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LA NOSTRA GIOIA
di Alessandro Conti Puorger

SULLA "GIOIA"
La vita produce dolori e gioie e queste sono sale, luce e lievito della vita.
Gli eventi di gioia, infatti, danno sapore ai giorni, fanno superare i lati negativi della vita illuminandola e spingono a crescere per tendere e attendere d'assaporare le varie pietanze che la vita stessa può offrire, quindi, spinge a crescere nella conoscenza.
Sappiamo di non sapere, ma una cosa impariamo ben presto, apprendiamo che la vita propone continue scelte, ma le strade cieche o pericolose non sempre hanno segnali chiari, anzi possono anche proporsi come allettanti.
Ecco che il vivere per l'uomo è simile al navigare.
A tale riguardo è proprio valida l'allegoria che propone Omero con l'Odissea con la storia dell'eroe Ulisse che passa da isola in isola, toccando tanti lidi, subendo naufragi, superando pericoli, allettato dalle sirene, perdendo purtroppo compagni e amici per poi ritrovare la gioia delle cose semplici, la moglie, il figlio, insomma la pace nella terra d'origine da cui era uscito per la "guerra".
La vita si presenta come un mistero in cui entrare; è come percorrere un mare. È questo il mare della vita, incerto, alcune volte piatto, spesso però in preda a venti e uragani, con pericolose barriere e fondali rocciosi anche affioranti da evitare, per pervenire a qualche rado approdo, a isole verdi con un porto ove potersi rifugiare solo per un tempo per rifocillare il corpo e ritemprare lo spirito con qualche evento memorabile, poi cambia vento, si riprendono le forze e si arriva a un'altra meta e così via finché le forze reggono, sempre sperando in una meta sicura.
(Vedi: "Il mare della vita")

L'uomo, peraltro, sa che non può restare seduto sugli allori se li ha conseguiti.
Ha ben presente che ogni meta di questo mondo alla lunga è instabile e occorre proseguire, cercare altri porti che diano forza.
Sono tante, infatti, le inevitabili burrasche da superare che comunque la vita riserva copiose per tutti.
Questo navigante sa anche che quando vengono meno le speranze, perde l'impulso ed è allora che si ritrova nella vecchiaia vera della vita, ove calano i venti, le vele si sgonfiano e non ci sono nemmeno forze sufficienti per remare, mentre se la vecchiaia è di sola età, ma non di spirito, rimangono speranze e si possono provare ancora gioie.
La gioia, insomma, è una speranza attesa, qualcosa di molto agognato, che si avvera, ma alcune volte è un evento inatteso che apre nuovi orizzonti insperati o inesplorati!
Non è perciò come un sentimento e nemmeno come un'emozione di empatia, ma la gioia è la risposta di tutto l'essere dell'uomo - corpo, anima e spirito - a un fatto che avviene e coinvolge l'uomo tutto l'intero e cambia la situazione proprio come una buona notizia.
I sentimenti o i piaceri corporali coinvolgono, invece, solo il pensiero e parti sensibili, ma non sono integrali come la gioia vera che riconosciamo, perché quelli non prendono l'uomo nella propria globalità e gli danno spessore come invece fa la gioia.
Di fatto, quando si prova una gioia è come s'aprissero i cieli e vedessimo oltre.
Nasce un attimo di rivelazione e di conoscenza pura che si dilata e apre a dimensioni inaspettate, comunque non note, che lasciano nostalgia e desiderio di riprovarla e attestano anche che è possibile l'impossibile, perché fa intravedere dimensioni ignote della vita e fa intuire l'esistenza di altre accrescendo speranze per il futuro.
Anche eventi semplici, quando si è "puri", ossia "non smaliziati" dal mondo, possono dare grande gioia.
Ciò accade nella fanciullezza con le gioie semplici gustando e, per i più, godendo d'amore disinteressato... poi, ecco le gioie dei primi risultati, di studio, di lavoro, e in genere, il primo amore, i figli, insomma, fatti della vita che costituiscono approdi e fermano momenti irrepetibili per ciascuno.
L'uomo sa bene che non può dominare tutte le leve che concorrono alla formazione della realtà.
Sa anche che purtroppo possono essere veramente molti gli eventi contrari che si possono opporre a ottenere il risultato volta per volta sperato.
Ecco, quindi, l'affacciarsi negli antichi dell'idea del "fato", ossia di "ciò che è detto", vale a dire di "quanto è previsto", perché tutto secondo molti sarebbe come già previsto e destinato dagli... dei, esseri soprannaturali posti a gestire i vari fenomeni e gli aspetti della vita umana e che servivano a spiegare avvenimenti altrimenti inspiegabili.
Oggi, che molto di più si sa grazie alla scienza, gli dei hanno perso molto delle loro chance; è però filtrata fino ai nostri tempi l'idea che avevano gli antichi, quella del fato, del destino, dell'imponderabile e tanti sono i fan dell'astrologia e del destino legato alle stelle.
In definitiva nell'immaginario collettivo s'è consolidata l'idea di un ente che guidi i destini umani.
I greci e poi i latini, infatti, credevano alle "Moire", "Parche" o Fatae, figlie di Giove e di Temi, dea della Giustizia, che secondo quei miti erano le tre tessitrici che fissavano in modo inesorabile il destino di ciascun uomo, tessendo la loro vita per cui, appunto, tutto era previsto, quindi, anche le gioie e i dolori!
La prima delle tre, Cloto, filava il filo della vita, la seconda, Lachesi, dispensava i destini con fili diversamente colorati che disponeva ad arte assegnandone uno a ogni individuo stabilendone anche la durata e il modo della fine, e per ultima, la terza, Atropo, inesorabile, tagliava il filo della vita al momento stabilito.
L'eco del pensiero di un comportamento simile si trova in Isaia 38,12b, ma in questo caso attribuito al Dio d'Israele da Ezechia, re di Giuda, nel "Cantico" che gli elevò quando cadde malato: "Come un tessitore hai arrotolato la mia vita, mi recidi dall'ordito. In un giorno e una notte mi conduci alla fine."

Ecco che nella storia, di fatto, si sono agitate le seguenti tre idee che tra loro paiono inconciliabili:
  • l'uomo è autore del proprio destino;
  • tutto è casuale;
  • il proprio destino è immutabile.
Insomma filosofi e i teologi ne hanno tanto parlato: esiste o no il libero arbitrio?
Oppure, tutto è casuale?
O addirittura tutto è immodificabile, in quanto, deve andare come deve andare?
A monte di tutto ciò invero c'è la domanda delle domande che attende risposte personali; e la domanda cui ciascuno prima o poi è chiamato a rispondere è:

Dio esiste o non esiste?

Questa non è suscettibile della risposta definitiva attraverso le indagini della sola mente umana, visto che si trovano filosofi e scienziati di grande valore sia in posizioni pro, sia contro l'esistenza di un Dio creatore.
La seconda e la terza di quelle opzioni, di fatto, di solito sono allontanate e appaiono solo dopo che è stata scelta la prima, in quanto, l'uomo - e ciò è oggettivamente un bene - cerca d'operare per tutta la propria vita al fine di "migliorare" la propria condizione, secondo quanto può comprendere.
Dapprima l'uomo, in genere, agisce come libero di conseguire i risultati sperati, come se non ci fosse il "caso" o il "fato", ma tali fantasmi al verificarsi d'impedimenti sono subito considerati possibili; insomma si è più portati ad attribuire i risultati a proprio merito, e poi riferire il negativo al "fato" o al "caso", insomma a questioni che agiscono al di fuori della propria volontà.
All'uomo, qualsiasi cosa faccia o intraprende nella vita, s'oppone comunque un grosso scoglio, la morte corporale, su cui prima o poi si deve incontrare e contro cui ineluttabilmente s'infrange la propria barca.
Davanti a tale esito s'infrange il libero arbitrio e ogni orgoglio umano, perché davanti a quella ogni speranza mondana viene a cadere e tutto appare effimero.
Al proposito dice il Qoelet 1,3, libro sapienziale della Bibbia, "...tutto è vanità. Quale utilità ricava l'uomo da tutto l'affanno per cui fatica sotto il sole?"

Eppure, le gioie sono fatti reali che incidono nella vita di ogni uomo e hanno il potere sia di spuntare in questa valle di lacrime ove non pare potrebbero avere spazio, sia di superare la coltre della morte che dovrebbe appesantire gli animi.
La gioia, infatti, riesce a far esultare l'uomo anche se su lui il pensiero della morte pare tarpare le ali.
A questo punto si può dire che la gioia vera è come l'amore, in quanto, è capace di vincere l'oppressione della morte.

Dice il Cantico dei Cantici in 8,6 "...forte come la morte è l'amore, tenace come gli inferi è la passione..." e questo poema è un canto spirituale, un vero inno all'Amore che coinvolge a pieno corpo, anima e spirito dei due amanti che si ritrovano come "anime gemelle" tanto che è inserito nella Bibbia per alludere all'amore corrisposto tra Dio e il Suo popolo e/o tra Dio e l'anima del fedele.
Di fronte alla gioia che l'uomo pragmatico o il più pessimista degli uomini può comunque incontrare, pur se ateo questi arriva a concludere almeno che "il caso, il fato o il destino" gli è stato favorevole, ossia, in definitiva, è come dicesse che "l'imponderabile", quello che non osa chiamare col Suo nome e che altri chiamano Dio, comunque, lo ha favorito, quindi lo ha amato.
Una sottile speranza così è capace di filtrare negli animi di chiunque, aldilà di ogni più pessimistico dei ragionamenti e fa superare ogni più nera visione.
Accade così che nella mente scatta l'idea che ogni uomo che vive su questa terra, anche il più derelitto, possa e debba avere qualcuno che s'interessa o s'interesserà di lui e che lo ama.
Un atto del genere è auspicato per rendere un debito compenso, in quanto, è sentita necessaria un'esistenza, quella della Giustizia, che purtroppo su questa terra non si riesce a conseguire, perché fuori dal campo umano.

