè mentre il popolo percepiva i tuoni, i lampi, il suono del corno e vedeva il monte fumante, quindi, il popolo fu preso da tremore e si tenne lontano, ma il patto non fu ancora sancito.
Evidentemente il popolo non era ancora pronto ad ascoltare!
Aveva visto e udito, ma non aveva ancora interiorizzato!

Eppure quelle dieci parole, furono date: "Al terzo mese dall'uscita degli Israeliti dalla terra d'Egitto, nello (in questo) stesso giorno, essi arrivarono al deserto del Sinai. Levate le tende da Refidìm, giunsero al deserto del Sinai, dove si accamparono; Israele si accampò davanti al monte." (Esodo 19,1s)

In effetti, nella traduzione in italiano manca una parola che nel testo ebraico c'è e tale parola è un "questo" a cui l'ebraismo annette grande importanza.
Viene al riguardo argomentato in Sinagoga o dovunque si è: "in questo stesso giorno", "bayòm hazèh", vale a dire proprio oggi, in questo giorno, mentre siamo qui a leggere, anche noi che leggiamo arriviamo al Sinai e riceviamo la "Torah".

Il Talmud presenta tale pensiero quando chiede: "Perché non si dice in quel giorno? Affinché si considerino le parole della Torah come se fossero date oggi e sembrino sempre nuove." (Midrash ian-kumà 7,13; Talmud Bera khot 63b Rashi)

Tale modo di considerare pare essere accolto, appunto, dal Salmo 95,7s col proclamare: "Se ascoltaste oggi la sua voce! Non indurite il cuore...".

Lo stesso pensiero è richiamato in Ebrei 3,7s, ed è sottolineato al versetto 13: "Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura questo oggi, perché nessuno di voi s'indurisca sedotto dal peccato."

Accade così che Dio tramite il testo scritto interpella direttamente il lettore.
Permane, infatti, nel pensiero rabbinico che tutti gli Ebrei, essendo tenuti a studiare e interiorizzare la Bibbia, assistettero all'evento del Sinai.

S. Bernardo, del cuore indurito dice: "È quello che non inorridisce di se medesimo, perché non sente più nulla. È quello che la compunzione non ispezza, la pietà non ammollisce, le preghiere non commuovono, le minacce non scuotono, i flagelli intristiscono. Esso è ingrato ai benefizi, sordo ai buoni consigli, spietato nel giudicare, spudorato nelle cose disoneste, temerario nei pericoli della salute, inumano con i suoi simili, superbo con Dio, dimentico del passato, non curante del presente, imprevidente del futuro. Del passato altro non ricorda che le ingiurie ricevute, perde il presente, chiude gli occhi sull'avvenire, eccetto che per vendicarsi. E per comprendere tutti in una parola i mali di così orrendo male, si chiama cuore indurito quello che non ha nessun timore di Dio, nessun rispetto agli uomini." (De Consid., lib. I)

GESÙ PARLA DEL CUORE
Sul cuore dell'uomo altri importanti tasselli per completare il mosaico che presenta la Bibbia si colgono nei Vangeli canonici da quanto Gesù ha detto direttamente al riguardo.
Mi soffermerò però solo su quanto dice il Signore tralasciando quando la parola cuore si trova inserita in citazioni di Gesù da parte di profeti, come accade in Matteo 13,15 e 15,8 o cita lo "Shema'" come in Matteo 22,36.
In primis è da ricordare che Matteo 11,29 Gesù dice di sé che è "mite e umile di cuore", definizione che pare insolita in una persona "umile", ma è da considerare che tale citazione, invero, serve da presentazione del profetizzato personaggio biblico che Lui impersona.
Gesù tende così a precisare che in definitiva Lui è il Figlio dell'Uomo, quello descritto dal Salmo 45, "il più bello tra i figli dell'uomo"; infatti, li si canta "Cingi, prode, la spada al tuo fianco, nello splendore della tua maestà ti arrida la sorte, avanza per la verità, la mitezza e la giustizia." (Salmo 45,4s)

Inoltre, è Lui il grande profeta, l'atteso, profetizzato da Mosè, il nuovo e finale condottiero del popolo di Dio, ed è da ricordare che "Mosè era un uomo assai umile, più di qualunque altro sulla faccia della terra" (Numeri 12,3) che C.E.I. 1975 propone come "Mosè era molto più mansueto di ogni uomo che è sulla terra."

