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DECRIPTAZIONE BIBBIA...

 
LA LIBERTÀ È UN CAMMINO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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PRESCELTI PER LA LIBERTÀ
Dice il Talmud: "Tutto è in potere del cielo eccetto il timore del cielo." (Ber 33 b) vale a dire Dio crea l'individuo, ma lo lascia libero di temere o no Dio e di decidere di obbedirgli.
Tale criterio Dio l'adottò già col primo uomo.
Secondo il libro della Genesi, la scelta che fece Dio nel sesto giorno della creazione fu di creare la prima coppia umana a propria immagine e somiglianza.
Non poteva perciò che farla potenzialmente libera di scegliere la libertà.
Le donò il soffio del suo Spirito con il quale in embrione impresse le proprie stesse principali prerogative - amore e verità - col desiderio della conoscenza e della libertà - che però in pienezza sono un tutt'uno e si trovano solo in Lui.
Tali prerogative assolute garantiscono la conservazione dell'essere senza corruzione per l'eternità.

Il libro stesso della Genesi poi ci insegna che la stessa libertà a loro assicurata, ma male da loro interpretata, non consentì a quella prima coppia l'obbedienza...
ed avvenne un disastro, che Dio trasformò nella sua grande misericordia da eterno come poteva essere, in momentaneo, grazie alla dimensione tempo che appunto deve finire, con cui Dio dovette con una variante porre rimedio per difendere il proprio progetto di amore sull'uomo.
Ecco che iniziò la storia di salvezza che si articola in questo settimo giorno della creazione, giorno che cominciò con la promulgazione delle parole di libertà sul Sinai e terminerà con la vittoria sul male da parte del Messia.
(Vedi: "La durata della Creazione".)

Il Messia, secondo i Vangeli, altri non è che il Figlio di Dio che s'è incarnato in Gesù di Nazaret.
Com'è noto il Vangelo di Matteo inizia con la "Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo" ove è messo subito in evidenza il re Davide.
Nel capitolo il nome di Davide è infatti citato per ben sei volte: 1 nel versetto 1, 2 nel 6, 2 nel 17 e 1 nel 20 ove viene ben messo in chiaro:

"Giuseppe, figlio di Davide".

Il tempo da Abramo a Gesù è ivi suddiviso in 3 periodi di 14 generazioni ciascuno, ove il 14 è voluto per richiamare con la regola della gimatria o gimatrica della somma dei valori numerici delle singole lettere ebraiche che lo compongono proprio il nome di Davide che appunto vale 14.

= ( = 4 + = 6 + = 4) =14

Dalla genealogia stessa Davide, peraltro, come accennato, è il personaggio richiamato più volte nel testo che, infine, converge in "...Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo." (Matteo 1,16)
In tal modo, lo stesso Vangelo nel versetto successivo sottolinea che "...tutte le generazioni da Abramo a Davide sono 14, da Davide fino alla deportazione in Babilonia 14, dalla deportazione in Babilonia a Cristo 14."
Per l'ebraismo, e Matteo scrive con i pensieri di quella cultura, il Messia, ossia ilCristo, per la profezia di Natan in 2Samuele 7 e 1Cronache 17 era atteso che provenisse secondo la carne proprio dalla famiglia di Davide.
L'evangelista Matteo, dopo l'elencazione delle 42 (3x14) generazioni, entra subito nel vivo e riferisce al versetto 19 che: "Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo." (19)

La fidanzata, la promessa sposa, è incinta ed a Giuseppe nulla è stato detto.
Ecco che subito si agita un primo problema.
In tale situazione in cui converge tutta la tensione della storia della salvezza, Giuseppe, colui che sarà incaricato d'introdurre in modo ordinato il Dio-Uomo nel mondo viene interessato a cose fatte.
Giuseppe, infatti, è portato a conoscenza del fatto dell'attesa di un figlio da parte di Maria in via indiretta e non si sa come.
Forse attraverso la stessa fidanzata, perché ne avranno pur parlato.
Eppure, era da mettere sul tavolo anche che Giuseppe era libero di poter rifiutare la storia che gli era proposta?

