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RACCONTI A SFONDO BIBLICO...

 
L'AMICO LAZZARO
E IL RIPOSO DI BETANIA

di Alessandro Conti Puorger
 

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AMICIZIA ANTICA, MA SCOMODA PER I SINOTTICI
Del rapporto di amicizia Gesù - Lazzaro i Vangeli sinottici non parlano, infatti, mai in quelli è citato il nome di Lazzaro.
È perlomeno strano.
Invero quali autori dei sinottici vi sono personaggi che o hanno conosciuto i gli episodi della vita di Gesù dai racconti di testimoni, com'è il caso di Luca e di Marco o come Matteo che sono stati testimoni, da un certo momento in poi, cioè quello dalla sua chiamata.
Solo Giovanni può avere testimonianza diretta più antica su Gesù, perché sostiene indirettamente pur se non si nomina che con Andrea fosse uno dei due discepoli del Battista che seguirono Gesù "Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro." (Giovanni 1,40).
Giovanni quindi è più sensibile a certi aspetti che può aver assimilato in giovane età quando seguendo il Battista inevitabilmente conosceva l'ambiente di Qumran e di quei "monaci esseni" ed evidentemente ne rimase colpito dalla tenace volontà e dalla loro spiritualità.
Viene con l'episodio di Lazzaro indirettamente aperto uno squarcio su precedenti rapporti di Gesù con personaggi di cui però la nascita del rapporto stesso non è descritta in nessun Vangelo canonico.

Parlo del rapporto con:

  • Nicodemo che va da Gesù di notte, ma che lo conosceva da prima.
  • Lazzaro, Maria e Marta a cui voleva molto bene, da quando e perché?
  • la stessa Maria di Magdala della quale in Marco 16,8 e Luca 8,2 si dice senza raccontare i fatti "aveva cacciato sette demòni".
Sta il fatto però che alla risurrezione di Lazzaro almeno Matteo a cui sarà stato spettatore avrebbe potuto dare rilevanza, perché non lo fa?
Il Vangelo di Matteo non cita Lazzaro, bensì la cena a Betania, episodio che poi Giovanni racconta e motiva la festa anche in onore di Lazzaro, ma Matteo lo localizza a casa di un Simone il lebbroso e ricorda la donna che unge il capo a Gesù perché l'ungere richiama il radicale MShCh, vale a dire la parola Messia, l'Uno, il Consacrato.
Una ipotesi è che la vera fonte originaria fosse però il Vangelo di Marco, considerano tutti gli esperti il primo come redazione e negli altri due Sinottici in genere sono riportati in modo pressoché identico tanti particolari.
Allora, perché il Vangelo di Marco non riporta il fatto di Lazzaro?
Evidentemente perché Marco che riporta fedelmente la predicazione di Pietro non poteva farlo, perché evidentemente non era stato testimone e Pietro non ne aveva fatto cenno nella sua predicazione, ma aveva portato il caso Matteo 9,18ss della risurrezione della figlia di un capo di una sinagoga, che Marco 5,22ss e Luca 8,4ss identificano con la figlia di un certo Giairo.
C'è anche chi ha ipotizzato che ci sia stata qualche reticenza dei Sinottici ad adombrare un contatto di Gesù con Esseni, e vedremo poi come potrebbero entrarci gli Esseni con Lazzaro.
Tale reticenza però per le premesse che ho prima ricordato non esisteva o era molto mitigata in Giovanni.

Luca, però, nel suo Vangelo ricorda così le due sorelle Maria e Marta: "Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola, Marta invece era tutta presa dai molti servizi...." (Luca 10,38-40), ma non precisa il villaggio e non parla di Lazzaro.
C'è però un episodio in Matteo 26,6s: "Mentre Gesù si trovava a Betània, in casa di Simone il lebbroso, gli si avvicinò una donna con un vaso di alabastro di olio profumato molto prezioso, e glielo versò sul capo mentre stava a mensa", fatto narrato anche da Marco 14,3s che precisa che il vaso conteneva nardo molto prezioso.
Questo episodio ricorda quello raccontato in Giovanni 12,1-3 ove: "Maria (nel contesto è evidente essere la sorella di Lazzaro) allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento."
In questo caso la donna unse i piedi di Gesù e non la testa.
Nel Vangelo di Luca al capitolo 7,36-38 la cena è presso un fariseo, la donna è una prostituta entra e unge i piedi di Gesù: "Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato; e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato. A quella vista il fariseo che l'aveva invitato pensò tra sé. Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice. Gesù allora gli disse: Simone, ho una cosa da dirti..." (Luca 7,36-40)