Prima di continuare avverto che, come m'è usuale, nel prosieguo uso la proprietà insita nelle 22 lettere dell'alfabeto ebraico di essere anche icone con un proprio messaggio grafico.
Al riguardo, si vedano le relative schede con i significati che s'ottengono cliccando sui loro simboli a destra delle pagine di questo mio Sito.
Nei miei personali commenti, studi e meditazioni sulle Sacre Scritture, uso poi anche un personale strumento per me di grande aiuto, un mio metodo di regole di decriptazione per ottenere pagine di 2° livello sull'epopea del Messia di cui è detto in "Parlano le lettere" e in "Le 22 sacre lettere, appunti di un qabalista cristiano" in base ai su menzionati significati grafici delle lettere ebraiche.
Al riguardo, perché utili sull'argomento, segnalo anche:
LA SORGENTE DELLA GIOIA
Se si va ben a considerare, simili sono i sintomi e le motivazioni della gioia e dell'amore; del resto l'esperienza aiuta a capire che chi si sente amato e ama, prova e dà gioia.
Tutto quel che non si può definire gioia, pur se ha qualche aspetto che può farla così sembrare, rientra nella categorie delle emozioni effimere, dei sentimenti passeggeri, delle illusioni momentanee di felicità che ben presto svaniscono.
Gli effetti delle gioie vere invece sono duraturi e sanciscono momenti di svolta della vita.
Gioia e amore, insomma, sono strettamente legati.
L'una e l'altro sono beni che si comunicano.
Come l'amore vero non può sussistere senza un altro che lo corrisponda e lo ricambi, così la gioia non ce la possiamo dare da soli, ossia comporta sempre un sano rapportarsi con gli altri; infatti, non passa mai attraverso uno solo.
Come un figlio è un dono di comunione, come nel lavoro o nel superamento di un ostacolo occorre comunque un riconoscimento oggettivo da parte di almeno un altro che prende vantaggio del tuo operare e che attesti il risultato acquisito, così ogni gioia, anche la più intima, è sempre frutto di un atto in cui si è ricevuto o si è dato amore.
Amore e gioia hanno una stessa sorgente e accade che quando s'incontra uno si è certamente incontrato anche l'altro e nel proprio cuore chi li incontra, di fatto, ha provato che l'Esistenza l'ha amato.
È evidente che l'origine della gioia è la rivelazione delle rivelazioni, quella che fa toccare con tutto se stessi - corpo, anima e spirito - che Dio c'è.

Si trova qualcosa di simile in 1Giovanni 1,1-4: "Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita - la vita infatti si manifestò, noi l'abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena" e la gioia è piena se appunto, si comunica.

Questa è l'esperienza che offrono al mondo da 2000 anni le comunità cristiane che attingono gioia dalla sorgente di Cristo Risorto.
Da quella sorgente scaturisce la vita vera e la vita eterna che si manifesta con i suoi inscindibili compagni: l'amore e la gioia.
Le manifestazioni che accompagnano la vita di una comunità cristiana, in grado d'interrogare chi vi s'accosta, sono l'amore e l'unità, palesi doni dello Spirito Santo versato in essa a profusione.
Al proposito, quindi, è lecito arrivare alla conclusione che se il vivere nella verità implica "amore e gioia", e nella comunità cristiana c'è "amore ed unità" vuol dire che gioia e unità sono intimamente sorelle.

Del resto si trova in Galati 5,22s: "Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c'è Legge."

Ho trovato in rete questo discorso che di Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955) gesuita e filosofo francese fece al matrimonio di una coppia amica e ne riporto alcuni passaggi, in quanto, evidenzia come l'unità porti alla felicità, quindi, alla gioia, infatti: "...non trovo niente di più adatto e di più prezioso da offrirvi che un elogio della Unità... qualità ben concreta... a cui tutti noi sogniamo di ricondurre le nostre opere e il mondo attorno a noi... Scienza, arte, politica, morale, pensiero, mistica: forme diverse di uno stesso sforzo di armonizzazione in cui si esprime, attraverso le nostre operazioni umane, il destino e l'essenza dell'universo. Felicità, potere, ricchezza, sapienza, santità: sinonimi di una vittoria sulla molteplicità. Nel fondo di ogni essere la creazione desidera un Principio che organizzerà un giorno i suoi tesori dispersi. Dio è unità. Ora, con quale gesto perseguire e raggiungere questa divina Unità? Sarà forse erigendo, ciascuno nel cuore del suo piccolo mondo, un centro esclusivo di dominio e di godimento? La nostra felicità consiste forse nel ricondurre tutto a noi stessi? Potremmo essere felici alla condizione di divenire noi stessi, ciascuno per sé, il nostro piccolo Dio? La vostra duplice presenza in questo luogo prova quanto sia lontana da voi questa egoistica illusione... la vostra felicità dipende dallo spazio che darete alle vostre speranze. Sarete felici... soltanto se le vostre due vite si uniranno e si svilupperanno avventurosamente affacciate verso l'avvenire, nella passione di Uno più grande di voi."

Per il credente cristiano, quindi, tutto è più semplice, in quanto, il fedele praticante crede a ciò che sostiene anche San Paolo: "Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore. Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi." (Romani 14,7-9) e "...nemmeno un capello del vostro capo perirà" (Luca 21,18)

Questa speranza era stata proclamata a pieni polmoni dal profeta Isaia quando ha affermato: "Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti. Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto; la condizione disonorevole del suo popolo farà scomparire da tutto il paese, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse; questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza." (Isaia 25,7-9)

In definitiva, il profeta arriva alla conclusione che il rallegrarsi e l'esultare, insomma la "gioia", viene dal Signore "in cui abbiamo sperato", perché del reso solo Lui vince la morte e sono frutto della "sua salvezza".
Ora, in ebraico della "sua salvezza" è scritto "yishua'to" , lettere in cui appare il nome "Yeshua'", ossia Gesù.
Quel "sua salvezza" allora in pratica si può leggere come "Gesù che in croce si portò ", in quanto = + e = un bastone che allude al portare condurre.
Quel versetto Isaia 25,9 fornisce anche due importanti termini in ebraico "rallegriamoci" "nagilah" e "esultiamo" "nismechah" . Il primo, viene dal radicale usato oltre che per rallegrarsi per "allietarsi, godere, festeggiare, celebrare" e il secondo con significati simili anche come gioire e da cui viene "simecha" e "simechah" un modo per dire gioioso e gioia come ad esempio nel Salmo 100,2 che recita: "Acclamate il Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia , presentatevi a lui con esultanza".
C'è poi anche un altro modo per dire "gioia" che viene dal radicale che si usa per "rallegrarsi, gioire e godere" e come rafforzativo di gioia "per colmare... di gioia", ossia essere al vertice all'acme della gioia, e si ha anche "choedah" e "chadvat" per "gioia, festeggiamento", usato in:
  • Neemia 8,10 - "Poi Neemia disse loro: Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza."
  • 1Cronache 16,27 - "Maestà e onore sono davanti a lui, forza e gioia nella sua dimora."
  • Esdra 6,16 - "Gli Israeliti, i sacerdoti, i leviti e gli altri rimpatriati celebrarono con gioia la dedicazione di questo tempio di Dio..."
  • Giobbe 3,6 - nel testo ebraico c'è anche un "non si gioisca" come .
  • Esodo 18,9 - "Ietro si rallegrò..." pure come .
Al riguardo è da ricordare che il bi-letterale da solo sta per "acuto, aguzzo", quindi, per "apice o vertice" e che in Ezechiele 33,30 è usato come "'oechad" per "uno, uno solo, unico", vale a dire "inizia il vertice ", o "Uno al vertice ", quindi, uno solo.
Questo "'oechad" è l'aggettivo identificativo del Signore nella preghiera principale dell'ebraismo, quella detta dello "Shema'", tratta da Deuteronomio 6,4:

"Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore."



Ecco che il Signore IHWH è UNO e, dopo quanto detto possiamo aggiungere "IHWH origina il gioire ()", quindi, è proprio Lui la sorgente della gioia.
Di quel capitolo, Deuteronomio 6, che è una sintesi importante della spiritualità biblica connessa con l'autore della gioia, appunto il Signore, riporto in appendice la decriptazione dei versetti da 1 a 15 che offre una pagina di secondo livello sulle più profonde motivazioni dei quello scritto in base al grafismo delle lettere ebraiche usate nel testo stesso.

La Sacra Scrittura definisce il Signore Dio in questi modi:
  • Salmo 36,10 - "È in te la sorgente della vita..."
  • Giovanni 4,8 - "Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore." Salmo 51,10 fa "...sentire gioia e letizia, esulteranno le ossa..."
Conclusione: da Lui viene la triade inscindibile vita piena, amore e gioia.
Ora se mancano amore e gioia non è vita piena e vuol dire che allora qualcuno... ci ha messo lo zampino o la coda.
Il Signore secondo la fede cristiana, in relazione alla rivelazione dei Vangeli, ha preso la carne da una donna per mettere ordine e riparare al disastro combinato dall'umanità che ha seguito l'istino animale.
Dio stesso insomma si è "incarnato", è entrato come uomo nella storia degli uomini e ha portato all'uomo che crede alla Sua rivelazione la certezza che la meta della vita ha come previsione la pienezza della gioia.

Gesù Cristo nel Vangelo di Giovanni 17,1-13, infatti, dice al Padre: "Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro... io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi... ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia."

Gesù ha la pienezza della gioia che è del Padre e desidera che chi è alla sua sequela sia associato alla gioia della SS. Trinità.
Chiede, infatti, che siano con essa e tra loro appunto una cosa sola, con il che assevera ancora che unità e gioia sono interscambiabili nei risultati.

LA GIOIA NELLA BIBBIA PRIMA DI CRISTO
Nel testo della C.E.I. ad esempio nella traduzione italiana del 1975 nella Bibbia si trova che il verbo gioire è usato 427 e il termine "gioia" vi appare per 294 volte di cui 222 nell'Antico Testamento e 72 nel Nuovo Testamento.
Nei 5 libri della Torah però solo due volte si trova un termine tradotto come "gioia" e ciò avviene in:
  • Numeri 10,10 - "Così anche nei vostri giorni di gioia, nelle vostre solennità e al principio dei vostri mesi, suonerete le trombe quando offrirete olocausti e sacrifici di comunione; esse vi ricorderanno davanti al vostro Dio. Io sono il Signore vostro Dio." (I giorni di festa sono stabiliti nella Torah stessa)
  • Deuteronomio 28,47s - "Poiché non avrai servito il Signore tuo Dio con gioia e di buon cuore in mezzo all'abbondanza di ogni cosa, servirai i tuoi nemici, che il Signore manderà contro di te, in mezzo alla fame, alla sete, alla nudità e alla mancanza di ogni cosa..."
Da questi versetti del Deuteronomio si deduce il principio che gli atti di culto sono graditi dal Signore solo se adempiuti con gioia; del resto così recita il Salmo 100,2: "Acclamate al Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza."

