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RACCONTI A SFONDO BIBLICO...

 
IL MARE DELLA VITA

di Alessandro Conti Puorger
 
 

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ALTRO MIRACOLO DEL MARE - IL SEGNO DI GIONA
Strettamente connesso al mare e alla "Teshuvah", ossia al ritorno a Dio, è il miracolo riguardante il profeta Giona, narrato nell'omonimo libro della Bibbia.
Questo nome Giona "Ionah" significa "colomba" ed è definito "figlio di 'Amittai" (Giona 1,1), cioè ove "'amoet" è verità, quindi, "il figlio di cui confido ". (Per la tradizione rabbinica Giona sarebbe addirittura il figlio della vedova di Sarepta di Sidone, il bambino resuscitato da Elia in 1Re 17)

Di questo personaggio, ma soprattutto del testo in ebraico di quel libro, mi sono interessato con l'articolo "Il miracolo del Mare e il libro di Giona" in cui tra l'altro ne ho presentato l'intera decriptazione.
Succintamente rammento che in quel racconto il Signore ordinò a Giona di andare a predicare a Ninive in Assiria, perché "la loro malizia è salita fino a me", ma Giona si mise in cammino per fuggire e a Giaffa s'imbarcò per andare lontano dal Signore.
Dio, allora, fece alzare un forte vento che provocò una gran tempesta tanto che per i marosi la nave ormai stava per affondare.
I marinai compresero che incombeva sulla nave l'ira di una potenza avversa e che la causa di ciò era proprio Giona, per cui lo gettarono in mare ove fu ingoiato da un grande pesce da cui però fu risputato vivo dopo tre giorni.
Il Signore allora gli ordinò di predicare la conversione a Ninive e al suo re.
La predicazione ebbe successo, tutti si convertirono e la città non fu distrutta, infatti, "Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si impietosì riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece". (Giona 3,10)

In effetti, un profeta di nome Giona figlio di 'Amittai si trova citato in 2Re 14,25 ai tempi di Geroboamo II, quarto re d'Israele, che regnò in Samaria per 29 anni dal 782 al 753 a.C..
Tale Giona che fu contemporaneo dei profeti Osea, Gioele e Amos era di Gat-Chefer un villaggio sul confine del territorio della tribù di Zabulon, sito a cinque chilometri a nord-est di Nazaret, città della Sacra Famiglia.
Questo profeta proclamò che la riconquista di territori perduti era voluta da Dio, e stimolò e favorì così l'iniziativa bellica di Geroboamo II.

I più ritengono che il racconto del libro di Giona sia un "midrash", ossia un racconto che manifesta una ricerca, onde i fatti sarebbero immaginari, una "parabola", una novella, ricca di contenuto teologico e profetico.
Per gli storici nell'VIII secolo a.C. Ninive non era ancora la capitale dell'Assiria e non esisteva un re di Ninive e non era ancora la citta grande da percorrere in "tre giorni di cammino" (Gionata 3,3) com'è descritta in quel libro.
Ipotesi poi condivisa dagli studiosi è che la redazione definitiva del libro, scritto in ebraico, fu in Giudea tra il 530-500 a.C. comunque dopo il ritorno dall'Esilio di Babilonia.
Quel libro pare voler sia manifestare l'universalità, la misericordia del Dio d'Israele, l'amore illimitato per tutti gli uomini, il suo interessamento nei riguardi di tutti i popoli, sia tendere a cercare di spiegare il perché Ninive, nonostante tutte le sue deviazioni, non fu distrutta prima, il che avrebbe evitato l'esilio degli Israeliti del regno del nord nel 722-1 a.C. circa 135 anni prima dell'esilio a Babilonia del regno di Giuda.
La Bibbia, infatti, al riguardo riferisce: "Il re d'Assiria invase tutta la terra, salì a Samaria e l'assediò per tre anni. Nell'anno nono di Osea, il re d'Assiria occupò Samaria, deportò gli Israeliti in Assiria, e li stabilì a Calach e presso il Cabor, fiume di Gozan, e nelle città della Media. Ciò avvenne perché gli Israeliti avevano peccato contro il Signore, loro Dio, che li aveva fatti uscire dalla terra d'Egitto... Essi venerarono altri dèi..." (2Re 17,5-7)

Il libro di Tobia 1,3 poi indica Ninive come città in cui fu deportato con molti del regno del Nord.
Giona agli inizi rappresenta il pensiero comune patriottico degli Israeliti contro chi li porterà in esilio, infatti, si rifiuta di predicare a Ninive proprio per evitare che quella città sia raggiunta, dal perdono divino.
La ricerca di una soluzione al vivere, tentando di superare la problematica della morte, pare evidente.
Accade che Giona, chiamato dal Signore per un incarico, non può morire; addirittura gettato in alto mare in tempesta, non affoga e, pur se ingoiato dal grosso pesce, rispunta vivo dopo tre giorni.
Tre giorni vive nel pesce e tre giorni di cammino è la larghezza della città.
Questo grande pesce è il nemico di tutti: la morte, quella che ingoia tutti i piccoli che stanno nel mare... della vita.