Certo furono momenti difficili per Giuseppe!
Come definire ciò che era capitato a Maria?
Era un adulterio?
Per Giuseppe era compromesso il proprio onore?
Era incorsa Maria in una grave trasgressione della Torah?
Giuseppe mentre sapeva per certo che quel figlio che Maria aveva in grembo non era opera propria, aveva anche delle motivazioni a favore della promessa sposa:

  • sapeva che perla di fanciulla era Maria;
  • nel periodo di fidanzamento, trascorso sotto la tua tutela, senza coabitazione come certifica fil versetto Matteo 1,19, forse già da oltre 9 mesi, nessun segno c'era stato che avesse rivelato un'indebita intrusione.
Dando per scontato che Maria sapesse come stavano i fatti, perché secondo il Vangelo di Luca aveva ricevuto l'annuncio dell'angelo (Luca 1,26-38), da parte di Giuseppe il credere a Maria era però veramente "disumano", nel senso che era da ammettere nella migliore delle ipotesi un evento incredibile, che come tale resta per il "mondo".
Il matrimonio era ed è un dovere per ogni ebreo, salvo se avesse fatto il voto di nazireato e trova la sua istituzione già con la prima coppia che era chiamata Adamo.

Dio creò l'uomo (Adamo) a sua immagine, lo creò ad immagine di Dio, creò maschio e femmina. Dio li benedisse e disse loro: prolificate e moltiplicatevi e riempite la terra e assoggettatela.

La prima coppia, Adamo, non aveva un padre ed una madre, ma Dio solo era stato per loro padre e madre, quindi, secondo la terminologia umana, erano stati creati quali "figli" di Dio, ma da non confondere con il "Figlio di Dio" non creato, ma creatore come il Padre, della SS. Trinità che come "il Cristo" si renderà visibile in questo mondo risolvendo l'impasse in cui era caduta l'umanità col peccato di disobbedienza.

Quel precetto del prolificare indica l'unità pensata e voluta da Dio per la prima coppia, che ha in sé i principi maschile e femminile, ma fondata sull'amore verso il Dio unico, alla quale elargì il potere di procreare in modo corretto, cioè di aprire sulla terra generazioni e generazioni di "figli" di Dio, mentre di fatto, fu riempita di figli del maligno Dio addormentò la coppia di un maschio e di una femmina e quando questa si svegliò i due si conobbero come prima coppia di marito e moglie, vale a dire non più una coppia di umani la cui diversità era il sesso, quindi con una dipendenza basata sulla concupiscenza simile all'istinto animale, ma in un'unione d'amore piena, in vista di una collaborazione totale basata sull'integrazione delle precipue qualità di ciascuno dei due, sotto l'ombra dello Spirito di Dio garante del dono della gioia dell'amore reciproco, principio fondante della totalizzante libertà divina a cui erano chiamati.

In definitiva la donna non fu scelta dall'uomo, né l'uomo dalla donna, l'unione fu decisa da Dio solo.
L'uno accolse l'altra e viceversa essendo di fatto "unici", quindi, insostituibili, in un patto in cui Dio è parte essenziale.
Non fu quindi chiesto al primo marito se volesse la moglie, ma questi "obbedendo" di buon grado al Signore felice e beato l'accolse come moglie, tant'è che poi la parte maschile lo rinfaccerà a Dio stesso quando, interrogato dopo il peccato, dirà: " La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato." (Genesi 3,12)
Per tale motivo fu prescritto - faccio notare, prima del peccato originale - che l'uomo uscisse dalla casa paterna e si unisse ("davaq" si incolli) alla propria moglie, sempre, sottinteso nel patto con Dio, per essere una sola carne (Genesi 2,24).

Il Talmud definisce, infatti, il legame che tiene unito l'uomo alla propria donna con il termine di "Kiddushin", dalla radice "kadosh" di Santo, perché in tale patto Dio, in definitiva il marito della intera coppia, opera nobilitandola perché la rende partecipe della propria santità facendo sì che il matrimonio diventi il "luogo" della sua presenza.
Nel primo matrimonio, insomma, gli attori erano tre Dio, l'uomo e la donna.