Nel "discorso della montagna" si trovano:
  • Matteo 5,8 - "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio."
  • Matteo 5,27s - "Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore."
  • Matteo 6,21; Luca 12,34 - "...dov'è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore."
Avere un cuore puro vuol dire che non vi sono mischiate più essenze, ossia non c'è nel cuore il male che Dio non vuole.
Allora solo chi ha il cuore in quel modo, come Dio l'ha creato e pensato all'origine, può vedere Dio.
Solo chi ha la sola essenza che Dio ha posto in lui e non ha commesso adulteri con gli idoli, costui può vederlo.

Quella sesta beatitudine, in definitiva, annuncia che quanto era impossibile ormai all'uomo viziato dall'inclinazione al male, accadrà ai beati, i seguaci del Signore, che accogliendolo, mettendo in pratica le Sue parole grazie allo Spirito Santo che l'accompagna, vedendo Lui, vedono il Padre che nessuno ha mai visto e che Lui solo ha rivelato.
La seconda di quelle citazioni in genere è commentata con la raccomandazione di non indugiare nei pensieri e nelle immaginazioni che possono nascere comunque dal proprio cuore e scacciare subito la tentazione, ma andando al nocciolo fa considerare che purtroppo l'uomo, se presenta come desiderabili d'attuazione pensieri negativi non si può considerare puro, perché anche se non compie peccati palesi di adulterio, sta il fatto che comunque non riesce a comandare i propri pensieri che spontaneamente gli nascono, perché, deve purtroppo concludere, la propria radice è inquinata.
Ed ecco la terza citazione da quel "discorso", quella del tesoro e del cuore, che fa considerare come la concupiscenza per i beni materiali ha invaso l'uomo e ha occupato il centro della sua esistenza, ma su tutto ciò impera l'annuncio della liberazione da parte di Cristo.

Gesù, poi, quando dice: "Prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono. Prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l'albero. Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? La bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. L'uomo buono dal suo buon tesoro trae fuori cose buone, mentre l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori cose cattive." (Matteo 12,33-35; 6,43s) di fatto spiega bene il collegamento del tesoro col cuore e richiama l'esempio dell'albero dietro di cui, di certo, c'è il riferimento al biblico albero della conoscenza del bene e del male, albero che invero è atipico, perché da frutti ibridi e questi con il loro seme hanno allignato nel cuore dell'uomo dando frutti malefici.

Più avanti però Gesù assicura avvertendo che "Ogni pianta, che non è stata piantata dal Padre mio celeste, verrà sradicata." (Matteo 15,13)

La conclusione purtroppo è che "Nessuno è buono, se non Dio solo" (Marco 10,18), quindi, l'uomo non può trarre altro che cose cattive dal proprio cattivo tesoro perciò, senza la redenzione di Cristo, non gli resta che rimanere nel novero della "razza di vipere" pregando Gesù che acceleri la propria opera di salvezza nei suoi riguardi regalandogli un cuore nuovo.

Nel Vangelo di Matteo proseguendo l'esame, si trova l'episodio del paralitico risanato, ove è presentata la sintesi catechetica del collegamento del peccare con l'impedimento al camminare.
I miracoli di Gesù tendono a far comprendere con i fatti che si sta aprendo un'alba nuova, ossia è sopraggiunto il momento tanto atteso del perdono da parte di Dio nei riguardi dell'umanità tutta intera, ma a ciò non credono molti per la malizia del proprio cuore e non comprendono i segni dei tempi.