Questo potrebbe spiegare quanto non è detto in Genesi 4,4.5 sulle offerte di Caino e Abele: "Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta."; forse Caino non offriva con gioia.

Grande gioia manifestò Davide nei riguardi dell'Arca del Signore.
Aveva avuto timore di portarla a Gerusalemme dopo che morì fulminato uno degli accompagnatori, un certo Uzzà, che aveva cercato di sorreggerla quando durante il trasporto l'arca sul carro s'era inclinata, ma poi vista la benedizione che aveva portato alla casa di Obed-Èdom di Gat dove l'aveva lasciata per tre mesi volle portarla a Gerusalemme.

In quell'occasione Davide manifestò per l'arca di Dio tutta la sua gioia, fino a danzarle pressoché nudo davanti, infatti, in 2Samuele 6,12-15 si trova: "Allora Davide andò e trasportò l'arca di Dio dalla casa di Obed-Èdom nella città di Davide, con gioia. Quando quelli che portavano l'arca del Signore ebbero fatto sei passi, egli immolò un bue e un ariete grasso. Davide danzava con tutte le forze davanti al Signore. Ora Davide era cinto di un efod di lino. Così Davide e tutta la casa d'Israele trasportavano l'arca del Signore con tripudi e a suon di tromba."

Davide, oltre che con il proprio esempio fu un grande interprete della volontà di Dio nei riguardi del popolo inculcando il senso della gioia nei rapporti col Signore ed ebbe a tale riguardo una vera funzione sacerdotale.
È, infatti, da ricordare la seguente preghiera, che direi d'intercessione, che si trova in 1Cronache 29,15-18: "Noi siamo stranieri davanti a te e pellegrini come tutti i nostri padri. Come un'ombra sono i nostri giorni sulla terra e non c'è speranza. Signore nostro Dio, quanto noi abbiamo preparato per costruire una casa al tuo santo nome proviene da te, è tutto tuo. So, mio Dio, che tu provi i cuori e ti compiaci della rettitudine. Io, con cuore retto, ho offerto spontaneamente tutte queste cose. Ora io vedo il tuo popolo qui presente portarti offerte con gioia. Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Israele, nostri padri, custodisci questo sentimento per sempre nell'intimo del cuore del tuo popolo. Dirigi i loro cuori verso di te."

Questo insegnamento nella sua discendenza fu raccolto dal re Ezechia, anch'egli ricordato nella genealogia di Gesù in Matteo 1,9.10; Ezechia, infatti, fu un grande riformatore e riportò in auge il culto a IHWH e fu: "...ristabilito il culto nel tempio. Ezechia con tutto il popolo gioì perché Dio aveva ben disposto il popolo; tutto infatti si fece senza esitazioni." (2Cronache 29,35-36)

È da ricordare un episodio istruttivo.
Quel re aveva in animo di riunire spiritualmente sotto il culto di IHWH nel Tempio di Gerusalemme tutto Israele pur se i regni erano ormai da tempo divisi e inviò messaggeri e lettere dal regno del Sud a quello del Nord perché venissero a celebrare la festa di Pasqua a Gerusalemme, che in quell'anno fu celebrata alla seconda luna piena per dar modo e tempo di venire.

Si legge in 2Cronache 30,18-23: "In realtà la maggioranza della gente, fra cui molti provenienti da Efraim, da Manasse, da Isaccar e da Zabulon, non si era purificata; mangiarono la pasqua senza fare quanto è prescritto. Ezechia pregò per loro: Il Signore che è buono perdoni chiunque abbia il cuore disposto a ricercare Dio, ossia il Signore Dio dei suoi padri, anche senza la purificazione necessaria per il santuario. Il Signore esaudì Ezechia e risparmiò il popolo. Così gli Israeliti che si trovavano in Gerusalemme celebrarono la festa degli azzimi per sette giorni con grande gioia, mentre i sacerdoti e i leviti lodavano ogni giorno il Signore con gli strumenti che risuonavano in suo onore... Tutta l'assemblea decise di festeggiare altri sette giorni; così passarono ancora sette giorni di gioia."

È li sottolineato che: "Il Signore esaudì Ezechia e risparmiò il popolo", ossia fa intravedere che la gioia e la disposizione d'animo è in grado di procurare perdono alle trasgressioni; insomma quello che conta è il presentarsi a Lui con cuore sincero, infatti, annota quel testo in 26s: "Ci fu una gioia straordinaria in Gerusalemme, perché dal tempo di Salomone figlio di Davide, re di Israele, non c'era mai stata una cosa simile in Gerusalemme. I sacerdoti e i leviti si levarono a benedire il popolo; la loro voce fu ascoltata e la loro preghiera raggiunse la santa dimora di Dio nel cielo."

La stessa gioia si ritrova quando, dopo il ritorno della seconda carovana di reduci da Babilonia ci fu la restaurazione del Tempio, com'è narrato nel libro di Esdra: "Allora gli Israeliti, i sacerdoti, i leviti e gli altri rimpatriati celebrarono con gioia la dedicazione di questa casa di Dio... Celebrarono con gioia la festa degli azzimi per sette giorni poiché il Signore li aveva colmati di gioia, avendo piegato a loro favore il cuore del re di Assiria, per rafforzare le loro mani nel lavoro per il tempio del Dio d'Israele. " (Esdra 6,16.22)

Come si comprende, nessuno può darsi la gioia da solo, invero era accaduto che "il Signore li aveva colmati di gioia".

Nei 150 Salmi la parola "gioia" è cantata per 42 volte a partire dal Salmo 1 ove viene detto: "Beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte".

Riporto gli estremi delle citazioni e per alcune il testo del Salmo:
  • 2,8; 16,11 - "Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra";
  • 21,7; 27,6; 30,6.12; 32,11; 37,4 - "Cerca la gioia nel Signore: esaudirà i desideri del tuo cuore";
  • 42,5; 45,16; 47,2; 48,3; 51,10 - "Fammi sentire gioia e letizia: esulteranno le ossa che hai spezzato";
  • 51,14 - "Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso";
  • 63,8 - "...a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all'ombra delle tue ali";
  • 63,12; 65,9.14; 66,6; 68,4 - "I giusti invece si rallegrano, esultano davanti a Dio e cantano di gioia";
  • 68,7; 90,15 - "Rendici la gioia per i giorni in cui ci hai afflitti, per gli anni in cui abbiamo visto il male";
  • 92,5 - "Perché mi dai gioia, Signore, con le tue meraviglie, esulto per l'opera delle tue mani";
  • 95,2; 97,11; 100,2; 105,43; 106,5; 107,22; 109,28; 112,1 - "Alleluia. Beato l'uomo che teme il Signore e nei suoi precetti trova grande gioia";
  • 119,4 - "Nella via dei tuoi insegnamenti è la mia gioia, più che in tutte le ricchezze";
  • 119,74.111; 122,1 - "Canto delle salite. Di Davide. Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore!";
  • 126,2-3 - "Allora la nostra bocca si riempì di sorriso, la nostra lingua di gioia. Allora si diceva tra le genti: Il Signore ha fatto grandi cose per loro. Grandi cose ha fatto il Signore per noi: eravamo pieni di gioia";
  • 126,5; 126,6 - "Nell'andare, se ne va piangendo, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con gioia, portando i suoi covoni";
  • 132,16 - "I suoi sacerdoti li vestirò di salvezza e i suoi fedeli giubileranno con gran gioia".
La conclusione, ossia il massimo della gioia, è andare dal Signore a Gerusalemme, infatti, l'ultima delle citazioni nei Salmi è:
  • 137,6 - "...mi si attacchi la lingua al palato se lascio cadere il tuo ricordo, se non innalzo Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia."
Tra i profeti chi fa la parte del leone per quanto riguarda la "gioia" certamente è il profeta Isaia che la cita ben 34 volte rispetto alle 14 in Geremia più 2 in Lamentazioni, 8 in Baruc, 2 in Ezechiele come in Daniele, Sofonia, Gioele e 1 in Zaccaria, Giona, Abacuc e Abdia.

Le 34 citazioni in Isaia si trovano in:
  • 5,14; 9,1 - "Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l'opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Madian";
  • 12,3 - "Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza";
  • 14,7; 16,10 - "Sono scomparse gioia e allegria dai frutteti; nelle vigne non si levano più lieti clamori né si grida più allegramente. Il vino nei tini non lo pigia il pigiatore, il grido di gioia è finito";
  • 22,13; 24,8.11; 30,29; 32,13,14; 35,2; 35,6 - "Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa";
  • 35,10 - "Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto";
  • 44,23; 48,20; 49,13; 51,3 - "Davvero il Signore ha pietà di Sion, ha pietà di tutte le sue rovine, rende il suo deserto come l'Eden, la sua steppa come il giardino del Signore. Giubilo e gioia saranno in essa, ringraziamenti e melodie di canto!";
  • 52,9; 54,1; 55,12 - "Voi dunque partirete con gioia, sarete ricondotti in pace. I monti e i colli davanti a voi eromperanno in grida di gioia e tutti gli alberi dei campi batteranno le mani";
  • 56,7 "li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli";
  • 60,15; 61,7; 62,4; 64,4; 65,14 poi in 65,17 e 66,5.10.
Tra queste ultime sono da tenere in particolare conto le seguenti perché ciascuna spiega qualcosa di più sulla gioia:
  • 62,4 - "Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te" da cui si ricava che anche Dio gioisce in comunione con l'uomo proprio come in un matrimonio lo sposo con la sposa;
  • 64,4 - "Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia e si ricordano delle tue vie" in cui ancora si assevera che la gioia è la giusta compagna di chi serve il Signore;
  • 65,14 - "ecco, i miei servi giubileranno per la gioia del cuore", che conferma quanto appena detto;
  • 65,17 - "Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e nuova terra ; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio. Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia " e profila la gioia della nuova Gerusalemme, tema che poi sarà accolto nel Nuovo Testamento dal libro dell'Apocalisse.
Nel libro del profeta Geremia la "gioia" si trova citata in:
  • 7,34; 11,15; 15,16 - "Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, perché il tuo nome è invocato su di me, Signore, Dio degli eserciti";
  • 16,9; 20,15; 25,10;31,7; 31,13 - "La vergine allora gioirà danzando e insieme i giovani e i vecchi. Cambierò il loro lutto in gioia, li consolerò e li renderò felici, senza afflizioni";
  • 32,41 - "Concluderò con loro un'alleanza eterna e non cesserò più dal beneficarli; metterò nei loro cuori il mio timore, perché non si allontanino da me. Proverò gioia nel beneficarli; li farò risiedere stabilmente in questo paese, e lo farò con tutto il cuore e con tutta l'anima";
  • 33,9; 33,11 - "Così dice il Signore: Di questo luogo voi dite: " È desolato, senza uomini e senza bestiame"; ma si udranno ancora nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme, ora desolate, senza uomini, senza abitanti e senza bestiame, il canto della gioia e dell'allegria, il canto dello sposo e il canto della sposa, e la voce di coloro che cantano: Rendete grazie al Signore degli eserciti, perché il suo amore è per sempre, e porteranno sacrifici di ringraziamento nel tempio del Signore. Sì, io ristabilirò la sorte di questo paese come era al principio, dice il Signore"; 48,33 "Sono scomparse gioia e allegria dai frutteti e dalla regione di Moab. È finito il vino nei tini, non pigia più il pigiatore, il canto di gioia non è più canto di gioia";
poi in Lamentazioni 2,15 e 5,15.