Dice il Signore tramite il profeta Osea a Israele, ma in definitiva all'umanità tutta intera ed al singolo uomo: "Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore." (Osea 2,21s)
Sono quelle di questo versetto le caratteristiche e la prerogativa che Dio s'era riservato al matrimonio della prima coppia in cui Lui era di fatto lo sposo che avrebbe garantito la nascita dalla coppia primigenia di "figli" di Dio e che fu impedita dalla rottura del patto da parte dei contraenti.
Le condizioni del patto che Dio aveva proposto già fin dal primo matrimonio è da presumere che fossero proprio quelle citate dal profeta Osea:
  • fedeltà in eterno, per sempre perché l'uomo non si fidanzi con una donna e viceversa ed entrambi col Signore con l'intento di ripudiarsi dopo qualche tempo.
  • con giustizia, ossia senza calunnie da parte d'alcuno per conseguire il ripudio.
  • con diritto, senza mai violare le norme anche se uno dovesse peccare.
  • con amore, che supera ogni rigore della legge.
  • con misericordia con comprensione e con larghezza d'animo.
La prima coppia avrebbe conosciuto il Signore perché, mi piace pensare, Dio stesso avrebbe reso concreta la possibilità, legata al "conoscere" in senso biblico, di procreare "Figli di Dio".

Accadde, invece, che il disegno di Dio subì una sosta e non poté intervenire l'incarnazione pur se "Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui." (Colossesi 1,16c)
La generazione dei figli di Adamo ed Eva, infatti, intervenne poi solo per iniziativa della prima coppia dopo la cacciata dal Gan Eden a causa del peccato originale, così non furono a nascere di figli di Dio, di cui avevano rotto l'alleanza, bensì creature, vale a dire furono a nascere generazioni tralignanti simili ai genitori, perché peccatori, tutti illegittimi rispetto al patto voluto da Dio.

Ciò s'evince dal libro della Genesi quando sottolinea all'inizio del Capitolo 5:
"Questo è il libro della discendenza di Adamo. Nel giorno in cui Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e diede loro il nome di uomo nel giorno in cui furono creati. Adamo aveva centotrenta anni quando generò un figlio a sua immagine, secondo la sua somiglianza, e lo chiamò Set." (Genesi 5,1-3)

Nell'ebraismo l'atto che apre al matrimonio è la formulazione degli "Erusin" (essere legati) o fidanzamento, con cui ha inizio il "kiddushin" o consacrazione, necessaria per la formazione del legame matrimoniale con una donna ed in cui è chiamata ad intervenire la fonte della Santità vale a dire Dio stesso, tant'è per la tradizione ebraica gli sposi in veste bianche formano una nuova entità che esce pura senza peccato alcuno dal rito del matrimonio.
L'atto del fidanzamento in genere avviene pur sempre nel rispetto della volontà di Dio, un anno prima del rito finale ("nisuim" o nozze) con un impegno reciproco dello sposo con i parenti della sposa.
La cerimonia attuale dell'"erusim" nell'ebraismo prevede che la "kallah", cioè la sposa e il "chatan", ossia lo sposo, bevano entrambi dallo stesso calice di vino su cui sono state pronunciate benedizioni, accettando così gioie e responsabilità, compresa quella della procreazione.
C'è una benedizione molto antica, nel Talmud Babilonese (Ketubbot 8a):

"Sammeach tesammach - Tu farai gioire
re'im ha'ahuvim - gli amici che si amano (cioè gli sposi)
kesammechakh jetzirakh - come hai fatto gioire la tua creatura
began e'den miqedem - nel giardino dell'Eden ad Oriente
barukh 'attà Hashem - benedetto sii Tu o Signore
mesammeach chatan wekallà. - che fai gioire lo sposo e la sposa.
"

"La tua creatura", è Adamo, la prima coppia di esseri umani.
La decisione di rinviare i rapporti sessuali è una scelta possibile della coppia e in genere trovava il suo fondamento nella ricerca di una discendenza propria certa da parte del maschio, ciò ovviamente per l'indurimento dei cuori per i sospetti di tradimento e per gelosia.
L'uomo, infatti, per essere certo che i figli fossero propri, custodiva la fidanzata preservandola da rapporti per il tempo pari a quello di una gestazione e così, trascorso quello, unendosi carnalmente con lei sarebbe stato certo di non avere figli illegittimi.

