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ATTESA DEL MESSIA...

 
DAL DESERTO AL GIARDINO

di Alessandro Conti Puorger
 
 

LUOGHI INOSPITALI
Istruisce la Torah nei primi due capitoli del libro detto della Genesi che Dio predispose l'universo, onde preparare un luogo che potesse essere abitato.
L'idea è ripresa dal profeta Isaia, "...così dice il Signore, che ha creato i cieli, egli, il Dio che ha plasmato e fatto la terra e l'ha resa stabile, non l'ha creata vuota, ma l'ha plasmata perché fosse abitata: Io sono il Signore, non ce n'è altri." (Isaia 45,18)
L'Essere che genera comunione da prima di tutti i tempi, cioè Dio Trinità, intese dare sviluppo al proprio naturale progetto d'amore, preparando luogo e condizioni idonee, per accogliere il naturale vertice del progetto stesso, la famiglia da cui sarebbe nato l'Uomo perfetto, che altri non era che la Sua stessa incarnazione.
Per arrivare allo scopo doveva sposare, ossia ottenere il "sì", da una coppia di creature umane, "libera" anche di negarlo, che sarebbe stata la Santa Famiglia di Nazaret, fondamenta per costruire "...il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo." (Efesini 412s)

Noi uomini, quindi, ringraziamo: "...con gioia il Padre che ci ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce." (Colossesi 1,12)
Quel libro della Genesi, subito all'inizio, ha premura di chiarire che: "In principio Dio creò il cielo e la terra" (Genesi 1,1), vale a dire l'universo.
Subito dopo, prima del racconto dei sette giorni, il testo tiene però a precisare che "La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque." (Genesi 1,2)

Dalla "edizio priceps" C.E.I. 2008, quanto in ebraico è scritto in Genesi 1,2 come "tohù" e "bohù" è, infatti, tradotto con "informe e deserta".
Lo stesso raro termine "tohù" è usato in Isaia 45,18 quando è scritto "non l'ha creata vuota", onde v'è stretta connessione tra Isaia 45,18 e Genesi 1,2.

Scrivevo in "È una storia d'amore" che per l'ebraismo rabbinico la creazione di Adamo avvenne nel 3760 a.C., quindi, in un tempo relativamente recente non in linea con quanto ritenuto da fatti scientifici incontrovertibili.
La scienza, infatti, data a vari miliardi di anni fa il big bang della creazione del mondo e a milioni di anni fa la nascita del primate uomo.
Prima che si possa conclamare che su tale questione non ci sia concordanza tra scienza e fede è da vagliare anche la seguente possibile argomentazione.
Ci si deve domandare, infatti, se il libro della Genesi stia parlando di una particolare creazione, non di quella fisica, ma di quella della fede vera sulla terra, non di superstizioni verso gli dei, ma del credo in un Dio Unico, creatore del cielo e della terra.
L'autore sacro, forse, proprio tale fede, la chiamò "Luce", e intese suggerire che con la Luce spuntò l'illuminazione, suscitata da Dio stesso, in una prima coppia scelta nella razza umana dei primati in cui il Creatore, con atto specifico di volontà, infuse il proprio spirito ed intese elevare così l'umanità a nuova e maggiore dignità per lo scopo finale dell'incarnazione del Cristo.
È al riguardo da porre attenzione al fatto, da prendere allora come un voluto avviso, che il libro della Genesi in ebraico inizia con una lettera che ha il valore di numero 2, la lettera B = della parola "ber'eshit" ; eppure è la prima parola della Bibbia, visto che quel testo, chiamato dagli ebrei appunto "Ber'eshit", è posto all'inizio della Torah con cui si apre la Tenak o Bibbia ebraica e anche quella cristiana.
Considerata l'attenzione scrupolosa alle lettere da parte dell'autore sacro, tale constatazione pare proprio una traccia per far uscire dal racconto meramente fisico della narrazione della creazione del mondo della Genesi (in cui il sole è creato nel giorno 4 e le piante nel giorno 3) ed approdare ad un racconto allegorico che vuole segnalare uno specifico intervento divino nel campo spirituale atto a provocare una seconda creazione tale da dare ordine finale e motivo alla prima, senza voler entrare in questioni scientifiche.
In tale ipotesi i primi due versetti del libro della Genesi sarebbero, allora, da interpretare come se la terra fosse già stata creata "In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe (tohù ) e deserta (bohù ) e le tenebre ricoprivano l'abisso e (in ebraico ) lo spirito di Dio aleggiava sulle acque."
Quella lettera waw = che è tradotta con la congiunzione "e = ", forse è invece da tradurre, com'è possibile, con la congiunzione avversativa "ma = ", onde in conclusione il versetto Genesi 1,2 si potrebbe anche pensare, che sì, la terra era "informe e deserta...", "...ma lo spirito di Dio aleggiava sulle acque".
Quel primo mondo, risultato di tanti mondi su cui si erano estinti già tanti abitanti, su cui s'erano abbattuti catastrofi e distruzioni, quale il mondo dei dinosauri e dei giganti, degli ominidi, dei neandertaliani, era appunto ancora il mondo del caos etico-spirituale "Olam ha Tohu".
(Vedi: "La fase B, la seconda creazione")

