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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
IL FIGLIO DI GEDEONE, ABIMELEK
UN RACCONTO CRIPTATO

di Alessandro Conti Puorger
 

    parti precedenti:

DOPO GEDEONE, DAL LIBRO DEI GIUDICI »
IL FIGLIO DI UNA CONCUBINA »
PRIMA PARTE - ABIMELEK RE A SICHEM »
SECONDA PARTE - SICHEM CONTRO ABIMELEK »
TERZA PARTE - MORTE DI ABIMELEK »
DECRIPTAZIONE CAPITOLO 9 DEI GIUDICI »

PENSIERI SUL VANGELO DI GIOVANNI
Questo testo che ho ottenuto per decriptazione come seconda faccia dei 57 versetti del capitolo 9 del libro dei Giudici è pieno di spunti teologici.
Di per sé fornisce al lettore sufficienti ed ampi elementi da ponderare, perciò non mi soffermo ad evidenziare alcunché.
Faccio solo notare come l'idea della "incarnazione" viene ad emergere in tutta la sua importanza.
Invece di proseguire con considerazioni sul tema affronterò il discorso della incarnazione con altri pensieri nati però proprio in occasione dello scrutare questo passo del libro dei Giudici.

Il racconto di Giudici 9, tra l'altro, oltre agli elementi sottolineati e ripetitivi ci presenta anche varie parole importanti, ma isolate, di cui ho sottolineato solo la più evidente "cranio", "golgolet" che si trova al versetto 53.
Questa parola esprime con le lettere tutto il suo potenziale messianico in quanto lette con riferimento a Gesù dicono "a chi in cammino il Potente si rivelerà () col Crocifisso ".
Tanto è che il Vangelo di Matteo evidenzia che proprio vedendo come Gesù muore sulla croce: "Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: Davvero costui era Figlio di Dio!" (Matteo 24,54)

Altre parole importanti in Giudici 9 sono:

  • il monte Garizim al versetto 7;
  • ombelico al versetto 37 "tabbur"
  • via della Quercia dei Maghi idem al versetto 37.
Gli scavi della biblica Sichem presentati nel 1960 furono una conferma del racconto biblico del breve regno di Abimelek figlio di Gedeone, perché gli archeologi datarono la distruzione del tempio di Baal-Berith, menzionato in Giudici 9, proprio in accordo con quel racconto.
Sichem ai tempi di Gesù ricadeva in territorio samaritano e sappiamo che non correva buon sangue tra giudei e samaritani.
Per alcuni il villaggio di Sicar dove, secondo il racconto in Giovanni 4, Gesù incontrò la samaritana, era un abitato sorto vicino ai ruderi di Sichem ai piedi del monte Garizim.
Nel racconto della "Samaritana", infatti, vi è un cenno ai vecchi culti dei tempi di Giosuè, del patto a Sichem, di Gedeone e di Abimelek: "...Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare..." (Giovanni 4,19-20)
In stretto collegamento con tale pensiero sta il fatto che per il monte Garizim il versetto Giudici 9,37 riferisce la strana definizione di "ombelico della terra".
Evidentemente su quel monte c'era un santuario e nell'antichità andavano a ricevere oracoli come ricorda quella "via della Quercia dei Maghi".
Che senso ha un posto che sia nominato così, cioè "centro del mondo"?
Per gli antichi Greci il "centro del mondo", il metafisico punto immobile dal quale la realtà si manifesta, il luogo sacro per eccellenza, era il tempio di Apollo, a Delfi, l'Onfalo ("omphalos", ombelico) da cui uscivano gli oracoli.
Questo del cercare un punto cardine era un pensare universale.
Per la tradizione cinese, ad esempio, la "capitale dell'Impero" si trovava al "centro del mondo" ove sorgeva un albero che riunisce il Mondo Sotterraneo alla Terra e al Cielo.
Un posto del genere c'era anche a Roma presso l'ara del dio Vulcano vicino al Comitium, c'era l'Umbeliculus Romae.
Gerusalemme per gli ebrei fu poi lei la città celeste e terrestre.
In base al pensiero alchemico "come in cielo così in terra" la Gerusalemme terrena era immagine Città di Dio nei cieli.
In Lei, infatti, c'era il Tempio fatto secondo il modello che Dio aveva concesso di far vedere a Mosè per la tenda del convegno nei cieli e c'era un posto specifico ove entrava il Sommo sacerdote una volta l'anno immagine del Santo dei Santi celeste.
Solo due volte il testo biblico ebraico parla di "ombelico", "tabbur" .
Con lo stesso termine, infatti, Ezechiele definirà proprio e soltanto Gerusalemme dicendo di chi vi abita: "...che abita al centro (ombelico) della terra." (Ezechiele 38,12b)
La lettera secondo i significati attribuiti ai 22 segni ebraici in "Parlano le lettere" è un posto sigillato, un utero e è una cavità una cisterna, una prigione, indi come definizione di ombellico le lettere sono ben descrittive "posto sigillato che dentro porta nel corpo ".
Questa parola "tabbur" con le lettere ci parla però anche in termini figurati di un "Bene che si porterà in un corpo " e ciò ci porta al pensiero dell'incarnazione.
Tra l'altro, se con i criteri di far parlare le lettere si guardano quelle parole del versetto Giudici 9,37 "via della Quercia dei Maghi" si ha "via da dove Dio si porterà con gli apostoli dal seno () porterà energia ad inviare sarà acqua ".
Pare proprio che il racconto della "Samaritana" voglia cogliere a pieno questo pensieri che fuoriescono dal capitolo 9 dei Giudici.
È, infatti, estremamente improbabile, considerato che solo due volte nel testo masoretico si trova il termine ombelico che da parte di uno scrutatore attento della parola com'è il Giovanni autore dell'omonimo Vangelo non abbia voluto con quei versetti Giovanni 4,19.20 esaltare proprio il concetto dell'attesa dell'incarnazione che desta la parola ombelico.
Dio, il Signore con gli apostoli effettivamente in quel racconto del Vangelo di Giovanni si porta ai piedi del monte Garizim al villaggio di Sicar passando evidentemente per l'antica via della Quercia dei Maghi e lì profetizza alla donna facendo comprendere a chi si interessa di lettere che sta spezzando il nome di quella via: "...ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna." (Giovanni 4,14)
Queste parole, infatti, evocano subito da parte della donna l'incarnazione e, quindi, la figura del Messia: "So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa". (Giovanni 4,25)
L'attesa che dalla terra spuntasse il bene assoluto unico e atteso per l'uomo era nel pensiero e nelle preghiere fin dai tempi dei Salmi: "Quando il Signore elargirà il suo bene, la nostra terra darà il suo frutto". (Salmo 85,13)
Un "bene" deve uscire dalla terra ci porta al pensiero dell'ombelico e fa considerare come fosse atteso che la terra desse un prodotto particolare, come se, appunto, dovesse dal luogo ad una nascita.
Questa attesa era rinnovata ogni anno al momento del raccolto dei frutti della terra: "Ti lodino i popoli, Dio, ti lodino i popoli tutti. La terra ha dato il suo frutto. Ci benedica Dio, il nostro Dio, ci benedica Dio e lo temano tutti i confini della terra." (Salmo 67,6-8)
In questo Salmo, è vero si celebrano i frutti della terra, ma si attendeva: "Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto; perché si conosca sulla terra la tua via, fra tutte le genti la tua salvezza." (Salmo 67,2-3)
E Giovanni leggeva bene "la tua salvezza" dopo gli eventi di cui era stato spettatore al Golgota "Gesù crocifisso pur essendo retto ".
La prima cosa che appare del nascituro è la testa e la nascita dell'uomo nuovo, già attesa a Sichem sul monte Garizim, avvenne sul Golgolet, luogo del cranio, a Gerusalemme.
Si aspettava la nascita di questo uomo nuovo, del Messia, che sarebbe dovuto avvenire dall'ombelico della terra a Gerusalemme ove tra l'altro c'era anche un posto detto il luogo del cranio per la sua forma a modo di teschio.
Su quel punto spuntò l'albero, il legno della croce, albero vero di vita, che collegò inferi e cielo, su cui fu innalzato l'uomo nuovo.
Tra l'altro la tradizione pone proprio lì, sotto al Golgota anche il Santo Sepolcro da cui uscì l'uomo nuovo glorioso, il Risorto, e lì la stessa tradizione poneva la tomba di Adamo.
Quindi Gerusalemme collega il mondo dei morti lo Sheol dove scese il Signore Gesù a chiamare i patriarchi, il mondo dei vivi ed è il luogo della vera scala che porta al cielo, la croce gloriosa!