Il racconto è il seguente: "Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati. Allora alcuni scribi dissero fra sé: Costui bestemmia. Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire Ti sono perdonati i peccati, oppure dire Alzati e cammina? Ma, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Alzati - disse allora al paralitico - prendi il tuo letto e va a casa tua. Ed egli si alzò e andò a casa sua. Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini." (Matteo 9,2-7; Luca 6,18-26; Marco 2,3-12)

La predicazione del Verbo di Dio reca la parola del Regno, veramente nuova tanto che Gesù stesso esclama: "Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!" (Matteo 13,16s) e prosegue con: "Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada". (Matteo 13,18s; Luca 8,4-15) e continua col seme sulla pietra, tra i rovi e, infine, quello che cade nella terra buona che da frutto, "Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza." (Luca 8,15)

L'annuncio di Gesù è che la parola di Dio, quella resa efficace per lo Spirito Santo che vuole rinnovare se la s'intende accettare ben attecchisce nel cuore dell'uomo ed è capace di riaprire il Regno.
Il seme di cui dice la parabola è a disposizione per tutti, ma non sempre da frutto, perché c'è il maligno che la ruba, quella caduta sulla strada o manca la perseveranza, dove ci sono i sassi e c'è poca terra oppure ci sono i rovi, gli affanni del mondo e le ricchezze che fanno da cortina e rendono i cuori induriti, ma se viene accolta da il frutto fino al centuplo.

Altro momento importante in cui entra in ballo un discorso sul cuore fu quando Gesù affrontò la questione dei cibi immondi e delle usanze delle tradizioni e i farisei gli chiesero: "Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi? Infatti, quando prendono cibo non si lavano le mani!" (Matteo 15,2)

Alla folla che era presente dichiarò, "Ascoltate e comprendete bene! Non ciò che entra nella bocca rende impuro l'uomo; ciò che esce dalla bocca, questo rende impuro l'uomo!" (Matteo 15,10s)
Poi quando fu disparte in compagnia solo in dei discepoli, su richiesta di Pietro chiarì: "Non capite che tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e viene gettato in una fogna? Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende impuro l'uomo. Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi, omicidi, adultèri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie. Queste sono le cose che rendono impuro l'uomo; ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende impuro l'uomo." (Matteo 15,17-20)

Con il che in pratica ha confermato ed esplicitato il detto di prima, quando uscì con "razza di vipere" e precisò che "La bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda." (Matteo 15,17-20; Marco 7,14-23)

Pure sulla critica del ricercare solo una purità di facciata c'è l'episodio seguente: "Mentre stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. Allora il Signore gli disse: Voi farisei pulite l'esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l'esterno non ha forse fatto anche l'interno? Date piuttosto in elemosina quello che c'è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro." (Luca 11,37-41)

E abbiamo imparato... l'interno, li ripetuto due volte, è il cuore e questi è sporco e va pulito il che è molto più produttivo del pulire l'esterno, perché la sua pulizia comporta la vita eterna.
Il pulire, lavare, purificare il cuore è chiesto a Gerusalemme, cioè a tutto il popolo di Dio, dal profeta Geremia in 4,14 quando dice "Purifica il tuo cuore dalla malvagità, Gerusalemme, perché possa uscirne salva."

L'elemosina è un modo per spazzare dall'interno lo sterco del diavolo, ossia la concupiscenza per il denaro e punire così la propria avarizia causata dal risiedere nel cuore del demonio, d'altronde:
  • Tobia 4,10 - "l'elemosina libera dalla morte e salva dall'andare tra le tenebre... l'elemosina è un dono prezioso davanti all'Altissimo."
  • Tobia 12,9 - "L'elemosina salva dalla morte e purifica da ogni peccato. Coloro che fanno l'elemosina godranno lunga vita."
  • Siracide 3,29 - "L'acqua spegne un fuoco acceso, l'elemosina espia i peccati."
  • 1Pietro 4,8s: - "Siate dunque moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera. Soprattutto conservate tra voi una grande carità, perché la carità copre una moltitudine di peccati."
Pietro poi chiese a Gesù: "quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte? E Gesù gli rispose: Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette" (Matteo 18,21s), quindi racconta la parabola del servo che ha un grande debito col padrone, ma non perdona un altro servo che ha un piccolo debito con lui onde, ciò appreso, il padrone che aveva perdonato il primo servo debitore chiese la restituzione dell'intero grande debito e lo fece carcerare.

Gesù conclude e commenta così il fatto: "Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello." (Matteo 18,35)

Il pensiero che ne consegue è la necessità del perdono tra fratelli... e tutti gli uomini hanno la stessa origine... e il perdono è questione reciproca e non definitiva e non vale una volta per tutte.
Ciascuno può, purtroppo, peccare contro l'altro e se anche si perdona di cuore essendo il cuore dell'uno e dell'altro fallace, occorrerà esercitare il perdono innumerevoli volte senza scoraggiarsi... questa è la momentanea natura dell'uomo e ne va preso atto, ma per far ciò occorre conoscersi e prendere atto della propria condizione di peccatore.