Nel passato è stata accostata tale donna alla Maddalena e questa a Maria di Betania, ma l'identificazione di Maria Maddalena con Maria di Betania o con la peccatrice è stata esplicitamente rigettata nel 1969 dalla Chiesa cattolica durante il concilio Vaticano II.
Incredibile, una peccatrice della città può entrare liberamente in casa di quel fariseo!
Dice il libro del Siracide 19,2: "Vino e donne traviano anche i saggi, ancor più temerario è chi frequenta prostitute."
Era una abitudinaria di quella casa?
Impossibile, un fariseo ligio alla Torà non frequenta le meretrici, e non le fa certamente entrare in casa propria a meno che non fosse costretto perché... forse era una sua parente.
È pure molto strano che più volte donne diverse abbiano unto a Gesù il capo o i piedi.

C'è poi un particolare da notare nel versetto Giovanni 12,3 che ho più in dietro riportato è detto "Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali"; strano, come se Lazzaro non fosse il padrone di casa e l'episodio non si svolgesse a casa sua.
Incredibile che ci fosse un lebbroso da cui Gesù va a cena e non lo sana, ancora più strano che con la legge di purità nella Torah, che tiene lontani i lebbrosi dai centri abitati, vi fosse un lebbroso in una casa e impunemente invitasse gente credente e questi vi andassero.
Il libro del Levitico, il centrale della Torah, infatti, prescrive: "Il lebbroso colpito dalla lebbra porterà vesti strappate e il capo scoperto, si coprirà la barba e andrà gridando: Immondo! Immondo! Sarà immondo finché avrà la piaga; è immondo, se ne starà solo, abiterà fuori dell'accampamento." (13,45-46)
Forse Simone non era lebbroso o lo era stato ed era guarito.

Per i Vangeli di Matteo e di Marco l'unzione di Gesù avvenne nella casa di Simone il lebbroso e per Luca nella casa di un fariseo e Giovanni in effetti non dice in quale casa fosse, ma per quel commento, "uno dei commensali", pare proprio che la cena non fosse a casa di Lazzaro.
Forse Simone era un fariseo e forse era parente di Lazzaro.

Nasce così la tentazione di cercare di unificare quegli episodi dell'unzione di Gesù e per far ciò ricapitolo sinteticamente:
  • Matteo 26,6s, una donna gli unge il capo a casa di Simone il lebbroso;
  • Marco 14,3s, idem;
  • Luca 7,36-38, una prostituta gli unge i piedi a casa del fariseo Simone;
  • Giovanni 12,1-3, Maria sorella di Lazzaro gli unge i piedi, non precisa la casa.
In tutti questi racconti ci sono commenti sullo spreco di quel buon profumo.
È poco credibile che per due volte in luoghi differenti Gesù sia stato unto con una grande quantità di olio di nardo di gran valore (Marco e Giovanni) con le stesse pesanti critiche da parte degli astanti.
Due però sono allora le questioni principali se si vogliono unificare degli episodi:
  • Simone il lebbroso è il fariseo Simone?
  • Maria la sorella di Lazzaro era anche una prostituta?
È stata avanzata una ipotesi.
Simone forse era il padre di Marta, di Maria e di Lazzaro, avesse una casa vicino alla loro, che fosse stato un Esseno e che Maria in passato fosse stata una donna di facili costumi.
Tra l'altro Gesù dice di lei: "Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato". (Luca 7,47)
Questa donna che molto probabilmente è Maria di Betania probabilmente è quella che a cui assieme a Marte e a Lazzaro: "Gesù voleva molto bene..." (Giovanni 11,5)

Ora il nome greco di Esseni o Essei, traslitterazione del nome greco Essenoi pare derivare da un termine aramaico che probabilmente significa pii, puri fedeli (Filone e Giovanni Crisostomo).
Gli Esseni sono citati appunto nelle opere di Filone di Alessandria, ma anche da Plinio il Vecchio e da Giuseppe Flavio.
Risalendo alle lingue semitiche e in particolare all'aramaico sono state proposte le seguenti etimologie 'Asen,' asayya, "guaritori, medici", e Ha'sen'a, hasayya, "il pio" e l'ultima è più credibile. (Pare che il Talmud babilonese così designa gli Esseni in bKidd 71° - bBQ 69° - bNidd 12°, ma non ho controllato).
La loro caratteristica era di vestirsi sempre di bianco.