Una particolare menzione, infine, va fatta per il deuterocanonico libro del profeta Baruc che nei suoi 6 capitoli cita la gioia per 8 volte, precisamente in:
  • 2,23; 3,35 - "Le stelle hanno brillato nei loro posti di guardia e hanno gioito; egli le ha chiamate ed hanno risposto: Eccoci!, e hanno brillato di gioia per colui che le ha create";
  • 4,11.22-23.29; 4,36 - "Guarda a oriente, Gerusalemme, osserva la gioia che ti viene da Dio";
  • 5,9 - "Perché Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui."
È quindi assodato che la Gioia viene da Dio e annuncia la gloria, che è quella propria della risurrezione.
Ecco che quei termini ebraici del "gioire" e della "gioia", "simecha e simechah" , alla luce di quanto detto e grazie al significato grafico delle lettere ebraico che li costituiscono, assumono i seguenti significati:
  • "gioire", , "camminare stando col Potente - il Signore ";
  • "gioia", "simecha" e "simechah" , "risorgere alla vita ; dalla tomba uscire ".
D'altronde le lettere di gioia sono le stesse del verbo , "ungere, consacrare", verbo da cui deriva l'Unto, il Messia, il Cristo, colui che reca la risurrezione a ciascuno alla fine dei tempi.

I VANGELI E LA "GIOIA"
La parola "gioia" complessivamente nei quattro Vangeli canonici si trova usata per 30 volte, precisamente:
  • 6 in Matteo;
  • 1 in Marco;
  • 13 in Luca;
  • 10 in Giovanni.
Vediamo dove, come e perché.

Matteo
  • 2,10 - I Magi che erano arrivati a Gerusalemme guidati da una stella; dopo aver incontrato Erode il Grande, partiti per Betlemme "Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima."
  • 13,20 - Nell'ambito della parabola del "seminatore" per la parte di semi che cade sulle zone sassose il Vangelo dice: "Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l'accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno." Il Vangelo comunicato porta comunque gioia anche se non trova poi modo di svilupparsi.
  • 13,44 - "Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo." Chi trova il "regno dei cieli" entra in una gioia che vuole conservare.
  • 25,21.23 - Si è nell'ambito della parabola dei "talenti" ove per due volte è detto a due dei tre servi "...sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone." Ne consegue che la gioia è il risultato di essere in comunione col Signore.
  • 28,8 - Si è alla mattina della domenica di resurrezione e "Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annuncio ai suoi discepoli." La vera grande gioia è la risurrezione di Cristo che comporta l'impulso irrefrenabile di annunciarla.
Marco
  • in 4,16 parallelo di Matteo 13,20 sulla parabola del "seminatore".
Luca
  • 1,14 - L'angelo del Signore annuncia a Zaccaria la nascita del figlio, Giovanni Battista: "Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita".
  • 1,44 - Elisabetta, ancora incinta di Giovanni, incontra Maria in attesa di Gesù ed esclama, "Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo."
  • 2,10s - L'angelo annuncia ai pastori, "...disse loro: Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore."
  • 8,13 - parallelo di Matteo 13,20 sulla parabola del "seminatore".
  • 10,17 - "I settantadue tornarono pieni di gioia..." Annunciare il Vangelo reca gioia anche a chi l'annuncia.
  • 10,21 - "In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza." Attenzione la sapienza e la conoscenza delle cose di questo mondo possono velare la vera gioia.
  • 15,5.7.10 - Nella parabola della "pecora perduta" e della "moneta perduta" si trova, "Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte." La gioia della conversione spunta in cielo e in terra:
  • 19,6 - Zaccheo accoglie Gesù a casa sua, "Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia."
  • 19,37 - Si è al momento della "Domenica delle palme", "Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto..."
  • 24,41 - Gesù si presenta ai discepoli e "...mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: Avete qui qualche cosa da mangiare?"
  • 24,52 - Dopo l'Ascensione i discepoli "...si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia".
Giovanni
  • 3,29 - Giovanni Battista è l'amico dello sposo: "Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena." La sposa esulta alla voce dello sposo e tutto attorno a loro è gioia.
  • 8,56 - La gioia di Abramo e dei patriarchi era di attendere un evento, la venuta di Cristo, infatti: "Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia."
  • 15,11 - "Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena." Gioia è partecipare alla comunione del Padre e del Figlio.
  • 16,20-24 - Si è al momento del "testamento spirituale" di Gesù, dopo l'ultima cena, ove tra l'altro disse: "...sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla. In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena." Gioia è quando l'uomo viene veramente al mondo, ossia prende atto di essere figlio di Dio.
  • 17,13 - Quella gioia di sapere che l'uomo è figlio di Dio e quando ci si rende conto di essere fratelli per Gesù Cristo che è salito al Padre, infatti, dice, "...ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia."
LA "GIOIA" NEGLI ALTRI TESTI DEL NUOVO TESTAMENTO
Si trovano complessivamente 44 versetti ove si parla di gioia.

Atti degli Apostoli 7 citazioni.
  • 2,28 - San Pietro uscito nel giorno di Pentecoste nel suo Kerigma ricorda il versetto del Salmo 16,11: "Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza."
  • 8,8 - Filippo predica e fa miracoli in Samaria: "E vi fu grande gioia in quella città."
  • 8,39 - Filippo battezza un etiope, eunuco della regina Candace e: "Quando risalirono dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada."
  • 12,14 - Pietro è miracolosamente liberato dalla prigione e va al cenacolo, casa di Maria, madre di Giovanni, detto Marco, dove molti erano riuniti e pregavano: "Riconosciuta la voce di Pietro, per la gioia non aprì la porta, ma corse ad annunciare che fuori c'era Pietro."
  • 13,52 - "I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo."
  • 15,3 - Paolo e Barnaba: "...attraversarono la Fenicia e la Samaria, raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli."
  • 16,34 - Un carceriere dopo un terremoto che aveva liberato Paolo e Sila che non erano fuggiti: "...li prese con sé, a quell'ora della notte, ne lavò le piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi; poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio."
Lettera agli Ebrei 4 citazioni.
  • 10,34 - "...avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di esser spogliati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e più duraturi."
  • 12,2 - "...tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia, e si è assiso alla destra del trono di Dio."
  • 12,11 - "Certo, ogni correzione, sul momento, non sembra causa di gioia, ma di tristezza ; dopo però arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati."
  • 13,17 - "Obbedite ai vostri capi e state loro sottomessi, perché essi vegliano su di voi, come chi ha da renderne conto; obbedite, perché facciano questo con gioia e non gemendo: ciò non sarebbe vantaggioso per voi." Gesù, "autore e perfezionatore della fede" ha insegnato col suo esempio che la correzione che viene della croce è annuncio di gioia.
Lettere di San Paolo complessivamente 26 citazioni.

Romani 5 citazioni.
  • 12,8 - "Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia."
  • 12,15 - "Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto."
  • 14,17 - "Il regno di Dio infatti non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo."
  • 15,13 - "Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo."
  • 15,32 - "Così, se Dio lo vuole, verrò da voi pieno di gioia per riposarmi..."
2Corinzi 7 citazioni.
  • 1,24 - "Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perché nella fede voi siete già saldi."
  • 2,3 - "Perciò vi ho scritto in quei termini che voi sapete, per non dovere poi essere rattristato alla mia venuta da quelli che dovrebbero rendermi lieto, persuaso come sono riguardo a voi tutti che la mia gioia è quella di tutti voi." Ciò perché la fede in Cristo è gioia.
  • 7,4 - "Sono molto franco con voi e ho molto da vantarmi di voi. Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione."
  • 7,7 - "...e non solo con la sua venuta, ma con la consolazione che ha ricevuto da voi. Egli ci ha annunziato, infatti il vostro desiderio, il vostro dolore, il vostro affetto per me; cosicché la mia gioia si è ancora accresciuta."
  • 7,13 - "Ecco quello che ci ha consolati. A questa nostra consolazione si è aggiunta una gioia ben più grande per la letizia di Tito, poiché il suo spirito è stato rinfrancato da tutti voi."
  • 8,2 - "...nonostante la lunga prova della tribolazione, la loro grande gioia e la loro estrema povertà si sono tramutate nella ricchezza della loro generosità..."
  • 9,7 - "Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia."
Galati 5,22 - "Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé."

Filippesi 6 citazioni.
  • 1,4 - "...pregando sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera."
  • 1,25 - "Per conto mio, sono convinto che resterò e continuerò a essere d'aiuto a voi tutti, per il progresso e la gioia della vostra fede..." La fede è gioia!
  • 2,2 - "...rendete piena la mia gioia con l'unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti."
  • 2,29 - "Accoglietelo dunque nel Signore con piena gioia e abbiate grande stima verso persone come lui."
  • 4,1 - "Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete saldi nel Signore così come avete imparato, carissimi!"
  • 4,10 - "Ho provato grande gioia nel Signore, perché finalmente avete fatto rifiorire i vostri sentimenti nei miei riguardi: in realtà li avevate anche prima, ma non ne avete avuta l'occasione."
Colossesi 1,12 - "...ringraziando con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce."