Con riferimento al perdono c'è questo passo nel Vangelo di Marco da cui si comprende che la fede non riesce ad essere ferma in un cuore tendenzialmente doppio e "Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: Lèvati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe." (Marco 1,22-25)

C'è poi nel Vangelo da parte di Gesù il richiamo alle origini, quando il cuore dell'uomo non era stato ancora indurito, quando accenna al primo matrimonio quello in Genesi 2 dei progenitori davanti al Signore stesso (Vedi: "Il primo matrimonio col Signore") criticando invero la stessa Torah come se in essa appunto vi fossero state aggiunte norme spurie, infatti, disse: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all'inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un'altra, commette adulterio." (Matteo 19,8s)

Ancora più puntuale al riguardo delle "origini" è quanto Gesù dice nel Vangelo di Marco, infatti: "Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: Che cosa vi ha ordinato Mosè? Dissero: Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla. Gesù disse loro: Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall'inizio della creazione li fece maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto. A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio." (Luca 10,2-12)

V'è poi il richiamo a stare vigilanti in attesa della salvezza, cioè alla venuta del Messia, non facendo come un servo infedele che ascolta il proprio cuore malvagio.
Dice, infatti, "...se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: Il mio padrone tarda, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l'aspetta e a un'ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti." (Matteo 24,48-51; Luca 12,41-48)

Gesù poi al riguardo ammonisce: "State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso... Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell'uomo." (Luca 21,34-36)

L'uomo di fatto è schiavo e non è in grado di servire pienamente Dio e Gesù commenta: "Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui. Egli disse loro: Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole." (Luca 16,13-15)

Il fatto che Dio conosce i nostri cuori ci rende trasparenti ai suoi occhi e rende inutile ogni nostra finzione nei suoi confronti nella quale possono cadere solo gli uomini ai quali si cerca con falsità di manifestarsi giusti.
Il cattivo comportamento conseguente all'ascolto del proprio cuore è, quindi, palese manifestazione di mancanza di fede.
Per due volte nel Vangelo di Giovanni, dopo l'ultima cena, nei capitoli 14 e 16 che fanno parte del testamento di Gesù, il maestro e fratello rincuora i discepoli, tra l'altro con queste parole:
  • Giovanni 14,1s - "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me... Vado a prepararvi un posto."
  • Giovanni 14,27s - "Vi lascio la pace, vi do la mia pace... non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore... Vado e tornerò da voi."
  • Giovanni 16,5-7 - "Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai? Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito..."
  • Giovanni 16,21s - "La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia."
Gesù sa bene che la mancanza di fede opera anche tra gli uomini migliori e a dimostrazione della veridicità delle sue parole propone la prova del suo ritorno, non solo del ritorno per il giudizio finale, ma quello in cui lo vedranno risorto e sentiranno l'azione efficace in loro del discernimento e dell'amore che porterà il Paraclito, ossia lo Spirito Santo.
Del resto, senza l'azione diretta di Dio, la nascita nello Spirito non è possibile.
Dice al riguardo cosa dice il profeta Isaia:
  • Isaia 26,17 - "Come una donna incinta che sta per partorire si contorce e grida nei dolori, così siamo stati noi di fronte a te, Signore."
  • Isaia 37,3 - "Giorno di angoscia, di castigo e di disonore è questo, perché i bimbi stanno per nascere, ma non c'è forza per partorire."
Nell'incontro con i discepoli di Emmaus Gesù tra l'altro ebbe a dir loro "Disse loro: Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!" (Luca 24,25) poi spezzò loro le Scritture dimostrando come quelle parlano di Lui e, passando loro il suo Spirito con lo spezzare del pane, manifestò ai loro occhi la Sua gloria di risorto.