Alla luce di questi pensieri si può riguardare il brano del Vangelo di Giovanni sul processo di Gesù davanti a Pilato e sulla sua crocifissione.

Si legge al Capitolo 18 del Vangelo di Giovanni:

Giovanni 18,33 - "...Tu sei il re dei Giudei?"

Giovanni 18,36 - "Rispose Gesù: Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma "il mio regno non è di quaggiù".

Giovanni 18,37 - "Allora Pilato gli disse: Dunque tu sei re? Rispose Gesù: Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce".

In definitiva "io sono nato" sulla terra, ma "il Padre mio è re" cioè "' abi melek" vengo dal Regno di mio padre.

Giovanni 18,38 - Gli dice Pilato: Che cos'è la verità? E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: Io non trovo in lui nessuna colpa."
Questo discorso sulla verità ci riporta all'idea dell'ombelico della terra ed all'incontro con la Samaritana nostro punto di partenza, quando Gesù alla domanda di quella su dove si doveva adorare, risponde: "Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità". (Giovanni 4,24)
È da fare una piccola digressione sul termine "verità", concetto che in ebraico si esprime con la parola "'oemoet" .
Pensando all'Apocalisse, considerato che Lui, Gesù, il Cristo è "l'alfa e l'omega (ultima lettera dell'alfabeto greco)", il "primo e l'ultimo (prima e ultima lettera dell'alfabeto ebraico)" si ha che proprio Lui sottende gli estremi della parola verità. Lui, il vivente è la verità ed era là presente davanti a Pilato che lo interrogava.
Tenuto conto che le lettere indicano anche "uomo", la verità si può anche pensare al "primo uomo ", sottinteso l'uomo nuovo che deve spuntare sulla terra.
Questo discorso ci riporta al Salmo 85 (11-13):

"Misericordia e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno.
La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo.
Quando il Signore elargirà il suo bene, la nostra terra darà il suo frutto."

Il popolo, però, volle liberare un brigante Barabba.

Questo pensiero della nascita dell'uomo nuovo sorge ora evidente dal prosieguo di quel Vangelo ove, infatti, al capitolo 19 di Giovanni si legge:

Giovanni 19,1 - "Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare."

Giovanni 19,5 - "Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: Ecco l'uomo!"

Tutto vestito di rosso come il nuovo Adamo "Uno rosso " come nasce un bambino tutto rosso di sangue dalla placenta della madre.

Pilato ha conosciuto la verità, infatti conclude:

Giovanni 19,6 - "...Pilato... io non trovo in lui nessuna colpa."

Giovanni 19,7 - "Gli risposero i Giudei: Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio."

Da ciò nasce la colpa di Pilato... non ha seguito la verità.

Su questo tema Gesù conosciamo la difesa verso i Giudei che allora volevano lapidarlo quando: "Rispose loro Gesù: "Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata), a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio? (Giovanni 10,34-36)

Giovanni 19,16 - Pilato "Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso."

Giovanni 19,17 - "Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota".

Giovanni 19,19 - "Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: "Gesù il Nazareno, il re dei Giudei".

Lui è il Re!

C'è ancora qualcosa da cogliere sul pensiero giovanneo nei riguardi della verità proprio dallo stesso capitolo 19 del Vangelo del racconto della crocifissione che stiamo guardando.

"Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna, ecco il tuo figlio! Poi disse al discepolo: Ecco la tua madre! E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa." (Giovanni 19,25-27)

In ebraico madre è "'em" (ove = ).
Quella donna era la madre del Crocifisso quindi lei è la "verità".
Nel racconto della Samaritana si annunciano i nuovi adoratori "in Spirito e Verità" e al capitolo 16 del Vangelo di Giovanni sulla venuta del Paraclito si annuncia che verrà appunto lo Spirito di Verità.
"Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future." (Giovanni 16,13)
Giovanni è un vero adoratore e si è presa a casa sua la Verità.

a.contipuorger@gmail.com

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