1Tessalonicesi 4 citazioni.
  • 1,6 - "E voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo..."
  • 2,19 - "Infatti chi, se non proprio voi è la nostra speranza, la nostra gioia e la corona di cui vantarci davanti al Signore nostro Gesù, nel momento della sua venuta?"
  • 2,20 - "Siete voi la nostra gloria e la nostra gioia!"
  • 3,9 - "Quale ringraziamento possiamo rendere a Dio riguardo a voi, per tutta la gioia che proviamo a causa vostra davanti al nostro Dio..."
2Timoteo 1,4 - "...sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia."

Filemone 1,7 - "La tua carità è stata per me motivo di grande gioia e consolazione, fratello, perché per opera tua i santi sono stati profondamente confortati."

Lettere cattoliche complessivamente 7 citazioni.

1Giovanni 1,4 - "Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena."

2Giovanni 12 - "Molte cose avrei da scrivervi, ma non ho voluto farlo con carta e inchiostro; spero tuttavia di venire da voi e di poter parlare a viva voce, perché la nostra gioia sia piena."

3Giovanni 4 - "Non ho gioia più grande di questa: sapere che i miei figli camminano nella verità."

1Pietro 2 citazioni.
  • 1,6-9 - "Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po' di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell'oro - destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco - torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime."
Giacomo 5,13 - "...chi è nella gioia, canti inni di lode."

Giuda 24s - "A colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi comparire davanti alla sua gloria senza difetti e colmi di gioia, all'unico Dio, nostro salvatore, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, gloria, maestà, forza e potenza prima di ogni tempo, ora e per sempre. Amen."

LA GIOIA, PROFUMO DI CRISTO
La prima cosa che viene in mente pensando al profumo è il fiore che spicca rispetto a ciò che è attorno e attira in tutti i modi per forma e colori di corolla o petali e, in genere, con un proprio caratteristico profumo.
Ora, il profumo è un'emissione che perlopiù risulta gradevole che alcune sostanze che produce il fiore effondono al calore del sole.
La botanica insegna che nei fiori il profumo non è fine a se stesso, ma mira a un risultato in quanto serve alla specie per attirare insetti impollinatori come ad esempio le api.
Ecco che il profumo richiama la primavera, l'esplodere della vita della natura sotto il tepore benefico dei raggi solari che fornisce energia e questa viene riemessa in quei modi che paiono esprimere la gioia della terra.
Non a caso gli antichi contavano la vita a "primavere", ossia quante volte l'individuo era riuscito a superare le stagioni meno favorevoli, dell'autunno e dell'inverno.
Che accade in primavera?
Com'è noto è così definita: quel terzo di anno che inizia al primo equinozio 20-21 marzo di ogni anno solare, quando il giorno comincia a prevalere sulla durata della notte.
Per l'ebreo e per il cristiano la prima luna piena di primavera è il tempo della festa di "Pesach", ossia di Pasqua che viene celebrata proprio in occasione della prima notte di massima luminosità lunare nei giorni di vittoria della luce solare sulle tenebre, nata come festa legata al primo equinozio.
Quel tempo in cui la natura di fatto è liberata dalla morsa dell'inverno corrisponde anche al memoriale che gli ebrei fanno come festa della liberazione della schiavitù, trasferita poi nel cristianesimo che quei significati ha potuto completare con quello della liberazione dalla schiavitù principale dell'uomo, quella della morte, per cui la Santa Pasqua diviene la festa della vittoria sulla morte di Gesù Cristo, crocefisso e risorto, e annuncia che un uomo è entrato nell'eternità, quindi... Dio c'è.
Alla luce della prima "risurrezione", quella di Cristo, che annuncia la buona notizia di un tempo nuovo, il profumo dei fiori in primavera è allora collegato alla creazione, "che geme e soffre" in attesa della redenzione (Romani 8,22), e questa risponde entrando nella festa e nella gioia con i fiori e i loro profumi.
Un'antica omelia così celebra salvezza e vittoria di Cristo sulla morte:

O Pasqua Divina!
Per te la fosca morte fu distrutta
e la Vita si è diffusa su tutti gli esseri
.
Si sono aperte le porte del cielo:
Dio è apparso come uomo
e l'uomo è salito come Dio.
Per te sono state scardinate le porte dell'Ade
e i catenacci di acciaio sono stati rotti.
O Pasqua divina!
Tu hai unito spiritualmente a noi il Dio
che i cieli non possono racchiudere.



Dall'affresco della cripta di Santa Francesca Cabrini in Roma

Questa parte del dipinto riguarda la tomba vuota e l'angelo che annunzia alle donne che Gesù, il Crocifisso, non è lì, è risorto.
La Chiesa continua ad annunziare il lieto messaggio della Pasqua del Signore che dona la vita divina e la capacità di amare, risanando le antiche ferite degli errori di Adamo e ricolma della gioia fornita dalla grazia dello Spirito Santo.

"Profumo, profumare, profumiere" e simili sono termini che complessivamente nella Bibbia ricorrono 142 volte, di cui 22 nel Nuovo Testamento.
Le espressioni "profumo soave", "soave profumo", "profumo di soave odore" e profumo gradito" vi si presentano per 35 volte e ancora 8 volte "profumo aromatico", 1 volta "profumo fragrante" e 10 volte "olio profumato" sempre riferito al Signore e ai sacrifici e all'offerte che gli competono, quindi, era una caratteristica essenziale della liturgia del Tempio che si compiva sull'altare dei sacrifici, fuori della tenda del convegno, in cui invece c'era l'altare dei "profumi" (Esodo 30) davanti al velo che nasconde l'arca della Testimonianza su cui si bruciavano l'incenso o meglio una composizione di profumi aromatici i più nobili della terra che stavano a rappresentare la preghiera che sale a Dio.
Per il Signore i sacrifici, gli olocausti e le offerte nel Tempio, sono graditi solo se sono di "soave odore", mentre i sacrifici, in quanto, tali non gli interessano. Ciò che invero interessa il Signore non è l'oggetto del sacrificio, ma l'intenzione, il soave odore" con cui è adempiuto, questo ha il potere di elevarsi fino a Lui.

Canta Davide nel Salmo 40 questa profezia, compiuta poi a pieno un suo discendente, Gesù di Nazaret: "Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo. Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo." (Salmo 40,7-9)

Quello che desidera lo dice San Paolo in Romani 12,1 sulla base della passionedi Cristo che ha confermato la profezia di quel Salmo: "Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale."
Non gli interessa il sacrificio inteso nel senso negativo della parola, ma lo gradisce come offerta concreta, quindi col corpo, della propria vita da parte di ciascun uomo, quando sale a lui con "soave odore", ossia solo se fa capire che è, o perlomeno cerca d'essere, sintonizzato con la volontà di Dio.
"Soave odore" o "profumo di soave odore" o "profumo gradito" in ebraico è "richa nichocha" scritto come come in Esodo 29,18: "Allora farai bruciare sull'altare tutto l'ariete. È un olocausto in onore del Signore, un profumo gradito, un'offerta consumata dal fuoco in onore del Signore."
Ora, "richa" ossia , significa proprio "profumo" e quelle le lettere col loro grafismo spiegano: "nel corpo è nascosto - racchiuso ".
Ecco così, subito quel rebus di tre lettere porta in evidenza un corpo, quello che lo emette che fa da contenitore dell'essenza.
Solo se quella proviene dallo spirito dell'uomo quando è nutrito dallo spirito di Dio, quello che ad Adamo "soffiò nelle sue narici" di cui in Genesi 2,7, cioè se in lui si trova l'odore del "nishmat", il soffio della creazione, allora questo sale gradito fino a Lui.
Nessun uomo però conteneva più l'effluvio che aveva avuto Adamo.
Quello Spirito delle origini si era allontanato per rispettare la loro libertà quando la prima coppia, che Dio aveva unito perché nell'amore dai loro corpi nascessero "figli di Dio", di fatto, tentata, peccò e perpetrò discomunione con Dio e tra loro, rifiutando di fatto la missione.
Occorreva, pertanto, l'offerta della vita di un uomo nuovo, nato da donna e da Spirito Santo che, riavendo in sé lo spirito dell'origine, ri-immettesse nell'umanità le doti necessarie a portare a termine il disegno che Dio intendeva dare in origine alla coppia Adamo, facendo rinascere tutta l'umanità ad opera dello Spirito Santo di Dio che avrebbe profuso nel nuovo matrimonio, "la nuova alleanza", che questo primo Figlio dell'uomo e di Dio avrebbe contratto con l'umanità tutta intera.

Il secondo termine "nichocha" che si trova scritto sia come , sia , oltre che "soave" dal radicale di "posare, riposare", quindi rilassarsi, sta a significare che "calma, placa".
Le lettere ebraiche di "soave odore" si possono leggere anche in altro modo con i significati grafici di quelle lettere e si ricava l'informazione: "nel corpo c'è una grazia , è annunciata ( racchiusa ".
Si, il profumo è un avviso, c'è un invito, vieni a cercare, c'è qualcosa di nascosto, di misterioso, ma anche di grazioso e piacevole da scoprire, insomma annuncia una gioia.
Nel profumo esiste una promessa di gioia, esprime la felicità di chi lo emette fa presente la vicinanza di una festa, avverte che chi lo porta è nella gioia e la può trasmettere, e dispone all'amore.
Del resto donne e uomini si profumano soprattutto nelle grandi occasioni e negli incontri amorosi.
Del resto anche in questo caso il massaggio di quelle lettere prende senso e promette ebrezze amorose, infatti il profumo intende avvisare che: "nel corpo c'è grazia è nascosta , la reca segreta ".
Il Cantico dei Cantici, canto d'amore a tutti i livelli dall'eros al mistico, per 7 volte parla di aroma - aromi e aromatico - aromatiche e ben 8 volte dice di "profumo", come risulta dai versetti seguenti:
  • Cantico dei Cantici 1,3 - "Inebrianti sono i tuoi profumi per la fragranza...";
  • Cantico dei Cantici 1,12 - "Mentre il re è sul suo divano, il mio nardo effonde il suo profumo...";
  • Cantico dei Cantici 2,13 - "Il fico sta maturando i primi frutti e le viti in fiore spandono profumo. Alzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!";
  • Cantico dei Cantici 3,6 - "Chi sta salendo dal deserto come una colonna di fumo, esalando profumo di mirra e d'incenso e d'ogni polvere di mercanti?";
  • Cantico dei Cantici 4,10 - "Quanto è soave il tuo amore, sorella mia, mia sposa, quanto più inebriante del vino è il tuo amore, e il profumo dei tuoi unguenti, più di ogni balsamo.";
  • Cantico dei Cantici 4,11 - "Le tue labbra stillano nettare, o sposa, c'è miele e latte sotto la tua lingua e il profumo delle tue vesti è come quello del Libano.";
  • Cantico dei Cantici 7,9 - "Ho detto: Salirò sulla palma, coglierò i grappoli di datteri. Siano per me i tuoi seni come grappoli d'uva e il tuo respiro come profumo di mele";
  • Cantico dei Cantici 7,14 - "Le mandragore mandano profumo; alle nostre porte c'è ogni specie di frutti squisiti..."
Quel versetto del Cantico1,12: "Mentre il re è sul suo divano, il mio nardo effonde il suo profumo..." porta alla mente l'episodio del Vangelo raccontato in Giovanni 12,1-8 che ha per paralleli Matteo 26,6-13 e Marco 14,3-9: "Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betania, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri? Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri, infatti, li avete sempre con voi, ma non sempre avete me."