In ebraico il lebbroso è "ha saru'a".
Il lebbroso tra l'altro e hanno la pelle squamosa biancastra.
Ora, è stato pensato che potrebbe essere accaduto che invece di "Shim'on ha-sanu'a " - cioè "Simone il puro, pio" - sia stato letto come "Shim'on ha-zaru'a " ossia "Simone il lebbroso" nella traslitterazione da un primo testo in aramaico del Vangelo di Matteo (tra l'altro in ebraico dente, che dà anche l'idea di bianco è = ) vale ha dire sarebbe stata presa per la lettera di quel pio, puro, modesto, casto e umile e da qui l'equivoco del lebbroso, perché negli scritti dell'epoca di qumranica quelle lettere si somigliano molto.
In definitiva si dovrebbe così concludere che la casa ove nel Vangelo di Giovanni Lazzaro era un commensale, Marta serviva a tavola e Maria unse i piedi a Gesù fu la stessa casa che i sinottici definiscono casa di Simone.
Questo apre uno squarcio su una possibile precedente conoscenza nei primi tempi quando Gesù non era ancora entrato nella vita pubblica e si muoveva come un carpentiere che lavorava in Galilea e che periodicamente nelle feste prescritte si recava in Giudea con amici e conoscenti da quando era fanciullo.
Implica anche una precedente conoscenza di Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, perché avrà lavorato anche a Cafarnao.
Andrea e Giovanni gli avranno detto del loro seguire Giovanni il Battista ed è a pensare che Gesù per una festa comandata dal calendari ebraico si sia portato in pellegrinaggio a Gerusalemme passando ai guadi del Giordano ove avvenne l'ultimo incontro col suo biscugino, il Battista, figlio di Elisabetta cugina di Maria sua madre. (Vedi "Le feste ebraiche della venuta del Messia" Le feste ebraiche della venuta del Messia")