Tornarono questi a Gerusalemme dagli apostoli riuniti e "Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: Pace a voi Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho" (Luca 24,36-39) ...poi come ai discepoli di Emmaus "...aprì loro la mente per comprendere le Scritture... Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso" e portatili a Betania sul monte degli Ulivi ascese al cielo." (Luca 24,45-49)

Parallelo a questo rimprovero agli apostoli è quanto si trova nel Vangelo di Marco, quando praticamente conclude, "Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura." (Marco 16,14s)

LA SAPIENZA DEL CUORE
La vita dell'uomo, come del resto quella di ogni altra creatura di questo mondo, soggetta a precarietà è di durata indeterminata, limitata, ma comunque relativamente breve rispetto ai tempi che interessano i mutamenti del sistema solare, in effetti tende al nulla rispetto all'eternità, se mai si riuscisse ad immaginarla appieno.
Nessuno conosce, infatti, quale sarà il termine della propria vita che, insomma, è contrassegnata di provvisorietà e caducità.
L'esperienza di ogni giorno è che tutto si consuma, finisce o muore e il tempo che passa tende a far dimenticare.
Molte vite, perciò, si dissolvono senza ricordo alcuno da parte dell'umanità.
Eppure l'uomo tende a esorcizzare tutto ciò ed evita di pensarci.

La Bibbia però conosce bene l'uomo e le sue problematiche ed ecco che il Salmo 90,12 invoca il Signore in questo modo: "Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio",

in ebraico: "limenot iameinu ken hoda' venabi'a lebab chakmah"



Tramite ciò si arriva alla sapienza del cuore.
Questo di "un cuore saggio" - "lebab chakmah" - è lo stesso dono che ricevette, a seguito di preghiera avanzata a Dio, il giovane Salomone appena insediato re che pregò in questo modo: "Concedi al tuo servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male, perché chi potrebbe governare questo tuo popolo così numeroso? Al Signore piacque che Salomone avesse domandato la saggezza nel governare. Dio gli disse: Perché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te né una lunga vita, né la ricchezza, né la morte dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento per ascoltare le cause, ecco faccio come tu hai detto. Ecco, ti concedo un cuore saggio e intelligente..." (1Re 3,9-12)

Salomone chiese "un cuore docile", invero, come scrive il testo ebraico, un "lev shimea'" , ossia un cuore che ascolta, vale a dire capace di ascoltare e ricevette da Dio "un cuore saggio e intelligente" ossia un "lev chakam venabon" e, siccome è sapienza, Salomone ebbe un cuore sapiente.
Si conclude che la sapienza del cuore viene dall'ascolto di Dio.
La piena conoscenza proviene da un ascolto attento.
Egli parla nei fatti della storia e attraverso i profeti che fa incontrare, persone che hanno fatto esperienza concreta di Dio e ne proclamano le verità.
Nel libro di Giobbe si legge circa l'insegnamento di questi "Essi forse non ti istruiranno e ti parleranno traendo le parole dal cuore?" (Giobbe 8,10)

L'uomo, in definitiva, non deve alienarsi, ma imparare a valutare il breve tempo di vita che gli è concesso e da ciò gli verrà un grande e utile insegnamento.
Il tempo, infatti, è breve ed è da viverlo con cuore sapiente, quindi, è sciocco affannarsi a riempirlo di cose illusorie, ma è essenziale goderlo, coscienti della propria realtà di finitezza.
Al riguardo, Gesù disse la seguente parabola, chiara e sintetica: "La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così - disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e divertiti! Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio." (Luca 12,16-21)

E poco dopo Gesù proseguì il suo insegnamento e fa proprio riferimento a Salomone, quindi alla sapienza, asserendo: "Chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? Se non potete fare neppure così poco, perché vi preoccupate per il resto? Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano. Eppure io vi dico: neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Se dunque Dio veste così bene l'erba nel campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, quanto più farà per voi, gente di poca fede. E voi, non state a domandarvi che cosa mangerete e berrete, e non state in ansia: di tutte queste cose vanno in cerca i pagani di questo mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il suo regno, e queste cose vi saranno date in aggiunta." (Luca 12,25-31)

In pratica occorre contare i giorni della nostra vita non dimenticando mai di leggere ogni giorno una pagina delle Sacre Scritture e in particolare dei Vangeli; questi istruiscono nella via della sapienza, perché in essi circola lo Spirito del Signore.
Se, peraltro, si decriptano pensando a Lui le lettere ebraiche del versetto:

"Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio",



si ottiene:

"La potente vita degli angeli recò il Crocifisso nei giorni . L'energia recò (quel) retto tra i lamenti . Portò la conoscenza e l'energia dentro dell'Unico . Dal cuore da dentro la racchiusa rettitudine per i viventi uscì ."