Evidentemente la cena era sontuosa ed erano sdraiati su triclini.
Il profumo, perciò è la caratteristica del corpo di Gesù morto e risorto e come dice Gesù stesso nel Vangelo di Marco 14,8s: "Essa ha fatto ciò che era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto".

C'è, quindi, una stretta connessione tra "profumo" e Vangelo.
Ciò che li collega è che entrambi recono gioia; anzi il profumo e avviso della gioia che reca la Buona notizia del Vangelo di Cristo.
Da parte dei suoi discepoli il corpo di Gesù è oggetto di grande onore con unguenti e profumi:
  • Matteo 19,38-40 - "Dopo questi fatti, Giuseppe d'Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodemo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei."
  • Marco 16,1 - "Passato il sabato, Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù."
  • Luca 23,55s - "Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento."
Ora, anche in questo caso il massaggio delle lettere di "profumo soave" assumono un ulteriore senso, infatti, quel profumo intende avvisare che: "nel corpo è nascosta l'energia ; sarà dalla tomba a riportare il racchiuso ".
Sappiamo anche che da Lui uscirà un corpo, un popolo, la sposa, la Sua Chiesa e ancora quelle lettere assumono un ulteriore significato: "corpo ove c'è la grazia , sarà ad annunciare () cose segrete ".

A questo punto, legato a tali considerazioni, viene chiarito il peso della verità di questo pensiero di San Paolo contenuto in 2Corinzi 2,14-15: "Siano rese grazie a Dio, il quale sempre ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo e diffonde ovunque per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza! Noi siamo, infatti, dinanzi a Dio il profumo di Cristo per quelli che si salvano e per quelli che si perdono..."

Amore e unità sono il segno del cristiano, amore e gioia l'accompagnano e tutto ciò è profumo di Cristo, perché sono doni che vengono solo da Lui.
Cartina tornasole che rivela il cristiano è il recare il profumo di Cristo, l'annuncio della Sua risurrezione e del Suo amore.
Colli torti e religiosità da baciapile non servono, ma per l'utilità degli altri occorre annunziare Gesù Cristo, "in ogni occasione opportuna e non opportuna" (2Timoteo 4,2) e manifestare con semplicità e verità la gioia che ha recato l'incontro con Lui nella propria vita.

Del resto Gesù dice: "Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio voi annunciatelo dalle terrazze." (Matteo 10,27)

Tutto con Lui si svolga in segreto - preghiera, digiuno ed elemosina - le armi del cristiano, infatti, nel discorso della montagna in Matteo 6, nell'istruire i suoi discepoli insegna:
  • Matteo 6,2-4 - "Dunque, quando fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. "
  • Matteo 6,5-6 - "E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà."
  • Matteo 6,16-18 - "E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un'aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà."
In conclusione: "Dio ama chi dona con gioia". (2Corinzi 9,7).

Ora, "il profumo e l'incenso allietano l'uomo" (Proverbi 27,9) e nella vita sociale il primo manifesta la gioia e nella liturgia il profumo del secondo evoca il culto divino, simboleggia l'offerta, lode e preghiera, infatti," Come incenso salga a te la mia preghiera" (Salmo 141,2).

Gesù s'è offerto a Dio; il cristiano, a sua volta, grazie all'unzione di Cristo, è eletto a diffusore del Suo profumo; è, infatti, invitato ad amare come: "Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore." (Efesini 5,2)

Ogni cristiano è eletto per compiere questa missione e a ciascuno il Signore regala un proprio carisma per portare a buon fine il disegno di Dio al suo intorno.
Compiere la propria missione arreca sicuramente grande gioia.
La gioia è quella che aiuta a compiere il bene e la virtù senza sforzo.

Al riguardo, trovo vero questo pensiero del Beato John Henry Newman (1801-1890): "Io sono creato per realizzare un progetto per cui nessun altro è creato. Io occupo un posto mio nei consigli di Dio, nel mondo di Dio; un posto da nessun altro occupato. Poco importa che sia ricco, povero, disprezzato o stimato dagli uomini; Dio mi conosce e mi chiama per nome. Egli mi ha affidato un lavoro che non ha affidato a nessun altro. Io ho la mia missione. In qualche modo sono necessario ai suoi intenti, tanto necessario al mio posto quanto un arcangelo al suo. Dio non mi ha creato inutilmente. Io farò del bene, farò il suo lavoro; sarò un angelo di pace, un predicatore della verità nel posto che Dio mi ha assegnato anche senza che io lo sappia purché segua I suoi comandamenti e lo serva nella mia vocazione."

Questi aveva la convinzione che anche i laici dovessero partecipare alla vita della Chiesa e il suo pensiero al riguardo ha anticipato molto e ha anche ispirato il Concilio Vaticano II; era stato un cardinale anglicano, convertitosi al cattolicesimo, poi fatto cardinale della Chiesa Cattolica da Leone XIII nel 1876. Tutti in santi, di certo, hanno vissuto nella "gioia" il proprio servizio. Per tale aspetto risaltato in modo particolare in vita sono da ricordare:
  • San Francesco d'Assisi (1182-1226) di lui disse Giovanni Paolo II: "La gioia, che riempiva il cuore di S. Francesco, è nata dallo stupore con il quale nella semplicità e nell'innocenza del suo animo contemplava tutta la realtà e gli eventi; ma specialmente nasceva dalla speranza che alimentava nel cuore e mosso da quella esclamava: Tanto è il bene che mi aspetto, ch'ogni pena m'è diletto."
  • Santa Teresa d'Avila (1515-1582), diceva: "contento e lieto dovunque lo conduca il Signore, gode di Dio."
  • San Filippo Neri (1515-1595) per i vicini che reclamavano per il chiasso ai ragazzi dell'oratorio diceva: "Lasciateli, miei cari, brontolare quanto vogliono. Voi seguitate il fatto vostro, e state allegramente, perché altro non voglio da voi se non che non facciate peccati."
  • San Francesco di Sales (1567-1622): "Risvegliate spesso in voi lo spirito di gioia e di soavità e credete fermamente che è il vero spirito di devozione... Rallegratevi quanto più potete facendo bene, poiché è una duplice grazia della buona opera, di essere fatta bene e di essere fatta gioiosamente."
  • San Crispino da Viterbo (1668-1780), Giovanni Paolo II disse di lui: "Esempio di un cristianesimo vissuto in una santa letizia, come ardua conquista interiore, e servizio squisito reso al prossimo che si trova bisognoso di pace e di consolazione. Con questo atteggiamento gioviale e bonario, san Crispino seppe essere un vero pescatore di uomini, attirando le anime all'amore della croce di Cristo e alla ricerca della santità."
  • San Gabriele dell'Addolorata (1838-1862), Giovanni Paolo II confermò: "la gioia cristiana è la nota caratteristica di san Gabriele."
  • San Giovanni Bosco (1815-1888) diceva: "Se vuoi farti buono, pratica queste tre cose e tutto andrà bene: allegria, studio, preghiera. È questo il grande programma per vivere felice, e fare molto bene all'anima tua e agli altri."
  • San Domenico Savio (1842-1857) a cui Don Bosco insegnò il segreto: "Servi il Signore nella gioia."
  • San Padre Pio da Pietralcina (1887-1968) in cui il dolore si fa gioia.
  • San Josemaria Escrivà de Balaguer (1902-1975) "Compiamo il nostro dovere con competenza, per amore di Dio, e allegramente, dimodoché il lavoro quotidiano si trasformi non in una "tragedia quotidiana", ma in un "sorriso quotidiano."
IL CAMMINO DELLA GIOIA
L'uomo sulla terra è il più alto essere senziente e ricettore della realtà, ma la ragione gli impone d'avere prove inconfutabili prima di dare per vera una qualsiasi tesi.
Ora per la ragione umana è una tesi che deve essere provata quella che dall'essenza di Dio Creatore s'irradi la "creazione" da cui grazie allo Spirito Santo proviene un'iride di apporti, ossia di doni, tra i quali fanno parte amore, gioia e pace.
Eppure, nonostante ogni ragionamento tentato per provarla non si riesce ad avere una dimostrazione esaustiva dell'esistenza di Dio tant'è vero che al riguardo anche tra filosofi e scienziati non c'è una convergenza di pensiero.
Per contro sussiste la considerazione che un Essere Assoluto del genere per consentire l'esistenza di altri con le sue stesse caratteristiche, tra cui essenziale è quella della "libertà", il Dio Creatore, dovrebbe necessariamente nascondersi, altrimenti la libertà del nuovo essere sarebbe gravemente compromessa dalla disparità tanto che si potrebbe adombrare un potenziale "abuso di potere".
(Vedi: "Dio nascosto")

Del resto, un re innamorato di una ragazza del popolo per essere certo dell'amore di lei, agli inizi, quando le si propone non potrà certo presentarsi nella sua vera veste, altrimenti resterebbe sempre nel dubbio del perché lei gli corrispondesse poi il suo amore.
Ecco che "timidamente" e con ogni delicatezza il Creatore potrebbe vivere, in ombra della ragione e non contro ogni ragione, sperando che la creatura che ama s'accorga e inizi a interessarsi di Lui fino a che non nasca tra i due l'amore vero corrisposto.
In questo modo, come tra due fidanzati l'amore, la gioia e la pace, sono un percorso di vita, un cammino esistenziale che essendo con un soggetto eterno vuole che sia eterno.
Primo passo importante, direi fondamentale, è l'incontro.
In definitiva, la prova della verità della tesi che Dio esista, che è amore e che l'unità con Lui da gioia, da questione universale basata su un ragionamento si trasferisce a una ricerca personale cui ognuno ha da dare una risposta.
E come se l'uomo dovesse scoprire di riuscire a respirare anche nell'acqua come i pesci, ossia oltre ai polmoni della ragione occorre che in lui nasca un altro organo per respirare la dove per lui ci sarebbe solo la morte, e tale organo quando nasce è la fede per cui riesce così a respirare ove c'è morte sicura.
Nella propria vita ciascuno ovviamente s'interroga su tale questione e nel prosieguo del rapporto con l'idea hanno modo di svilupparsi delle esperienze che gradualmente possono accendere proprio quell'altro modo di respirare, appunto quello dell'ambito della fede, non intesa nel credere ad una serie di dogmi, ma come il disvelarsi di un mistero che affascina, per cui ha senso vivere in modo diverso da quello che implica la ragione se non ci fosse stato un incontro.
Ecco che a questo punto la gioia è un cammino.
Lui, il Signore la dona alla creatura a piene mani nel crescere del rapporto e la creatura risponde a proprio modo nella misura che ha compreso.
Ciò, peraltro, provoca nuova gioia anche nel Creatore pur se questa ovviamente diviene una goccia d'infinito nel Suo infinito, gioia di cui parla Luca 15,5, quella che chiama: "gioia in cielo per un peccatore convertito".