Ovviamente non è messo in discussione che Dio abbia creato la materia dal nulla nella creazione n° 1, ma quel... "tohù va bohù"... pare proprio suggerire che la terra fosse ancora preda di confusione e che in questa creazione numero 2 Dio, nel proseguimento del lancio del suo progetto, avrebbe usato materia già creata da Lui stesso in altro tempo.
Lo Spirito di Dio aleggiava sulla faccia delle acque vigilando sui pericoli ed essendo l'ora di un ulteriore passo della creazione come ebbe a fare poi la colomba sul mondo nuovo dopo il diluvio e come fece sopra il capo dell'uomo nuovo, Gesù di Nazaret, al momento del battesimo nel Giordano.
Lo Spirito, il "Ruah Elohim" è, infatti, da pensare che vegliasse sulla creazione attuata per creare l'uomo in cui nacque la fede in un Dio Unico.
(Vedi: "Spirito creato in 7 tappe - Genesi codice egizio-ebraico" in cui ho portato avanti la tesi di una creazione dello spirito dell'uomo nuovo.)

Il termine "bohù" nella Bibbia ebraica o Tenak, scritta con le lettere di quel loro alfabeto, oltre che in Genesi 1,2 è presente altre due volte soltanto, però, del pari, ancora associato con "tohù":
  • Isaia 34,11 - "Ne prenderanno possesso il gufo e la civetta, l'ibis e il corvo vi faranno dimora. Egli stenderà su di essa la misura del vuoto e la livella del nulla ."
  • Geremia 4,23 - "Guardai la terra, ed ecco vuoto e deserto , i cieli, e non v'era luce."
In definitiva il "bohù" pare traducibile con "deserto" e con "nulla", quindi, il termine manifesta un luogo disabitato.
In Genesi "Ber'eshit" edizione Avishay Namdar da Mamash 2010 il termine "bohù" è, peraltro, tradotto con "desolata", quindi, luogo desolato.
Leggendo con i significati grafici delle lettere s'ottiene "dentro campo aperto si porta " e "da casa fuori si porta ", quindi, in casa, ossia dentro quel luogo, non c'è nessuno, il proprietario è sortito, perciò, è deserta.
(Vedi: "Parlano le lettere" e le schede delle lettere ebraiche cliccando su ciascuna icona nella colonna a destra della Home di questo mio Sito)