La Torah, peraltro, cerca di preservare la verginità della sposa per lo sposo e prevede:
  • Esodo 22,15 - "Quando un uomo seduce una vergine non ancora fidanzata e pecca con lei, ne pagherà la dote nuziale ed essa diverrà sua moglie."
  • Deuteronomio 22,23s - "Quando una fanciulla vergine è fidanzata e un uomo, trovandola in città, pecca con lei, condurrete tutti e due alla porta di quella città e li lapiderete così che muoiano: la fanciulla, perché essendo in città non ha gridato, e l'uomo perché ha disonorato la donna del suo prossimo. Così toglierai il male da te."
Dopo la caduta della prima coppia, ecco che di Dio prepara una soluzione che sviluppa e rivela nei secoli con le Sacre Scritture.
Dio stesso si fa uomo in una coppia di prescelti che Lui stesso sarà a prepararsi e chi nascerà sarà "salvezza", cioè Gesù il Cristo, perché "Lui solo è nato senza peccato, Lui che fu generato senza apporto umano, non dalla concupiscenza della carne, ma dall'obbedienza dello spirito." (Sant Agostino Discorsi 13)

Torniamo ora al Vangelo di Matteo alla descrizione di questa nascita da Maria.
"Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto." (Matteo,19)

Sono da sottolineare:
  • "suo sposo", che conferma come il fidanzamento conferiva già responsabilità di sposo del matrimonio;
  • "era uomo giusto", quindi, studioso delle Sacre Scritture, come avremo successivamente conferma, e rispettoso dello spirito della Torah interpretata con longanimità di cuore.
"Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo;" (20)

L'angelo, come ovvio, conosce perfettamente chi sia Giuseppe ed, indirettamente, con quel chiamarlo "Giuseppe, figlio di Davide" rivela che motivo precipuo perché Dio lo ha prescelto è proprio la sua appartenenza alla discendenza davidica e nel presceglierlo l'ha in qualche modo preparato, infatti, prima c'è stato quel commento al suo essere giusto che garantiva che avrebbe evitato atti sconsiderati.

Quella parola "giusto" sottende infatti come Dio stesso lo abbia preparato in un cammino di libertà con tutto quanto essa implica secondo i libri sapienziali della Bibbia, come:
  • Salmo 6,13 - "Signore, tu benedici il giusto: come scudo lo copre la tua benevolenza."
  • Salmo 37,37 - "Osserva il giusto e vedi l'uomo retto, l'uomo di pace avrà una discendenza."
  • Salmo 64,11 - "Il giusto gioirà nel Signore e riporrà in lui la sua speranza, i retti di cuore ne trarranno gloria."
  • Salmo 92,13 - "Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano."
  • Salmo 97,11"Una luce si è levata per il giusto, gioia per i retti di cuore."
  • Proverbi 20,7 - "Il giusto si regola secondo la sua integrità; beati i figli che lascia dietro di sé!"
  • Sapienza 2,18 - "Se il giusto è figlio di Dio, egli l'assisterà, e lo libererà dalle mani dei suoi avversari."
È certo, infatti, che Giuseppe fu benedetto e protetto, ebbe la discendenza attesa da Abramo, ne ha tratto gioia e gloria, è fiorito come palma, per lui s'è levata la luce del Cristo, si è regolato secondo la propria integrità e fu liberato dall'oppressione di Erode.
Dicevo che Giuseppe era evidentemente esperto di Sacre Scritture ed ecco la prova direttamente dall'angelo che gli dice nel sogno: "ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati. Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi." (21-23)

L'angelo rammenta a Giuseppe la profezia dell'Emmanuele fatta al davidico Acaz (736-713 a.C.) re di Giuda da Isaia nel libro omonimo in 7,10-15, profezia evidentemente ben nota e meditata da Giuseppe che attendeva il compiersi della promessa.
Era stato così preparato ad accogliere l'evento e l'angelo usò gli argomenti atti a far propendere Giuseppe, verso l'accoglimento dell'annuncio.
(Vedi: "Le Miriam della Bibbia e nella tradizione - Prima Parte" e "Le Miriam della Bibbia e nella tradizione - Seconda Parte")

"Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù." (24)

