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LA MORMORAZIONE
Nel brano della lettera ai Filippesi di San Paolo, richiamato nel primo paragrafo, subito dopo l'apostolo dice "Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche," e prosegue "perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita." (Filippesi 2,14-16)

Nella Bibbia il "mormorare" è il verbo che manifesta la mancanza di fede, tipico dell'incredulità del vecchio e del nuovo Israele di Dio che lo porta nel deserto per donargli la fede onde forgiare un popolo che lo rappresenti in terra, ma nel suo progredire in quel cammino il popolo manifesta continue mormorazioni.
"Mormorazione - Mormorazioni" e simili nella traduzione C.E.I. 2008 della Torah, si trova:

  • 10 volte nel libro dell'Esodo, di cui la prima al 15,24 alle acque di Mara, 8 nel capitolo 16 relative all'episodio della manna e delle quaglie ai versetti 2, 7 (2 volte), 8 (3 volte), 9, 12 e, infine, al 17,3 nell'episodio dell'acqua scaturita dalla roccia a Refidim;
  • 9 volte nel libro dei Numeri di cui 5 al capitolo 14 ai versetti 2, 27 (2 volte), 29, e 36 per la rivolta del popolo contro Mosè al ritorno degli esploratori, 1 volta al 16,11 alla rivolta di Core, Datan e Abiram e 3 al 17,6.20.25 nell'episodio detto degli "incensieri", episodi tutti in cui vi furono delle rivolte;
  • 1 nel libro del Deuteronomio al versetto 1,27.
Questo ultimo versetto che recita: "...mormoraste nelle vostre tende e diceste: Il Signore ci odia, per questo ci ha fatto uscire dalla terra d'Egitto per darci in mano agli Amorrei e sterminarci" spiega un po' lo spirito della "mormorazione" che equivale a non credere all'amore di Dio e alla Sua provvidenza e a cadere nello stesso inganno che il serpente sottilmente propose ai progenitori, quando nel paradiso terrestre (Genesi 3,4) insinuò che Dio non li amava e disse a Eva: "...Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male."

Andiamo ora all'episodio della manna e delle quaglie di Esodo 16; Numeri 11.
(Vedi: "Manna, cibo degli angeli, figura del Messia")

È da premettere che "manna" in ebraico è "man" (Esodo 16,31) e fu il cibo giornaliero che Israele mangiò fino all'entrata nella terra promessa, allorché come scrive il libro di Giosuè 5,10-12, il dono, cessò in questo modo: "Si accamparono dunque in Galgala gli Israeliti e celebrarono la pasqua al quattordici del mese, alla sera, nella steppa di Gerico. Il giorno dopo la pasqua mangiarono i prodotti della regione, azzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno. La manna cessò il giorno dopo, come essi ebbero mangiato i prodotti della terra e non ci fu più manna per gli Israeliti; in quell'anno mangiarono i frutti della terra di Canaan."

Premesso che a chi lo segue sempre Dio ha fornisce cibo materiale e spirituale, quelle due lettere di manna "man" a un ebreo ricordano la parola fede, "amen" , e il dono della fede è da considerare che fosse proprio lo scopo del Signore col dare la manna, atta a "originare la vita angelica ", come conferma il Salmo 78,24s: "fece piovere su di essi la manna per cibo e diede loro pane del cielo: l'uomo mangiò il pane degli angeli...".

"Quaglie" in ebraico è "silav" , con la lettera "sin" (esempio: Esodo 16,13), ma fa trapelare anche le parole "shalev" e "shalu", con la lettera "shin" che ha la stessa forma grafica di "sin" , salvo diversa puntatura di sopra (inserita nel II secolo d.C.), col significano rispettivamente di "tranquillo, in pace, contento, soddisfatto" e "tranquillità, benessere, sicurezza", onde con quell'episodio delle quaglie il Signore, in definitiva, dette loro da mangiare anche sicurezza e tranquillità.

C'è poi un collegamento più sottile e precisamente con la già vista profezia messianica della benedizione di Giacobbe ove dice: "Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli" (Genesi 49,10) e colui al quale è proprio "shilo" che nell'ebraismo è divenuto nome proprio, "Shilo", sinonimo del Messia che deve venire.

La seconda faccia del messaggio che Dio dette con la manna e le quaglie perciò è "abbiate fede, verrà il Messia" e fa intravedere una salvezza definitiva.

Il termine "telunnot", tradotto con mormorazioni, sinonimo di proteste e lamentele si trova scritto come o sempre al plurale nel capitolo Esodo 16 della manna e delle quaglie ai versetti 7.8.9.12 ripetuto poi in Numeri 14,27 e 17,6.20.25; Esodo 16,7, infatti, dice "...vedrete la gloria del Signore, poiché egli ha inteso le vostre mormorazioni contro di lui. Noi infatti che cosa siamo, perché mormoriate contro di noi?" ove per mormorazioni si trova e per il verbo "mormoriate" si hanno le possibilità "telunu" e "talinnu" dal radicale o le cui lettere suggeriscono per "il serpente li opprime ()" e per , "accompagnati () dall'angelo (ribelle)".

Che l'evento delle quaglie intenda alludere alla venuta del Messia pare trovare conferma anche dal fatto che in quel versetto Esodo 16,7 si parla della gloria di Dio, infatti, è detto "...vedrete la gloria del Signore" ossia, dice il versetto, vedrete il peso del Signore, il vero valore che lui assumerà nella vostra vita; infatti, gloria in ebraico è "kebod" o riferibile al concetto di peso onde evoca l'idea d'importanza per cui "la gloria di Dio" è la sua maestà con lo splendore della sua santità.

In genere, nell'Antico Testamento la "gloria" si fa presente in una teofania o nei Suoi grandi segni (al riguardo è da ricordare il secondo canto del servo di IHWH quando Isaia in 49,3 dice che su quel servo Dio manifesterà la sua gloria).
Il Nuovo Testamento propone la gloria del Padre confermata nella gloria del Figlio:
  • Giovanni 1,14 - "noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre";
  • Giovanni 2,12 - a "Cana di Galilea, manifestò la sua gloria...";
  • Luca 9,32 - nell'episodio della "trasfigurazione" Gesù manifestò la sua gloria, infatti: "Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria", anticipo della gloria della risurrezione;
  • Matteo 24,30 - alla fine dei tempi: "vedranno il Figlio dell'uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria";
  • Giovanni 11,40 - appare nella risurrezione come disse Gesù alla sorella di Lazzaro: "Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?".
Famoso è il brano di Isaia 63,1-3: "Chi è costui che viene da Edom, da Bozra con le vesti tinte di rosso? Costui, splendido nella sua veste, che avanza nella pienezza della sua forza? Io, che parlo con giustizia, sono grande nel soccorrere. Perché rossa è la tua veste e i tuoi abiti come quelli di chi pigia nel tino? Nel tino ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me."

Le lettere ebraiche sono in grado di spiegare concetti che per l'autore del libro sacro e per i lettori del suo tempo erano chiari, infatti, con il Messia viene da Edom, allude a Adam avendo le stesse lettere, quindi ci parla di uomo, e col dire nel "tino ho pigiato da solo" dice che questo uomo avrà "gloria" in quanto quel dire è un panegirico della parola ebraica "gloria".

Del resto se "kabod" s'immagina così, + , essendo la "kaf" ruotata a destra di 90° come una conca, un vaso... un tino e "bad" in ebraico è "solo" e da solo, quel nel tino da solo descrive la parola "kabod" di "gloria".

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