Tre giorni... perché?
I progenitori dell'uomo apparvero per volere di Dio sulla terra il VI giorno, ma disubbidendo con tutta la loro la discendenza che purtroppo li ha seguiti nell'errore sono stati e sono ingoiati dal mostro e sono entrati nel ciclo che prevede la morte dell'essere e fisica, ma questa terminerà il terzo giorno, cioè all'apparire dell'ottavo giorno, la domenica eterna senza tramonto.
Ninive viene così a rappresentare la città delle città, ossia tutti gli abitanti del mondo.
Un fatto evidente: viene loro certamente predicato da Giona, che Dio l'ha salvato dalla morte e questa predicazione, il Kérigma, come si dice in greco, diviene la prova che muove alla conversione tutta la popolazione.
(Vedi: "Il Kérigma di Cristo risorto nell'Antico Testamento")

Il testimone è credibile ci sono ancora in giro i marinai che lo buttarono in mare.
Facendo la volontà di Dio non c'è la morte con le sue estreme conseguenze!
Conclusione, chi si converte, subirà la stessa sorte; Dio lo farà uscire dal pesce.

Gesù, si sente investito dallo Spirito di profezia, è stato mandato dal Padre.
Lui è il grande profeta che doveva venire cui era destinata la profezia: "Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli" (Genesi 49,10), colui che aspettava Giovanni il Battista.

Quello di cui Mosè disse: "Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto." (Deuteronomio 18,15)

A Lui, sul Tabor, il Padre ha detto: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo". (Matteo 17,5; Marco 9,7; Luca 9,35)

Lui è l'Amen Amen, è il vero Figlio della Verità "boen 'Amittai", il nuovo Giona!
Come uomo, essendo di Nazaret, aveva seguito la figura del profeta Giona praticamente suo conterraneo, e conosceva bene il contenuto del "midrash" del pesce e dei tre giorni e nei riguardi di dottori della legge che cercavano di metterlo alla prova e farlo cadere in trappola, chiedendo segni, Gesù risponde: "Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. Quelli di Nìnive si alzeranno a giudicare questa generazione e la condanneranno, perché essi si convertirono alla predicazione di Giona. Ecco, ora qui c'è più di Giona!" (Matteo 12,39-41 e 16,4; Luca 15,29)

A quella generazione sarà dato "il segno di Giona", il segno della sua morte e della sua Risurrezione, e alle generazioni successive quel segno sarà la base del Kérigma.
È da ricordare che la 14a lettera dell'alfabeto ebraico, la "nun", = ha il nome che in quella lingua è un modo per dire pesce e propone l'idea di un serpente marino, perché collegabile al dio egizio Nun, il dio dell'oceano primordiale, la parte maschile, da cui viene ogni energia e da cui ebbe origine il Nilo che con il delta e le sue 7 foci dei tempi antichi faceva immaginare un drago, che ingoiava i bambini ebrei gettati in quel fiume dopo l'editto del faraone ai tempi della nascita di Mosè (Esodo 1 e 2).



Geroglifico del dio Nun

Il segno della lettera N egizia è un'onda ed implica, appunto, l'idea di energia, invio, emanazione.
Si pensi che un modo di salutare in egizio era NYNY, il cui segno è un uomo che trasmette energia

(Vedi: "Il drago leviatano ed il basilisco")

Ecco che allora già il nome Giona "Ionah" , grazie anche alla funzione d'icona delle lettere ebraiche, è capace di evocare la storia del miracolo, infatti:

"Ionah" "sarà a portarsi dal Nun fuori " e il Nun, appunto, evocava il Nilo e il grande pesce, il dragone Leviatano.

La colomba ha una grande importanza nel mondo biblico:
  • è una colomba in Genesi 8,11a portare un rametto d'ulivo per mostrare la fine del Diluvio;
  • il profeta Osea 7,11 paragona Israele a una colomba;
  • nel salmo 68,14 la colomba dalle ali argentee e dorate è simbolo del popolo d'Israele;
  • la parola colomba risuona più volte nel Cantico dei Cantici 1,15; 4,1; 5,2 e 6,9;
  • nei quattro i Vangeli canonici la colomba scende sul capo di Gesù al momento del battesimo nel Giordano (Matteo 3,16; Marco 1,10; Luca 3,22; Giovanni 1,32);
  • nel cristianesimo è riconosciuta come immagine dello Spirito Santo.
La colomba fa presente l'energia che viene da Dio ritiratasi dall'uomo quando scelse di fare per conto proprio e di cui si attendeva la manifestazione in un nuovo figlio dell'uomo; infatti, si può leggere "è a portarsi l'energia nel mondo "
Giona figlio di "'Amittai" evoca proprio con le lettere un fatto del genere:
  • "della colomba dentro l'energia in un primo uomo fu ";
  • "fu a portarsi l'energia nel mondo , in un figlio primogenito di uomo fu ".
Nel Salmo 118 vi sono delle parti che calzano con la storia di Giona:
  • Salmo 118,13 - i marinai "Mi avevano spinto con forza per farmi cadere, ma il Signore è stato il mio aiuto."
  • Salmo 118,16 - pur caduto in mare e ingoiato dal grande pesce "la destra del Signore si è innalzata, la destra del Signore ha fatto prodezze."
  • Salmo 118,17 - infatti, è stato restituito alla vita e solo dopo, testimone di questo fatto, poté annunciare la conversione: "Non morirò, ma resterò in vita e annuncerò le opere del Signore."
  • Salmo 118,18 - Dio lo ha castigato a fin di bene "Il Signore mi ha castigato duramente, ma non mi ha consegnato alla morte."
Questa storia è anche una premonizione della storia dell'atteso Figlio dell'Uomo!
Dice il libro di Isaia, profilando gli eventi del Cristo: "Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci da salvezza s'è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti." (Isaia 53,5)

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