APPENDICE - DECRIPTAZIONE DEL SALMO 82
Riporto il testo della traduzione C.E.I. del 2000:

Salmo 82,1 - Salmo. Di Asaf. Dio presiede l'assemblea divina, giudica in mezzo agli dei.

Salmo 82,2 - Fino a quando emetterete sentenze ingiuste e sosterrete la parte dei malvagi?

Salmo 82,3 - Difendete il debole e l'orfano, al povero e al misero fate giustizia!

Salmo 82,4 - Salvate il debole e l'indigente, liberatelo dalla mano dei malvagi!

Salmo 82,5 - Non capiscono, non vogliono intendere, camminano nelle tenebre; vacillano tutte le fondamenta della terra.

Salmo 82,6 - Io ho detto: Voi siete dei, siete tutti figli dell'Altissimo,

Salmo 82,7 - ma certo morirete come ogni uomo, cadrete come tutti i potenti.

Salmo 82,8 - Alzati, o Dio, a giudicare la terra, perché a te appartengono tutte le genti!

Prima di presentare la decriptazione tutta di seguito porto il dettaglio della decriptazione del 1° versetto.

Salmo 82,1 - Salmo. Di Asaf. Dio presiede l'assemblea divina, giudica in mezzo agli dei.




I viventi colpì cambiandoli il serpente alle origini . Li ha riempiti del (suo) soffio maledetto . Fu nei viventi l'angelo (ribelle) a scendere ad abitare (onde) dentro l'eternità finì . Dio dentro si verserà in un corpo . Dentro il maledetto nei giorni giudicherà .

Decriptazione
Salmo 82,1 - I viventi colpì cambiandoli il serpente alle origini. Li ha riempiti del (suo) soffio maledetto. Fu nei viventi l'angelo (ribelle) a scendere ad abitare (onde) dentro l'eternità finì. Dio dentro si verserà in un corpo. Dentro il maledetto nei giorni giudicherà.

Salmo 82,2 - Da eterni (furono) dei morti essendo finito il fuoco del Verbo che nel cuore portavano per il peccare che il serpente aveva recato (onde) le persone furono malvage. Saranno dai morti a risorgere (quando) l'Unico riporterà la pienezza (per cui) il serpente uscirà.

Salmo 82,3 - Il fuoco il Verbo riporterà nei cuori a liberarli sarà. La fine si porterà in seno dell'angelo (ribelle) che si è portato nei corpi che bruciato n'uscirà. Giusti si riporteranno.

Salmo 82,4 - Il soffio del Potente nel portarsi nei cuori lo tirerà fuori e del Padre sarà a riportare l'energia. Dei viventi saranno le generazioni a risorgere. Dalle rovine i viventi usciranno; a rialzarsi saranno per la potenza recata.

Salmo 82,5 - Il rifiuto ci sarà. L'aiuto al peccare porterà il "no" e ci risarà dentro la forza. L'angelo che si portò dentro di nascosto, bruciato dalla rettitudine, fuori si porterà. Sarà alla fine nel mondo il serpente arso. Sarà nei viventi a riportarsi l'amore. Tutta la vita si porterà alla pienezza per la forza delle origini che nei corpi riscenderà.

Salmo 82,6 - L'Unico a rifiutare l'essere ribelle alla fine sarà. In Dio a rientrare saranno i viventi. Verranno vivi e figli saranno dell'Altissimo tutti tra i retti a vivere.

Salmo 82,7 - All'origine, come l'angelo (ribelle) la rettitudine dell'uomo finendo il morire recò, (così) l'angelo per il portarsi della rettitudine da ciascuno uscirà. Brucerà nei corpi. Sarà tra i morti dal Verbo il serpente condotto.

Salmo 82,8 - Risorti usciranno, dal maledetto saranno salvati dal Verbo, nel cuore gli entreranno usciranno dalla terra così saranno a venire alla fine degli angeli nell'assemblea del Potente. Dentro (anche) tutti gli stranieri vivranno.

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