Si può dividere anche in () + e, allora, si può leggere come "casa, luogo di abitazione della scelleratezza, perversità, cupidigia ()", cioè rifugio di ciò che in ebraico può significare "havvah".
In modo allegorico il deserto ed il nulla sono così personalizzati con la figura della scelleratezza.
In una casa vuota, infatti, nel senso etico religioso della mancanza di bene, s'insinua il negativo assoluto, vale a dire il male con i suoi 7 spiriti, male di cui parla il Vangelo di Luca 11,24-26: "Quando lo spirito immondo esce dall'uomo, si aggira per luoghi aridi in cerca di riposo e, non trovandone, dice: Ritornerò nella mia casa da cui sono uscito. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui ed essi entrano e vi alloggiano e la condizione finale di quell'uomo diventa peggiore della prima."
L'altro termine, "tohù" nella Tenak poi appare 20 volte, di cui, 17 da solo, oltre a quelle 3 volte già viste assieme con "bohù".

Nel versetto 1Samuele 12,21 "Non allontanatevi dietro nullità che non possono giovare né salvare, perché appunto sono nullità " tohù è riportato due volte e tradotto quindi come "nullità".

In Deuteronomio 32,10 "Egli (l'Altissimo) lo (Giacobbe) trovò in una terra deserta, in una landa di ululati solitari. Lo circondò, lo allevò, lo custodì come la pupilla del suo occhio" è tradotto come "landa", mentre per "terra deserta" vi è là un altro termine che vedremo in altro paragrafo.

In Giobbe "tohù" si trova 3 volte, con traduzioni diverse che riporto in grassetto:
  • Giobbe 6,18 - "Le carovane deviano dalle loro piste, avanzano nel deserto e vi si perdono."
  • Giobbe 12,24 - "Toglie la ragione ai capi di un paese e li fa vagare nel vuoto, senza strade."
  • Giobbe 26,7 - "Egli distende il cielo sopra il vuoto, sospende la terra sopra il nulla."
Anche nel Salmo 107,4 "tohù" è tradotto con vuoto "Colui che getta il disprezzo sui potenti li fece vagare nel vuoto, senza strade."

Il profeta Isaia, oltre che con "bohù" in 34,11, usa "tohù" varie volte, precisamente:
  • Isaia 24,10 - "È distrutta la città del nulla, è chiuso l'ingresso di ogni casa."
  • Isaia 29,21 - "Perché il tiranno non sarà più, sparirà l'arrogante, saranno eliminati quanti tramano iniquità, quanti con la parola rendono colpevoli gli altri, quanti alla porta tendono tranelli al giudice e rovinano il giusto per un nulla."
  • Isaia 40,17 - "Tutte le nazioni sono come un niente davanti a lui, come nulla e vuoto sono da lui ritenute."
  • - Isaia 40,23 - "egli riduce a nulla i potenti e annienta i signori della terra", ove annientare è fare tohù.
  • - Isaia 41,29 - "Ecco, tutti costoro sono niente, nulla sono le opere loro, vento e vuoto i loro idoli."
  • Isaia 44,9 - "I fabbricanti di idoli sono tutti vanità e le loro opere preziose non giovano a nulla; ma i loro devoti non vedono né capiscono affatto e perciò saranno coperti di vergogna."
  • Isaia 45,18 - che ho citato agli inizi.
  • Isaia 45,19 - "Io non ho parlato in segreto, in un angolo tenebroso della terra. Non ho detto alla discendenza di Giacobbe: Cercatemi nel vuoto! Io sono il Signore, che parlo con giustizia, che annuncio cose rette."
  • Isaia 49,4 - "...Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio."
  • 59,4 - "Nessuno muove causa con giustizia, nessuno la discute con lealtà. Si confida nel nulla e si dice il falso, si concepisce la malizia e si genera l'iniquità."
La rosa di significati con cui è stato tradotto "tohù", quindi, è sempre negativo: vuoto, nulla, nullità, deserto, vanità ed una volta landa... solitaria ed è termine associato spesso agli idoli che sono nullità, ai potenti tiranni a giudici iniqui, destinati al non essere, insomma al nulla, l'opposto e il contrario rispetto a Dio.

