parti precedenti:
ADAMO, PRESENTE E FUTURO »
DALLE STELLE ALLE STALLE »
DIO SI RIVELA »
ABRAM UN UOMO QUALSIASI
Il libro del Genesi, poi, trasferisce particolare attenzione su personaggi chiave della storia della salvezza, precisamente quelli della 10a e della 20a posizione delle generazioni, considerando ovviamente 1a quella di Adamo.
Il 10° della serie dei primogeniti in terra è Noè, personaggio chiave nell'episodio del "Diluvio", e il 20° è Abram, secondo la Scrittura nato 1948 anni dopo Adamo, dopo 1018 anni dalla sua morte e 290 anni dopo il diluvio.
La storia di Abram in questo modo sembra essere segnata se la si pensa legata al fatto di essere capitato al momento opportuno essendo il 20° dei primogeniti partendo da Adamo.
Abram comunque è personaggio che in partenza rispetto ad altri non ha meriti particolari, ma i nomi nella Bibbia non sono dati a caso.
Il chiamarsi "Abram"
in qualche modo, perciò deve tratteggiare la sua personalità ed essere profetico, come del resto credevano anche i romani che dicevano "nomen omen", "il nome è un presagio" e pensavano che nel nome della persona fosse indicato il suo destino.
In quel nome si trovano le lettere:
-
che riguardano il concetto di essere "padre", "'ab", di essere rigoglioso, "'eb", e di desiderare
,
eppure non aveva figli e la moglie era sterile;
-
che ricordano "bar" il figlio, il frumento, un campo aperto, ma come detto non aveva figli, né una terra, era un nomade su questa terra, un pellegrino come del resto lo sono tutti gli uomini in quanto debbono comunque lasciarla;
-
che ricordano il desiderio di alzarsi ed essere alto
,
ma ricordano anche la parola "verme, putredine"
"rimmah".
Quel nome inoltre contiene
che è il radicale del verbo "volare" da cui viene il termine "'eboer" per piume e penne, come a dire che si dibatteva non contento della propria vita desideroso di quanto questa gli aveva negato, pieno di desideri inappagati e ormai di difficile attuazione cercando di sollevarsi, ma sempre più impacciato e insoddisfatto col passare degli anni.
Il testo del Genesi pare voler coinvolgere in modo personale chi legge quelle pagine come a proporre di avvicinare la propria vita a quella di Abram.
Al riguardo basta, infatti, farsi la domanda: Chi sono io?
La più semplice risposta è: sono un essere precario incapsulato in un corpo, insomma, uno che dentro un corpo vive, con la mente sogna, ma la realtà non consente di volare e deve rimanere con i piedi per terra.
Se si cerca di scrivere con le lettere ebraiche usate come icone il pensiero che dice di "uno
dentro
al corpo
vive
"
sorprendentemente si presenta agli occhi proprio un nome, quello di "Abram"
.
Abram a questo punto, grazie a questa considerazione, diviene anche un uomo qualsiasi e non uno speciale.
Se ne ricava subito una lezione: davanti a Dio ogni uomo è "speciale"!
Tale pensiero porta a leggere la storia di Abram, in Genesi 11,26 a 25,10 sotto una prospettiva che coinvolge ogni persona in modo radicale e esistenziale.
Chiunque potenzialmente allora dovrebbe potersi ritrovarsi in quella storia.
Abram è un uomo cui è capitato qualcosa di "speciale" che si può verificare con chicchessia, ha avuto tempo e modo di meditare sulla vita che ha trascorso, il che propone domande esistenziali che elevano dalla contingenza e fanno allargare la visuale verso orizzonti inesplorati, quindi, portano a volare con la mente ed accorgersi che oltre la terra esiste anche il cielo.
Possibile che tutto deve finire cosi?
Le speranze con gli anni vanno a svanire, ma Abram, pur se anziano ancor giovane nello spirito, vede il proprio futuro tarpato inesorabilmente dalla morte, anche se non sa quando avverrà.
Non vi sono soluzioni o scappatoie.
È un fallito comunque, qualsiasi risultato avesse pur raggiunto!
Il più furbo e intraprendente degli uomini davanti a quel punto ha due vie:
- arrendersi e vivere gli anni, tanti o pochi che deve ancora vivere, senza una speranza, facendo passare il tempo essendo una la realtà inesorabilmente nota, tutte le generazioni, comunque, sono riuscite, purtroppo, a... morire;
- restare attento alle vicende della propria vita cercando e chiedendo una risposta, sperando di cogliere segni che suggeriscano qualcosa di nuovo e diverso.
Abram faceva parte del secondo gruppo e fece un'esperienza particolare.
Ebbe una certezza che valutò oggettiva, intima o esplicita non si sa, ritenne comunque di aver ricevuto una parola da parte del Signore Dio, il suo Creatore, la cui esistenza evidentemente aveva ammesso come possibilità e nelle notti insonni avrà anche invocato... con un "se ci sei, ti prego, fatti vivo".
Ecco che senza alcun preambolo iI capitolo 12 del libro del Genesi inizia in questo modo: "Il Signore disse ad Abram..."
Abram in modo inequivocabile sentì una chiamata che sigillò nel cuore e gli fece fare un salto enorme, un modo completamente nuovo di come approcciare l'esistenza, aveva concluso: Dio c'è!
Per prime sentì queste parole: "Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò."
Abram partì con tutti i propri averi e il Signore gli indicò evidentemente un percorso da seguire e arrivò in terra di Canaan.
Subito iniziarono per lui le prove che lo avrebbero dovuto portare a dubitare.
Narra, infatti, Genesi 12,10-20 che ci fu una grande carestia e fu costretto a portarsi in Egitto per sopravvivere, ma con un escamotage e con l'aiuto del Signore, che agì sul faraone, tornò in Canaan colmo di ricchezze, "greggi e armenti e asini, schiavi e schiave, asine e cammelli".
Tale evento per certo lo consolidò nel pensiero che aveva trovato un potente protettore in grado di aprire strade inimmaginabili e misteriose che peraltro erano anche profetiche su ciò che avverrà nel futuro agli israeliti discendenti di Abram quando torneranno sani e liberi in Canaan, sfuggendo all'ira del faraone.