È subito da notare che, destatosi dal sonno, "prese con sé la sua sposa" proprio come fece la parte maschile di Adamo, la prima coppia, che quando si svegliò dal sonno prese con sé la moglie che gli aveva preparato il Signore.
Secondo fatto notevole è che Giuseppe obbedì e prese la sposa "come gli aveva ordinato l'angelo del Signore".
Viene in questo modo evidenziato che Giuseppe è "un servo del Signore" del pari della propria sposa ("Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola" Luca 1,38) entrato, quindi, assieme alla Vergine Maria nella libertà totale che è prerogativa sola di Dio, a riprova che solo obbedendo al Signore si entra in questa.
Sono la coppia perfetta e l'uno si completa con l'altra, come si evince dal libro del Siracide:

"Quanto sono amabili tutte le sue opere!
E appena una scintilla se ne può osservare.
Tutte queste cose vivono e resteranno per sempre
in tutte le circostanze e tutte gli obbediscono.
Tutte sono a coppia, una di fronte all'altra,
egli non ha fatto nulla di incompleto.
L'una conferma i meriti dell'altra,
chi si sazierà nel contemplare la sua gloria?"
(Siracide 42,22-25)

L'amore per la sposa è indice della libertà a cui è pervenuto il nostro caro San Giuseppe, perché libertà ed amore vanno in parallelo: sono come le due rotaie di uno stesso binario.
C'è, infatti, questo aforisma:

"Qualunque cosa distrugga la libertà non è amore.
Deve trattarsi di altro, perché amore e libertà vanno a braccetto, sono due ali dello stesso gabbiano.
"
(Osho Rajneesh, santone indiano)




Ciò è contrario all'idea che ha il mondo per libertà, considerata come il non dipendere da alcun padrone, mentre nell'ebraismo come nel cristianesimo la libertà nasce con l'adesione alla volontà del solo padrone del mondo.

L'ebraismo considera perfetta unione con il Creatore l'adesione alle leggi della Torah come insegnano i 40 anni di cammino nel deserto degli schiavi fuoriusciti dall'Egitto.
Interessanti e veramente esemplificativi al riguardo sono questi pensieri esperienze di un viaggio in un deserto roccioso: "Assetata e stanca, di fronte ai vertiginosi baratri, avevo ormai raggiunto la consapevolezza costante che senza la protezione divina ad ogni passo avrei potuto mettere il piede sulla roccia sbagliata, rotolando così giù come alcune pietre che avevo visto franare. Ad un certo punto scorsi però uno stambecco spiccare un salto senza esitazione tra due rocce, ed ecco allora che ebbi questa intuizione: compresi finalmente il significato della preghiera 'Hashem mia Roccia (Tzurì) e mio Salvatore (veGoalì)'. Dio può essere il tuo Salvatore quando scegli di vivere in uno stato di costante 'Teshuvà', pentimento. Questo ci permette di venire illuminati, di scegliere come l''ayal', lo stambecco tanto caro al re David, la roccia giusta, di collocarci cioè nell'adeguato stato di coscienza rispetto alla 'Roccia'. Dopo l'insegnamento dello stambecco cominciai a provare una fede vera nel Dio che nella mia esistenza diventava l'unica 'mia pietra (Hashem Tzurì)' che non vacillava. Man mano che proseguivo nella scalata (che non potevo interrompere dato il timore del baratro sottostante) facevo 'Teshuva'. Ogni volta che posavo il piede su una pietra poco rassicurante mi liberavo di ogni fantasia idolatra che mi poneva al centro del mondo. Ogni pietra un voto, di cui ne mantengo ancora stranamente molti. Ad un certo punto la stanchezza divenne tale che persino cento grammi nel mio sacco divennero zavorra insostenibile. Iniziai allora a lasciare dietro di me oggetti e cibo per proseguire solo con una bottiglia d'acqua. Così come accadde ai nostri Padri l'acqua era divenuta l'unica necessità per la mia sopravvivenza. E come insegnano i Saggi dell'ebraismo, l'acqua rappresenta la Torah, la Fede." (Daniela Abravanel scrittrice su Qaballah)

Nel cristianesimo la perfetta adesione alla volontà divina è seguire la Torah incarnata, cioè il Cristo, come vedremo nel prossimo paragrafo.
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