È poi da concludere che "tohù" e "bohù" hanno significati alquanto simili e contigui.
Leggendo poi "tohù" con i significati grafici delle lettere s'ottiene "completamente/tutto Aperto per chi si porta ".
Si può "tohù" anche dividere in () + e allora si può leggere che vi è "completa scelleratezza, perversità cupidigia", "havvah."
Se considero che è l'iniziale di Torah , che poi intuitivamente è la lettera che Dio segnò sulla testa di Caino, quel "tohù" suggerisce pure che la terra della creazione descritta da Genesi 1-2 era luogo senza Legge.

In "Dai vocaboli ebraici ai messaggi delle lettere" e in "I primi vagiti delle lettere ebraiche nella Bibbia" ho cercato di esporre come tale idea avesse un substrato nella tradizione ebraica.
In tale articolo ho parlato in particolare del segno T = "'aot" = portato da Dio sulla fronte di Caino, "l'Unico Portò La " e indica "segno, croce, fine, termine, ultimo, completo, ecc.", ed ho ivi discusso le lettere e , il segno e la parola "Torah" = , in sintonia con quanto sto sostenendo.
Nel Targum Yonatan, Rashi suggerisce, infatti, che quel segno sulla fronte di Caino fosse una lettera del Nome di Dio e vari Maestri ebrei hanno da sempre insegnato che la Torah è il vero più completo Nome del Signore nella sequenza ininterrotta delle lettere dell'alfabeto ebraico, senza vocali e con le consonanti tutte egualmente spaziate.

Nachmanide Moses, mistico spagnolo ebreo (1194-1270 d.C.), commentatore biblico, ebbe a dire: "Noi possediamo una tradizione autentica secondo cui la Torah è formata dai Nomi di Dio. Le parole che vi leggiamo possono essere infatti anche suddivise in modo completamente diverso, componendo Nomi... L'affermazione per cui la Torah fu scritta in origine con fuoco nero su fuoco bianco, ci conferma nell'opinione che la sua stesura avvenne con tratto continuo e senza suddivisioni in parole, cosa che permise di leggerla sia come una sequenza di Nomi, sia, nel modo tradizionale, come un resoconto storico ed un insieme di comandamenti divini."
Caino, peraltro, dovette rifugiarsi in una terra a parte, separato e fuggitivo per evitare la vendetta, a oriente del Gan Eden.

Le anzidette conclusioni mi portarono a sintetizzarle in "Il midrash della pesca gloriosa" in cui ho considerato come quella terra "informe e deserta" stesse in breve a voler suggerire che ci fosse stata una pre-invasione da parte di un angelo ribelle come d'altronde è nell'immaginario giudaico.

Presento ora una curiosità che conferma indirettamente quel "midrash".
Mi sono domandato cosa penserebbe un egiziano dei tempi di Mosè se avesse sentito le parole "tohù" e "bohù".
Sono andato a cercare nei geroglifici in Faulkner Raymond O.: "Dictionary of Middle Egyptian"(Griffith Institute Ashmmolean Museum - Oxford 86) ed ho trovato:
  • a pag. 83, terzultimo geroglifico, BH'W

    "fuggitivo"

  • a pag. 300, penultimo geroglifico, THW

    "trasgressore"
In definitiva l'ipotetico egiziano antico, all'udire che la terra era "tohù" e "bohù", avrebbe potuto pensare che sulla terra si fosse insediato un trasgressore fuggitivo.

Prende, quindi, ancora più consistenza il Lucifero "heilel" della tradizione della ribellione angelica che pare proprio essere ricordato da quel versetto già citato di Deuteronomio 32,10 "Egli (l'Altissimo) lo (Giacobbe) trovò in una terra deserta, in una landa di ululati solitari."
Lo stesso Mosè, peraltro, quando giovane in Egitto uccise l'inserviente egiziano, era diventato un "fuggitivo trasgressore" e dovette rifugiarsi nel deserto, luogo di gente di tale risma.
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