La gioia del cristiano, quindi, non è allegria di un momento come ha confermato Papa Francesco nell'Omelia in Santa Marta il 10 maggio 2013 di cui riporto alcuni passi: "Il cristiano è un uomo e una donna di gioia. Questo ci insegna Gesù, ci insegna la Chiesa, in questo tempo in maniera speciale. Che cosa è, questa gioia? È l'allegria? No: non è lo stesso. L'allegria è buona, eh?, rallegrarsi è buono. Ma la gioia è di più, è un'altra cosa. È una cosa che non viene dai motivi congiunturali, dai motivi del momento: è una cosa più profonda. È un dono. L'allegria, se noi vogliamo viverla tutti i momenti, alla fine si trasforma in leggerezza, superficialità, e anche ci porta a quello stato di mancanza di saggezza cristiana, ci fa un po' scemi, ingenui, no?, tutto è allegria... no. La gioia è un'altra cosa. La gioia è un dono del Signore. Ci riempie da dentro. È come una unzione dello Spirito. E questa gioia è nella sicurezza che Gesù è con noi e con il Padre... La gioia è una virtù pellegrina. È un dono che cammina, che cammina sulla strada della vita, cammina con Gesù: predicare, annunziare Gesù, la gioia, allunga la strada e allarga la strada... È il dono che ci porta alla virtù della magnanimità. Il cristiano è magnanimo, non può essere pusillanime: è magnanimo. E proprio la magnanimità è la virtù del respiro, è la virtù di andare sempre avanti, ma con quello spirito pieno dello Spirito Santo. È una grazia che dobbiamo chiedere al Signore, la gioia... Quanto più grande è il tuo desiderio, tanto più grande verrà la gioia. Il cristiano è un uomo, è una donna di desiderio: sempre desiderare di più nella strada della vita. Chiediamo al Signore questa grazia, questo dono dello Spirito: la gioia cristiana. Lontana dalla tristezza, lontana dall'allegria semplice... è un'altra cosa. È una grazia da chiedere."

Il Cantico dei Cantici che l'ebraismo e poi il cristianesimo ha riconosciuto come testo da inserire nelle Sacre Scritture in quanto allusivo dell'amore di Dio per il suo popolo e del Creatore con la sua creatura che risponde, proprio al suo inizio contiene i verbi "gioire", "rallegrarsi", "atti d'amore", concetti che danno intonazione a tutto il tema che, allora, riguarda l'amore eterno:
  • Cantico dei Cantici 1,1-4 - "Cantico dei Cantici, di Salomone. Mi baci con i baci della sua bocca! Sì, migliore del vino è il tuo amore. Inebrianti sono i tuoi profumi per la fragranza, aroma che si spande è il tuo nome: per questo le ragazze di te si innamorano. Trascinami con te, corriamo! M'introduca il re nelle sue stanze: gioiremo ("nagilah" ) e ci rallegreremo di te ("nusmechah" ), ricorderemo il tuo amore "dodoeikah" ) più del vino. A ragione di te ci si innamora ("ahebuka" )!"
Alcuni anni fa nel paragrafo "Dialogo immaginario tra Mosè e Ietro davanti a Salomone" dell'articolo "Cantico e Tempio di Salomone: inni al nome ineffabile" ho proposto il pensiero che il modo di farsi conoscere del Signore IHWH indicato dal testo del Cantico dei Cantico fosse in sintonia e si sviluppasse proprio secondo l'indicazione insita in quelle quattro lettere del Tetragramma Sacro del Suo Santo Nome in ebraico e proprio in quello scritto, alquanto criptico, proponevo dei pensieri che cercavano di far comprendere come il conoscer-Lo è un progressivo entrare a scoprir-Lo già nelle lettere dell'ineffabile Nome, quindi, poi nella Sua Sacra Scrittura, attraverso cui rivela a ciascuno il Suo amore che, invero, rivela nella vita di ciascuno, ma per accorgersene occorre dotarsi di occhiali adatti, perché quelli fisici, come ho accennato, non sono adeguati a cogliere certe sfumature delle sue radiazioni, inusuali per il mondo.
Ecco che a chi ha cominciato ad avere un'esperienza di Lui da quelle quattro lettere che iniziano con l'essere , proseguono con due lettere e rappresentati un campo aperto e il mondo con in mezzo un legno, un bastone , nasce un pensiero.

Lui, il Signore, proprio per me:

"fu a entrare (per amore) in croce = nel mondo ".
"Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna." (Giovanni 3,16)

Ripercorro allora quelle lettere proponendo:

- Ci sei?

La prima domanda che pone l'amata del "Cantico dei Cantici a chi sarà il "suo diletto" è (1,7) "Dimmi, o amore dell'anima mia, dove vai a pascolare le greggi, dove le fai riposare al meriggio, perché io non debba vagare dietro le greggi dei tuoi compagni?"

La risposta è semplice (1,8) "Se non lo sai tu, bellissima tra le donne, segui le orme del gregge e pascola le tue caprette presso gli accampamenti dei pastori"; segui i pastori... "mutatis mutandis", quindi... segui la Chiesa anche se prima magari non lo facevi, forse capirai di più, da fede all'amato e scoprirai ciò che non hai mai compreso.

"Mentre il re è sul suo divano..." (1,12), quando parla dalla cattedra, allora se attraverso il sacerdote o chi legge o fa catechesi riesci a intravedere il Re dei re ecco che nelle eucarestie (1,14) "L'amato mio è per me un grappolo di cipro nelle vigne di Engàddi" ecco che nasce il rapporto (1,15s) "Quanto sei bella, amata mia, quanto sei bella! Gli occhi tuoi sono colombe. Come sei bello, amato mio, quanto grazioso!"

- si apre
Nel parallelo di un amore terreno che inizia la prima gioia si consegue in quello che si può definire il primo incontro, il momento magico in cui inizia ad accendersi un quid che apre a una speranza di qualcosa che possa concretizzarsi, l'inizio del conoscersi; i due iniziano a corrispondersi, ed ecco, pensieri, sguardi, i primi discorsi impacciati, la prima Pasqua... il primo passaggio, (2,4) "Mi ha introdotto nella cella del vino e il suo vessillo su di me è amore."

Ora lo attende, aspetta la prossima volta, sa che tornerà, infatti (2,10) "Ora l'amato mio prende a dirmi: Alzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!", ma lei è ancora debole, la fede vacilla, forse pensa che si è inventata tutto e che si è illusa, allora si mette sulla difensiva si chiude un po' in se stessa... voglio proprio vedere quanto è seria l'intenzione di lui che dice di amarmi.
La speranza regge, ma il tempo della vita di questo mondo non è eterno e allora la richiesta perentoria di lei: tieni conto che... posso morire (2,17) "Prima che spiri la brezza del giorno e si allunghino le ombre, ritorna, amato mio..."

Le vicende in quel Cantico si rincorrono.
Lui cerca lei e lei cerca lui, ma s'interpone una seria d'equivoci e d'incomprensioni, quelli della vita, finché all'alba di un certo giorno lei non fa tempo ad aprire, eppure lui ha ha bussato 5,2: "Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba, mio tutto; perché il mio capo è madido di rugiada, i miei riccioli di gocce notturne."

- sofferenza - bastone
Era una notte di Pasqua!
Lui aveva passato fuori tutta la notte!
Lei però teneva chiusa la porta!
Quando lei finalmente apre non Lui non c'è più, se ne andato.
Ormai lei è certa lui la ama ed esce a cercarlo.
Va in cerca di lui per Gerusalemme annuncia che lui la ama, trova persecuzioni e irrisione, (5,7) "Mi hanno incontrata le guardie che fanno la ronda in città; mi hanno percossa, mi hanno ferita, mi hanno tolto il mantello e guardie delle mura. le finche avviene l'incontro."

- si amano
Ora finalmente avviene l'incontro... eterno.
(8,3) "La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia."
(8,6) "Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l'amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina!"
Anche lei ha vinto la morte grazie al suo amato.

Passando al campo spirituale, l'incontro ha delle premesse, fatti vissuti in sofferenza reale o sentiti come di oppressione e schiavitù e la prima gioia si sperimenta, quando si riceve la Parola di Dio e si crede che possa venirne una soluzione positiva di salvezza che poi in un modo o nell'altro si vede come realizzata.
Si trova ad hoc per un'occasione del genere il seguente versetto del profeta Geremia: "Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, perché il tuo nome è invocato su di me, Signore, Dio degli eserciti." (Geremia 15,16)

È proprio da allora che si apre il tempo dell'esperienza di una gioia nuova e nasce la certezza che vi sarà un seguito; insomma si apre il cuore all'attesa di altri fatti concreti, insomma per quegli da quel momento Dio appare come realtà che assume una concretezza, appare come il bandolo di una matassa che potrebbe svolgendosi rivelare il mistero, insomma la teoria inizia a presentare degli addentellati nella pratica.