Negli ultimi anni del regno dei Seleucidi (II secolo a.C.) in Israele nacque una setta messianica detta degli Assidei che incitava a lottare per la liberare Israele facendosi forte del libro del profeta Daniele, profeta della prossima venuta del Messia.
Gli Asidei o Hassidim, i Pii, valorosi e assertori della Torah, guidati da Giuda Maccabeo, affrontarono in campo aperto le truppe siriane le sconfissero e liberarono Gerusalemme la Giudea.
Poi riuscirono a sostenere un attacco di un forte esercito Seleucida e viderò in ciò che Dio li aiutava.
Nel libro 2 Maccabei, infatti, si legge: "Mentre si trovavano ancora vicino a Gerusalemme, apparve come condottiero davanti a loro un cavaliere in sella, vestito di bianco, in atto di agitare un'armatura d'oro." (2Maccabei 11,8)
Nell'anno 152 a.C. fu nominato sommo sacerdote Gionata e Simone, fratelli di Giuda Maccabeo accettarono di essere nominati sommi sacerdoti dai re seleucidi e fu allora che all'interno degli Assidei si verificò uno scisma e si separò il gruppo Esseno contrari a tale nuova gestione del Tempio, perché tempio e sacerdozio per loro erano ormai contaminati.
Era perciò necessario purificarsi divenendo figli della luce ed essere illuminati dalla volontà di Dio, ma i più facinorosi in definitiva vennero a far parte degli Zeloti che portati ad azioni violente e di guerriglia.
Ecco che gli Esseni vestivano di bianco a significare che erano investiti dalla luce del Signore.
Sotto questo aspetto le simbologie dei figli della luce, ma soprattutto del colore bianco, che da segno di illuminazione divenne espressione della risurrezione di Cristo, è innegabile che vennero a far parte del sentire cristiano ed esplicitato negli scritti del Nuovo Testamento attribuiti all'apostolo Giovanni e non solo.
Si pensi per i "figli della luce" ai seguenti richiami nei testi del Nuovo Testamento:
  • Luca 16,8, "Il padrone lodò quel amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce".
  • Giovanni 12,36, "Mentre avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce".
  • Efesini 5,8, "Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce".
Per le vesti bianche, poi, si trovano questi riferimenti espliciti:
  • Apocalisse 3:4s, "Tuttavia a Sardi vi sono alcuni che non hanno macchiato le loro vesti; essi mi scorteranno in vesti bianche, perché ne sono degni. Il vincitore sarà dunque vestito di bianche vesti..."
  • Apocalisse 3,14-18, "All'angelo della Chiesa di Laodicèa scrivi: ...Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, vesti bianche per coprirti e nascondere la vergognosa tua nudità e collirio per ungerti gli occhi e ricuperare la vista."
  • Apocalisse 7,13s, "Uno dei vegliardi allora si rivolse a me e disse: Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono? Gli risposi: Signore mio, tu lo sai. E lui: Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello."
  • Giovanni 20,12, "e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù."
  • Matteo 28,3, "Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve."
  • Marco 16,5, "Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura."
  • Luca 24,4, "Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti."
  • Atti 1,9s, "Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n'andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero..."
Dai Vangeli poi si evince che la fede negli angeli e nella risurrezione dei corpi e le attese escatologiche attribuite a Gesù lo avvicinano di fatto alla teologia essena e farisaica e non a quella sadducea.
Del resto la questione dell'unzione a casa di Simone fariseo, ma anche Esseno e forse sacerdote di quella setta, porta in evidenza un segno che gli Esseni comprendevano bene "Dio sceglierà in una delle tue tribù di fronte al sacerdote unto sulla cui testa è stato versato l'olio della unzione..." (4Q375 trad. Martinez)
Il Nuovo Testamento evita, non menzionandoli, gli Esseni e non segnalano espliciti collegamenti di Gesù con tale comunità.
Pur tuttavia a pensare che qualche collegamento ci fosse si arriva tramite Giovanni il Battista e i suoi discepoli che fanno da cuscinetto tra gli insegnamenti di Gesù e la comunità Essenza ed al fatto che uno dei 12 apostoli era Simone soprannominato Zelota.
Si può così comprendere la reticenza dei Vangeli di accostare in modo più esplicito Gesù e i Cristiani al gruppo Esseno soprattutto nel timore di essere considerati zeloti.
Sotto questo aspetto, se si considera Lazzaro in qualche modo far parte o di essere vicino agli Esseni si comprende come i primi Vangeli, scritti in tempi di grande pressione romana, non parlino di lui e della grande amicizia che legava lui e la sua famiglia a Gesù, mentre il Vangelo di Giovanni, scritto ormai dopo la distruzione del Tempio, a Zeloti sconfitti, lo cita con maggiore libertà, ma senza mettere in evidenza collegamenti Esseni.
Gli scritti neo testamentari si sviluppano tutti nel I secolo d.C. ed era bene stare lontani dal far sospettare a chicchessia una vicinanza dei cristiani agli Esseni e quindi agli Zeloti in quei tempi in cui i Romani stavano esercitando una forte pressione contro quelle setta.
Altro elemento notevole da segnalare è che Gesù e i suoi discepoli e poi i cristiani hanno seguito il calendario Esseno di tipo solare e non quello di tipo lunare introdotto nella liturgia del Tempio alla fine del I secolo a.C., avversato degli Esseni.
Il calendario ebraico, computa il giorno da sera a sera e la vigilia della Pasqua ebraica cade il 14 del mese di Nisan e può verificarsi in giorni diversi della settimana, ma per gli Esseni il giorno era contato da mattina a mattina, l'anno aveva quattro parti di 91 giorni - 2 mesi di 30 giorni e 1 di 31 - il primo giorno del mese di Nisan era sempre un mercoledì e il 14 Nisan, vigilia della Pasqua ebraica, era sempre un martedì, la Pentecoste cadeva sempre di domenica il quindicesimo giorno del terzo mese.
Su tale questione segnalo l'autorevole conferma di Benedetto XVI che il 5-04-2007 nella messa "in coena Domini" nella Basilica di San Giovanni in Laterano ha ricordato che c'è "un'apparente contraddizione" tra il Vangelo di Giovanni da un lato e gli altri tre dall'altro.
"Secondo Giovanni, Gesù morì sulla croce precisamente nel momento in cui, nel tempio, venivano immolati gli agnelli pasquali", il che significa che "morì alla vigilia della Pasqua e quindi non poté personalmente celebrare la cena pasquale".
Per i tre Vangeli sinottici, invece, "l'Ultima Cena di Gesù fu una cena pasquale, nella cui forma tradizionale Egli inserì la novità del dono del suo corpo e del suo sangue".
La scoperta degli scritti di Qumran ha condotto a una "possibile soluzione convincente che, pur non essendo ancora accettata da tutti, possiede tuttavia un alto grado di probabilità".
Quanto è raccontato da Giovanni è storicamente preciso ha osservato.
"Gesù ha realmente sparso il suo sangue alla vigilia della Pasqua nell'ora dell'immolazione degli agnelli - Egli però ha celebrato la Pasqua con i suoi discepoli probabilmente secondo il calendario di Qumran, quindi almeno un giorno prima - l'ha celebrata senza agnello, come la comunità di Qumran, che non riconosceva il tempio di Erode ed era in attesa del nuovo Tempio".
In luogo dell'agnello, Gesù "ha donato se stesso, il suo corpo e il suo sangue". Gesù stesso era "l'Agnello atteso, quello vero, come aveva preannunciato Giovanni Battista all'inizio del ministero pubblico di Gesù", così come "è Egli stesso il vero Tempio, il Tempio vivente, nel quale abita Dio e nel quale noi possiamo incontrare Dio ed adorarlo".
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