È iniziato per quell'uomo o per quella donna il dono della rivelazione. La gioia è una caratteristica del Regno di Dio, infatti, si trova in Romani 14,17: "il regno di Dio non è mangiare e bere, ma giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo".

Ecco che nasce l'amore come osserva 1Pietro 1,8: "Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa..."

La gioia cresce e fa partecipare alle sofferenze di Cristo, ossia alla Sua missione, infatti, si trova in 1Pietro 4,13: "...nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare."
La gioia, quindi, dipende dalla rivelazione ricevuta.

Avevo
sempre
pensato
che il vero amore avesse
la forma di un cuore fino
al giorno
in cui ho
scoperto
che Gesù
è morto
in croce
per me
.

APPENDICE - DECRIPTAZIONE DEUTERONOMIO 6,1-15
In "Padre Nostro chiave di volta contro la pena di morte" ho presentato decriptati i versetti Deuteronomio 6,13 e 16 e in "Miracoli - La sposa vede lo sposo attraverso il velo" anche 6,4-8; ora qui di seguito completo quel lavoro presentando di seguito la decriptazione dei primi 15 versetti di quel capitolo di cui riporto di seguito il testo secondo C.E.I. 2008.

Deuteronomio 6,1 - Questi sono i comandi, le leggi e le norme che il Signore, vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso;

Deuteronomio 6,2 - perché tu tema il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni.

Deuteronomio 6,3 - Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto.

Deuteronomio 6,4 - Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore.

Deuteronomio 6,5 - Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze.

Deuteronomio 6,6 - Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore.

Deuteronomio 6,7 - Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai.

Deuteronomio 6,8 - Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi

Deuteronomio 6,9 - e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte.

Deuteronomio 6,10 - Quando il Signore, tuo Dio, ti avrà fatto entrare nella terra che ai tuoi padri Abramo, Isacco e Giacobbe aveva giurato di darti, con città grandi e belle che tu non hai edificato,

Deuteronomio 6,11 - case piene di ogni bene che tu non hai riempito, cisterne scavate ma non da te, vigne e oliveti che tu non hai piantato, quando avrai mangiato e ti sarai saziato,

Deuteronomio 6,12 - guardati dal dimenticare il Signore, che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile.

Deuteronomio 6,13 - Temerai il Signore, tuo Dio, lo servirai e giurerai per il suo nome.

Deuteronomio 6,14 - Non seguirete altri dei, divinità dei popoli che vi staranno attorno,

Deuteronomio 6,15 - perché il Signore, tuo Dio, che sta in mezzo a te, è un Dio geloso; altrimenti l'ira del Signore, tuo Dio, si accenderà contro di te e ti farà scomparire dalla faccia della terra.

Prima di riportare il risultato, presento la dimostrazione della decriptazione dei versetti Deuteronomio 6,4-5: "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze."





"Il Nome in azione fu . Il Principe di Dio , essendo la perversità del maledetto a opprimere () a portarsi fu nel mondo e entrò in un fratello per aiutare recandosi per amore . A finire venne () la forza della perversità del maledetto che era in tutti dentro ad abitare , per ardere () dentro tutti l'angelo superbo riportando dentro tutti la vita delle origini con l'aiuto della rettitudine .

Ecco il risultato tutto di seguito.

Deuteronomio 6,1 - Questi verrà tra i viventi. Giù a portarsi entrerà nel mondo di nascosto. Versato sarà dalla madre che lo porterà fuori in vita alla luce. Il Verbo per amore sarà in un vivente. Da una donna dal corpo scenderà. Lo porterà all'esistenza ed entrerà Dio nel mondo. Sarà la rettitudine in un uomo a vivere. Il Potente a imparare viene come vivente, la potenza in un simile confinerà dentro un primogenito nel corpo. Giù da Donna dal corpo verrà dal seno. Dentro un corpo sarà a vivere il Nome. Il Potente in un corpo alla luce finalmente uscirà.

Deuteronomio 6,2 - Del Potente in un vivente agirà l'energia che finita fu dal corpo all'origine al venire nell'esistenza la perversità del maledetto. Fu la rettitudine, dal serpente, bruciata. L'essere ribelle venne in tutti a chiudersi rovesciando da tutti l'esistenza che portavano. Ma nei viventi giù si riporterà alla fine, sarà a riportarsi l'Unico ad accenderla nei corpi. L'Unico con l'energia della rettitudine sarà in un vivente a scendere e così verrà a portarsi un figlio retto che porterà a riabitare l'energia nei figli. Così tutti nei giorni vivranno un'esistenza retta e il serpente dal seno rifiuteranno. Nei corpi la retta energia sarà a rivivere, saranno retti.

Deuteronomio 6,3 - Porterà a riaccendere nei viventi nel tempo la rettitudine di Dio e brucerà nei viventi dai corpi il confinato serpente. Si vedrà la luce riportarsi in tutti. L'originario fuoco nei corpi ci risarà. Sarà dai cuori consumato dalla rettitudine chi si portò. La felicità in tutti i corpi a riabitare si porterà. Degli angeli la vita ricomincerà. Affliggerà il fuoco nei corpi la Parola del Signore il maledetto. Ne sarà l'origine dentro a finire e da tutti afflitto dai corpi scenderà sacrificato. Il nascostosi nei cuori si porterà battuto dentro dal fuoco.

Deuteronomio 6,4 - Il Nome in azione fu. Il Principe di Dio, essendo la perversità` del maledetto a opprimere, a portarsi fu nel mondo e entrò in un fratello per aiutare...

Deuteronomio 6,5 -...recandosi per amore. A finire venne la forza della perversità` del maledetto che era in tutti dentro ad abitare, per ardere dentro tutti l'angelo superbo riportando dentro tutti la vita delle origini con l'aiuto della rettitudine.

Deuteronomio 6,6 - A portarsi nel mondo fu e entratovi s'insinuò, nei corpi fu dei viventi. Nel mondo giurò l'Unico che il Principe Unigenito per ucciderlo sarebbe stato tra i viventi, giù` avrebbe portato la rettitudine nel mondo. Sarà a recare a vivere dall'alto in un cuore dentro la rettitudine.

Deuteronomio 6,7 - Porterà della risurrezione l'energia; l'angelo finirà dai viventi. Nei cuori l'angelo sarà arso. Per l'aiuto dentro i corpi finirà d'abitare. Dai viventi dentro nel sabato (come giorno della creazione e come profezia d'un sabato preciso) anela d'abitare. Dentro sarà in croce per la rettitudine portato. Da dentro guizzerà la rettitudine dal crocifisso. La rettitudine da sola pur fiacco avrà a recare da dentro. Da fuoco la rettitudine che gli abitava per arderlo da dentro verserà, la porterà da una piaga.

Deuteronomio 6,8 - E rovesciatala risorgerà i corpi di tutti, la pienezza riporterà completa. L'Altissimo l'aiuto della rettitudine recherà nel mondo. Sarà a riportare la potenza nei cuori. Fanciulli tutti dentro saranno per l'energia. Una sorgente ci sarà per la rettitudine.

Deuteronomio 6,9 - Porterà la rettitudine in una scelta casa; in una scelta madre vergine. Questa di Questi sarà arca. Sarà un segno così a portare alla famiglia - casa. Illuminate sentiranno le menti - teste, essendo retti.

Deuteronomio 6,10 - Porterà nell'esistenza un retto che sarà a stare nella casa. Sarà il primo retto che sarà stato nel mondo portato. Entrerà Dio nel mondo che sarà ad affliggere il serpente. Entrerà in terra da una donna dal corpo inviato a sorgere dentro dall'alto. Dal Padre chi indicato fu. La rettitudine del Potente Padre in un corpo entrerà. In un vivente il Potente sarà a scendere. Si nasconderà per il rovesciamento recare al serpente. Spazzerà dal seno il serpente alla fine. Finirà nel cammino il nemico che c'è dei viventi. La gloria in tutti riporterà e l'amore dentro di tutti dell'origine riaccenderà nei corpi. Del Potente Unico figli saranno tutti.

Deuteronomio 6,11 - E dentro di tutti ci risarà la vita piena. Sarà nei viventi tutti l'amore riportato. Dentro dell'Unico il fuoco nei corpi annullerà nei viventi il serpente che venne e dentro i corpi di tutti si chiuderà giù dentro la forza del Potente con la vita beata. La potenza delle origini si richiuderà giù dentro di tutti. L'oppressione nei corpi dei viventi, che fu nei viventi recata, colpita sarà. Tutti saranno a rivivere felici. Il rifiuto per l'angelo (ribelle) nei cuori agirà in tutti e lo mangerà portando un fuoco dentro ad agire in tutti.

Deuteronomio 6,12 - Uscirà la luce della vita da un corpo. Il serpente il retto il Verbo invierà in croce. Alla luce la rettitudine racchiusa verrà. Sarà ad uscirei per un'asta che l'aprirà una Donna, dal corpo fuori si porterà, giù sarà dell'Unico la retta vita delle origini dal corpo scendere. Con l'acqua scenderà dal corpo. Sarà la madre dei viventi che dentro stava nel Crocefisso; il servo sarà dei viventi.

Deuteronomio 6,13 - Dal primogenito crocefisso sarà nel mondo portata ad uscire la divinità. A uscire sarà la rettitudine dalla croce. Sarà alla vista portata. Verrà recato al Crocefisso in azione dentro un aiuto. Si porterà dentro la risurrezione dalla morte. Risorto a casa lo rivedranno.

Deuteronomio 6,14 - La potenza verra' nel cammino (della vita) portata. L'energia del fratello nei corpi ci sarà. La divinità a entrare sarà nei viventi. Del fratello nel corpo ci sarà la vita. Dai viventi la maledizione sarà a uscire. Nei popoli sarà a rivivere la felicità per il ritorno che sarà stato dentro a riportare il Crocefisso della forza del retto vivere.

Deuteronomio 6,15 - Retti essendo per la divinità riversata, tra gli angeli dell'Unico saranno a entrare. Li porterà dal mondo a Dio. Gli usciti saranno cosi dentro a riversarsi le moltitudini rette nel Verbo. Inviate saranno chiusi nel corpo gli entrati all'Unico. Il Verbo sarà stato la perversità del maledetto dall'esistenza a spegnere. Retti riporterà dal mondo i risorti viventi che saranno dalla polvere a rialzarsi. Del Verbo angeli saranno gli uomini del mondo.

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